Chapter 2
Photography
Chapter 2 - Physical Attraction... Chemical Reaction
“Non esiste salvaguardia
contro il senso naturale dell'attrazione”
A.C. Swinburne
Da quando lavorava là,
Isabella era certa di non aver mai “osservato” la
macchinetta delle bevande come in quel momento. Da cinque minuti buoni
sostava davanti ad essa, a capo leggermente chino e le mani che
giocavano distrattamente con la chiavetta apposita.
Ad un’occhiata distratta, poteva sembrare una normale dipendente concentrata nella scelta della bevanda.
Peccato che tutto pensasse, tranne che al caffè o alla cioccolata.
La lingua saettò velocemente fuori, a passare sulle labbra: un movimento tanto meccanico quanto non desiderato.
Se chiudeva gli occhi, poteva
ancora risentire il momento in cui la bocca di Edward si era posata
sulla sua, delicata ed invitante; non era stato un contatto lungo e
neanche troppo profondo, ma quel gesto così... inaspettato
l’aveva lasciata completamente spiazzata.
Destabilizzata.
Da quando era uscito dalla stanza, non aveva fatto altro che chiedersi “Perché?”.
O meglio, quella era stata la seconda domanda, preceduta da un ben poco intelligente “Ma cosa...?”.
Sospirando, introdusse la chiavetta
nell’apposita fessura, ma non schiacciò nessun pulsante,
limitandosi a sfiorare la cordicella a cui era attaccata con le dita.
Che avesse voluto divertirsi alle sue spalle?
Era questo che si chiedeva; del resto, era un bel ragazzo, perché quindi non giocare con le ragazze?
Sapeva bene di essere stata ben
poco professionale nella stanza, poco prima: più volte
l’aveva guardato con interesse ed al contempo imbarazzo e si
conosceva abbastanza da sapere di essere un libro aperto, quando si
trattava di emozioni. E c’erano ragazzi che non si facevano
scrupoli ad approfittarne non appena scorgevano anche un blando
interesse nei loro confronti.
La sensazione che
quell’Edward potesse compiere un gesto simile a più donne
– e chissà a quante altre truccatrici l’aveva fatto!
– la faceva sentire umiliata. Ed irritata, nervosa, indignata.
Pure imbarazzata, se solo ripensava
alla stupida espressione che le doveva essere apparsa in volto, non
appena si era staccato – e ciò non fece altro che
aumentare l’irritazione verso di lui.
Lasciandosi trascinare dalle
emozioni, pigiò con eccessiva forza il pulsante della cioccolata
– adorava il caffè, ma in quel momento sicuramente non
l’avrebbe aiutata a distendere i nervi.
Idiota.
Uno schiaffo in volto avrebbe dovuto mollargli.
E pure un altro bacio, magari...
Idiota.
***
Era passata quasi un’ora da quando era rimasta sola ed Isabella non sapeva come passare il tempo.
O meglio, sapeva che, se non fosse
successo quello che era successo, lei in quel momento sarebbe stata sul
set, a godersi da un angolo tranquillo gli scatti del servizio.
Nessuno si sarebbe accordo di lei, intenti a preparare gli abiti da cambiare, a spostare luci e specchi.
E lei così avrebbe osservato
il fotografo muoversi con sicurezza, avrebbe ascoltato le sue parole ed
avrebbe guardato come il modello avrebbe seguito le sue richieste.
Ma, per l’appunto, era successo quel che era successo.
Si ritrovava ora seduta dove prima
si era accomodato Edward, a sorseggiare la bevanda ormai quasi finita,
studiandosi allo specchio.
E quel che vedeva era... normale.
Si era raccolta i capelli, marroni,
in una coda disordinata ed il volto era quasi privo di trucco, se non
per un velo di fard che le copriva le guance.
Strinse il bicchiere, posandolo
sopra le ginocchia, concedendosi così un’occhiata al
proprio corpo: di certo, non un fisico formoso o perfetto. E, a suo
dire, neppure coperto da chissà quali ricercati vestiti.
Quando rialzò lo sguardo,
puntandolo sulla superficie riflettente, la solita, fastidiosa domanda
risuonava nella mente: perché?
Il suo lato più razionale
propendeva per una pura dimostrazione di testosterone: si era visto
ammirato, ci aveva provato e gli era andata bene.
Quale altro motivo poteva esserci per poter baciare una ragazza come me?
Sconosciuta, per di più!
