PARTE
SECONDA: IL SAPORE SBAGLIATO
Nel primo sogno sono avvolta dall'oscurità. Mi guardo intorno per attimi che sembrano
millenni e nulla succede. Poi appare una voce incomprensibile, non capisco nemmeno se è
di un ragazzo o di una ragazza. Mi chiedo se sia la mia, e a quel punto per la prima volta mi
rendo conto di me stessa e del mio corpo. Il mio corpo è assente: sono solo un'opaca
coscienza persa nel buio assoluto. Mi muovo, ma non ho braccia. Urlo, ma non ho bocca. Sento
soltanto il peso osceno dei miei pensieri che mi inchiodano a me stessa. Passano altri attimi,
passano altri millenni. Divento consapevole della respirazione. Anche se non posso vederlo,
mi convinco di avere un corpo. Mi muovo, annaspo, cerco di respirare, non ci riesco, quasi soffoco,
mi muovo ancora di più, l'oscurità è liquida, nuoto nel buio che si scopre
essere acqua. Annaspo nell'acqua oscura. Una mano arriva da chissà dove, mi stringe un
braccio – vedo le mie braccia! – esco fuori dall'acqua buia, respiro.
Tutto è talmente luccicante che mi fanno male gli occhi. Cerco di tenerli aperti, voglio
vedere chi è che mi ha salvato. Vedo per un istante il suo volto. Talmente bello che
è inguardabile.
Nel secondo sogno vedo Victoria, ormai per la millesima volta in quest'ultimo periodo. Le
sue braccia mi stringono i polsi, la sua voce penetra il mio cervello come un ago affonda nel
burro, il suo viso è talmente bello che mi fa schifo ed i suoi capelli incendiano tutto
quanto.
Nel terzo sogno apro gli occhi ed è mattina. Un sole glorioso filtra attraverso la
finestra ed annuncia la sua imponente presenza nella stanza. Con le dita dei suoi raggi mi sfiora
i capelli, mi scivola sulla fronte e si posa sugli occhi. Bussa alle porte del mio mondo onirico
ed io mi sveglio – o almeno, sogno di svegliarmi. E' il terzo sogno, ed aprendo gli
occhi vedo solo Jacob. Il Jacob che amavo come un fratello, quel Jacob che era ancora solo un
ragazzino, quel Jacob che avevo imparato a conoscere mentre piano piano mi salvava dal dolore
della perdita di Edward. Jacob parla ma io non sento la sua voce. Jacob continua a parlare,
ma io non sento proprio niente. Eppure non sono sorda: sento benissimo ogni singolo rumore provenire
fuori la finestra, o da sotto. Jacob non si accorge di quello che mi succede e continua a parlarmi.
Devo fermarlo, penso. Apro la bocca e gli chiedo di fermarsi, gli dico che non sento nulla di
quello che dice, ma la voce non esce. Tossisco, ci riprovo, la bocca si apre, l'aria esce, ma
la voce non c'è.
Faccio un quarto sogno, pieno di... pieno di tutto. Di voci e di urla, di colori, di sangue,
di odori, pieno di sofferenza, di angoscia, pieno di tutto quello che ho immagazzinato in questi
giorni fino a rischiare il sovraccarico. E' il quarto sogno, ma cosa succede? Mi concentro su
Edward ma il suo viso bellissimo sembra scivolare via. Mi guardo altrove, vedo Alice, ferma,
corro verso di lei ma non riesco a raggiungerla. E anche lei scivola via.
Mi sveglio e quello che ricordo è soltanto il terzo sogno.
Cinque minuti dopo riaffiorano ricordi sparsi e fuori fuoco degli altri sogni. In mezzo a
questo puzzle incomprensibile di immagini e sensazioni, rimane impresso come marchiato a fuoco
il sogno con Jacob.
La stanza è immersa in un grigio freddo e sofferente. Nessun disco dorato a splendere
nel cielo, nessun raggio di sole gentile a darmi un po' di calore. Mi guardo intorno, la stanza
cristallizzata in quel suo ordine perfetto ed eterno. Edward non c'è, si sarà
stancato di vegliarmi mentre dormivo. Magari sarà giù insieme agli altri Cullen.
Ma che ora è? Penso che non ho alcuna voglia di andare a controllare e di lasciare il
letto caldo. Ma un paio di istanti in avanti nel tempo recupero quell'indispensabile lucidità
che mi ricorda tutto quel che mi aspetta questo giorno. Una giornata particolarissima e problematica.
Meglio cominciare ad affrontarla subito.
Scivolo ancora mezza addormentata verso il bagno. Cerco coraggio e determinazione nell'acqua
fresca, ma essa mi dà soltanto una serie di brividi. Sospiro. Mi lavo i denti e ripenso
ai miei sogni. Come al solito ci si mettono pure i sogni a darmi problemi, non mi bastano i
pericoli mortali e le mie personalissima tragedie d'amore.
Una decina di minuti più tardi esco dalla camera di Edward almeno vagamente presentabile,
ma chi se ne frega del look quando sono l'unica umana mortale ed in pericolo in una casa di
vampiri belli da far schifo ed immortali. Scendo le scale e per riscaldarmi un po' mi strofino
le braccia fasciate dal maglioncino che mi ha prestato Esme. Fortunatamente è della misura
giusta.
Dalla cucina proviene un chiacchiericcio sommesso e variegato, denso di sentimenti ed emozioni.
Mi avvicino e varco la soglia che mi permette di distinguere, se non le parole, almeno le diverse
voci. La voce cordiale di Alice, quella calda di Esme, un sussurro di Jasper... sento la voce
di Edward e trasalgo per un paio di microsecondi. Ad un passo dall'ampia cucina sento la voce
di Jacob – è così bizzarro sentire proprio quella voce in un luogo
come questo – ed immediatamente penso ancora al sogno di prima. Per quanto assurdo,
comprendo benissimo il significato e l'intento metaforico del sogno in cui è comparso
Jacob. Lui parla ma io non sento la sua voce. Io vorrei parlargli, ma non ho voce. Come dire:
sembra proprio sia diventato impossibile persino comunicare.
Una volta era tutto più facile – ed è la Bella ad alto tasso di
vigliaccheria che parla, adesso, dentro di me – perché lui era soltanto il
mio migliore amico e mi faceva stare bene. Non chiedevo altro ed ero in pace con me stessa e
col mondo – malgrado l'assenza di Edward, sia chiaro. Poi l'amore si è infiltrato
come umidità nel nostro imponente rapporto e tutto è venuto giù.
“Buongiorno, Bella. Spero tu abbia dormito bene.” Rivolgo ai presenti un abbozzo
di sorriso, afferro le dita di Edward e rispondo ad Esme. “Sì, certo, tutto a posto.”
“Pronta per la scampagnata?” Continuo a guardare verso Esme. Fisso un punto poco
sopra la sua spalla destra – un angolo di un mobiletto della cucina –
perché non ho ancora il coraggio di sostenere lo sguardo di Jacob, e gli rispondo con
una specie di smorfia.
“Prenditi pure tutto il tempo che vuoi per la colazione.” Mi dice Edward, attaccato
al mio corpo solo tramite un paio di dita strette alle mie.
“Veramente non ho molta fame...”
“Ti consiglio di mangiare, avrai bisogno di energie. Comunque, sapevo avresti opposto
resistenza,”mi dice Alice, avvicinandomi, “quindi mi sono presa il permesso di preparare
un'abbondante colazione, così ricca ed elaborata da toccare il tuo senso di colpa e costringerti
a non rifiutare...”
“Ma che pensiero... gentile, Alice...” Edward camuffa una risatina. Io
mi lascio guidare da Alice verso la sala da pranzo, con Edward al fianco e Jacob alle calcagna.
“Ce n'è pure per te, ovviamente... ossia tutto quello che Bella non riuscirà
a mangiare giù, ed è veramente tanto, credimi!” Alice si rivolge a Jacob,
mentre io prendo posto a tavola. Oltre il tavolo scorgo Emmett e Rosalie intenti a guardare
le previsioni del tempo alla tv.
La colazione è durata praticamente mezz'ora. Per la lentezza con la quale ho mangiato
giù tutto quello che Alice mi ha propinato, ma soprattutto perché Jacob ha mangiato
veramente di tutto e di più, sconvolgendo un po' Edward, suscitando qualche battutina
da Emmett e comunque rendendo lieta Alice ed Esme, autrici di quella colazione regale. Le otto
sono ormai passate e, come dice Carlisle, che incrocio nella sala da pranzo, è tempo
di muoverci. Rivediamo ancora una volta il programma: mentre io e Jacob andiamo a fare una
bella passeggiata tra i boschi, Jasper guida l'ultima sessione di allenamento con i lupi,
mentre Edward rimane nei paragi a fare da tramite tra Alice e gli altri. Verso ora di pranzo
Edward mi raggiungerà portandomi qualcosa da mangiare – nota di Alice –
e poi tutti e tre insieme ci sposteremo verso un luogo prestabilito. Così che alla bella
passeggiata seguirà un divertente pomeriggio all'insegna del campeggio. La
cosa irritante è che tutti i Cullen e Jacob stesso, nell'evidente scopo di tranquillizzarmi,
continuano a designare tutto quanto come se fosse un gran divertimento – ok, per
i più combattivi lo è sicuramente, da quello che ho visto! –, ma l'unico
risultato è quello di farmi sentire presa in giro dal mondo e dal destino. Quale bel
campeggio?! Mentre trascorrerò parte del pomeriggio e, chissà, forse anche
della sera, chiusa in una tenda, impegnata a respingere un possibile principio di congelamento,
tutti gli altri saranno chissà dove ad attendere l'incontro e lo scontro con Victoria
e l'esercito di vampiri neonati. Almeno, ci sarà la compagnia di Edward, che per scusarsi
dell'abbandono mattutino, rimarrà con me tutto il pomeriggio. Escludendo Seth, certo,
che a quanto pare farà a sua volta da tramite, rimanendo nei paragi.
