Bene, eccomi qui che pubblico un’altra
storia. Dico subito che è stata scritta in occasione di una sfida,
organizzata sul forum dell’Urd Cafè, indetta da slice, autrice anche su
efp. Il tema generale e titolo della sfida:
"E tu cosa ne sai della
magia, Merlino?"
Questa frase è detta da Artù
nella serie televisiva Merlin a Merlino, appunto, e leggendola non si
può che dare dello sciocco al famoso principe.
Quello che voglio che
facciate, qualora aderiate alla sfida, è che usiate un momento di
rabbia per far dire una frase del genere da un personaggio di Naruto ad
un altro.
Ad esempio:
Sasuke e Naruto.
Sasuke: "Ma cosa vuoi saperne
tu di rane, Naruto?"
O Chouji e Ino.
Ino: "Cosa ne sai tu di
cucina, Chouji?"
Quindi l'oggetto della frase
deve essere ben conosciuto dal coprotagonista. Infatti, nel caso di
Sasuke e Naruto ho usato le rane e Naruto stesso come la magia e
Merlino.
Per questo serve
l'arrabbiatura, perché - riprendendo il solito esempio - Sasuke non
direbbe mai una fesseria del genere in condizioni normali; beh, nessuno
lo farebbe se conoscesse la persona che ha davanti.
Poi il personaggio alterato
può rendersi conto di aver detto una castroneria, può continuare
ottusamente per la strada scelta... può reagire nel modo che più vi
piace.
La frase non deve essere per
forza nella forma dell'esempio o del titolo, l'importante è che ci sia
una frase chiave e non solo il concetto, vago.
La frase non deve
necessariamente essere detta all'inizio o alla fine, ma nel personaggio
che la dice ci deve essere una distinta nota di rabbia.
Tutto il resto della storia è
a vosta discrezione, ma ovviamente deve vorticare intorno al
complemento oggetto della frase. (le rane nell'esempio di Sasuke, e la
cucina nell'esempio di Ino).
Premetto che la storia è
venuta fuori da sola. Avevo pensato a qualcosa del genere, ma l’idea
era per la maggior parte completamente diversa. Voglio usare questo
spazio per dire solo un paio di cose sulla fan fiction:
1) È una What…if?, il che mi ha dato la
possibilità di inserire dei particolari qua e là che molto
probabilmente non sono proprio in linea con la storia del manga.
2) È un misto tra i pensieri dei due
personaggi principali. Pur parlando tra loro si trovano su due
lunghezze d’onda completamente opposte.
3) Spero vi
piaccia.
Loneliness
“Non sei venuta ieri sera. Pensavo ti saresti
fatta viva sul tardi,” le disse Kakashi.
Era apparso dal nulla, come
sempre. Le mani in tasca, il copri fronte inclinato e lo sguardo
spassionato.
“Non ero del morale giusto.
Avevo voglia di stare sola”, rispose Anko, intenta a cercare un
fascicolo nell’archivio del villaggio.
Shizune le aveva chiesto di
portaglielo, ma lei proprio non riusciva a trovarlo.
Tutte quelle scartoffie e
quell’odore di chiuso la infastidivano.
E poi aveva sempre odiato gli
archivi. Sono luoghi bui e chiusi, silenziosi e umidi.
“Hai da fare sta sera?”, le
chiese lui, appoggiandosi agli scaffali.
“Credo che sta sera sarò
ancora qui a cercare uno stupido file su non so quale stupida missione
per qualcuno che non lo leggerà prima di dopodomani mattina,” sbottò
Anko, rossa in viso e accaldata. Stare in ginocchio per tanto tempo le
aveva fatto salire il sangue alla testa e adesso non vedeva l’ora di
uscire di lì al più presto.
Aveva bisogno di dormire.
Non aveva chiuso occhio per
tutta la notte.
Troppi ricordi, troppi incubi
ricorrenti.
“Sei nervosa. C’è qualcosa
che non va?”, continuò Kakashi. Voleva parlarle.
Era da quasi una settimana
che non si vedevano.
Da qualche tempo, aveva
iniziato ad considerare con serietà quei loro incontri poco occasionali.
Non aveva fatto lui il primo
passo, ma non era andata poi così male.