Eppure, quel suo osservare le
persone con occhio attento, quello sguardo che la portava ad amare i
dettagli della vita quotidiana, non aveva scorto traccia di superbia od
arroganza in quel volto cesellato.
Aveva visto bene il suo sguardo intenso, come aveva sentito quel “Grazie” mormorato con gentilezza.
Una bassa risata le sfuggì,
che risuonò amara perfino alle sue orecchie: si sentiva ridicola
per tutta l’importanza che stava dando a quel gesto. Gesto
probabilmente dettato da chissà quale – basso –
istinto. O semplicemente fatto così, tanto per. Già
collaudato, magari?
Erano domande senza risposta, quelle.
E non si sentiva neanche tanto propensa a trovarne qualcuna; era ormai successo, basta.
Ora stava a lei cercare di mostrarsi più professionale e distaccata.
Ignorare, si disse.
Ignorare lui, la sua bellezza ed il suo modo di fare.
Non gli avrebbe domandato né “Ma” né “Perché”; nulla di nulla.
Non avrebbe avuto senso: la sua
occasione per mostrare una reazione l’aveva sprecata, rimanendo
imbambolata nella stanza, con il pensiero rivolto alle labbra che si
erano posate sulle sue.
Cosa poteva dirgli dopo più di un’ora?
Nulla, appunto.
Sospirando, si alzò dalla sedia, andando a gettare il bicchiere nel cestino dei rifiuti.
Esplorò la stanza con lo
sguardo, alla ricerca di un diversivo che la distraesse. Non conosceva
ancora molta gente all’interno e probabilmente la maggior parte
dei dipendenti si trovava sul set ad assistere o aiutare.
Ad un tratto, la sua attenzione venne catturata da un book nero poggiato su una delle mensole che abbellivano la stanza.
Era più che certa che non si
trattasse di materiale dell’azienda – book come quelli
sicuramente non trovavano la loro collocazione tra le riviste dei
truccatori.
Si avvicinò cautamente,
certa di sapere a chi appartenesse; non era difficile da notare, quindi
non poteva essere lì da molto. E quando lesse il nome del
modello, si ritrovò a mordersi un labbro, le dita che sfioravano
la copertina esitanti.
Edward Cullen.
La tentazione di aprire il
portfolio era tanta, mitigata però dall’indole solitamente
riservata verso se stessa e gli altri. Pensò alla manager e
all’idea di efficienza che si era fatta di lei; ora, vedendo il
book là sopra, lasciato quasi con noncuranza, una parte di
quella stima era diminuita: il costo che aveva crearsi un album non era
certo basso, soprattutto se parte delle foto erano firmate da bravi e
noti fotografi.
In ogni caso, non era quello un oggetto da lasciare incustodito.
Si chiese se era il caso di prenderlo ed andare a cercare la donna.
O Edward...
Ma scosse il capo, a quel pensiero:
sarebbero sicuramente tornati dopo e ci avrebbe pensato allora a
riconsegnarlo al legittimo proprietario.
Non era certa, però, di reggere la curiosità fino a quel momento, che sembrava tanto lontano.
L’occhiata che rivolse
all’orologio era di pura frustrazione e lo sguardo venne
calamitato di nuovo verso quel contenitore di pose ed espressioni, che
rappresentava parte della vita professionale del modello.
Maledetta curiosità.
Le mani si mossero senza che
potesse far nulla per fermarle: afferrò il book, soppesandolo e
lanciando un’occhiata ansiosa alla porta, prima di dirigersi alla
poltrona all’angolo.
Si concesse un ultimo, timoroso
respiro, prima di aprire la copertina, non senza una certa esitazione;
non si era mai considerata una persona curiosa, non più della
norma perlomeno.
Non al punto di curiosare fra oggetti che non le appartenevano.
Ma quando il suo sguardo
incontrò la prima foto, si ritrovò a trattenere il fiato,
rapita dagli occhi smeraldini di Cullen.
Era seduto a terra, con la gamba destra piegata sopra l’altra, sul cui ginocchio poggiava il rispettivo braccio.
La schiena era eretta, il mento leggermente alto, che mostrava i tendini del collo.
Uno sguardo di sfida, uno sguardo
di valutazione era quello che offriva all’obbiettivo, le labbra
serrate in una linea sottile e seria.
I piedi erano scalzi, mentre una
paio di paio di pantaloni bianchi fasciavano le lunghe gambe; una
maglia grigia, di cotone, mostrava grazie allo scollo profondo parte
della muscolatura definita del petto.
Seguì assorta la linea del
collo, la curvatura del pomo d’Adamo, fino alla base incavata
dove le clavicole risaltavano con discrezione.
