Appuntamento a Liverpool Street
Un racconto di
Notrix
Liverpool
Street quel pomeriggio era piena di gente. Passeggeri che scendevano dai treni,
andavano, venivano, parlavano al cellulare, nel solito teatrino della vita che
era la stazione. Seduto su una panchina metallica, Trunks
era perso nel vuoto. Londra aveva sempre questo potere su di lui. I suoi cieli,
così plumbei e minacciosi, gli davano sempre l’impressione di essere in una
fiaba, dove ogni volta che il cielo si oscurava, i personaggi avevano bisogno
di andare a rifugiarsi da qualche parte, per non venir bagnati dalla pioggia.
Per questo motivo ora lui era lì.
Alzò lo
sguardo sopra la grande volta della stazione. I nuvoloni erano diventati ancora
più neri, e nonostante fossero appena le due del pomeriggio, all’aperto era già
quasi buio. Spesso da bambino era solito guardare le nuvole, fantasticando
sulle più svariate forme che esse assumevano, ma la cosa che gli piaceva più di
tutte era quando il sole vi si nascondeva dietro, creando fasci di luce così
belli e poetici che soltanto il cuore più duro della pietra non avrebbe potuto
apprezzare.
Ironicamente,
gli venne in mente suo padre. Già, proprio lui, Vegeta… con quell’aria da
smargiasso, quella potenza intrinseca e quel suo tono di voce così strafottente,
che gli diceva “Dovresti pensare di meno alle nuvole e più a far lavorare quei
muscoli, pelandrone!” Un cuore di pietra in piena regola, almeno così voleva
far credere.
L’ultima volta
che era stato a Londra fu otto anni fa. Allora aveva vent’anni, una borsa di
studio da spendere in Europa e tanta voglia di viaggiare. Ripensando agli anni
che furono, fu per lui come essere risucchiato in un vortice temporale… Fuori,
prima il lampo di un fulmine squarciò il cielo e subito dopo un rombo di tuono
simile ad una deflagrazione echeggiò nella piazza di Liverpool Street, ed a Trunks parve che tutti i presenti si zittissero, come
bambini troppo chiassosi richiamati dalla voce del padre.
“Se tanto mi dà tanto, fra poco qui si scatenerà uno di quegli
acquazzoni di dimensioni bibliche. Forse è il caso di prendere il metrò
e tornare in albergo. Magari Goten si è già alzato ed
ha voglia di fare una partita a carte…” Pensò, e lentamente si alzò dalla
panchina, la aggirò e si diresse verso
l’entrata della London Underground, la metropolitana londinese.
Non fece più
di due passi, che si sentì tirare dolcemente la giacca, costringendolo a
fermarsi. Un po’ alterato, pensò “ma chi cazzo è che…”
-Ciao, Trunks. Come stai?-
Sulle prime
gli venne da rispondere “Chi sei e cosa vuoi da me”, ma mise da parte quel
pensiero per far posto ad un’espressione di sorpresa tale che spalancò la bocca
e sorrise.
- Andrew? Che…
che combinazione trovarti qui!-
-Già, una vera
combinazione- rispose il ragazzo ridacchiando. Con una mano si ravviò il ciuffo
di capelli biondi, mentre i suoi occhi castani osservavano Trunks
sorridendo, cosa che mandò il cuore di Trunks a mille
battiti l’ora. –Cosa ci fai qui?-
-Niente, stavo
solo facendo un giro. E tu, invece?-
-Come sopra.
Giravo alla cieca per Londra, come al solito…- Un altro sorriso da parte di
Andrew. Trunks gli sorrise a
sua volta.
-Non sei
cambiato per niente, lo sai?-
-Nemmeno tu.
Studi ancora ad Oxford?-
Andrew scosse
la testa. –Ho lasciato qualche anno fa, avevo bisogno di ritrovare me stesso.-
-Capisco- dichiarò Trunks –Beh, è
un piacere rivederti.-
Trunks fece per allontanarsi, ma Andrew lo fermò.
-Vai già
via…?-
-Beh… io…-
Non sapeva
come rispondere. In realtà avrebbe voluto restare
ancora in compagnia di Andrew, per ricordare quel giorno di tanti anni fa in
cui si conobbero per le vie di Londra, e per ben quattro mesi si comportarono
da fidanzati… fino a quando Trunks non dovette
partire. E da allora persero i contatti.