Forse, questa volta sarebbe
stato diverso.
Quelle notti a volte brevi e
sfuggenti, ogni tanto dolci, erano diventate inaspettatamente piacevoli.
“Non sono nervosa. È che ieri
non è stata proprio una bella giornata, e oggi non va molto meglio.
Quindi: non sono nervosa. In più non posso andarmene prima di aver
trovato quello che… aspetta. Forse, forse ci sono…” disse Anko con
impazienza, sfilando una cartella foderata di un colore giallo
sbiadito. No, non era quello giusto, anche se era stranamente familiare.
In alto, quasi al margine
dell’angolo destro, c’era scritto: Riservato
S443267.
La “S” stava per “Sannin”,
mentre il codice a sei cifre era il numero che identificava
anonimamente un ninja del villaggio. Tutti ne avevano uno.
Il suo era J571209.
Numeri estratti a caso, ma
Anko conosceva bene quella sequenza. L'aveva imparata
molto tempo fa...
“S443267. È questo qui, sensei?”
“Sì, piccola Anko. E questa è la sezione
dell’archivio che mi riguarda.”
Le aveva detto un giorno. E
poi aveva dato alle fiamme ogni singolo foglio davanti ai suoi occhi,
lasciando solo il codice.
“Devi bruciare anche il mio, sensei?”
“Sì, è meglio che nessuno sappia."
Quante bugie.
“Dove stiamo andando, Orochimaru-sensei?”
“In un posto.”
“L’hai trovato?”, le chiese all’improvviso
Kakashi, richiamandola dal suo flusso di pensieri.
“No. Stupido numero,
maledetto fascicolo!” Mormorò con rabbia, rinfilalndo bruscamente il
fascicolo in mezzo agli altri. Era troppo, ci rinunciava. Avrebbe
parlato più avanti con Shizune.
Alzatasi di scatto, fece come
per andarsene, ma Kakashi era ancora lì.
“Non dovevi trovare
qualcosa?” le chiese, ammiccando.
Anko conosceva bene quello
sguardo.
Glielo aveva visto in faccia
forse due o tre volte quando erano soli.
Era tenero, ma non era
proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento. E sebbene il tono
con cui le aveva parlato fosse gentile, il tutto non fece che urtarla.
“Non sono affari tuoi. Mi fai
passare, per favore? Voglio andare a casa,” gli disse.
“Ti accompagno?” propose
Kakashi, senza spostarsi.
“No. Ho bisogno di stare
sola,” rispose bruscamente.
Iniziava a innervosirsi sul
serio. La spalla le doleva da qualche giorno, soprattutto di notte.
Cercò di passare, ma Kakashi
insisteva. Con calma, con naturalezza, ma insisteva.
“Mi fai passare o no?” gli
disse, quasi a voler lasciare intendere che stava perdendo la pazienza.
“C’è qualcosa che non va?” Fu
la sua risposta. Nella sua voce c’era un lieve accenno di
interessamento, ma Anko non lo notò.
“Non ne voglio parlare. Per
sta sera non è il caso, mi dispiace. Forse tra qualche giorno, non lo
so. Ti cerco io. Però, fammi un favore. Lasciami stare sola per un po’,
e poi tornerò ad essere quella di sempre, lo prometto.” Gli disse,
convinta di averla avuta vinta.
Ma, diversamente da quanto
credeva, Kakashi non si mosse.
“Stare soli spesso non
risolve nulla. La solitudine non è molto di aiuto quando…” Cercò
di dirle. Stava per poggiarle una mano sulla spalla per consolarla, ma…
“E tu cosa diavolo puoi
saperne della solitudine?” Gli si rivolse con ira. La sua pazienza
aveva superato il limite. Con un gesto brusco allontanò la mano di
Kakashi.
“Probabilmente niente.”
Rispose lui e, così dicendo, si scansò, lasciandola andare.
Sentì solo un rumore di passi che si allontanavano svelti
moriva piano, piano.
Qualche secondo dopo,
la porta veniva chiusa con fare frettoloso.
Visto che si trovava già lì,
Kakashi pensò di restare ancora qualche minuto in mezzo a quegli
scaffali, al chiuso e in compagnia di un'oscurità sempre più polverosa.
storyteller
lover
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