Siamo chiamati tutti a raccolta davanti l'ingresso di Cullen. Non posso credere che sto davvero
per lasciare questo luogo così familiare e sicuro per avventurarmi in una foresta fredda
e piena di insidie e pericoli. Non c'è tempo per i convenevoli, sì, hai ragione
Jasper, ma almeno lasciatemi salutare Edward come si deve.
“Ci vediamo solo tra qualche ora, Bella!” Io gli lancio un'occhiataccia e non
gli rispondo. Piuttosto, invece di parlare incollo le mie labbra alle sue. Lo bacio e so che
non ne avrò mai abbastanza. Lo bacio e so sarei pronta a vendere l'anima pur di rimanergli
attaccato per sempre. Lo bacio e lo bacio ancora e non importa delle risa di Emmett e non m'importa
se Jacob ci guarda. Bacio davanti la porta di casa Edward Cullen e mi ci butto addosso, quasi.
E' uno di quei baci. Un bacio che significa: ho paura di perderti, quindi imprimo
la tua esistenza sulla mia il più a lungo possibile. Passano eoni ed io mi stacco
da Edward. Le nostre labbra si allontanano. Le mie dita scivolano via dalle sue. Comincio a
camminare seguendo Jacob, lo sguardo sempre rivolto ad Edward. Sforzo il più possibile
gli occhi per continuare a mantenere fissa sulla retina la sua immagine. Finché sparisce
e mi ritrovo lontano da casa Cullen e da tutto ciò che amo e mi fa stare bene.
A parte Jacob Black, ovviamente.
Per un po' camminiamo in silenzio. Lui cammina a passo lento, certamente sarà frustrante
per lui, abituato a passi lunghi e rapidi. Sono certa che lo fa per evitare di aspettarmi. Devo
camminare piano se voglio stare attenta a non inciampare da qualche parte.
Sono... annoiata, impaziente, insofferente, stanca, infreddolita, nervosa... sono quasi intossicata
dai miei mille stati d'anima, passo dopo passo sono sempre più stravolta dal vortice
dei miei pensieri che girano a vuoto cercando di occupare e nascondere il silenzio imbarazzante
ed osceno che c'è tra me e Jacob. Ad un certo punto, pur di risparmiarmi, comincio a
contare gli alberi che incrociamo. Poi mi concentro sulle rocce, comincio a classificare, conto
quelle enormi, finché Jacob si ferma e mette a terra lo zaino che, effettivamente, portava
sin dall'inizio ma che solo adesso noto.
“C-ci fermiamo? Guarda che io non sono stanca... posso continuare.”
“No, non è per questo. Sono passati quindici minuti.” Il mio primo pensiero
è: è passato così poco tempo? E poi: sono passati quindici minuti,
e allora? Lo guardo con un'espressione evidentemente e volutamente interrogativa. Lui intanto
non mi risponde, lo vedo chinarsi sullo zaino ed aprirlo. Senza dire ancora una parola, lo vedo
togliersi la maglietta e rimanere a petto nudo.
“Ma che fai?!”
“Me la tolgo, così mi posso trasformare tranquillamente.” Si china sullo
zaino e ci infila dentro la maglietta. “Arrivati a questo punto io mi trasformo in lupo,
così lascerò una scia più forte, mentre il tuo odore sparisce. Dovremo
muoverci così per un po'.”
“Aspetta, io a malapena riesco a tenere il tuo passo da umano!”
“Tranquilla, tu sali sulle mie spalle.”
“Cosa?!”
“Hai sentito bene! Tu ti aggrapperai a me, così posso muovermi velocemente.”
“Non se ne discute!” No, e di nuovo no!
“Oh, avanti, non fare storie! Tanto lo so che l'hai già fatto con Edward!”
“Sì, e gli ho fatto promettere di non farlo mai più! Mi ha terrorizzata!”
“Io non ti terrorizzerò!” Dice lui, rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisi.
“E poi non hai scelta.” E ovviamente non mi lascia il tempo di risposta, perché
come finisce di parlare, chiude la bocca e si trasforma. Un istante prima sbraito contro un
ragazzo mezzo nudo ed un istante dopo mi ritrovo davanti un licantropo che mi guarda divertito.
Sì, sul serio, malgrado il muso da lupo, il pelo e tutto quanto, i suoi occhi mi guardano
divertito.
“Umpf!” Mi volto e incrocio le braccia, in una classica posa indignata. Sento
il suo muso toccare la mia schiena. Lo fa sempre, e per quanto sia strano, devo ammettere non
mi dispiaccia, tutto sommato. E' un contatto fisico un po' anomalo, ma particolare. E' un modo
tutto nostro di comunicare oltre l'incomunicabile.
Mi soffermo un attimo su questi pensieri. Comunicare. Magari è questo che voleva
dirmi il sogno. Mah. Chissà.
Mi volto, guardo dritto in quegli occhi da lupo e gli rivolgo un d'accordo non molto
convinto. Lui mi indica lo zainetto, che immagino adesso tocchi a me portare, e me lo metto
addosso; poi si china e mi aiuta a sistemarsi su di lui. Affondo comodamente nel suo lungo pelo
fulvo e cerco di mettermi a mio agio, pronta per la corsa.
“Vedi di non metterti a correre come un matto, però! Tanto non abbiamo nessuna
fretta. E non vorrai mica uccidermi di paura, ancora prima di incontrare Victoria, vero?”
Jacob-lupo mi risponde con quel solito verso che ho imparato a riconoscere come risata sguaiata,
tipica di lui. E così si parte. Subisco l'accelerazione improvvisa e mi attacco violentemente
a lui.
Corriamo per la foresta. Io, sempre avvinghiata a lui, supero presto il terrore e mi lascio
andare. Dopo un po' Jacob comincia a decelerare, per poi assestarsi su una camminata accelerata
che mi permette di mettermi a mio agio e finalmente di tenere gli occhi aperti, senza alcun
timore. Jacob sta zitto, tutto concentrato sulla strada, non emette nemmeno alcun ululato o
verso particolare. Siamo di nuovo insieme e di nuovo in silenzio. Solo che adesso il silenzio
mi pesa sempre di più. Ripenso così a tutto quel discorso sulla comunicazione,
al sogno, e così via. Quel dialogo, giunto così alla sprovvista, mi aveva un po'
scossa. Mi aveva liberato dal mutismo paranoicale e quando era terminato, con la trasformazione
di Jacob, mi era rimasta la voglia di parlare. Così, ritengo allettante l'idea di approfittare
della momentanea incapacità comunicativa di Jacob per parlare praticamente da sola a
ruota libera.
“Sai, Jacob? Visto che dobbiamo fare ancora un po' di strada e tu sei ancora trasformato,
e visto che mi scoccia restare in silenzio, ho pensato che potrei parlare io. Certo, sarebbe
una comunicazione a senso unico, ma non importa, sempre meglio di niente.” Trovo come
risposta una specie di grugnito non ben comprensibile. Decido di interpretarlo come un vai
avanti, ti ascolto. E così continuo.
Un fiume di parole che scorrono su uno sfondo ripetitivo (alberi, rocce, altri alberi, di
nuovo rocce...), in un autentico flusso di coscienza di cui perdo ben presto il controllo, al
punto da non riuscire più a distinguere, in certi momenti, quel che penso da quello che
veramente dico. In altri casi è un mio pensiero di passaggio che mi scatena la parlantina.
Mi ritorna in mente – ancora una volta – quel maledettissimo sogno con
lui e comincio a parlare di sogni.
“Probabilmente è strano, e magari tu dirai che è tipico di me, ma io
odio i miei sogni. Sul serio, Jake, io li detesto e detesto il mio inconscio che deve sempre
necessariamente comunicarmi tutto quello che vorrei mettere da parte almeno per una notte...
sul serio! Non è frustrante? Che poi io non sono una che non affronta i suoi problemi
e fa finta di nulla... eh, no, direi che proprio questo almeno mi si deve riconoscere! Eppure,
negli ultimi tempi non c'è una notte che riesca a dormire tranquillamente senza incubi
angoscianti. Sogno di tutto, io. In effetti, forse dovrei pure dire grazie alla mia proficua
attività onirica – o magari no? D'altronde è proprio grazie ai sogni
che io, semplice ragazza appena trasferitasi dall'Arizona mi sono ritrovata travolta da tutto
questo. Forse non te l'ho mai detto, ma è con una serie di sogni che tutto è cominciato.
Dopo aver visto per la prima volta Edward cominciai a sognarlo regolarmente: ed era stato soprattutto
grazie ai sogni che ne ero diventata ossessionata.”
Un grugnito da parte sua.
“Ma magari tutto questo non t'interessa, già... beh, per il resto sogno Victoria
e i suoi vampiri malefici in continuazione. Il che non è proprio bello, soprattutto quando
sono a casa mia. Spesso e volentieri finisco con l'urlare nei miei sogni. E chi ci va a spiegare
a Charlie che cos'è che mi disturba così profondamente?”
Un altro suo grugnito.
