La scogliera (parte II)
L'influenza
che il Cardinale aveva in quegli anni in Europa mi permisero di poter
tornare da lei, mi permisero di poterla amare con tutto me stesso. Quando
il mio Maestro venne in visita alla tenuta per comunicare e farsi
difensore della mio amore con Elen, promettendo al Duca onori e
terreni che quest'ultimo nemmeno poteva immaginare, l'unico che si
oppose fermamente fu proprio il giovane cavaliere, figlio del Duca.
Costui si scagliò con rabbia contro questa relazione che giudicava
immorale, ed il suo rancore non fece che aumentare quando vide suo
padre ordinargli di tacere poiché ammaliato dalle promesse di
ricchezza e prestigio.
L'odio
effuso dai suoi occhi mi impietrì, l'unica promessa che mi fece,
sussurratami all'orecchio fu:
“Un
giorno mio padre morirà ed il Cardinale ha molti anni sulle spalle.
Non ci sarà sempre qualcuno a proteggervi, ricordatevi queste
parole: godetevi la felicità che il tempo vi concede, perché un
giorno ve la farò rimpiangere”.
Quelle
parole mi turbarono profondamente, ma la memoria umana è fragile e
ben presto mi scordai quella minaccia, facendomi pienamente
trascinare dai giorni di ebbra felicità insieme alla mia amata. Tutte
le difficoltà che avrebbero potuto porsi innanzi a noi furono
ostacolate, sia dall'impegno del mio mentore, sia dalla divina
provvidenza. Infatti colui che più di tutti aveva tentato di
dividermi da Elen fu chiamato lontano da casa per doveri
irrinunciabili, Victor era dovuto partire in guerra in veste di
ufficiale di cavalleria.
Erano
passati ormai quasi sei mesi dal giorno in cui mi recai dal Cardinale
per confessargli quello che credevo essere il mio peccato più
grande, e aver scoperto invece che Elen era tutt'altro che una
tentazione, lei era un miracolo, la donna che avrebbe elevato la mia
anima verso il cielo. Il
Duca non si vedeva oramai da qualche settimana, era soddisfatto di
aver constatato che le promesse fatte dal mio mentore erano state
mantenute, tuttavia non riusciva ancora a considerarmi a pieno come
il compagno di sua figlia. Non potevamo celebrare un matrimonio
ufficiale, sarebbe stato troppo in vista anche per una società che,
spinta dalla legge della convenienza, faceva finta di non vedere cose
ben più gravi di uomo di chiesa che prendeva moglie. Decidemmo di
sposarci in segreto non appena fosse giunto alla tenuta il frate che
il Duca aveva promesso di mandare.
Quella
mattina giunse su di un cavallo piuttosto malandato un grasso
fraticello, dalla tunica marrone e logora, che canticchiava
allegramente. La
sensazione che provai guardandolo avvicinarsi a noi fu strana ma
tranquillizzante, era come se sapessi già, in quel momento, che
avrebbe fatto per me ed Elen più di quanto avremmo mai potuto
credere. A
dispetto del rossore del viso rotondo, provocato sicuramente
dall'abbondanza di vino a cui aveva abituato la sua pancia
prominente, sembrava possedesse una sorta di saggezza atavica che gli
conferì ai miei occhi il rispetto che un discepolo porta ad un
santo.
Mi
sorridette gioviale e si presentò.
“Sono
Fra Guglielmo, al vostro servizio padre”
“No,
sono io al vostro. Chiamatemi Michele, probabilmente sarà difficile
raccontarvi la mia storia senza incorrere in giudizi, tuttavia...”
“Vi
prego, non vi prodigate in inutili spiegazioni. So già tutto ciò
che mi occorre sapere. Allora, posso esservi utile per qualcosa in
particolare prima che mi sistemi nelle stanze della servitù?”
Era
come se quel frate avesse già intuito i miei pensieri.
“In
realtà c'è qualcosa che potreste fare per noi, intanto però vi
comunico che le vostre stanze saranno all'interno della villa, ho già
fatto preparare per voi una camera”
“Chiedete
pure ciò che vi occorre, tuttavia vi ricordo che sono votato ad una
vita di povertà, perciò dormirò con la servitù se ciò non vi
offende Michele”
Rimasi
affascinato dal modo in cui i suoi modi ed il suo modo di parlare,
riconducibili ad un vecchio saggio, cozzassero così violentemente
con il suo aspetto da frate dedito alla buona tavola e all'abbondanza
di vino.