Abbassando
lentamente il capo, e arrossendo, Andrew dichiarò –Ho ancora nella testa il
ricordo di quando ci lasciammo.-
Colto nel
segno, Trunks cercò di rimediare.
-Mi.. mi dispiace. C’è qualcosa che posso fare per…-
-Sì, Trunks. C’è qualcosa.-
Sorridendo,
Andrew prese la mano di Trunks e lo scortò verso la
metropolitana.
*****
Seduti sul
sedile del treno sotterraneo, non parlarono. Si limitarono ad osservare intorno
a loro le persone presenti; c’era una vecchia signora con un carrello della
spesa, un ragazzo asiatico con lo sguardo fisso nel vuoto e le orecchie piene
di musica che usciva dalle sue cuffie gialle, un uomo in giacca e cravatta che
reggeva una valigetta ventiquattrore. Trunks
conosceva la linea, e più o meno sapeva dov’erano diretti… Lanciò uno sguardo
ad Andrew. Questi gli sorrise timidamente e gli strizzò
l’occhio.
-Ti ricordi il
nostro ultimo viaggio in metropolitana, Trunks?- gli
domandò sottovoce.
Trunks annuì. –Lo ricordo come fosse ieri. – Disse, mentre
lo speaker della metropolitana annunciava il nome della fermata, raccomandando
di fare attenzione alla distanza tra il treno e la piattaforma, ripetendo la
cantilena che faceva “mind the gap”. Alcuni passeggeri scesero dal vagone, ma
loro restarono lì. Non era ancora la loro fermata. Erano rimasti da soli nel
vagone, e prima della prossima fermata c’era un bel po’ di tempo. Trunks allungò una mano verso quella di Andrew. Gliela
prese e gliela strinse dolcemente. Andrew gli si accoccolò accanto, senza dire
nulla. Chiuse gli occhi e si rilassò, lasciando che una sensazione di calore si
impadronisse del suo cuore, mentre sentiva il respiro di Trunks
sui suoi capelli biondi.
*****
Scesero alcune
fermate dopo, e superato un lungo corridoio della metropolitana, approdarono ad
Hyde Park. La pioggia stava già incominciando a
cadere leggera, ma per il momento non era minacciosa. Il parco era totalmente
deserto. C’erano soltanto loro due. Camminarono per il viale, Trunks con il braccio intorno alla spalla di Andrew, ed
Andrew che gli cingeva il fianco. Il profumo di terra bagnata solleticava le
narici di Trunks, che si sentiva proprio come otto
anni prima… Anzi, per meglio dire gli sembrava di stare rivivendo una giornata
già vissuta. La sensazione non gli dispiacque.
Si sedettero
su una panchina, godendosi la pioggia leggerissima che bagnava loro i capelli.
-Non mi hai
ancora detto cosa dovrei fare.– Disse Trunks.
-Rilassati. Lo
saprai a tempo debito. Per ora… goditi l’ambiente, ascolta il rumore di questo
pezzo di natura in questa città… Non è bellissimo?-
Trunks allora si rilassò, cercando di non aver fretta, di
fare come voleva Andrew… inspirò a pieni polmoni il profumo dell’aria, inebriandosi
anche di un altro profumo. Quello di Andrew, così buono e soave. Andrew chiuse
gli occhi, e fece lo stesso.
-Trunks…- Sussurrò, con le sue labbra molto vicine alla guancia
di Trunks.
-Andrew…- Gli rispose, girando lentamente la testa. Ora le
loro labbra erano vicinissime…
Fu un bacio
lento e caloroso, che riscaldò i cuori di entrambi. Trunks
stava abbracciando Andrew, ritrovando come per incanto la dolcezza che aveva trovato
otto anni fa, incontrandolo in quello stesso parco, mentre stava guardando le
nuvole.