“Beh? E' inutile che fai così. Anzi, ora ti faccio vedere come in un colpo solo
riesco ad attirare tutta la tua intenzione. Questa notte ti ho sognata, Jake.” E Jacob,
come da programma, interrompe improvvisamente il suo passo accelerato. Mi stringo al suo pelo,
quasi rischio di cadere in avanti per la brusca frenata. “Sta un po' attento!” gli
sbraito contro. Lui mi rivolge un ennesimo grugnito da lupo, ma posso dire di cogliere una certa
curiosità nei suoi versi, e se non fosse che mi trovo sulla sua schiena, direi che anche
i suoi occhi sono curiosi.
“Sì, ti ho sognata,” dico mentre Jacob riprende a muoversi, “era
un sogno strano. Non pensare male, tanto per cominciare. Hai presente quando sogni di svegliarti
ed alzarti dal letto e tutto quanto? Ecco, è successo così. Ho sognato che mi
svegliavo e c'eri tu nella camera di Edward, ad attendere mi svegliassi. Quindi mi sono alzata
ed abbiamo cominciato a parlare. Peccato che, nonostante tu fossi molto loquace, io non riuscivo
a sentire la tua voce. E quando ho cercato di fermarti, per farti notare che non sentivo soltanto
la tua voce – perché sentivo benissimo tutto il resto – non sono
nemmeno riuscita a parlare.” Jacob non risponde e continua lungo la sua strada. Parlare
da sola è un'idea malsana che mi è venuta, rispondendo alla necessità di
colmare il silenzio, ora naturale con lui trasformato. Però già mi sto irritando.
Non ha proprio senso che io mi metta a parlare senza poter comprendere le sue risposte. Ecco,
in momenti come questi vorrei proprio possedere il potere di Edward. Non è normale che
a qualche ora da uno scontro feroce il mio unico pensiero sia questo. No, non è normale
proprio per niente, ma del resto normale è un vocabolo che ho lasciato in disuso
dal momento in cui mi sono imbattuta nei Cullen. E salvo qualche raro caso, devo ammettere di
non sentirne la mancanza.
Jacob continua a correre ed io in assenza di una risposta non so cosa aggiungere. Trascorrono
un paio di minuti, così, in un silenzio meccanico e monotono. Guardo il paesaggio che
mi lascio alle spalle, è tutto tremendamente uguale. Ad un certo punto, immersa nei miei
pensieri casuali, riprendo a parlare, quasi senza accorgermene.
“Certe persone non dovrebbero nemmeno conoscersi, non trovi, Jake? E' da un po' che
ci penso. E' bello credere il destino esista e ci riservi sempre belle cose. E' bello credere
che il destino abbia in serbo per noi una persona unica e speciale. Destino o no, ci sono persone
che non dovrebbero mai stare insieme, anzi, non dovrebbero affatto conoscersi, eppure non possono
fare a meno l'uno dell'altra. I rapporti umani, le relazioni, la comunicazione, è tutto
così strano, a volte. Si può parlare per ore senza comunicare veramente. Ecco,
forse è questo il senso di quel sogno strano. Negli ultimi tempi mi sembra veramente
di non riuscire a comunicare con nessuno, non riesco mai a farmi capire veramente. Io ed Edward
discutiamo continuamente, e finiamo sempre col dire devi capirmi, oppure, sai benissimo
che è così, e magari non è per nulla così. Ti sto annoiando?”
Jacob mi risponde con un verso che riconosco come positivo, e allora continuo. “A volte
Edward mi sembra posto in un livello di comprensione irraggiungibile. A volte penso che tra
noi ci sia una distanza incolmabile. Forse da vampira tutto mi diverrà chiaro, oppure
no. Ma non importa. Non voglio parlare di queste cose proprio con te, visto che sei suscettibile
all'argomento.” Jacob replica con un grugnito alquanto acido. Naturale. “So come
la pensi e sai benissimo anche come la penso io. Evitiamo di discuterne ancora. Ti parlavo dei
sogni, no? Ecco, è anche per questo che non mi faccio problemi a volgere le spalle alla
mortalità. Non m'importa se diverrò un mostro o meno. Sarò comunque io,
ed avrò Edward. Tutto il resto, ossia ciò che mi caratterizza adesso, la debolezza,
ma anche i sogni, ed il costante pericolo, lo lascio volentieri alle spalle. Può sembrare
assurdo, ma non m'importa. Non ti chiedo di comprendermi, perché a volte nemmeno capisco
veramente me stessa, ti chiedo solo di... di esserci, ecco. Te l'ho già detto. Io ho
bisogno di Edward come ho bisogno di te. Almeno per questi ultimi momenti da ragazzina mortale,
voglio che tu ci sia. Voglio quel Jacob che assecondava ogni mia follia, in quel periodo buio
e triste dell'assenza di Edward. Voglio quel Jacob che mi faceva ridere. Non chiedo altro, e
vorrei che sia lo stesso anche per te.”
Alberi, arbusti, sassi, terra. Un tappeto fitto di terra polvere e rocce. Una coperta intricata
di rami e foglie, trafitta da qualche solitario e timido raggio di sole. La foresta continua
ad incollarsi ai miei occhi con la sua inevitabile ripetitività.
“Probabilmente ero destinata a tutto questo. Non sono mai stata particolarmente normale,
io. Che poi, cosa significa esattamente normale? E' una cosa senza senso. Ad ogni modo,
mi sono sempre sentita un po' diversa. Non unica, non speciale, solo diversa. Tu non hai conosciuto
la Bella prima di Forks. Quella che ero in Arizona, insieme a mia madre. Lì splendeva
sempre il sole. Mi manca, ma non posso farci niente. Ci sono sacrifici che nella vita vanno
fatti, e questo è uno di essi, temo. Comunque, dicevo, lì c'era sempre il sole,
eppure vivevo una vita... grigia. Fondamentalmente all'ombra. Non sono mai stata la ragazza
dell'Arizona abbronzata e festaiola che tutti quelli della scuola si aspettavano di vedere,
il primo giorno. Forse è che mi bastava quello che avevo. Una vita tranquilla. L'amore
di mia madre, le piccole soddisfazioni scolastiche, la scuola di danza accanto casa, il cinema
a due isolati. Mi bastava un pacco di pop-corn ed un buon film. Non chiedevo altro. A ben vedere,
non so nemmeno cosa mi spinse a venire a Forks. Non cercavo niente, non chiedevo proprio niente.
Forse volevo solo sparire un po', spingermi ulteriormente nel mio cono d'ombra mentre mia madre
viveva la sua importante e solare storia d'amore. Che coppia male assortita, che siamo sempre
state. Due ruoli così stranamente rovesciati, quelli nostri. Comunque, poi ho incontrato
Edward, rivisto te, e tutto è stato diverso.
Io non so cosa sia l'amore, Jacob. Non mi sono mai innamorata prima. Non so cosa voglia dire
amare una persona e non essere ricambiati. Non ho la più pallida idea di come ci si debba
sentire a vedere la persona che ami che vede la sua felicità in qualcuno che non sei
tu. Io mi sono buttata per la prima volta con Edward ed ho vinto. Poteva anche andare diversamente.
Edward poteva essere soltanto uno strafigo snob che non si sarebbe mai degnato di rivolgermi
la parola. Ma la storia non si fa con i se, Jake.
Forse è la situazione critica ad ispirarmi certi pensieri, non so. Ultimamente mi
ritrovo a pensare che ci sono ancora così tante cose che vorrei fare, da umana. Ho diciotto
anni e nella mia vita non si è distinta per nulla in particolare. Non sarò mai
abbastanza grata a Renee per avermi cresciuto da sola con così tanto amore, certo, ma
la verità è che a diciotto anni non dovresti fare il punto della tua vita, anche
se la tua adolescenza è stata piatta come una tavola da surf. Non se ti trovi ad un passo
dall'immortalità, ovviamente.
Ma se anche fosse, cosa dovrei fare? Non ho molti rimpianti o rimorsi. La mia adolescenza
è stata una calma piatta, dicevo. Non sono mai stata particolarmente socievole, né
tanto meno una festaiola. Dall'album dei miei ricordi mancano eventi significativi che affollano
la vita della gente comune. Non conosco la sensazione di leggerezza dell'alcool, né il
dolore furente ed umiliante della sbornia. Non conosco il concentrato di imbarazzo che divora
tutte le ragazze nel momento di invitare il ragazzo preferito al ballo di fine anno. I cioccolatini
regalati a San Valentino hanno avuto, per me, sempre lo stesso sapore di tutti gli altri giorni.
C'è così tanto che manca nella mia vita finora. Eppure, come dicevo, non ho
alcun tipo di rimpianto. In un certo senso, è anche opera di Edward. Quello che sento
per lui è una specie di amore... totale. Un amore totale, avvolgente, capace di
colmare qualunque vuoto. O almeno, è questo quello che ho sentito agli inizi della nostra
storia. E' questo quello che si definisce felicità? Una totale, incontrollabile,
inesauribile sensazione di pienezza.
Io non ho mai baciato le calde e vive labbra di un ragazzo, sai. Eccetto le tue, quella volta.
Ammesso possa esser definito un bacio a tutti gli effetti, un bacio dal significato autentico.“
Jacob si lascia scappare un grugnito di disapprovazione. Forse mi sono lasciata andare un
po' troppo, ma non riesco a fermarmi. E' come un fiume in piena. Mi rendo conto che, in un certo
senso, è una capacità personale di Jacob. Quando soffrivo l'assenza di Edward,
lui era sempre lì, vicino a me, pronto ad ascoltarmi. Io parlavo, parlavo, e lentamente
mi svuotavo di ogni cosa negativa, e poi magari mi sentivo meglio. E' questo quello che ho sempre
amato in lui, ma immagino non si possa semplicemente accontentare di questo.