E poi le spalle... spalle ampie, ma non eccessive.
Spalle da sfiorare, che indicavano sicuramente una schiena da accarezzare in tutta la sua lunghezza...
Imbarazzata dai suoi stessi
pensieri, Isabella chiuse gli occhi giusto il tempo di calmare il
battito accelerato del proprio cuore, fin troppo sensibile alle
immagini che la mente le passava, tentatrici.
Era impossibile non trovarlo
attraente; pur frequentando un’accademia artistica, che ospitava
un’ampia varietà di genere maschile, trovava che
l’eleganza di Edward, accompagnata dalla virilità e
perfezione dei lineamenti, fosse merce rara. I tratti non erano banali,
non riusciva a definirli solo “belli”; da che lavorava in
quel mondo, aveva capito che le categorie di modelli potevano ben
classificarsi in metrosessuali, omosessuali – più o meno
dichiarati che fossero, ne bastava l’ammiccamento e
l’atteggiamento –, giovani che giocavano con la loro
sessualità, invitando il resto del mondo a scoprire di che
genere fossero.
E a questi seguivano tante altre categorie e sottocategorie, il cui imperativo rimaneva sempre lo stesso: farsi notare.
Mentre riportava lentamente lo
sguardo sulla foto e la ricollegava al ragazzo che le si era
presentato, trovava che l’aggettivo migliore per descrivere il
suo aspetto fosse “discrezione”: una bellezza non
eccessiva, non ostentata, naturale e piacevole.
Ma nel ripensare al gesto che aveva
compiuto prima di lasciarla sola, quella stessa parola risultava fin
troppo inappropriata e fuori luogo.
Possibile che quel ragazzo che tanto sembra educato e serio, nasconda un comportamento invadente ed arrogante?
Con un dito, tracciò la figura di quell’Edward dal volto determinato ed intrigante. Professionale.
La mente le ripropose lo stesso
volto mentre si staccava lentamente del suo, dopo averla baciata;
l’ombra di un sorriso aveva piegato quelle labbra dopo che le
aveva mormorato “Grazie”.
Si lasciò cadere
all’indietro, il volto rivolto al soffitto, il ricordo di quel
tocco caldo e fugace impresso a fuoco sulla sua bocca.
Cose devo pensare di te, Edward Cullen?
***
Al ritorno del modello, Isabella
aveva già messo in chiaro con se stessa l’atteggiamento
che avrebbe adottato: professionalità e distacco.
Nessuna scenata – il suo
carattere non gliel’avrebbe permesso –, nessuna richiesta
di spiegazioni – cosa doveva chiedergli? Soprattutto, per
ottenere quale risposta?
Aveva racchiuso i vaneggiamenti di
poco prima in un angolo della sua mente, quello che non poteva ignorare
quanto Cullen fosse attraente.
Ma si conosceva anche abbastanza bene, da sapere che non sarebbe comunque riuscita a mantenersi impassibile.
Quando incrociò il suo
sguardo, si sentì irrigidire al piccolo sorriso che le rivolse,
mentre si toglieva una sciarpa dal collo per posarla su uno degli
appendini presenti.
Nel convincersi a mantenere quanto
più contegno possibile, che sottintendeva una mancanza di
sguardi e possibili conversazioni, Isabella si rese conto che non aveva
riflettuto sui possibili scenari che avrebbero potuto coinvolgerla, al
suo arrivo; aveva dato per scontato che sarebbe rimasta in silenzio a
struccarlo e pettinarlo, senza fare altro.
Ma ora... ora quel silenzio le
creava un disagio che la portava a distogliere lo sguardo dal suo
volto, mentre quel sorriso imprevisto ed impensabile le veniva rivolto.
Alla fine, Edward doveva essere un
suo coetaneo, qualcuno di cui non aver timore nel rivolgergli la
parola. Era chiaro, quindi, che quel suo comportamento rigido e nervoso
smascherassero ogni suo piano, allontanando da sé
quell’aria professionale che tanto desiderava possedere al
momento.
Ed i sottintesi al suo nervosismo,
ora, erano sicuramente chiari anche lui – perché era
impossibile imputarlo al lavoro o a qualunque altra cosa non fosse il
bacio di qualche ora fa.
Tuttavia il sorriso non era
scomparso dal volto di Edward; si era seduto sulla sedia di fronte agli
specchi ed aveva sollevato con lentezza il viso verso di lei, lo
sguardo ombreggiato dai capelli che sfioravano la fronte.