-Ti sei
ricordato come mi hai conosciuto, non è vero?-
-S..sì. Adesso mi ricordo.-
Andrew
ridacchiò, e gli posò un altro bacio sulle labbra. I suoi
occhi castano chiarissimo guardarono in quelli azzurri di Trunks. Erano così belli e dolci, sembravano d’oro. Trunks non poté fare a meno di sottrarsi a quegli occhi, e
con una mano incominciò a carezzare la guancia di Andrew, godendosi la sua
pelle morbida e liscia.
Insieme a lui,
Trunks si sentiva spensierato. Come se un qualcosa
gli avesse cancellato la memoria recente ed avesse riportato a galla eventi
successi anni prima. Così, in un’idea improvvisa, si alzò e prese la mano di
Andrew. Questi non oppose alcuna resistenza.
-Andiamo?-
Andrew annuì.
E gli offrì la mano. Trunks gliela prese e si
incamminarono verso il prossimo luogo.
*****
Portobello Road.
A causa della
pioggia, il mercato non c’era. Però le case rimanevano, con tutti i loro colori
ed il silenzio rotto soltanto da qualche automobile di passaggio. Andrew era
felice. Sgambettava come un bimbo sotto la pioggia che ora si stava facendo un
po’ più forte rispetto a prima, ma era ancora abbastanza sopportabile.
Tuttavia, Trunks pensò che sarebbe stato più opportuno
avere un ombrello.
-Ma che razza
di inglese sei, se non hai nemmeno l’ombrello a portata di mano?- Scherzò Trunks, ridacchiando. Andrew lo guardò con un faccino
sconsolato e sussurrò un “I’m sorry…”
Trunks scosse la testa e lo prese a sé, posandogli un
leggero bacio sulle labbra.
-Non fa
niente. Vieni con me.-
Entrò in un
negozio di cui ricordava l’esistenza, che vendeva anche ombrelli. Per tre
sterline comprarono un ombrello abbastanza grande per entrambi, di colore blu
notte.
-Ti sei
ricordato il mio colore preferito. Grazie…-
-Ci sono molte
cose che ricordo di te, Andy.-
-Davvero? Per
esempio?-
-Non so.-
-Uffa! Prima
dici che ti ricordi, e poi…- Andrew gli fece una linguaccia, a cui Trunks rispose a sua volta. Si ritrovarono ancora a ridere
insieme, mentre camminavano sotto quell’ombrello, stretti fianco a fianco.
*****
Ricco com’era,
Trunks poteva permettersi di andare in una
prestigiosa sala da tè. Non che fosse poi tanto prestigiosa. Era solo molto raffinata, pulita, ben tenuta. Il brusio di fondo
della gente che parlava era rilassante per Trunks,
che era abituato a sentire gente più chiassosa durante le riunioni che faceva
con sua madre, alla Capsule Corporation. Si sedettero ad un tavolo, ed
ordinarono un buon tè per ciascuno, con un po’ di pasticcini.
-E’ stupendo,
Andrew… è come se fossi tornato indietro nel tempo, e tu fossi qui con me a
guidarmi affinché non mi perda.-
-Tu mi
lusinghi, Trunks.- Disse, arrossendo.
-Posso
chiederti una cosa?- Domandò Trunks, mentre girava lo
zucchero nella tazza di tè.
-Certo. Cosa?-
-Ti sei
fidanzato, in questi anni?-
Abbassando gli
occhi, Andrew scosse la testa. –No, non sono ancora fidanzato. Sembra che
nessuno voglia un romanticone come me. L’ultimo con
cui ho avuto un appuntamento si è limitato soltanto ad offrirmi un giro nel suo
letto, e poi grazie e a non rivederci.- Sospirò.
-…Mi dispiace.
Scusa se te l’ho chiesto.- Rispose Trunks,
imbarazzato più che mai e dispiaciuto che non ci fosse molta gente disposta ad
essere romantica prima che arrapata. Andrew era un bel ragazzo, ed inoltre era
anche molto buono e sensibile. Peccato che i ragazzi non fossero tutti come
lui, e quindi c’era il rischio costante di prendersi delle fregature.
Allungò la
mano verso quella di Andrew, e gliela carezzò dolcemente. Gli
sorrise.