“Se
così desiderate sarò felice di accontentarvi. Vorrei chiedervi
comunque di celebrare le nozze tra me ed Elen, in segreto”
“È
sempre bello celebrare l'unione di due anime affini unite dal
sentimento d'amore. È la celebrazione che amo più di tutte”
acconsentì sorridendo “Quando vorreste celebrarlo?”
“Stanotte”
risposi sull'onda dell'entusiasmo che quell'uomo mi infondeva.
“E
stanotte sia... avete già scelto il luogo?”
“C'è
una cappella all'interno della tenuta...”
“Ma...?”
mi interruppe lui.
Stavo
cominciando seriamente a credere che i miei pensieri fossero
completamente visibili alla mente del frate.
“Ma...
Elen ed io vorremo che il posto sia un altro, però non è una
chiesa...” risposi.
“Dio
è ovunque caro Michele...”
“Ma,
le regole non...”
“Regole?
Diffida di coloro che cercano di rinchiudere l'infinito nel finito”
“Ma...
celebrare un rito sacro in un luogo non consacrato...”
“Seppellire
un santo fuori da un cimitero gli precluderà la via per il paradiso?
Michele... sarete voi ed Elen a rendere sacro il posto in cui
celebreremo il matrimonio, lo farete con il vostro amore, se è
sincero. È Dio che consacra l'unione, io mi faccio solamente
da tramite per le sue volontà.”
“Le
sue volontà... ricordate che sono un uomo di chiesa, e se le sue
volontà fossero diverse? Se alla fine io avessi deviato dalla strada
che il Signore aveva stabilito per me? Perdonatemi, voi siete l'unico
a cui sento di poter esprimere le mie perplessità.”
“Beh...
se volete sapere qual'è la vostra strada e nel caso in cui Dio non
approvasse le vostre nozze l'unica persona in grado di aiutarvi
sarebbe il Pontefice.”
Rimasi
pensieroso a sentire quell'affermazione.
“Il
Papa?”
“Certo,
è l'unico a cui è stata concessa l'infallibilità e le cui
decisioni sono approvate senza remore da Dio. Inoltre è il suo
intermediario in terra, quindi qualunque sia la strada che vi dirà
di compiere sarà quella che il Signore stesso ha scelto per voi alla
vostra nascita.”
“Voi
credete?”
“Certo,
perché voi no?”
Rimasi
in silenzio, a scrutare il viso rosso del frate che con i suoi occhi
azzurri e vispi mi osservava aspettando che parlassi.
“In
realtà no” dissi sviluppando il pensiero che si stava mano a mano
dipanando nella mia testa “penso che Dio non abbia minimamente
approvato le guerre che il Papa ha definito “Sante”. Penso che
Dio non approvi lo sfarzo e gli intrighi della chiesa del nostro
tempo, né molte decisioni del pontefice stesso che ritengo essere
assolutamente contrarie alla mia fede. Ritengo che non conosca la via
che è stata stabilita per me.”
“Quindi
sostenete che non sia l'emissario delle volontà divine in terra?”
“Ritengo
che Dio sappia che al gregge serve un pastore, e che il pastore del
gregge può commettere degli errori proprio perché umano, anzi,
credo fermamente che lui, più di tutti si troverà a dover
rispondere dei suoi errori di fronte a Dio, poiché essi influiscono
direttamente su tutto il gregge. Nostro Signore ha affidato ad un suo
figlio di guidare verso la salvezza gli altri suoi figli, penso che
non sarebbe affatto contento se constatasse che il pastore si
disinteressa completamente del suo gregge. Inoltre mi rendo conto che
nessuno può rivelarmi la mia strada, devo sceglierla io, basandomi
sugli insegnamenti del Signore e sui segni che quotidianamente
dispone sul mio cammino. Chiamatemi eretico se volete ma questo è
quello che penso.”
Si
disegnò sul viso del frate un'espressione sorpresa, che si tramutò
ben presto in un sorriso.
“Vedete
Michele che da buon uomo di conoscenza alle cose potete arrivarci
anche da solo? Se qualcuno oserà definirvi eretico consolatevi col
fatto che sarete in mia compagnia. Ora scusatemi ma devo sistemare la
mia roba, attenderò voi e la vostra futura sposa alle stalle quando
la luna sarà alta nel cielo. Posso sperare che avremo una buona
luce, il cielo è sereno e la luna sarà al suo culmine. A più tardi
amico mio.”
“A
più tardi...” lo osservai dirigersi verso gli alloggi della
servitù, sempre più convinto che quell'uomo di fronte a me avrebbe
potuto insegnarmi più di quanto il suo aspetto avrebbe mai potuto
suggerirmi.