Era un sorriso pigro, sottile... consapevole.
« Spero di non averti fatto attendere troppo».
Non perse il sorriso dalle labbra – e dagli occhi – nel parlare
Una affermazione che sapeva di
quesito, la sua; sbatté gli occhi confusa, da quella –
premura? Gentilezza? Provocazione? – assolutamente inaspettata.
Certamente non necessaria.
A quella conclusione, si volse,
lasciando le parole in sospeso, per preparare il necessario per
struccarlo; inspirò il profumo delicato di rose del detergente,
quasi... reale, prima di versarne un po’ su un dischetto apposito.
E poi, di nuovo il volto di Edward
– Edward con il suo sorriso ancora presente – e le mani
giunte in grembo, i gomiti poggiati sui braccioli. Lo sguardo puntato
su di lei.
Aspettativa.
Attesa.
Quasi avesse appena parlato...
Il « No» che le sfuggì dalle labbra fu naturale, dovuto quasi.
E si sentì una stupida, a quella considerazione: lei non gli doveva proprio un bel niente.
Ma quando vide le sue labbra
tendersi maggiormente verso l’alto, si sentì
spiacevolmente arrossire, il calore alle guance che la faceva sentire
ancora più nervosa.
Decisa a non perdere tempo,
cominciò a struccare la pelle di Edward, con movimenti delicati,
per quanto la mano alle volte tremasse. I suoi occhi seguivano senza
poterne fare a meno il tragitto della propria mano e con orrore si
accorse del suo indugiare sul profilo della mandibola, un velo di barba
appena accennato che scuriva la cute provocatoriamente.
Si alzò, cercando di non far
apparire il suo movimento troppo precipitoso, adducendo la scusa di
dover cambiare il dischetto.
« Sei nervosa... è colpa mia?»
Una scusa, appunto.
Fissò il suo sguardo sullo specchio, incontrando il suo.
« No», mormorò, evitando di tergiversare su una risposta che sapeva non poter evitare.
Una risposta che sapeva bene essere una bugia.
« Sicura?»
« N- Sì».
Ma le bugie hanno sempre avuto vita breve...
La bassa risata che le
arrivò alle orecchie ebbe il potere di farla arrossire
ulteriormente, per la misera figura appena fatta. E dentro di
sé, l’indignazione urlava a gran voce. Non capiva cosa
volesse da lei, quel ragazzo, perché continuasse a prestarle
un’attenzione che non desiderava – o meglio, non apprezzava
perché aveva il solo potere di renderla agitata. Ed il solo
scopo di provocarla.
Con il nuovo dischetto imbevuto di
detergente, si preparò all’ultima passata, pregando in
cuor suo che la lascasse fare il suo lavoro senza rivolgerle più
parola.
Non ci sperava neppure lei.
« Pensavo di vederti sul set, invece mi hanno affidato alle cure di una tua collega».
Hai baciato pure lei?
Domanda sbagliata.
Facendo finta di nulla, lo
ripulì dalle ultime tracce di trucco sulla parte sinistra del
volto; l’incarnato risultava ora leggermente lucido a causa del
detergente, ma la mancanza di make-up non si faceva sentire.
« Stai tentando di ignorarmi?»
Con un sospiro, Isabella
gettò il dischetto usato nel cestino, per poi prendere una crema
idratante da applicare sulla pelle del viso. Se ne versò un
po’ sulle mani, lentamente, prima di posarle sulle guance di
Edward. Lui la fissava, attento, una nota di irritazione riconoscibile
dal leggero broncio che gli increspava la bocca. Sentiva i suoi occhi
su di sé, intensi – invadenti, quasi – e tanto le
bastava per sentire il nervosismo accendersi nuovamente, un formicolio
spiacevole che si propagava in tutto il corpo, fastidioso.
E quando lui parlò di nuovo, era certa che stavolta non sarebbe riuscita a trattenersi...
« Se ti baciassi di nuovo, reagiresti? O mi ignoreresti ancora?»
Si staccò bruscamente da
lui, quasi si fosse scottata nel toccarlo – sensazione acuita dal
calore che percepiva alle mani, ancora così sensibili, orfane di
quella pelle morbida, ruvida solo su parte delle guance.
Lo fissò con gli occhi sbarrati, mentre Edward scuoteva il capo, ridacchiando sfacciatamente.
Le dita davanti alle labbra, quasi a mascherare quello sfogo di ilarità.
Le palpebre abbassate, a nascondere l’intensità del suo sguardo.