-Quanto vorrei
aver trovato un ragazzo come te, Trunks…- La
confessione però lo fece arrossire, in quanto non poteva certo essere il suo
ragazzo. Trunks aveva una vita sua, un’azienda da
dirigere in un altro paese e non poteva certo permettersi di trasferirsi a
Londra… Anche se era nei suoi progetti futuri. Più di una volta aveva
fantasticato di redigere una bella lettera di dimissioni a sua madre e mollare
il posto di lavoro, per andare a ritirarsi in un qualche paesino della campagna
inglese, magari portando con sé il ragazzo che tanto l’aveva emozionato in quei
quattro mesi di soggiorno. Andrew.
-So a cosa
stai pensando. Vorresti tornare qui, un giorno, non è
vero?-
-Già. Peccato
che mi sento incatenato dal mio stesso lavoro. Non è
facile lavorare per la propria famiglia… Si hanno un sacco di responsabilità a
cui non ci si può sottrarre.-
-Capisco…-
A quel punto,
a Trunks venne un’idea.
-Ehi, perché
non molli tutto e vieni a vivere da me? La mia casa è grande, e mia madre ti
accoglierebbe a braccia aperte. Abbiamo un sacco di amici che vengono a
trovarci spesso, facciamo tante cose… insomma, non ci si annoia mai.-
Andrew lo
guardò con un’espressione tra il severo ed il malinconico. A Trunks sembrò un’espressione del tipo “non verrei con te perché
qui ho la mia vita”, ma si sbagliò clamorosamente. Andrew scosse la testa.
-Non posso
venire con te. - Disse secco, bevendo un sorso di tè dalla tazza. Trunks ci rimase un po’ male, ma decise di non indagare
oltre.
-Non posso
proprio. Perché…- Aprì la bocca, come per aggiungere qualcos’altro. Poi si
guardò intorno, sospirò e scosse la testa, come per dire “lascia perdere.”
-Dimmi, Andrew. Perché non puoi?-
Andrew restò
zitto per un bel po’ di tempo, fino a che non finì il suo tè e propose la nuova
tappa da visitare.
*****
La Ruota Panoramica di Londra era
accanto a Westminster. Dall’alto di essa, si vedeva tutta Londra. Andrew
guardava fuori dal finestrino, con un sorriso da bambino stampato sulle labbra.
Trunks era assorto nei suoi pensieri.
“Possibile che
si stia ripetendo tutto esattamente come successe otto anni fa? Che strano…
Forse dovrei dileguarmi e lasciarlo solo… Se prima questa cosa mi piaceva,
adesso mi sta impaurendo un po’.”
Come se Andrew
avesse origliato nei suoi pensieri, lo guardò con uno sguardo triste. Trunks gli sorrise, ma non servì a
nulla. Ormai Andrew aveva quell’espressione da cucciolo infelice. Trunks allora cambiò espressione, e Andrew gli si accoccolò
accanto, baciandogli la guancia.
-Non andare
via, ti prego. Non ancora.-
-Resto qui.
Non vado via.-
-Me lo
prometti?-
Dopo un breve
attimo di esitazione, Trunks annuì.
-Te lo
prometto.-
Andrew si
riaccese in volto e gli scoccò un dolce bacio sulle labbra, a cui Trunks rispose con sincerità, pensando che c’era qualcosa
di strano, ma che non voleva sapere cosa. Si sentiva bene insieme ad Andrew e
non voleva certo rovinare quell’attimo. Si baciarono a lungo nella cabina della
ruota panoramica, mentre la pioggia cominciava a farsi più forte… Un fulmine
squarciò il cielo, spaventando Andrew. Con istinto protettivo, Trunks lo abbracciò, baciandogli la fronte.
-Non avere
paura. Ci sono io, qui.-
La stessa
frase l’aveva detta in uno dei loro incontri… Ma questa volta non vi diede peso
più di tanto. L’importante era che con Andrew si sentiva bene, come protetto da
ogni pensiero.
*****
Il Tower Bridge era bellissimo. Quei due torrioni così ben
costruiti, con in mezzo il ponte e tutta quella gente
che passava, continuava a regalare un bell’effetto a Trunks
ed Andrew. In più, il vento che soffiava sul Tamigi stava lentamente spazzando
via le nuvole, oltre a scompigliare i capelli di Andrew in maniera violenta,
dando al ragazzo un aspetto ancor più carino. Entrambi si erano poggiati al
parapetto, guardando sul fiume. Da lassù si godeva una splendida vista, ed i
nuvoloni grigi sulla città le conferivano un aspetto spettrale, quasi fiabesco.