“Sai, sarebbe bello se tutti potessero facilmente accontentarsi di quello che hanno.
Tutti sarebbero felici di apprezzare quello che hanno, senza desiderare altro. Ma queste sono
le sciocche fantasie di una ragazza ingenua, non è così? Tutto è sempre
così maledettamente complicato.
Ti capita mai di renderti conto, ad un certo punto, di non aver mai capito nulla veramente?
Hai le tue convinzioni, ci credi ciecamente, poi un bel giorno ti svegli e tutto ti sembra cambiato.
No, non è questo. Non è che ti sembra tutto sia cambiato. Semplicemente, vedi
le cose per come sono veramente, ed allora ti accorgi che le tue convinzioni altro non erano
che pure e stupide illusioni. So che è esattamente questo che ci si aspetterebbe da me,
ossia una diciottenne che della vita sa ben poco, e che eppure si ritrova continuamente al centro
di pericoli mortali con entità soprannaturali e quant'altro, ma è così:
io a volte mi rendo conto di non sapere proprio nulla. E non è perché sono stata
catapultata in un modo oscuro e sconosciuto fatto di leggende Quileute, di mutaforma, di vampiri
antichissimi e potenti. Victoria, i Volturi, loro non c'entrano proprio niente. Sono solo io.
Siamo solo io e tu, Jake.“
Non capisco più dove questi miei pensieri e questo discorso debba arrivare, esattamente.
Jacob di certo avrà smesso da un pezzo di tentare di capire che diamine intendo dire.
La verità è che non lo so nemmeno io. Per un po', rimango frastornata e smarrita
dalla mia intensa attività mentale. Parlare così tanto mi ha fatto seccare la
gola. Nello zainetto potrebbe esserci una bottiglia d'acqua, ma mi scoccia chiedere a Jacob –
che tra l'altro ha rallentato il passo, e la cosa non mi dispiace affatto – di fermarsi.
Jake è completamente muto, magari sarà immerso nella dimensione mentale collettiva
del branco. Oppure sarà semplicemente stufo di ascoltarmi,e dunque si starà godendo
questi minuti di silenzio, chissà.
Ho perso completamente il senso del tempo. Potrebbero essere passate ore, ma anche giorni,
per quanto mi riguarda. E poi magari scopro che è passata nemmeno un'ora da quando ci
siamo messi in cammino. Comincio a sentirmi stanca, almeno quando camminavo avevo di cosa occuparmi:
pensare a camminare in linea retta senza inciampare. Adesso, attaccata alla schiena di Jacob-lupo
potrei anche addormentarmi. Il suo lungo pelo è comodo e caldo come la migliore delle
coperte. Quasi quasi, mi faccio un sonnellino.
La mia coscienza entra così nella zona intermedia tra la veglia ed il sonno, cullata
dal passo costante e tranquillo di Jacob. Il mondo esterno scivola via e rimaniamo soltanto
io e la schiena di Jacob.
Ad un certo punto percepisco un cambiamento. Mi rendo conto che Jacob si è fermato.
Con un suo verso animalesco cerca di richiamare la mia attenzione: così apro di botto
gli occhi e mi riattivo. Jake si china, come per farmi scendere. Cerco di scivolare lentamente
dalla sua grossa schiena, evitando di cadere malamente a terra. Sono in piedi e rimango saldamente
in questa posizione. Mi tolgo lo zaino e lo lascio cadere a terra con un piccolo tonfo. Vedo
Jacob, di spalle, allontanarsi di qualche passo. Lo vedo ululare e poi tornare umano. Mi ricompare
davanti agli occhi un Jacob mezzo nudo dall'espressione divertita.
“Brr, che freddino! E' sempre un trauma abbandonare il calore del corpo da lupo!”
dice mentre rovista nello zaino. Trovato ciò che cerca, e ossia i suoi indumenti, lo
vedo rivestirsi rapidamente.
“Come mai ci siamo fermati?” gli chiedo, e approfittando della pausa prendo la
bottiglia dallo zaino e bevo un bel sorso d'acqua.
“Adesso dobbiamo cambiare direzione. Per un po' di strada rimarrò umano. Poi
mi trasformo di nuovo, per tornare al punto di partenza, dove ci aspetterà il succhiasangue.”
Annuisco e rimetto la bottiglia nello zaino. “Prenditi pure qualche minuto di pausa, non
abbiamo fretta.”
“Oh, no, tranquillo, sono a posto. E poi preferisco camminare, anziché stare
ferma qui.”
“Non vedi l'ora di tornare dal tuo Edward, non è così?”
Dice lui con una smorfia. Io sbuffo ed evito di rispondere. Direi sia lampante, d'altronde.
Non sopporto di rimanere lontana da Edward, lo sanno tutti. Anche se, a ben vedere, finora ho
sopportato la cosa senza troppi problemi. Forse è il saperlo in compagnia di tutti gli
altri licantropi e i Cullen, tutti impegnati nell'allenamento finale prima della grande battaglia.
“Sei rimasto molto tempo trasformato.” Gli faccio notare. “Qualche notizia
dagli altri?”
“Mah, niente di che. In realtà ho perso il collegamento da un po' di tempo.
Siamo parecchio lontano, sai. Comunque, tutto procede come previsto. Fino all'ultimo istante
percepivo chiaramente tutti gli altri lupi del branco concentrati nell'allenamento.”
“Scommetto che un po' ti dispiace non essere là, a divertirti con gli altri.”
Dico con lo stesso tono con cui rimprovero sempre lui, Edward e gli altri di prendere la cosa
troppo come un gioco.
“Mi sono divertito abbastanza. E poi, in fondo, non mi dispiace fare compagnia ad una
piantagrane che parla in continuazione da sola.” Dice con un mezzo sorriso.
“Già, non ti dispiace, in fondo.”
Ci fissiamo, immobili, imbarazzati, per qualche istante. Ho parlato, a lungo, e a sproposito.
E' inevitabile riparlarne insieme, visti gli argomenti toccati, ma entrambi sembriamo non aver
il coraggio di riprendere il discorso. Io, almeno, non ho proprio intenzione di fare il primo
passo. Jacob mi scruta nel profondo, ed io distolgo lo sguardo, quasi infastidita. Eppure la
colpa è solo mia, che ho parlato troppo, senza controllarmi.
“Tanto per cominciare, diciamo pure che dopo il tuo profondo monologo un minimo di
dialogo ci tocca.”
“Diciamolo pure...”
“Ed immagino anche che, in ogni caso, non cambia proprio nulla, vero?” Lo guardo
perplessa, un po' stupita.
“Che dovrebbe cambiare?”
“Ma come! Tutto quel ora che ci penso, ci sono così tante cose che non ho
mai fatto nella mia vita vuoi dire forse non cambi nulla?”
“No, non cambia nulla. Se mi hai ascoltato bene, ho concluso che nonostante ciò
io non mi fermo, né torno indietro. Quel che è deciso è deciso.”
“Lo sai che non ha senso, vero? Se ti diverte, puoi pure credere esista un destino
beffardo e sadico che ti abbia fatto incontrare Edward e tutto quanto. Ma quando si parla di
rinunciare alla tua vita, beh, quella è una scelta tua! Non esiste nessun quel che
è deciso è deciso, Bella! Mica hai firmato un contratto col diavolo!”
“Forse dovremmo rimetterci a camminare, Jacob.” Gli dico stizzita. Com'è
che finiamo sempre a discutere della mia scelta di diventare una vampira?! E' frustrante. Soprattutto
perché Jacob finisce sempre col dire proprio ciò che non voglio sentirmi dire.
Jacob mi guarda, un misto di rabbia e tristezza pura, ma non aggiunge altro. Si china a raccogliere
lo zaino, mi volta le spalle e comincia a camminare, a passo lento. Lo seguo, in assoluto silenzio.
Ma il silenzio dura poco, perché dopo qualche minuto lui tira fuori di nuovo il discorso.
“Sai, hai proprio ragione. Sarebbe più facile se ognuno si accontentasse di
quello che ha già. Ma le cose in questo mondo non vanno così.”
“Lo so, me l'hai già detto, non puoi accontentarti di restare mio amico per
quel che mi resta da vivere.”
“Infatti. Ma anche tu sei così. Tu sei esattamente come me. Non puoi accontentarti.”
“Che vuoi dire, adesso?!”
“E' evidente, Bella, per quanto tu voglia nasconderlo. Tu hai già Edward, per
esempio. Ma non ti basta. Vuoi anche me, ammettilo.”
“Jacob, ti ho già chiarito abbastanza i miei sentimenti.”
“Va bene, allora tralasciamo questo punto. Tu hai Edward, che ti ama con totale devozione.
Eppure, non ti basta una vita intera al suo fianco. No, tu vuoi proprio l'eternità.”
“Lo dici come se fosse una cosa brutta.” Dico con totale tranquillità.
Jacob si ferma e si volta a guardarmi. Incontro il suo sguardo d'accusa. “Smettila di
guardarmi così, non ho mica ucciso qualcuno!”
“Ma lo farai. Tanto per cominciare, ucciderai te stessa. Poi chissà.”
“Grazie tante, Jake. Grazie tante. Più io mi sforzo di non pensare a quello
che potrei combinare, una volta vampira neonata e fuori controllo, e più tu me lo rinfacci.