Imbarazzata oltremodo, irritata
dalla sua sfacciataggine, nervosa per quel notare i dettagli della sua
bellezza pure in quel momento in cui, oltraggiata, avrebbe dovuto
soltanto alzare i tacchi ed andarsene, Isabella lasciò che i
suoi pensieri divenissero parola, o sarebbe scoppiata nel trattenerli.
« Si può sapere cosa vuoi da me?»
Nonostante il timore che il rossore
che le imporporava le guance potesse rendere meno efficace le proprie
parole, osservò compiaciuta il morire della risata sul volto di
Cullen, sostituita dall’ennesimo sorriso; abbassò le mani,
poggiando i gomiti sulle ginocchia, il busto staccato dallo schienale
della sedia.
Pur trovandosi in una posizione di
dominanza rispetto a lui, lo sguardo così falsamente contrito
che le rivolse la fece sentire a disagio: quel ragazzo sembrava emanare
sensualità da ogni suo gesto e la padronanza che aveva di
sé, quel riuscire a trovare sempre l’espressione o la
parola giusta per metterla in soggezione, la facevano sentire fin
troppo vulnerabile.
Fu solo per puro sforzo che non si
portò una mano sulle labbra, quando vide gli occhi smeraldini
abbassarsi velocemente su di esse, per poi, una volta accortosi di
essere stato scoperto, abbassarsi sulle dita incrociate di fronte a
sé.
« Oltre ad un altro
bacio?», scherzò lui, continuando a fissare il pavimento,
incurante dello sbigottimento che le aveva provocato.
Non fece in tempo a rispondergli;
con un gesto quasi nervoso, Edward si era passato una mano fra i
capelli, scompigliandoli con veemenza, per poi alzarsi in piedi, di
fronte a lei.
Se già poco prima si era
sentita in soggezione pur sovrastandolo, ora che i diversi centimetri
di altezza che li separavano erano aumentati a suo sfavore, Isabella
sentì forte l’impulso di arretrare. E lo avrebbe fatto, se
non si fosse sentita stupida per il gesto – e se il bordo del
ripiano non l’avesse bloccata.
Edward aveva affondato le mani nelle tasche dei jeans e la guardava con sguardo ora serio e teso.
« Mi dispiace per il
comportamento di prima, mi rendo conto di essere stato un po’
sfacciato». Le lanciò un’occhiata di sottecchi, un
misto di pentimento ed imbarazzo che le fece capire a quale momento,
fra i tanti che potevano definirsi “sfacciati” si
riferisse. « Mi riferisco a quando ti ho... baciata a
tradimento», concluse, senza distogliere gli occhi dai suoi.
E allora perché l’hai fatto?
Si accorse di aver pensato ad alta voce solo quando lo vide abbassare il capo, sospirando e stringendosi nelle spalle.
Si pentì di aver parlato,
vedendo quella reazione: la possibilità che non rispondesse
affatto o peggio, che rispondesse con qualche frase che avrebbe
sicuramente ferito il suo orgoglio di donna, era alta.
Era già pronta a battere in
ritirata, dicendogli di lasciar perdere, che non era importante, quando
la sua voce la precedette, bloccandola.
« Sinceramente non lo so
neppure io», ammise ed ora era ricomparso il sorriso sul suo
volto, a mezza bocca. « Penso che sia dipeso da tanti fattori: un
po’ di nervosismo per il lavoro che mi ha sciolto più del
necessario, la tua bella presenza e...», si fermò,
umettandosi le labbra in quello che sembrava un moto di sincero
imbarazzo – e non poté non stupirsi quando vide sulle sue
guance comparire delle chiazze rosate. « La scollatura della tua
maglietta», concluse cautamente, osservandola quasi si aspettasse
di sentirla inveirgli contro.
Ma cosa...?
Lo sguardo di Bella si
spostò velocemente verso il basso, sul suo petto, le mani che
corsero a sfiorare i bottoni della maglietta nera che indossava; alcuni
erano fuori dall’asola, ma non le sembrava di avere una
scollatura profonda o poco consona.
Nel rialzare gli occhi,
l’espressione che aveva in volto doveva essere particolarmente
sconcertata, perché il sorriso di Edward si ampliò,
così come si attenuò lo sguardo preoccupato che le
rivolgeva.
« Quando ti chini, la
maglietta si apre davanti, lasciando... ehm, intravedere, ecco. Non che
volessi guardare, ma è difficile spostare lo sguardo se sei
davanti a me», concluse, avanzando di un passo in sua direzione.