Decisi
di correre in casa e dare la splendida notizia ad Elen, mi sentivo
felice, forse come non lo ero mai stato.
Era una
notte bellissima, perché Elen era bellissima, vestita di uno
stupendo ma semplice abito bianco ed i capelli raccolti in una
treccia che le scendeva dritta giù per la schiena. Era
raggiate, il sorriso che aveva in quell'istante mi sarebbe rimasto
impresso come un ricordo indelebile.
“Sono
emozionata” mi sussurrò arrossendo
“Anche io,
sei bellissima lo sai?”
“Se mi
dici così mi emoziono ancora di più”
Stavamo
aspettando Fra Guglielmo che avrebbe dovuto celebrare le nozze in
gran segreto. Insieme a noi, a condividere quel meraviglioso giorno
c'erano un uomo e una donna, marito e moglie, erano la levatrice di
Elen,Giselle, con il consorte, Luis. Soltanto in loro la mia amata
riponeva la fiducia necessaria per partecipare al rito. Tutto era
pronto, i cavalli erano sellati e si intravedeva la sagoma del frate
che giungeva in groppa alla sua stanca e malandata cavalcatura.
“È un
piacere conoscervi duchessina” si annunciò chinando il capo
dinnanzi alla sposa
“Vi prego,
chiamatemi Elen. Dopo la cortesia che ci avete concesso questa sera
mi sento in dovere di ricompensarvi”
“Non
disturbatevi, Elen, ho già tutto ciò di cui ho bisogno nella
sistemazione che mi avete procurato”
“Non
starete scomodo nelle stanze della servitù?” gli chiese premurosa
“Ne ho già
parlato con il vostro futuro consorte e vi ringrazio per la premura,
ma sto benissimo così. Dunque, vogliamo andare?”
Ci avviammo
per il sentiero in mezzo al bosco, ricordo ora come se fosse successo
ieri ogni pensiero ed ogni emozione che ebbi quella notte, mano a
mano che ci avvicinavamo alla scogliera la mia felicità diveniva
incontenibile. Alla fine
della stretta strada sterrata, quando gli alberi terminavano
bruscamente e si spalancava alla vista quella meraviglia, il mio
cuore sussultò. Lo stupore che ogni volta mi destava, e continua a
destami, quella vista è inimmaginabile, lo sciabordare dell'acqua,
le onde, la roccia eternamente bagnata della scogliera, e l'infinito
che si svela oltre di essa fino alla linea in cui il mare ed il cielo
si fondono in un tutt'uno. L'infinito che nasce dalla fusione di due
opposti, il tutto ed il niente riuniti a creare qualcosa di cui solo
l'anima umana può cogliere la bellezza.
E poi mi
volsi a guardare Elen, i suoi occhi, passaggi terreni per raggiungere
la sua essenza celeste. Unico mezzo concessomi per capire quel
miracolo.
Il frate
interruppe la mia contemplazione silenziosa.
“Elen, so
di aver detto che non avevo bisogno di nulla... ma c'è in realtà
qualcosa che vorrei chiedervi” disse con voce sognante, quasi
assente
“Chiedete
pure qualsiasi cosa”
“Vorrei
che mi costruiste una piccola cappella, qui, in questo luogo”
“Sarà
fatto” acconsentì lei, comprendendo a pieno la meraviglia del
frate di fronte ad una bellezza del genere.
“Grazie...”
rispose il frate con le lacrime agli occhi, commosso da quella
meraviglia che riconosceva come miracolo del cielo.
Ci unimmo in
matrimonio, benedetto sia il cielo, sotto la luna piena inondati da
quella luce bianca ed accarezzati da un lieve venticello. Fra
Guglielmo, Giselle e Luis, gli unici testimoni del coronamento di
quell'amore.
Tornammo a
palazzo e lì, uniti in un bramoso abbraccio Elen mi disse:
“Voglio un
figlio da te”
La mia gioia
fu immensa nell'udire quelle parole.
“Amor mio”
le sussurrai e facemmo l'amore finché i primi raggi di un nuovo
giorno non penetrarono timidi i tendaggi bianchi della nostra camera.
“Fra
Guglielmo! Fra Guglielmo!” correvo a rotta di collo giù per il
prato che conduceva agli alloggi della servitù, inseguito da Ettore
il bianco Pastore Maremmano che sei mesi prima avevo riportato con me
dal mio viaggio in Italia.