Proprio un bell'amico.” Sono irritata, infastidita, ferita. Le emozioni mi travolgono
e per un attimo perdo il controllo di quello che succede. Per un attimo, mi dimentico di fare
caso alla strada e così inciampo su un masso e finisco a terra, lasciandomi scappare
un urletto. Con un braccio cerco di proteggermi la faccia, mentre le dita affondano nella terra
umida. Un istante dopo mi rendo conto che il mio piede destro era rimasto incastrato tra due
pietre e inizio a percepire dolore di una certa intensità.
“Ed ecco la prima caduta!” commenta Jacob. Mi porge una mano, ma non la prendo.
Mi rialzo da sola, cercando di togliermi da dosso la terra appiccicosa. Il piede mi pulsa di
dolore. “E ovviamente, mi sono presa una storta. Ci mancava solo questo.” Commento,
mentre mi rimetto in piedi, evitando di mettere peso sulla gamba destra.
“Siediti lì.” Jacob mi indica un grosso tronco d'albero, sul quale sedermi.
“Ok, adesso la pausa me la prendo volentieri.” Dico, mentre mi tolgo lo scarponcino
e mi massaggio la caviglia. Il dolore è meno intenso di quanto mi aspettassi. Nulla di
grave, per fortuna. Dieci minuti e posso rimettermi a camminare. Maledico me stessa per essermi
fatta trascinare dalle mie stesse emozioni. Sono sempre così priva di autocontrollo...
Jacob mi si siede accanto, ma lo ignoro, continuando a rimanere concentrata sulla caviglia.
“Strano, mi sarei aspettato un bel gonfiore, o un livido, quanto meno.” Dice,
esaminando il mio piede nudo. Mi rimetto la calza, fa troppo freddo per rimanere a piedi nudi.
“Ti dispiace, forse? Preferivi facessi la parte della ragazza sbadata e sofferente,
bisognosa d'aiuto? Immagino rientri più facilmente nelle tue aspettative.” Dico
senza controllare il mio livello di acidità. Sono stufa, stanca, irritata al massimo,
non ho proprio alcuna voglia di dosare le mie emozioni, adesso.
“Ok, scusa.” È la sua replica. “Comunque, non è affatto vero
quello che hai detto, sappilo. A me non piace giocare a fare il ragazzo forte e potente sempre
pronto a proteggerti. Non sono mica Edward, io. E poi, so benissimo che puoi proteggerti
da sola. Sei più forte di quanto non possa sembrare.”
“Non so se devo prenderlo come un complimento, ma siccome non sono in vena di offendermi
ulteriormente, lo prendo per un complimento.”
“Meglio così.”
Mi faccio passare lo zaino e bevo ancora un po' d'acqua. Un paio di minuti e sento di poter
camminare di nuovo.
“Ora mi alzo, tranquillo, così riprendiamo questa piacevole scampagnata.”
“Non avere fretta. Non mi dispiace rimanere qui seduto, per un po'.”
Ed ecco di nuovo quel silenzio imbarazzante. Non so come tirarmi fuori da questa situazione.
Dovrei togliermi l'espressione offesa, tanto per cominciare. La verità è che io
voglio troppo bene a Jacob per permettermi di giocare sempre all'offesa. La verità, però,
è anche che quello che noi vogliamo ci porta sempre, irrimediabilmente, ad essere in
contrasto.
“Sai, a volte ho la sensazione che tu mi preferisca quando sono trasformato.”
Dice lui, ad un certo punto, rapendomi dai miei stessi pensieri.
“Jake...”
“Immagino sia perché quando sono lupo puoi parlare a rotazione senza che io
ti interrompa.” Jacob parla con assoluta naturalezza e tranquillità, è qualcosa
che un po' mi turba.
“Non è questo... è che... Tu mi dici sempre quello che io non voglio
sentirmi dire.” Jacob mi guarda sorpreso e stupito. Lo vedo aprire bocca, ma non dire
proprio nulla. “E forse, in un certo senso, è anche per questo che ho bisogno di
te, Jake.”
“Tutto questo parlare di bisogni è un po' assurdo, non trovi?”
“Già... ma è esattamente questo che io sento, sempre.”
“L'amore non dovrebbe essere una necessità da cui dipendere.”
“L'amore non è altro che questo, forse.” Dico io, senza esserne troppo
certa.
“E se io ti fornissi la prova di un'alternativa? L'amore può anche essere diverso.
Tu, del resto, non hai mai amato prima di Edward, no? Sono tutte cose che hai detto tu. Che
ci sono tante cose che non hai mai provato, sperimentato. Chi ti dice il mondo non possa esser
diverso da quello che hai sempre visto? Chi ti dice l'amore non possa essere diverso da quello
che ti lega a Cullen?”
“Se anche fosse, non m'importa.” Dico stizzita, un po' turbata dalla sua improvvisa
loquacità.
“Eh, no, troppo comodo, Bella.”
“Cosa?”
“E' troppo comodo fermarsi alla prima cosa e pretendere di non voler provare altro,
no?”
“Che vuoi dirmi, che dovrei provare ad amare qualcun altro, forse? Tanto per vedere
se trovo qualcuno che mi ami più di Edward?”
“Questo lo stai dicendo tu, Bella, io parlavo in generale.”
“Ma per favore!” dico alzandomi, di scatto. Rimango in piedi, lo sguardo fisso
su un albero. Anche Jacob si alza, mi gira intorno e poi mi fronteggia.
“Non mentire a te stessa, Bella. Io lo so che te lo sei chiesto almeno una volta. Ti
sei chiesta cosa significhi baciare delle labbra umane, veramente. Sentire un corpo umano che
tocca il tuo, che ti avvolge.”
“Mi hai già baciata, ricordi?”
“Sbaglio o quello, per te, non era affatto un bacio?”
“Giusto, era un'aggressione, piuttosto.”
Questo è un rapido scambio di battute ad effetto. Io e lui siamo qui, in piedi, uno
di fronte l'altro. Le parole si susseguono rapidamente, ma sono solo parole, vane, vuote, sbagliate.
Parole che si scontrano in un campo in cui la comunicazione è completamente sballata.
“Io ti odio, Jacob Black.”
“Se quello che provi è odio, Bella, allora feriscimi.” Dice lui, con totale
tranquillità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Io mi specchio nei
suoi occhi, riesco a vedere me stessa riflessa e intrappolata nella sua pupilla. E' giusto un
attimo, e riesco a vedere me stessa da un'altra prospettiva, la sua. Adesso io so. Vedo quello
che vede lui, vedo la Bella che lui vede ed ama, sempre.
Io sono lì. Sono nei suoi occhi che stanno sempre incollati su di me. I suoi occhi
mi parlano, e sento chiaramente, finalmente, quel che mi dicono: è qui che dovresti
stare, Bella.
Jacob mi bacia e tutto il resto scompare.
Siamo qui, due ragazzi dispersi nella foresta, in piedi, l'uno di fronte all'altra. Capelli
lunghi mossi dal vento. Le sue dita mi sfiorano il mento. Siamo qui, e ci baciamo, e tutto il
resto perde di significato. Io sento solo l'immenso calore delle sue labbra, soffici, morbidi,
vive. Sento la sua lingua avida nella mia bocca, sento il mio respiro diventare più intenso,
sento il suo respiro infrangersi sul mio viso.
Quando Jacob si stacca non smettiamo di fissarci.
“Dillo.” Mi dice, assolutamente certo che io sappia cosa rispondergli. Ed è
così. Mi guarda con immenso amore e io non posso dirgli di no. E se posso anche continuare
a mentire a me stessa, almeno a lui devo dire la verità.
“Io... lo so. Io ti amo, Jacob Black, e ti odio, perché so che è così.
Io so che con te sarei la donna più felice di questo pianeta. Io so che con te non soffrirei
un amore che è essenzialmente un bisogno profondo ed incontrollabile. Io lo so, Jake,
e ti amo. E ti odio, perché non posso amare proprio te.”
“Siamo solo noi, Bella. Siamo solo io e te.” Mi dice lui, ad un centimetro dal
mio viso. Le sue parole si abbattono su di me con violenza ed io so già cosa succederà
ancora.
Tendo la mano ed incontro il suo viso. I miei polpastrelli scivolano sulla sua pelle sempre
così caldissima. Con entrambe le mani tocco il suo viso, seguo linee immaginari che scivolano
dagli occhi, al naso, alla bocca. Le mie labbra premono sulle sue ed io svanisco, inghiottita
del tutto dalla sua essenza. Io bacio Jacob e non sono più Bella. O almeno, non sono
più la Bella Swan innamorata di un vampiro bellissimo ed immortale.
Baciare Edward è come baciare una statua bellissima e perfetta. Baciare Jacob è
tutt'altro. Sento il suo odore, completamente diverso. Nella mia bocca sento il suo sapore,
completamente diverso. E proprio mentre Jacob mi conduce verso una grande roccia piatta, e scivolo
dolcemente con la schiena sulla pietra, me ne rendo conto. Che quel sapore non è soltanto
diverso. E' un sapore sbagliato.
E non ne posso fare a meno.
Io e Jacob smettiamo completamente di parlare. Non ha più senso usare le parole, che
sono così diverse da quel che vogliono comunicare, sempre. Io sono qui, distesa su questa
grande roccia, lo sguardo rivolto su, in alto. Ma il cielo è coperto ed oscurato dalla
presenza ingombrante di Jacob, che mi bacia le labbra, il mento, mentre una mano resta posata
sulla mia gola. Si stacca di nuovo e si tira indietro. Lo vedo togliersi la maglia, e rimanere
a petto nudo, ed io so di voler soltanto toccare quel corpo caldissimo. Jake riprende a baciarmi,
una sua mano scivola lungo il mio collo, la gola, la spalla, mentre le mie fanno altrettanto
sul suo corpo. E' così alto, e grosso, che in questa posizione mi sovrasta completamente.
