break free
**Autore:
Rota
**Titolo: Break
Free
**Citazione:
10. “Chi è il vero codardo? Chi ricatta per
ottenere quello che vuole? O chi gli soccombe usando il ricatto come
scusa?” – I Don’t Dislike You
**Personaggi/Pair:
Shino Aburame, Kiba Inuzuka, Zaku Abumi/ ShinoKiba
**Genere:
Introspettivo, Romantico, Drammatico
**Rating: Arancione
**Avvertimenti: One
shot, AU, Shonen ai, What if…?, Linguaggio colorito
**Beta Reading: Sì
**Introduzione: Shino odiava gli ospedali.
La tonalità bianca che colorava ogni singolo oggetto lo
inquietava, e non poco.
Era la stessa sensazione di quando guardava la neve – che,
lenta e tenace, livellava tutto, facendo disperdere le singole
personalità in un’omologazione allucinante.
Shino odiava gli ospedali, più di qualsiasi altro luogo.
Ma forse era solo perché gli ricordavano un pomeriggio speso
su una di quelle sedie di plastica ad aspettare che un allarme rosso si
spegnesse, per poi ritrovarsi a fissare un letto occupato da un
cadavere e non accorgersi neanche di star piangendo l’intera
anima sul viso.
Dio, quanto li odiava…
**Note dell'autore:
fan fiction facente parte della serie di AU che partono e hanno origine
da “Show must go on”. Come volevasi dimostrare,
anche questa ha come titolo il nome di una canzone dei Queen.
Questa piccina si è classificata Prima al contest "Citazioni
e gironi" indetto da Red Diablo e SuperKiki sul forum di EFP
Qui i risultati.
Ammirate il banner splendido (L)
Break Free
Shino odiava gli ospedali.
La tonalità bianca che colorava ogni singolo oggetto lo
inquietava, e non poco.
Era la stessa sensazione di quando guardava la neve – che,
lenta e tenace, livellava tutto, facendo disperdere le singole
personalità in un’omologazione allucinante.
Shino odiava gli ospedali, più di qualsiasi altro luogo.
Ma forse era solo perché gli ricordavano un pomeriggio speso
su una di quelle sedie di plastica ad aspettare che un allarme rosso si
spegnesse, per poi ritrovarsi a fissare un letto occupato da un
cadavere e non accorgersi neanche di star piangendo l’intera
anima sul viso.
Dio, quanto li odiava…
*****
Li aveva visti – li aveva sentiti – i loro sguardi
mentre passeggiava tranquillamente per strada. Ogni tanto qualche testa
sfacciata si girava nella sua direzione, guardandolo stralunata senza
pudore alcuno.
E ridevano, e sogghignavano, e parlottavano, come se non avessero
seriamente altro da fare durante tutta la giornata.
Se fosse stato per Kiba – sicuramente – le loro
belle espressioni strafottenti sarebbero state spiaccicate contro il
primo muro disponibile.
-Non ti curare degli invidiosi.-
Shino aveva una risposta per tutto, sempre. Anche quando il semplice
gesto di prendersi mano nella mano significava attirare
l’attenzione di ogni essere vivente presente nei dintorni.
L’avevano fatto solo raramente, perché Shino non
amava troppo il contatto fisico nell’intimità di
una stanza chiusa, figurarsi in un luogo pubblico quanto poteva
sentirsi a disagio. Eppure, tutte le volte, il giovane Inuzuka aveva
avuto l’urgente bisogno di picchiare qualcuno.
-È triste la persona che non sa far altro che giudicare gli
altri…-
Sì, aveva ragione l’Aburame. Come sempre.
Aveva ragione a tirare dritto quando mille occhi lo stavano fissando,
aveva ragione a stringergli la mano quando lo sentiva fremere di
impazienza e irritazione – e portarlo lontano con la scusa di
voler dar da mangiare a piccioni immaginari. E aveva ragione anche
quando diceva che piuttosto che degli idioti doveva preoccuparsi dei
brutti voti a scuola, aveva sempre ragione nel divenire sordo
all’improvviso e ascoltare attentamente solo determinate cose.
Aveva ragione, Kiba lo sapeva benissimo.
Ma non lo poteva tollerare, in alcun modo.
Il vero Inferno era iniziato quando un compagno di scuola, un certo
Zaku Abumi, li aveva visti assieme un pomeriggio, mentre stavano
portando Akamaru a fare una passeggiata.
L’invidia, la gelosia… Troppe turpi emozioni
muovevano quel giovane uomo, tanto che il semplice sospetto
poté fargli dire le cose più immonde e orribili
di questo mondo.
-Quei due schifosi froci di merda! Con che cazzo di immondizia abbiamo
a che fare!
Fu sulla bocca di tutti in pochi giorni – perché
é fin troppo vero che gli uomini si nutrono di pettegolezzi
e debolezze altrui.
Fu sempre più frequente il notare quei visi pieni di puro
disprezzo, sentire parole sussurrate quasi per sbaglio piene di
commiserazione.