-Resterei qui
per tutta la vita, insieme a te, Trunks…-
-Anch’io, Andrew… Anch’io.-
Un brivido di
freddo colse entrambi, a causa di un violentissimo soffio di vento. Andrew
chiuse gli occhi e si abbracciò forte a Trunks, e
questi cercò di proteggerlo come meglio poteva, ma era tutto inutile. Il vento
era troppo forte.
-Non
è vero. Hai detto una bugia, Trunks…-
-Cosa?
Che cosa stai dicendo, Andrew?-
Vide
Andrew che si ricopriva di un’aura strana, inspiegabilmente malevola. Sul
ponte, tutte le persone erano scomparse, per lasciare posto a loro due
soltanto. Il vento continuava ad imperversare, ed Andrew era sempre più avvolto
da quell’aura. Trunks provò ad avvicinarsi, ma fu
respinto a terra.
Improvvisamente,
si trovò a galleggiare nelle profondità del Tamigi, stringendo a sé Andrew.
Aprì la bocca per cercare di urlare, ma oltre che bolle d’aria non riuscì a
produrre. Andrew era lì che sembrava calmo, per nulla agitato… Vedeva che
muoveva le labbra, ma stranamente non uscivano bolle d’aria dalla sua bocca.
Poi iniziò a salire sempre più su, sempre più su… verso quella luce bianca che
doveva essere il mondo in superficie. Trunks mosse le
braccia e le gambe per cercare di risalire a galla, ma fu tutto inutile. Non
riusciva a riprendere quota… Anzi, più si sforzava, più sprofondava nelle nere
profondità dell’acqua. D’improvviso restò senza fiato, abbandonandosi alla
morte.
-Giovanotto?
Ehi, Giovanotto. Si è addormentato?-
Quando aprì
gli occhi, si ritrovò in un vagone della metropolitana. Respirava
affannosamente, proprio come qualcuno che si è appena svegliato da un brutto
sogno. Guardò chi l’aveva svegliato. Era un’anziana signora di origini indiane.
Vedendo che stava bene, gli sorrise.
-Forse stava
facendo un brutto sogno, giovanotto. L’ho svegliata in tempo.-
-G… grazie.
Ma…?-
Trunks si guardò intorno, cercando Andrew con gli occhi.
Non c’era da nessuna parte.
-Ha visto per
caso un ragazzo che era insieme a me?-
Senza pensarci
due volte, la donna annuì.
-Certamente. È sceso a Whitechapel.-
-Whitechapel? Ah! Grazie signora.-
Il treno si
fermò, e Trunks scese in tutta fretta per raggiungere
l’altro sul binario opposto. Riuscì a prenderlo per un soffio, perché stava già
per partire. Dedusse che doveva aver dormito parecchio durante quel viaggio,
perché Whitechapel era a molte fermate di distanza da
dove era sceso lui. Si sentì montare dentro un senso di vergogna, per essersi
lasciato prendere dal sonno proprio mentre era con Andrew.
“Chissà cos’è
andato a fare a Whitechapel? E perché mi ha accusato
di dire una bugia?”
Sicuramente
però non sarebbe stato difficile ritrovarlo. Portava una giacca verde con sotto
un pullover giallino, e camicia bianca. Oltretutto, si era preso l’ombrello
blu. Un altro dettaglio che sicuramente qualcuno avrebbe notato.
Dopo parecchie
fermate, scese a Whitechapel, e la prima cosa che
fece fu domandare ad un agente di servizio se avesse notato un giovane che
corrispondeva alla seguente descrizione: alto poco più di un metro e
settantacinque, biondo, occhi castano chiaro, che
indossava una giacca verde con sotto un pullover giallino e camicia bianca.
Alle gambe un paio di jeans scoloriti.
-Ha idea di
quante persone siano passate di qui con la descrizione che mi ha fornito, sir?-
Domandò la guardia, in tono sarcastico.