Non avrei possibilità di sottrarmi a tutto questo, se volessi. Ma il punto è che
proprio non lo voglio: il buon senso è stato rinchiuso in un angolino disperato e disperso
della mia coscienza. Tutto il resto è fuoco, il fuoco denso ed accecante delle mie sensazioni,
delle mie mani sul suo corpo bollente, del suo fiato e del mio. Si stacca di nuovo, ha lo sguardo
vagamente perplesso. Lo seguo con gli occhi, del tutto rapita, mentre lascia scivolare una mano
lungo il mio petto, scendere lungo la vita e fermarsi lì, sull'orlo del mio maglioncino.
La seguo ancora, seguo la sua mano scomparire senza paura sotto il mio maglioncino. Non c'è
il solito brivido per il contatto freddo: la sua mano è un fuoco che si insinua dentro
di me. Mi sorprendo a non essere affatto spaventata, nemmeno titubante, quando lo sento giungere
al mio seno.
La mia coscienza è inghiottita e scomparsa come in un buco nero. Ciò che rimane
è solo un istinto, un insieme di impulsi e sensazioni che non credevo di possedere veramente.
Ed è questo istinto che mi spinge a cambiare posizione. Faccio per alzarmi e Jake mi
guarda vagamente preoccupato,mentre lascia scivolare via la sua mano da sotto il mio maglioncino.
Lo guardo e non so nemmeno che espressione ho in viso, quando lo spingo sulla roccia e mi ci
piazzo sopra. Ora sono io a sovrastarlo, per quanto possa sovrastare uno come lui. Riprendiamo
a baciarci, le sue mani avvinghiano i miei fianchi, ed io mando via l'ultima titubanza, mi tolgo
di dosso l'ultima briciola di decenza, insieme al maglione e alla maglietta. Il contatto del
mio corpo caldo con l'aria mi fa sussultare, ma non mi fermo, non ora, non posso più
tornare indietro. Jacob mi guarda come a chiedermi un'ultima conferma, conferma che gli restituisco
guidando le sue dita sul gancio del mio reggiseno.
E' una scena totalmente assurda e surreale, una scena che forse non sarebbe mai dovuta accadere,
una scena assolutamente non prevista, eppure sta accadendo sul serio. Io sono qui, le mie dita
intrecciate a quelle di lui, io sono qui, avvinghiata al suo corpo caldissimo, e non sono più
io, non sono più Bella. Non siamo più Bella e Jake, siamo diventati qualcos'altro.
Siamo un'entità unica, imprevedibile, inconcepibile. In questa unità ho smarrito
me stessa, ho perso il mio punto di vista. E' davvero così che mi sento, e, davvero,
mi sembra di poter vedere tutta la scena da tanti, diversi punti di vista. E come me, così
anche lui sembra essersi trasformato. E' più un lupo, a ben vedere, per la voracità
con cui mi bacia le labbra, il collo, il seno. I suoi baci diventano progressivamente dei morsi,
quasi, ma io non sento dolore, non sento niente, anzi, sento solo un insieme indistinto di sensazioni
fortissime, troppo intense per poterle identificare.
I suoi occhi, sempre più da lupo, mi guardano fissi e nel riflesso della sua pupilla
vedo un'anticipazione di quel che vuole fare: uno scatto rapido, quasi inumano, e cambiamo di
nuovo posizione. Sono di nuovo inchiodata sulla roccia, le sue mani stringono forte i miei polsi,
mentre lui si avventa sul mio corpo così stranamente stracolmo di desiderio. Lo guardo,
assetato, quasi impazzito, intossicato dal desiderio di me e del mio corpo. Sono anch'io, così?
Jake mi morde quasi con violenza la piega tra il collo e la spalla, ed io mi lascio sfuggire
una serie di gemiti che si perdono nella foresta. Scivola, sento la sua lingua di fuoco sul
mio corpo scendere verso il seno, sento i suoi denti attorno al mio capezzolo turgido. Una sua
mano scivola oltre l'ombelico e scompare sotto i miei pantaloni per raggiungere la mia femminilità.
Non avrei mai potuto immaginare la totale intensità di un contatto così intimo
e profondo.
Lottando contro me stessa alzo la schiena e afferro il suo viso, lo sguardo completamente
perso chissà dove. “Jacob.” Sussurro, e la mia voce mi sembra così
strana, così diversa. “Jake!” dico di nuovo, mentre i suoi occhi risalgono
il mio corpo per poi posarsi sui miei. Ci baciamo di nuovo, questa volta piano, con lentezza,
senza rapidi scatti, senza voracità alcuna. Io bacio Jake e riacquisto consapevolezza,
man mano che sento e riconosco di nuovo quel sapore così particolare, quel sapore irrimediabilmente
sbagliato.
I suoi occhi ed i miei comunicano e quel che si dicono è chiaro ad entrambi: non
possiamo continuare. No, Jake, non possiamo continuare, perché tutto comincia a sembrarmi
così sbagliato.
Jacob mi afferra le spalle e mi aiuta a rialzarmi. Mi guarda, ed il suo sguardo è
del tutto rapito, rapito dal mio corpo che vedo riflesso nei suoi occhi. Lo vedo chiudere gli
occhi, piano, avvicinare le sue labbra, posarle con dolcezza sulle mie. Io tengo chiusi gli
occhi anche quando lo sento allontanarsi. Il suo respiro si allontana ed io so che questo momento
così strano è ormai terminato.
Quando riapro gli occhi il mondo torna alla normalità. Sono di nuovo Bella, mi rendo
conto d'esser seminuda. Imbarazzata – ma che senso ha, proprio adesso, essere imbarazzata?! –
mi volto e mi rivesto rapidamente. Lui, alle mie spalle, fa altrettanto. Mi sistemo i capelli
e mi strofino le mani sugli occhi. Sospiro. Sono pronta a voltarmi ed affrontare il suo sguardo.
“Dovremmo rimetterci in cammino.” Dice lui, e di nuovo sembra dire la cosa più
giusta e naturale del mondo.
“Sì, certamente.” Dico io, perché non sono capace di dire altro.
“E' mezzogiorno inoltrato, dobbiamo fare presto. Sarà meglio che mi trasformi.
Dovrai attaccarti bene, questa volta, andrò più veloce del solito.”
“Se è proprio necessario, vorrà dire che cercherò di sopportarlo.”
Dico io, la voce del tutto neutra.
“Ok.” Jake si allontana, si volta e si trasforma.
Siamo di nuovo noi. Bella Swan, in pericolo di vita, e Jacob Black, il licantropo. Un paio
di istanti dopo sono attaccata alla grossa schiena di Jacob, terrorizzata dalla velocità
pazzesca della sua corsa. Gli occhi serrati, per evitare di incontrare sempre tutti gli alberi
che mi sfiorano troppo rapidamente. Tutti i miei sensi, tutti i miei neuroni sono concentrati
in questa posizione di difesa, ma già sento qualcosa che si contorce dentro di me. Sento
ancora, nella mia bocca, quel sapore sbagliato. Lo sento spandersi nella mia bocca e poi intaccare
tutto quanto. Come una macchia scura d'inchiostro che si spande su un foglio di carta.
Quel che so per certo è che fra poco incontrerò Edward, e poi dovremo camminare
ancora, montare la tenda, metterci in comunicazione con tutti gli altri e prepararci all'imminente
battaglia. C'è tanto di cui occuparsi. Eppure, so per certo che c'è sempre spazio
per il senso di colpa.
Il viaggio di ritorno è stato molto più breve del previsto. Nonostante ciò,
immersa nel tempo dilatato della mia coscienza, ho rivissuto due, tre, mille volte quello che
è da poco successo. Ma non l'ho digerito. Affatto.
Sono sola nella foresta, seduta su un'altra ennesima roccia, circondata da un vuoto freddo
ed opprimente. Malgrado l'orario, malgrado sia giugno, fa freddo. Mi stringo nella giacca a
vento che Jacob mi ha dato, prima di sparire un attimo. “Sai che non ti lascerei mai da
sola, soprattutto in un momento come questo, ma ho bisogno di allontanarmi... mi servono solo
cinque minuti”, ha detto, prima di sparire e lasciarmi sola. La cosa però non mi
dispiace. Sono frastornata, confusa, scossa: almeno non devo subire lo sguardo di Jake. Cerco
di pensare a tutto quello che è successo e a tutto quello che mi aspetta. Affrontare
Edward, tanto per cominciare. Superare lo scoglio di quello che ho fatto. Cercare il suo perdono.
E poi tornare al problema originale, ossia la battaglia imminente.
Ma cosa dire dei miei sentimenti? Più e più volte ho pensato ad un'immagine
che potesse descriver Edward. E, salvo quel periodo di cielo buio senza luna, Edward mi è
sempre apparso come una stella sicura e luminosa. La più bella e luminosa del cielo.
Edward è sempre stato, soprattutto, una certezza. In maniera del tutto diversa, ma ugualmente
importante, anche Jacob lo è diventato. Adesso, tuttavia, tutto mi sembra perdere di
significato.