Quell’aria tra il malizioso e il sorridente, insieme alle parole,
la fecero avvampare più di quanto già non fosse.
E se ripensava a tutte le volte che si era chinata verso di lui...
« A-avresti potuto
dirmelo», sbottò, evitando di portarsi una mano a coprirsi
il petto solo per non essere accusata di eccessiva pudicizia.
« Hai ragione», le
concesse. « Solo che...», vide il suo sguardo abbassarsi
lentamente, in una carezza invisibile eppure così calda che le
sembrò di avere le sue dita su di sé. Rabbrividì,
quando quegli occhi troppo intensi tornarono ad incrociare i suoi.
« Non ho saputo privarmi di quella visione».
Un altro passo verso di lei.
Sentiva il ripiano di marmo
penetrare contro il suo retro coscia, tanto ne era addossata; mancava
poco che ci si sedesse sopra, e forse lo avrebbe fatto se lui fosse
avanzato ancora.
Non riusciva a capire.
Cosa voleva da lei? Che fosse un maniaco? Che la stesse prendendo in giro?
Chiuse gli occhi, per sottrarsi dalla morsa dei suoi, cercando di mantenere calmo il respiro e la propria mente..
« Edward»,
sussurrò, aprendo gli occhi lentamente, cercando di non
indugiare su come suonava strano pronunciare a voce alta quel nome che
fino ad ora aveva solo pensato. « Te lo chiedo di nuovo: cosa
vuoi da me?»
Si complimentò con se stessa per non aver balbettato – seppur l’aveva sentito pure lei il tremito iniziale.
Lui l’aveva fissata in
silenzio, lasciando che le parole pronunciate aleggiassero fra di loro,
infinite risposte che attendevano di essere scelte, mentre il suo cuore
batteva ad un ritmo troppo veloce ed agitato.
Sussultò, quando lui si mosse verso di lei.
Bastò quell’ultimo passo per trovarselo di fronte, il respiro che le solleticava il volto.
Fu una frazione di secondo, ma non
riuscì a trattenersi e lo sguardo si abbassò sulle labbra
di Cullen, prima, e poi scesero, fino a trovare la pelle nuda del collo.
Era troppo vicino.
Il disagio la irrigidì, facendole stringere con forza le mani sul marmo dietro di lei.
Quando le sfiorò i capelli, scostando alcune ciocche sfuggite alla coda, sobbalzò alzando di scatto il volto.
Le dita sottili le sfiorarono la tempia, mentre le labbra stette in una linea corrucciata si distesero lievemente.
Era tutto... assurdo.
Come lo era quel tocco, che la
portava a rilassarsi, a desiderare di inclinare il capo per ricevere
una carezza da quelle mani grandi e delicate.
« Voglio
conoscerti», le rispose finalmente, lasciando che le falangi
scivolassero lungo il profilo della mandibola, leggere.
Osservò come quegli occhi seguirono il movimento, in una doppia carezza sensuale e piacevole.
Era quasi sconvolgente come riuscisse ad irretire con un solo gesto.
Con uno solo sguardo.
« Voglio
conoscerti», ribadì, stavolta guardandola in viso. Piano
il sorriso si ampliò, quasi a voler mitigare
l’elettricità e tensione del momento. Come se non bastasse
quello per aumentarla. « Passeremo diverso tempo insieme e...
sì, vorrei sapere chi è la mia truccatrice tanto
affascinante».
Voltò il capo di scatto, lontano dai suoi occhi, a quelle parole.
La semplicità con cui le
aveva pronunciate e la sincerità che aveva percepito la
confondevano più di quanto desiderasse. Sembrava che si
conoscessero da una vita, che lui la corteggiasse da sempre, quando in
realtà non lo aveva conosciuto che qualche ora prima.
E sembrava quasi lontana
l’ansia con cui aveva aspettato il suo arrivo – e ora si
rese conto di quanto fosse giustificata, anche se non per le ragioni
che aveva pensato.
« Perché?»,
mormorò a voce roca, rifiutandosi di credere che ci fosse una
vero interesse fisico nei suoi confronti – lei, così
banale e normale...
Chiuse gli occhi, quando
sentì il naso sfiorarle la guancia – e labbra ad un soffio
dalla pelle, il respiro che era basso e controllato...
« Perché la vita
è così noiosa, piatta, che quando vedo un qualcosa di
interessante ho bisogno di allungare una mano e trattenerlo». Un
bacio sullo zigomo. « Conoscerlo». Uno sulla mandibola.
