Finirà,
my darling, il tempo delle parole -
inutile illudersi d'essere eterni.
Le vediamo
benissimo, dopotutto,
le occasioni
che lasciamo indietro ogni giorno
con scuse
francamente imbarazzanti
e i dettagli
che ci facciamo sfuggire dalle mani,
neanche fossero
sabbia.
Non è
che ne capiamo l'importanza -
no davvero -
né che
il giorno del silenzio non ci faccia abbastanza paura -
tutt'altro.
Ma parola dopo
parola accumuliamo pause
e non diciamo,
soprattutto.
Talvolta
è solo qualche sillaba, altre volte un sostantivo, un verbo,
poi un
complemento di specificazione o d'agente,
alla fine una
frase e quando è peggio un verso,
fino ad
arrivare a un'intera poesia -
metafore e metonimie comprese, per giunta.
I motivi li
sappiamo bene -
abbiamo occhi che ci vedono ancora
se anche troppo spesso si perdono a inseguire fate -
rimandiamo
troppo e troppe cose,
accettiamo per
pigrizia e rinunciamo per compiacenza,
diciamo troppi
sì e troppi no dimenticando la meraviglia dei forse,
ci poniamo
troppe domande e pretendiamo sempre risposte esatte,
e tentenniamo
sulla via nuova attirati dalla sicurezza del cammino usato.
Insomma,
abbiamo scordato Neruda e le sue morti lente.
Verrà
così, my darling, il giorno dell'addio.
Scompariranno
dai fogli bianchi i nostri antieroi semiseri -
e semicomici, ovviamente -
quelli vissuti
e quelli solo immaginati -
quanta differenza una traccia d'inchiostro -,
non sapremo
più raccontarci le storie che ci fanno svegliare.
Verrà
così, my darling, il giorno del silenzio,
e si
farà notte poi e così via, così via.
Appenderemo al
salice la nostra cetra di poche pretese
e coltiveremo
fiori rossi come tutti -
geranei perché l'aspispidistria non si usa, da queste parti,
papaveri, qualche rosa se vorremo -
donandocene uno
di tanto in tanto
come il ricordo
fantomatico d'un ultima Thule -
quella sempre cercata e mai raggiunta, ovviamente.
Quel giorno ci
guarderemo in faccia per la prima volta
e forse non ci
riconosceremo più, scoprendo in un'unica epifania
di aver perduto
il dettaglio che serviva.
Quello
invisibile agli occhi, l'unico davvero essenziale,
quello che non
ci eravamo mai detti,
quello che solo
sapevamo scrivere.
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