-Posso
immaginarlo, ma è veramente importante… Non l’ha proprio visto?-
-Certo che
l’ho visto, è andato da quella parte.- Con la mano l’agente gli indicò una via
abbastanza frequentata. Trunks ringraziò l’uomo e si
fiondò alla ricerca di Andrew. Girò alla cieca per un po’ di tempo, senza
vederlo da nessuna parte, fino a che non si fermò ad un’edicola. Chiese la
stessa cosa all’edicolante, una grassa signora che portava un rossetto molto
aggressivo all’occhio. La donna gli rispose che sì, l’aveva visto, e che gli era sembrato si fosse diretto verso una strada laterale
poco più in là.
Esplorò la
strada laterale, ma di Andrew, nessuna traccia. Camminò di qualche passo,
guardandosi intorno più volte. Da un po’ di tempo si era ripromesso di portare
gli occhiali, ma molto spesso non li aveva, quindi gli sfuggivano dei dettagli
che potevano essere fondamentali… Abbassò lo sguardo, notando un qualcosa di
blu che attirava la sua attenzione.
Il suo
ombrello.
Lo raccolse, e
lo esaminò.
Appeso al
manico, c’era un bigliettino. Non era proprio stato lasciato lì apposta, più
che altro sembrava essere sfuggito dalla mano di Andrew e che si fosse andato
ad incastrare tra i meccanismi dell’ombrello. Sul bigliettino c’era un
indirizzo.
Consultò la
mappa, e vide che non era lontano.
*****
L’indirizzo
corrispondeva ad un cimitero. Il vialetto d’ingresso era costituito da
mattoncini rossi, con ai lati delle basse recinzioni
in ferro battuto, leggermente divelte. C’erano tante tombe di pietra, evidenti residui dell’epoca dell’anteguerra, come anche
testimoniavano le date di morte degli “abitanti”. S’incamminò per il sentiero,
sperando di scorgere Andrew e chiedergli un po’ di spiegazioni.
Si guardò
intorno più volte, i suoi ciuffi violacei che gli rimbalzavano sulle guance, ma
non vide nessuno. Fece più di un giro a vuoto tra le tombe, ma di Andrew,
nessuna traccia. Leggermente frustrato, si fermò in
una specie di piazzetta circolare con al centro la statua di un angelo che
spezzava delle catene. L’iscrizione diceva “Io sono la Risurrezione e la Vita – A.D. MCMLXIII”, il che stava a significare che la statua era
stata posta lì nel lontano 1958. Alzò lo sguardo per osservare meglio la
statua. L’angelo che spezzava le catene aveva però un’espressione triste, quasi
poetica. Trunks contrasse le labbra in una smorfia di
leggero dolore.
“E’ tutto
inutile. Sicuramente Andrew se n’è già andato chissà dove. Davvero un bel modo
di far perdere le sue tracce, depistarmi verso un cimitero.”
Mentre
pensava, con lo sguardo rivolto alla statua, si sentì toccare la spalla.
Trasalì come un bambino terrorizzato, mettendosi automaticamente in posizione
marziale, salvo poi calmarsi quando vide chi l’aveva toccato. Il faccino
sorridente di Andrew lo accolse, e la mano del ragazzo lo salutò.
-Andrew! Che ti è saltato in mente? Prima mi pianti in asso
in metrò e poi mi fai morire d’infarto?-
-Scusa. Il
fatto è che … Hai detto una bugia.- Rispose quello, con le mani in grembo.
–Ehi, non te la sarai mica presa, vero?-
Trunks lo guardò con aria di sfida, cercando di assumere
l’espressione più arrabbiata che poteva, ma non gli riuscì. Non riusciva ad
arrabbiarsi con quel ragazzo.
-Che bugia
avrei detto?-
-Hai detto che
mai mi avresti lasciato… E invece… Lo hai fatto.-
Intorno a
loro, il buio stava scendendo, e nel cimitero si stava sprigionando una strana
nebbiolina… Trunks roteò gli occhi, non sapendo come
giustificarsi. –C..cerca di capire, Andy… io… non
potevo restare qui, non era la mia città. Capisci?-
-Ma io ti
amavo, Trunks. Anzi, ti amo ancora. Non ti ho mai
dimenticato, in questi anni… Tu invece … lo hai fatto. Adesso vorrei che tu
facessi una cosa per me.- Nei suoi occhi si accese
una luce strana, quasi spettrale. Nel suo cuore, Trunks
si sentiva intenerito da quella vocina dolce del ragazzo, ma il suo istinto gli
gridava di scappare il più lontano possibile.