« Scoprirlo». Un bacio sull’angolo della bocca, la
morbidezza delle sue labbra, la lingua che fece capolino in un tocco
fugace e destabilizzante.
« Sai di cioccolato, Isabella. E mi piace il cioccolato. Come mi piacciono i tuoi occhi...».
Era troppo.
Con le mani spinse sul suo petto, per allontanarlo – per cercare aria, per schiarire la mente.
Riuscì nel suo intento
soltanto perché Edward l’assecondò, spostandosi
quanto bastasse che le dita sfiorassero con i polpastrelli la pelle
lasciata libera dallo scollo, mentre le braccia erano tese in tutta la
loro lunghezza.
Aveva il respiro ansante, quando incrociò i suoi occhi, e si sentiva le guance maledettamente rosse.
Soprattutto, sentiva ancora la traccia infuocata delle sue labbra – ed il suo profumo che la stordiva.
Di fronte al suo sguardo, Edward abbassò gli occhi, pur mantenendo un vago sorriso.
« Chiedo scusa, mi sono lasciato trascinare ancora».
Se il suo fosse vero pentimento o
meno, Isabella non riuscì a scoprirlo; la manager di Edward,
dopo aver bussato brevemente, fece il suo ingresso nella stanza. Se
trovò strana la scena o la loro vicinanza, fu brava a non darlo
a vedere.
Invitò invece Cullen a muoversi, che erano attesi da un’altra parte e che erano già in ritardo.
Un’apparizione breve ed
abbastanza rapida, visto che uscì subito, non prima – si
accorse Isabella – di aver lanciato una lunga occhiata ad Edward.
In ogni caso, le fu più che grata per aver spezzato quel momento che era certa di non essere in grado a gestire.
Vide Edward affondare di nuovo le mani in tasca, sospirando.
Accortosi della sua occhiata, le
rivolse un breve cenno del capo, gli occhi caldi e profondi,
l’espressione di chi aveva tante altre cose da dire e che sapeva
di averle solo rimandate ad un altro momento.
« A presto, allora», mormorò sorridendole, avviandosi poi verso la porta.
Isabella ne seguì la figura,
osservando le spalle e non riuscendo a non scorrere lo sguardo lungo la
schiena ampia, i fianchi che si muovevano ad ogni passo, il sedere
fasciato dai jeans sodo e muscoloso...
Era impossibile non guardarlo.
Era... stupendo.
E lei...
« Potrebbe non piacerti
andare più a fondo. Potrebbe non piacerti scoprire e
conoscere...», si fermò, lasciando la frase in sospeso,
senza avere il coraggio di indicare quale fosse il
“soggetto” da esaminare.
Edward si fermò alle sue parole, al limitare della porta.
Voltandosi, la trovò intenta
a fissarlo, seria; aveva il respiro veloce, il petto che si abbassava
ed alzava aritmicamente, il seno che tendeva la maglia in maniera
invitante. E le guance erano chiazzate di rosso – lo sguardo era
determinato ed al contempo fragile e timoroso. Sorrise.
Adorabile.
« Correrò volentieri il rischio».
***
Il titolo del capitolo è preso dall’episodio 6 della quarta stagione di “Grey’s Anatomy”.
Note: come avevo promesso, eccomi qui a postare ^^
Ovviamente non
prometto di essere pronta per lunedì prossimo – sono in
montagna e questo era a buon punto perché l’avevo
già cominciato a casa – ma spero di farcela!
Prima di tutto,
grazie per l’accoglienza: sono felice che il primo capitolo vi
sia piaciuto e spero che questo possa essere all’altezza delle
aspettative. Non girerà sempre attorno allo studio fotografico,
ma per ora mi serviva concentrarmi su di loro e la loro
“conoscenza”.
Per ora, continuo a postare in terza persona, sperando di non combinare troppi danni xD
Mi scuso se ci
fossero inesattezze per quanto riguarda il book o la fase di make-up:
ho cercato informazioni in Internet, ma in ogni caso ho cercato di
essere il più vaga possibile. Non dovendo tornare – credo
– di nuovo nell’argomento, spero che questi piccoli accenni
nel capitolo non vi siano sembrati troppo fuori luogo e/o sbagliati.