Mi manca la lucidità di comprendere quel che è successo, posso solo soffermarmi
su solitari dettagli, su pensieri sconnessi. Lungi dal metabolizzare il tutto, sento solo una
serie indistinta di sensazioni sbagliate e riprovevoli, e faccio fatica a darvi un nome. A dominare
il tutto, un senso spaventoso e disorientante di nausea. La testa mi gira, vortica, mentre il
mio stomaco si contorce, sbattuto e sconvolto ancora da quella corsa pazzesca. In bocca, quel
maledettissimo sapore sbagliato. Ed un profondo disgusto per me stessa, per quello che sono
diventata.
“Teni duro, Bella, Edward è vicino. Sento il suo odore.” Sono così
presa dal vortice dei miei pensieri che nemmeno mi accorgo del ritorno di Jacob. Rimango qui,
seduta, con le mani intorno alla fronte imperlata di sudore, mentre lui mi si avvicina.
“Ti dico che sto bene, Jake...” mormoro. Vorrei avere la forza di continuare
questa ridicola sceneggiata, ma non so proprio dove andare a cercarla. Vorrei parlare ancora,
ma temo che se apro bocca non saranno le parole a venirne fuori. Chiudo gli occhi e mi sento
come... sì, mi sento come al centro di un buco nero. Tutto è nero. Io vortico,
sempre più velocemente. Piano piano, pezzo dopo pezzo, cellula dopo cellula, finisco
inghiottita. La mia coscienza viene tirata, si tende, prima o poi si strapperà, lo sento.
“Bevi un po'.” Mi dice ancora Jacob, porgendomi la bottiglietta. La prendo senza
guardarlo. Al di là del malessere, non ho proprio il coraggio di guardarlo negli occhi.
Non so cosa potrei vedere riflesso nelle sue pupille. Di certo, non la Bella che sono sempre
stata. La Bella perseguitata dai pericoli ed innamorata di Edward. Bevo e sento l'acqua ghiacciata
scivolarmi dentro come una pioggia di chiodi. Almeno un po' di sollievo per la mia gola riarsa
e sicuramente già infiammata. Ciò che mi rimane addosso da quello che è
successo con Jacob è una sensazione febbricitante, una sensazione mista, di calore intollerabile
che scema gradualmente verso un freddo umido ed appiccicaticcio. O magari non è soltanto
la confusione dovuta a quel momento, ma semplicemente un raffreddore che comincia la sua corsa
dentro di me. Conoscendo la mia fortuna, la cosa non mi stupirebbe.
Mi sforzo di concentrarmi, di fissare un punto fermo e di ordinare al mondo di fermarsi.
“Dobbiamo parlare.” Dico. La mia voce tradisce tutto il nervosismo che ho in
corpo. Non è bene. Proprio per niente.
“Hmm... diciamo pure che è quello che aspettavo di sentirmi dire.” Mi
dice Jake, posizionandosi davanti a me, chinato abbastanza da fronteggiarmi. Il suo volto è
un puzzle di sentimenti diversi. Preoccupazione, angoscia, rimpianto, speranza. Io so cosa vuole
sentirsi dire e so che non posso dirlo.
“Non è come credi. Il punto è un altro.” Gli dico, cercando di
evitare accuratamente i suoi occhi. “Dobbiamo parlare di Edward. Io sarò pure immune
al suo potere, ma tu no. E conosciamo tutti benissimo la tua abitudine ad urlare praticamente
i tuoi pensieri.”
“Puoi stare tranquilla.” Più delle parole, mi stupisce la sua espressione
sorridente e convinta. Troppo sorridente, troppo convinta.
“Che vuoi dire?”
“Ti ho detto che mi servivano cinque minuti per sistemare una faccenda, no? Beh, diciamo
che non hai più motivo di temere di incontrare Edward. Sta arrivando, ed è unicamente
preoccupato della tua condizione fisica attuale, credo.”
Scatto in piedi. Barcollo, ma tengo duro. Ho i piedi piantati per terra. Faccio appello a
tutte le mie forze per rimanere saldata al suolo. Alzo il volto, sospiro, guardo Jacob.
“Che hai combinato, Jake?!”
“Gli ho semplicemente parlato. Beh, non propriamente parlato, sai com'è.”
Mi dice lui, lo sguardo assolutamente fiducioso. “Abbiamo comunicato, insomma. Abbiamo
risolto tutto. Ho... gli ho fatto leggere una sorta di mio monologo. Gli ho spiegato tutto e
mi sono assunto la colpa di quello che è successo. Gli ho chiesto, per capire se era
infuriato, di scattare verso di me e darmi un pugno. Ho aspettato cinque minuti e non è
successo niente. Allora gli ho fatto presente la necessità di una ulteriore tregua, perché
il viaggetto ti ha scombussolato lo stomaco. E ti è pure venuta la febbre, forse.”
Lo guardo incapace di parlare. Vorrei dirgli: perché ti sei presa la colpa? Potevi
darla benissimo a me. Ma anche: bene, perché la colpa è solo tua. O ancora: perché
gli hai parlato tu?! Spettava a me. E mille altre cose insieme. Ma non riesco a dirgli nulla
e dunque lo guardo con un'espressione sconvolta che lo fa scoppiare a ridere.
“Non c'è proprio nulla da ridere!” Lui mi guarda, le sue risa scemano
in un sorriso che comunque rimane incastrato sul suo volto. E' assurdo. “Non doveva accadere,
ecco.” E via con la prima banalità da dire.
“Eppure è successo.” Prevedibile replica ad un'affermazione ridicola.
“N-non doveva accadere e basta! Sono stata una sciocca.”
“Indietro non si può tornare, Bella. Lo sai.”
“Chi lo dice? Guarda che per me non è cambiato proprio nulla.”
“Io non ci giurerei.”
Sono stizzita. Confusa, arrabbiata, intossicata dalle mie emozioni. Tutto questo non doveva
accadere, sul serio. Dovrei essere terrorizzata dall'idea dello scontro con Victoria, e invece
sono qui, a discutere con Jacob di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere e che la mia
mente comincia a negare prepotentemente.
“Ascolta, Edward sarà qui tra un paio di istanti. Per cui o te lo dico ora o
non te lo dico mai più...”
“Benissimo, non dirmi niente, allora.” Replico acida.
“Puoi odiarmi quanto ti pare. Davvero. Puoi farlo, te ne do il permesso. Odiami pure,
ma io non mi tirerò mai indietro. E comincio col chiederti scusa sin da adesso, perché
io non rinnego assolutamente quello che è successo, e sono pronto a ricordartelo in tutti
i modi possibili.”
“Quello che è successo non cambia proprio niente.”
“Puoi convincerti sia così, per te. Ma non è altrettanto per me. Io,
almeno, mi sentirò con la coscienza a posto.”
“Con la coscienza a posto?!” Non credo alle mie parole. Mi scopro furente, piena
di rabbia, mi manca il respiro.
“Sì, perché io, almeno, ti ho dato la scelta.”
“Ma di che diavolo stai parlando?!” Mi sorprendo ad urlare.
“Tu eri pronta a lasciarti alle spalle la vita, Bella, perché non l'hai mai
vissuta veramente. Nessuno si è curato di farti capire a cosa stai per dire addio, nessuno
tranne me. Mi hai baciato, Bella. Hai baciato delle labbra diverse da quelle morte del tuo succhiasangue.
Io ti ho mostrato la vita, Bella, e mi sembra che ti sia piaciuta almeno un po'. Ed ora è
il momento di scegliere.”
E' tutto così assurdo, così sbagliato... sembra un incubo malato, ed invece
è la realtà. Non posso credere la mia vita abbia preso veramente questa direzione.
Annaspo, cerco di uscire fuori dalle nebbie della mia mente, ma è inutile, temo.
“Jake.” Dico piano. Stringo i denti. Sospiro. “Jake, per me non cambia
proprio niente. Rispetto a prima c'è in più la consapevolezza di aver fatto qualcosa
di sbagliato.”
“Oh, avanti, Bella! Non dirmi che non ti è piaciuto!” Lo fisso negli occhi,
sbalordita, e vi scorgo un insieme di sentimenti complessi. Ora capisco. Quella di prima non
era un'espressione convinta, sinceramente felice, soddisfatta. Le sue parole non sono spavalde,
sicure di sé. Sono disperate. “Pensaci, Bella! Tu sei viva, io sono vivo! Siamo
due corpi fatti di carne e di calore! Possiamo amarci, se lo vogliamo. Possiamo essere felici,
insieme, ed accontentarci del tempo limitato ed umano che ci è destinato. Puoi amarmi,
senza aver l'impressione di baciare una statua che puzza di sangue, Bella! Ed io posso amarti
tranquillamente, senza la preoccupazione di farti del male!” Le sue parole mi feriscono,
perché so che ha ragione. Vedo di nuovo la crepa che è in me, si allarga sempre
di più. Jacob ha ragione, io lo so. Ma sento di dover negare tutto, a costo di fare male
a lui e ad una parte fondamentale di me stessa.
E' con una sorprendente lucidità che lo capisco e lo accetto. Io sono crudele. Il
mio amore per Edward è crudele. La Bella che ama Edward è pronta a calpestare
un tappeto di cadaveri pur di non allontanarsi dall'uomo di cui ha bisogno. Amare Jacob sarebbe
forse troppo facile.
“Cosa vuoi che ti dica, Jake? Che mi è piaciuto? Che ho bisogno di te? Che hai
fatto vacillare tutte le mie convinzioni, forse? Che con te sarei più felice?”
“Dimmi solo quello che senti e credi veramente, Bella.” Mi parla di nuovo e mi
ferisce di nuovo. Una volta lui era quello da perdonare ed io quella che perdona. Adesso so
che è esattamente il contrario. Non posso continuare ad ingannarlo. Meglio ingannare
me stessa, piuttosto. Meglio uccidere una parte di me, che continuare ad illuderlo e a tenerlo
in bilico. Se non posso darmi completamente a lui, forse, è meglio io smetta di averne
bisogno.