-Che cosa
dovrei fare, Andrew?-
Senza dire una
parola, Andrew gli porse la mano e lo accompagnò verso uno dei tanti vialetti
che Trunks aveva esplorato poco prima, soltanto che
adesso erano avvolti dalla nebbiolina. Quella zona era poco illuminata, per cui
Trunks dovette sforzare un po’ gli occhi per
adattarli all’oscurità. Si fermarono accanto ad una tomba bassa, che a Trunks sembrò di nuova costruzione nonostante l’oscurità. A
parte tutto, ma che ore erano? Da quando era sceso dalla metropolitana era
passata circa un’oretta e mezza buona, quindi dovevano essere le diciannove e
trenta… Ma allora perché…
Un campanile
suonò un rintocco.
Due.
Tre…
Quattro…
Cinque…
Ed altri
sette. Dodici rintocchi.
Andrew era di
spalle davanti a Trunks. Non parlava più, sembrava
essere diventato una statua. Forse aveva anche smesso di respirare. Trunks lo scosse leggermente con la mano, chiedendogli
spiegazioni.
-Che sta
succedendo, Andy? Vuoi spiegarmi?- Il suo tono di voce era tra il nervoso e
l’impaurito.
Per tutta
risposta, Andrew indicò la tomba. Trunks si chinò a
guardare, e con suo grande sgomento vide a chi apparteneva.
ANDREW
S. ATKINSON
Born 1982
Died 2001
Un giorno conobbi l’amore, ma egli mi
abbandonò. Ora dormo in attesa del suo ritorno.
-…E
sei ritornato, Trunks.-
-Non…
non capisco.- Balbettò Trunks, rialzandosi e
indietreggiando impercettibilmente.
Una
risatina spettrale. Andrew si voltò lentamente… Nell’ombra, il suo viso
sembrava aver cambiato espressione. –Come, non capisci? Sei ritornato, ed io
voglio che tu resti con me.-
Trunks indietreggiava, mentre Andrew avanzava verso di lui.
Man mano che si avvicinava al cono di luce, il suo volto acquistava tratti più
nitidi, e ciò che Trunks vide, gli fece accapponare
la pelle. Il volto di Andrew era rugoso, pieno di chiazze, come se fosse stato
gettato nel Tamigi… La sua pelle bianca come quella di un morto, le sue mani
scheletriche e grinzose. Ora Trunks era sicuro.
Doveva scappare il più lontano possibile.
E
si voltò, cercando una via di fuga tra le tombe. Attraversò un sentiero
cercando la via dalla quale era venuto… Cambiò direzione. Si ritrovò faccia a
faccia con Andrew, che lo artigliò per un braccio.
-Avanti,
amore mio, resta con me… Dammi un altro bacio.-
-Noooo!!! Lasciami!!!-
Provò
a divincolarsi, e ci riuscì facendo cadere a terra Andrew. Non udì alcun gemito
di dolore da parte sua, solo il fruscio di un suo tentativo di rialzarsi. E
ritornò a scappare, cercando la via d’uscita da quel cimitero.
“Se
è un brutto sogno, voglio svegliarmi! Ti prego, fa che suoni la sveglia, che
qualcuno mi telefoni al cellulare…!!!”
Non
riusciva ad uscire. Quel cimitero era una specie di labirinto.
-Per
quanto tu fugga, non riuscirai mai a fuggire. Ora sei mio.- Rise Andrew, che
ora si stava facendo aiutare da altri due morti. All’improvviso, Trunks si sentì ghermire le caviglie da un paio di mani.