Shino alzava semplicemente il mento e andava avanti, come sempre. Lui
era una roccia, aveva messo da conto tutto quello nel momento stesso in
cui aveva accettato di fidanzarsi con l’Inuzuka, in un
lontano pomeriggio d’Autunno. Non era una sorpresa, per lui,
non era niente di nuovo. Viveva nell’incomprensione altrui
– quegli occhiali scuri e lo sguardo severo avevano segnato
la sua condanna fin da piccino.
Ma per Kiba la faccenda era ben diversa. Non capiva, innanzitutto, non
capiva e si rifiutava per questo di accettare quel che stavano subendo.
Era rabbia quella che gli scorreva nelle vene, rabbia quella che gli
faceva digrignare i denti e assumere un’espressione
più che furente. Continuava a non capire, e certo Shino non
lo aiutava minimamente.
-Non resisto! Io non resisto! Ora vado da quei deficienti e gli spacco
la faccia! Dannazione! Non ne posso più!-
In un pomeriggio tranquillo, ritrovarsi seduti sulla panchina di un
Parco a guardare le anatre in un laghetto era più che
normale. Meno normale era dover sentire, oltre allo starnazzare dei
pulcini grassocci e paffuti, sguardi astiosi sulle nuche e parole di
scherno pronunciate come se fossero normali marachelle.
Con le mani serrate a pugno sopra le ginocchia, Kiba fissava il vuoto
avanti a sé, cercando di reprimere la rabbia in ringhi
sempre più accentuati.
Dal canto suo, Shino – mentre lanciava tranquillamente pezzi
di pane raffermo nell’acqua e notando come questo semplice
gesto suscitasse una zuffa considerevole e uno svolazzare di piume
colorate – elargiva calma come noccioline. Era fin troppo
tranquillo.
-Calmati, non gridare…-
Gli occhi dell’Inuzuka però scattarono, posandosi
su di lui. Irritati e pronti al litigio.
-Perché non dovrei, Shino?-
-Stai dando spettacolo… Non ti pare di essere già
fin troppo al centro dell’attenzione?-
Kiba alzò le mani, farfugliando e gesticolando appena.
Ancora non aveva alzato la voce ma si vedeva come le sue gambe
scalpitassero nel desiderio di muoversi – fino a
là, fino ad arrivare abbastanza vicino a quei fetenti da
tirargli un bel pugno sul naso e poi tornare indietro.
Pieno di rabbia, scosse la testa.
-Io non ti capisco, Shino, non ti capisco proprio! Come fai a rimanere
così calmo? Come fai a non provare l’impulso di
reagire?-
Shino alzò le spalle, quasi sbuffando – quasi
annoiato da tutto quello.
Quando voleva, sapeva essere dannatamente crudele.
-Solo per soddisfare il loro ego? Non ci tengo…-
Kiba non si trattenne più; urlò in un sol
secondo, troppo intento nel gesto per ricordarsi di respirare assieme.
-Come fai a vivere una vita così?-
L’Aburame disse una cosa – a quel punto –
tra le più crudeli e spietate che potesse mai dire.
Si voltò a guardarlo negli occhi, serio in volto.
-Arranco, come ho sempre fatto…-
Sì, perché Shino piuttosto che tornare a casa
pieno di lividi preferiva tornarci completamente e perfettamente
integro. Si era abituato a sopravvivere più che altro, senza
badare troppo alla qualità di una vita che non riteneva
abbastanza accattivante da essere cambiata.
Così era e così sarebbe sempre stato.
Perché il
fuoco delle passioni brucia tutto troppo in fretta,
consumando ogni cosa senza la minima ragione a muoverlo.
L’Inuzuka lo sapeva, l’aveva intuito dal primo
momento in cui aveva iniziato quella relazione con lui. Nel silenzio si
sarebbe risolta ogni cosa, nella calma e nella compostezza di parole
non dette o taciute fino alla morte stessa del pensiero.
Una specie di ricatto morale – perché se
così non si fosse comportato, Kiba sarebbe tornato a fare
parte di quella massa incolore e informe che lui chiamava con disprezzo
“gente”.
Era il prezzo per stare con Shino Aburame, chinare il capo di fronte al
Tempo.
Kiba chinò la testa, tornando a guardare le papere.
Sconfitto per il momento.
-Scusa…-
Era uscito da scuola, dirigendosi in fretta verso la propria abitazione.
Probabilmente puntarono a lui perché sapevano che avrebbe
reagito, li avrebbe guardati pieno d’odio e non sarebbe stato
zitto – dando loro una possibile scusa per ogni azione
sconsiderata.
Ghignavano, erano in branco. Non si appurarono neanche di celare con
una mano o un bisbiglio le loro parole.
Lo bloccarono sul posto, giusto per essere sicuri che le sue orecchie
sentissero ogni cosa – ogni insulto.