Raggiunsi
trafelato la mia meta e venni informato che il frate si trovava ad
ultimare i preparativi per la consacrazione della cappella sulla
scogliera. Montai sul primo cavallo sellato che trovai alle stalle,
la mia felicità era tale da farmi sentire leggero come una piuma,
spronai il baio giù per il sentiero in mezzo al bosco, sempre con
Ettore al seguito che correva ansimando con la lingua fuori dai
denti.
Poco dopo
scorsi la fine della piccola strada sterrata e quando giunsi sul
prato verde smontai al volo, senza nemmeno legare il cavallo.
“Fra
Guglielmo! Fra Guglielmo!”
Vidi il
frate paffuto affacciarsi dall'uscio della piccola chiesetta e
domandarmi preoccupato “Michele! Che succede?”
Mi fermai,
piegato in due con i gomiti poggiati sulle ginocchia, respirai
affannosamente cercando di recuperare il fiato che mi serviva per
parlare. Ettore saltellava intorno a Fra Guglielmo abbagliando di
tanto in tanto per attirare l'attenzione su di lui.
“Elen...
Elen...”
“Elen
cosa? Vi prego Michele parlate o mi verrà un colpo!”
“Elen...
sono nati! Sono nati!”
“Nati?”
domandò il frate perplesso “Oh...! Nati!”
“Si, sono
due! Sono due gemelli Fra Guglielmo! Sono bellissimi!”
Il frate mi
abbracciò sollevandomi da terra e facendomi volteggiare in tondo.
“Ah! Siete
diventato padre Michele!”
“Lo so! Lo
so! è... è... è stupendo! È bellissimo!”
“Venite
dentro, ho con me una bottiglia di vino pronta da stappare per
l'occasione”
“Non c'è
tempo, sono venuto ad avvertirvi, devo tornare da lei, devo tornare
da Elen”
“C'è
tempo Michele! Venite stappiamo il vino!”
Mi condusse
dentro alla chiesetta di mattoni, era quasi terminata, mancava solo
la consacrazione che doveva avvenire il giorno seguente. Il frate
prese una bottiglia di vino rosso dal cestello di vivande che portava
sempre con sé e tolse il tappo provocando un sonoro “Clop!”. Prese due
bicchieri dal cestello e li colmò di buonissimo nettare scuro.
Bevemmo due bicchieri a testa e subito dopo montammo sulle
cavalcature, dirigendosi cantando a squarciagola verso la tenuta.
Il sole di
mezzogiorno splendeva alto nel cielo benedicendo con i suoi raggi
quel meraviglioso giorno, salutava le due piccole vite appena nate
con il suo calore. Mi
precipitai nella stanza in cui le levatrici avevano assistito il
parto di Elen e mandai subito un messaggero al villaggio a chiamare
un dottore che verificasse le condizioni di mia moglie.
“Come ti
senti?” le chiesi inginocchiandomi accanto al letto, le strinsi la
mano e rimasi a fissare il suo bel sorriso e i suoi occhi color
cielo. Sembrava diversa, sembrava più bella, ora era madre.
“Sto bene”
mi rispose baciandomi sulla fronte “ti amo...” aggiunse in un
dolcissimo sussurro.
Fra
Guglielmo se ne stava sulla porta, impacciato, le gote imperlate di
un forte rossore. Elen voltandosi lo scorse e gli fece cenno di
avvicinarsi.
“Sono
contenta che siete arrivato, spero di non avervi arrecato troppo
disturbo” la sua voce, dolce come il miele, era debole e stanca.
“Nessun
disturbo duchessina! Scherzate?! Se avessi saputo che oggi sarebbe
stato il giorno più adatto per voi per partorire non sarei nemmeno
partito questa mattina”
Sorrisi
osservando l'impaccio con cui il frate le parlava, era emozionato
quanto me per la nascita di quelle due splendide creature.
“Ma dove
sono? Posso, si possono vedere?”
“Certo Fra
Guglielmo che potete vederle” gli risposi “le nutrici li stanno
lavando, li riporteranno qui a breve”
Udimmo i
vagiti lungo il corridoio e poco dopo Giselle mi sistemò tra le
braccia mio figlio e porse la bambina ad Elen che l'accoccolò fra le
sue braccia.
Fra
Guglielmo si asciugò gli occhi umidi di lacrime.
“Scusatemi,
mi commuovo sempre in certe situazioni... Come li chiamerete?”
Non dovetti
nemmeno pensarci, il nome affiorò sulle mie labbra all'istante.
“Lo
chiamerò Elios, per il sole che ha benedetto questo giorno di
felicità”
Elen mi
guardò sorridendo.
“Lei si
chiamerà Selene, come la luna che con la sua bianca luce ha
illuminato la notte in cui furono concepiti questi due miracoli”
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