Cacciò un urlo tremendo e cadde a terra sulle ginocchia. Le due mani lo
tirarono ancora di più, con una forza sovrumana. Sfortunatamente per lui, perse
il suo equilibrio e andò a cozzare il cranio contro la balaustra di una tomba,
che istantaneamente si macchiò di sangue. Gemette per un secondo ultimo, fino a
che non vide Andrew chinarsi su di lui e baciargli le labbra. Con gli occhi
socchiusi, si lasciò baciare, e inconsciamente allungò la mano verso il suo
viso, accarezzandogli la guancia… Andrew si accoccolò accanto a lui, abbracciandolo…
-Vieni…
andiamo a casa…-
Prendendolo
per la vita, si posarono sulla sua tomba, la cui terra smossa si mise a
vibrare… Ed insieme, sprofondarono nella terra. Trunks
non aveva la forza di divincolarsi, ma gli era rimasto ancora tanto fiato in
gola per urlare –NOOOOOOOOO!!!!!-
*****
-NO!!!!!!-
-Trunks! Ma che cosa ti prende?-
Quando
aprì gli occhi si ritrovò nella grande hall delle partenze dell’aeroporto di Heatrow. Intorno a lui c’erano sua madre, suo padre, Goku, Chichi e Goten. Le due donne lo
guardavano preoccupate, Goten, il suo migliore amico
lo osservava con quel suo solito aspetto vacuo… Vegeta aveva sollevato un
sopracciglio perplesso e Goku portava la stessa espressione di suo figlio.
-Tesoro,
hai avuto un incubo?- Gli chiese Bulma,
accarezzandogli i capelli.
-Io…
beh… sì… cioè, no, cioè..-
-Oh
no, adesso non verrai a dirci che non dobbiamo prendere l’aereo perché si
schianterà al suolo?- Chiese Goten con una risatina
furbesca. Sua madre Chichi gli piazzò una sberla
dietro alla nuca. –Ahio!- Rispose lui,
massaggiandosi.
-Perché
non ci racconti cos’hai sognato, Trunks?- Gli chiese
di nuovo sua madre, in tono amorevole. Trunks scosse
la testa. –Non… non me lo ricordo.- E si passò una mano tra i capelli,
alzandosi. –Il nostro aereo è arrivato?-
*****
Il
suo posto accanto al finestrino gli era stato rubato da Goten.
Dal suo posto poteva vedere il corridoio e gli altri passeggeri che si
rilassavano. Sarebbero tornati a casa in circa cinque ore. Il sedile era comodo
ed avvolgente, e Trunks vi appoggiò la testa per
rilassarsi. Ad un certo punto, Goten gli diede di
gomito e gli fece l’occhiolino.
-Dì
la verità, hai sognato qualche bella ragazzotta inglese eh? …a me puoi dirlo.-
Trunks arrossì e prese in mano il suo giornale, trincerandosi
dietro. Goten lo stuzzicò ancora un po’, scherzando
sulle misure della tipa dei suoi sogni e informandolo che una volta tornati a
casa sarebbe andato a fare un po’ di baldoria con una delle sue ragazze, dato
che a Londra si era annoiato parecchio… Trunks lo
lasciò parlare senza quasi ascoltarlo.
-Desidera
qualcosa da bere, signore?- Chiese una voce accanto a lui. Un assistente di
volo. Trunks abbassò il giornale e portò il suo
sguardo verso l’uomo…
-Sì,
una coca cola, per fav…..-
Interruppe
la frase a metà quando vide Andrew vestito da Steward che gli sorrideva
dolcemente.
-NO!!!-
-Mi
scusi se l’ho disturbata, signore. Se ha bisogno di
me, usi pure il cicalino sul sedile.-
Non
era Andrew, ma bensì uno steward qualunque… Un’altra bella figuraccia. Goten stava ridacchiando accanto a lui. Gli diede di gomito
una seconda volta e gli disse –Mi sa tanto che a te l’Inghilterra stressa. Il
prossimo anno, tutti a Roma!!!-
-Già,
così magari ti crolla il Colosseo in testa.-
-Come?-
chiese Goten, ma Trunks gli rispose con un
breve –Niente. Non importa.- Dopodiché si infilò nelle orecchie le cuffie del
suo iPhone. –Io mi faccio un
sonnellino- disse –svegliami quando arriviamo.-
E
si addormentò, sperando di non fare altri incubi, anche se nella sua mente erano
già sbocciati un sacco di interrogativi. Primo fra tutti: “Sarà stato veramente
solo un sogno…?”
FINE.