“Allora ti dico questo, Jacob. Io sono colpevole. Colpevole d'amare senza logica e
senza coraggio. Sono colpevole e vigliacca. Ho sempre avuto bisogno di te, e questo è
sempre stato sbagliato, perché ho continuato a ferirti, ignorando i tuoi sentimenti e
pensando solo alle mie necessità.” Le parole escono senza controllo. Nel momento
stesso in cui lo dico, non sono più me stessa. Non sono più nel mio corpo, mi
vedo da fuori, da una prospettiva del tutto rovesciata. Le mie parole mi suonano così
estranee... “Se è il nostro legame a farti soffrire, Jake, allora lo taglierò
via, per sempre. Io ho sbagliato a starti sempre vicino, ho sbagliato ad entrare nella tua vita,
a prendere sempre e solo quello di cui avevo bisogno, ignorando tutto il resto.” Guardo
nel vuoto, lontana dallo sguardo di Jacob. Prendo fiato e riprendo a parlare. “Io sono
crudele, anzi, il mio amore è crudele. Ora l'ho capito. Io non amo semplicemente Edward.
Io ne ho bisogno. Io ne sono del tutto dipendente. Sono già rimasta una volta senza di
lui, e tu hai visto quel che mi è successo. Per vivere, io ho bisogno di Edward, e non
gli permetterò mai più di lasciarmi. Non gli permetterò di vivere l'eternità
senza di me sempre al suo fianco.” Che senso ha, ormai, trattenersi? Fingere? Sperare
in un cambiamento? Lottare, stringere la verità per non farla scappare? Niente. Nessun
senso. “Io ti amo, Jake. Se è questo che vuoi sentirmi dire, te lo dico, ed è
vero. Io ti amo. Ed è proprio perché ti amo che devo lasciarti andare. E' proprio
per l'amore profondo che nutro nei tuoi confronti che non posso permetterti di rimanere incatenato
a me. Non puoi. Non te lo meriti. Tu una volta hai cercato di salvarmi da una dipendenza che
mi stava uccidendo. Io ora voglio fare lo stesso con te.”
Fisso gli occhi di Jacob e percepisco l'ondata immensa e straripante delle sue emozioni.
Rimango ferma, piantata su quel punto del suolo, e lo vedo avvicinarsi a me. Lo fisso e non
mi muovo, devo rimanere incatenata a queste mie ultime e definitive convinzioni. Non posso volger
lo sguardo altrove, non posso muovermi, non devo girarmi, non devo scappare.
“Lascia che ti dica anch'io una cosa, Bella.” E' così vicino che sento
prima il suo respiro sul mio viso e poi le sue parole. “Non puoi decidere tutto da sola.
La cosa riguarda anche me, non ti lascerò decidere per entrambi. Non mi tirerò
mai indietro. Odiami pure, non m'importa.” Mi perdo nello sguardo di Jacob. Mi perdo nel
suo volto, nella linea dei suoi occhi, scivolo lungo il suo naso, cado e muoio nelle sue labbra.
“Non ti permetterò di essere l'unica a sacrificarsi, Bella.”
“Che vuoi dire? Che intendi fare?” Dico, la voce si spezza.
“Ti dico cosa succederà adesso.” La sua voce è ferma, perfettamente
stabile, sicura. Non posso dire altrettanto dei suoi occhi. “Io andrò via, tra
poco. Mi unirò allo scontro, combatterò per te, mentre tu rimarrai qui, con il
tuo vampiro. Io combatterò ed ucciderò con le mie mani chiunque voglia farti del
male. Quanto a te, ti conviene sperare rimanga ucciso anch'io. Perché se sopravvivo,
se sopravviviamo, dopo, sarà tutto diverso.”
Sono incastrata, intrappolata in me stessa. Jacob indietreggia ed io rimango qui. Incapace
di pensare, di agire. Di volere, di capire. Incapace di tutto.
E' solo quando lo vedi girarsi, darmi le spalle, che mi permetto di urlare. “Jake!
Ti prego, non andare! Non deve andare per forza così! Jake!” urlo ancora più
forte. “Non andare, ti prego! Ho ancora bisogno di te! Te lo chiedo per l'ultima volta,
Jake! E' l'ultima cosa che ti chiedo... per favore... non andare. Rimani qui. Con me.”
La gola brucia e bruciano pure le lacrime sul mio volto.
“Non ci sono alternative. A questo punto, Bella, non rimane più spazio per un'alternativa.”
Mi parla senza voltarsi. Cammina ancora, a passo lento. Ogni centimetro che si allontana da
me mi fa soffrire. Non sopporto la vista delle sue spalle, sempre più distanti.
Ho toccato quelle spalle, ho toccato ed amato quel corpo bollente e forte e sicuro e vivo.
Va contro tutto ciò che credo di volere e desiderare, ma adesso, lo so, ho ancora bisogno
di lui.
“Dimmi solo cosa posso fare per trattenerti! Mi bastano altri pochi minuti, te ne prego!
Chiedimi qualunque cosa, Jake, qualunque cosa!”
Lo vedo fermarsi. Con estrema lentezza si volta e mi trovo di nuovo ad annegare nell'immagine
del suo volto.
“Un ultimo bacio. Che ne dici, Bella? Ci sta bene. Come nelle migliori tragedie. Vuoi
darmi un ultimo bacio?”
“Non l'ultimo, Jake. Non l'ultimo.” Non so più quello che dico, ma non
importa. Non importa più. Cammino, completamente svuotata di buon senso e ragione, verso
di lui. Mi viene incontro. Il vento soffia e non m'importa. Vedo soltanto una distanza da colmare.
Siamo due punti uniti da una linea, che allo stesso tempo ci lega e ci tiene distanziati.
Sono io a cercare la sua lingua, mentre le sue mani possenti si posano sulle mie spalle.
Non le stringe, non cerca di trattenermi, perché sa che non fuggirò. Ci baciamo
e di nuovo il calore esplode e mi inghiotte. Una sua mano risale lungo la gola, e lì
si posa di nuovo. Sento i miei battiti accelerati ripercuotersi sulla sua mano. Sento la sua
pelle infuocata sulla mia gola. Mi stacco, prendo fiato, chiudo gli occhi e mi abbandono del
tutto. Di nuovo, il cervello si spegne: sono solo un animale guidato dall'istinto. Ad un certo
punto apro gli occhi e vedo i suoi, due ossidiane nere, che ardono. Li fisso, non smettiamo
di baciarci, li fisso e sono travolta da tutto il suo dolore, tutta la sua sofferenza, ed il
suo amore, la sua rabbia, la sua disperazione. Li conosco, perché sono anche i miei.
Siamo una cosa sola.
Siamo in ogni perla di lacrima che inondano le mie guancie e bagnano le sue. Siamo insieme,
un'entità unica ed indistinta, immersi fino ad affogare nel calore soffocante dei nostri
corpi. So di non potermi più allontanare, so di non poter tornare indietro, io so di
avere sempre mentito ad una parte di me stessa, io so di amare, io so di soffrire.
Ora comprendo quel sapore sbagliato che sentivo in bocca. Ora so cos'è. E' Jacob.
E' il suo sapore. Il sapore dei suo sentimenti dannati, del suo tormento, della sua sofferenza.
Questo è il gusto del dolore perfetto che ho inflitto continuamente a Jake. E' un dolore
che dovrei provare io, piuttosto. E allora lo bacio con più convinzione, mentre le lacrime
non arrestano il corso. Mi abbandono alle braccia di Jacob, che mi stringono, mi carezzano i
capelli, il viso, il collo. Baciami, Jake. Dammi tutto il tuo dolore immenso.
“Dimmi di tornare...” dice lui, piano, riprendendo fiato. Mi parla ad un centimetro
dal viso, una mano ancora sulla mia gola, sotto il mento, l'altra sulla spalla.
“Torna, Jake... torna da me.” Gli dico io, la voce sicura oltre il ritmo del
mio inarrestabile pianto.
La mia mente annebbiata, che lotta disperatamente per riassumere il controllo, registra l'immagine
di Jacob che si trasforma e si allontana rapidamente. Rimango intrappolata a fissare il vuoto.
Il calore che ho appena provato mi abbandona rapidamente. Torna il freddo che mi fa seccare
le lacrime sul volto. Lo sento impadronirsi di me, progressivamente. Parte dai piedi e poco
a poco va salendo, e quando arriva al cuore lì si posa. Io sento il mio cuore gelare.
Le nuvole si addensano, su, nel cielo.
So che dovrei darmi una mossa, ma mi sento così stupida, incastrata tra le pieghe
contraddittorie del mio animo.
Riprendo a respirare quando mi compare davanti la figura di Edward. Ho in testa mille domande:
cosa gli ha detto Jacob? E' arrabbiato? Mi ama ancora? E dov'era finito, mentre parlavo con
Jacob? Forse era nei paragi ed ha seguito il pensiero di Jacob, forse sa esattamente cosa è
successo. O magari era già qui, ed ha visto tutto?
Edward mi guarda, un misto di tenerezza, preoccupazione e devozione. Mi incammino verso di
lui, ma sento la testa pesante. Faccio un passo, barcollo. Ne faccio un altro, perdo l'equilibrio.
La nebbia cala sulla mia coscienza. Appena un attimo prima di svenire sento le braccia di Edward
che mi afferrano. |