E ci tengo a precisare una cosa - che mi ha fatto gongolare come una
scema, ma che a voi può non fregare xD - la foto l'ho trovata
dopo aver scritto la scena *___* Non ci contavo di trovarne una simile
alla posa della foto del book, ma quando l'ho vista... ho detto
"è lei!" xD
Sperando vi sia
piaciuto, ringrazio tutti i lettori della storia, che commentano o
meno! Grazie anche a chi segue, preferisce o ricorda! Gentilissimi =***
Ps: ho diverse
mail in arretrato a cui rispondere. Mi scuso se non l’ho ancora
fatto, ma ne approfitto ora che sono finalmente in vacanza. Scusate
veramente l’attesa (_ _)
Risposte alle recensioni:
micol_1997: come promesso, eccomi qua a postare di lunedì ;)
Spero che anche questo capitolo sia stato piacevole da leggere. ^^
Un bacione ed a presto!
JessikinaCullen: carissima, che piacere sentirti!
Ti ringrazio per le parole, me arrossisce ^/////^ Non merito tanta fiducia!
Sì, ho
detto che si svolgeranno più velocemente, ma la mia tendenza ad
allungare tutto ciò che penso possa essere corto sta per fare
un’altra vittima: questa storia :|
Spero di
riuscire a far risaltare bene le loro emozioni, pur usando la terza
persona – per ora, l’idea di passare tutto in prima
è stata accantonata.
Sperando che anche questo capitolo ti sia piaciuto, ti mando un bacione!!!
E grazie mille, di nuovo, per la fiducia e per i complimenti ^____^
CherryBomb_: ti ringrazio per i complimenti e per le rassicurazioni. ^^
Non amo molto
scrivere in terza persona – al mio attivo, posso dire di aver
scritto una storia a due capitoli e qualche shot con questo metodo
– preferendo di gran lunga la prima persona singolare e la
seconda.
Ma ho voluto tentare – mi piace sperimentare!
E per quanto riguarda il suo essere modello... c’è ancora molto da dire xD
Purtroppo no,
non faccio la fotografa né lavoro nel mondo della moda :| Quando
mi soffermo sui dettagli, penso alle foto che ogni tanto vedo su
“Deviant Art”, su certi particolari catturati, che
potrebbero sembrare banali, ma che invece si trasformano in una foto
veramente ben fatta.
Adoro le fotografie *____*
Spero che anche questo ti sia piaciuto!
Un bacione e grazie!!!
Semolina81: carissima co-Regionale xD
Che piacere ritrovarti anche qua! Oddio, hai bisogno di un po’ d’olio Carapelli per quegli ingranaggi? =P
Sia mai che mandi a me poi il conto per riparare il tutto u.u
Ahahahah xD Okay, torniamo “serie”.
Oddio,
Pattinson, che nota dolente *sospira*. Purtroppo io non sono molto
amante di codesta persona – o almeno, non è il mio Edward
immaginario. Tuttavia ammetto di aver pensato, anche per ili book, alle
tante foto che gli hanno fatto per la campagna Twilight – quella
dove suona il piano, o dove ha un maglione che mi piaceva tanto o tante
altre che non ricordo.
Eh, hai visto lui: se può, afferra u.u
Ma non sarà troppo sfrontato o pieno di sé, arrogante fino al midollo.
Solo un gioco di lenta seduzione *___*
Grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima =***
Un bacione!!!
emy cullen: ciao! Mi fa piacere saperlo *___*
Non ti preoccupare, come vedi il bacio non è stato dimenticato, anzi, ne attende pure un altro :|
Questi uomini impazienti... u.u
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!
Un bacione e grazie!!!
SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate: ma che piacevole sorpresa!!!
Ciao
carissima!!! Sono felice che ti sia piaciuto e grazie per avermelo
fatto sapere – abbiamo qualcosa in comune, quando si tratta di
recensire xD (io poi divento logorroica, quando lo faccio -.-‘)
È stata una bacata idea, quella di scrivere in terza persona, ma per ora resistiamo.
La prima mi richiederebbe più tempo ed approfondimento e preferisco così!
Grazie mille ancora!!!
Un bacione =***
luisina: eccola qua la pazza che mi va a commentare le shot alle undici di sera e fa ridere pure me, con i suoi commenti xD
Come vedi,
terza persona mantenuta! Da persona pigra quale sono, modificare il
tutto un po’ mi infastidiva – anche se so che, se mai
decidessi di farlo più avanti, sarebbe peggio :|
Edward non si fa mancare nulla, no no.
Ma mi da un che di mascalzone che mi piace – pur mantenendosi, spero, al di sotto dell’arroganza. ^^
Probabilmente, lo assaliremmo noi per prima, senza aspettare che ci prenda per il polso ;)
Un bacione tesoro e grazie =***
A presto bella gente,
Anthea
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