Kiba aveva risposto – aveva ringhiato, persino –
sempre nei limiti del possibile, sempre ricordando il viso di Shino e
la sua volontà di persistere nonostante la marea alta.
Aveva persino cercato di andarsene, spintonando con quanta energia
possedeva le persone che gli erano davanti.
Nulla, non riuscì a fare nulla. Forse per la rabbia, forse
per l’irritazione, forse per quei lacci che sentiva gli
incatenavano le mani.
Bastò un sussurro perché se ne liberasse
definitivamente.
-È bello prenderlo nel culo? Ah, Inuzuka?-
A quel punto niente – né la placida
volontà del quieto vivere, né una ragione falsata
che porta alla mera sopravvivenza – ebbe importanza. Ma solo
il desiderio di spaccare il naso di ognuno dei presenti.
Non era normale che suo padre lo andasse a prendere – ovunque
si trovasse – in macchina.
Era successo solo una volta, Shino lo ricordava bene. Avrebbe preferito
evitare di farlo, in compenso.
Non era normale neanche che Shibi tentasse di parlare con lui, durante
il tragitto, facendogli un resoconto quanto più spicciolo
possibile.
-Kiba Inuzuka è in ospedale con una frattura scomposta alla
gamba, due costole rotte e diverse altre contusioni sul
corpo…-
Non una domanda su ciò che li legava, non
un’insinuazione o la pretesa di saperne di più.
Shibi non era stupido, conosceva abbastanza suo figlio da comprendere
ogni cosa dai semplici gesti che compiva. Infatti, anche quella volta,
la sua espressione attonita disse tutto al suo posto.
-Mi ha telefonato sua madre chiedendomi se sapevo dove foste prima di
riceve un avviso dall’Ospedale. Non è in
condizioni critiche.-(*)
Scese giù dalla macchina con un balzo, veloce come mai era
stato.
Si diresse subito al pronto soccorso, vi trovò Hana e Tsume
ad attenderlo – il lettino di Kiba era ancora lì,
in attesa di intervento.
La donna piangeva, appoggiandosi alla spalla della figlia.
Kiba era ancora cosciente, infatti gli sorrise quando lo vide arrivare.
Gli prese la mano, facendolo avvicinare a lui – il suo viso
era ancora coperto di sangue.
Sorride, felice e finalmente libero. Sorrideva come mai aveva fatto.
Shino non capì, troppo preso dal suo dolore che si dipingeva
sempre più di rosso. Stava tremando, senza riuscire a
dominarsi.
L’Inuzuka gli baciò la mano, prima di riuscire a
sussurrare con una certa fatica quanto avesse dentro.
-Non ce la facevo più, Shino. Vivere chinando la testa non
è nella mia indole. Non ci sono riuscito e non me ne
dispiace quasi per nulla. Comprendimi, Shino… Mi sono
sentito vile ogni volta che mi sono obbligato a chiudere la bocca, ogni
volta che ho chinato la testa e ho tirato dritto. Io sono il fuoco e tu
sei l’acqua. Lasciami vivere un solo istante ma lasciami
vivere bene e come voglio io!-
Shino lo fissò in volto, senza sorridere, senza parlare.
Lasciò la sua mano, baciandola a sua volta.
Sì chinò appena verso di lui, posando un altro
bacio leggero sulla fronte sudata e allontanandosi lentamente, mentre
una marea di persone in divisa bianca circondarono il letto e lo
portarono via, lontano.
Il ragazzo si sedette di peso sulla prima seggiola di plastica che
trovò libera. Gli occhi nel vuoto.
Li stette in completo silenzio, ad attendere che il tempo passasse e
cancellasse ogni minima – sua – traccia dalla
realtà.
Il primo singhiozzo che scosse le sue spalle arrivò pochi
secondi dopo.
*****
Shino odiava gli ospedali.
L’odore di disinfettante e sangue, il rumore di rotelle
cigolanti e passi affrettati.
Quella sensazione orribile di essere sempre ad un passo dalla morte
– sempre. Di doverla aspettare come in grazia divina.
La mamma… La
mamma ha avuto un incidente.
Quasi la vita fosse una scocciatura.
Shino odiava gli ospedali.
La mamma non
c’è l’ha fatta. La mamma è
morta. La mamma non c’è più.
Shino li odiava, Shino li odiava come nient’altro al mondo.
Ancora una volta, si ritrovò a piangere in un ospedale, con
il viso tra le mani e le lacrime nascoste dagli occhiali scuri
– e l’anima nel palmo, così esposta e
indifesa da incutere la più pura pietà.
Note del testo:
(*)Qui è ovvio che Shibi abbia intuito cosa corre tra i due
ragazzi, ma essendo lui estremamente riservato e parecchio incline al
mutismo – come Shino – ho pensato fosse
più logico che restasse sul vago e non dicesse nulla sul
fatto. Shibi non parla tanto, i dubbi li tiene per sé, come
il figlio. Così, almeno, l’ho sempre intesa io
<3
E niente, sono felice come una pasqua :D
Tutto qui :D
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