Questo primo capitolo è
dedicato alla biologia Quarian: immagino che tutti coloro che hanno
giocato a Mass Effect si siano chiesti almeno una volta come appaiano
sotto quello tute.
Bé, questa è
la mia risposta.
Quanto si avvicina alla
realtà? Non ne ho la più pallida idea, ma spero
molto: a parte gli elementi più evidenti
dell’anatomia quarian (tre dita per mano ecc.)
l’unico elemento certo è che le orecchie sono
molto diverse da quelle umane (Mass Effect: Ascension); per il resto,
non si sa assolutamente nulla. Fino
a ME2 non c’erano abbastanza elementi per immaginare un
aspetto credibile: per fortuna, dialogando con Legione, si ha una
descrizione molto superficiale del pianeta natale dei Quarian, Rannoch.
In breve, la mia interpretazione potete leggerla nel capitolo; nella
postfazione ci sarà una descrizione più
dettagliata delle linee guida che mi hanno portato
all’aspetto dei Quarian.
Buona Lettura.
Concetti
come “ora tarda” non hanno
senso a bordo di una nave sulla quale c’è sempre
qualcuno di servizio: senza
albe o tramonti da usare come riferimento per i propri ritmi
circadiani, sono i
turni a scandire i periodi di veglia e riposo.
Il terzo
turno sarebbe cominciato tra
circa due ore: di tutti, era quello meno impegnativo, e la nave
funzionava con
il personale ridotto al minimo.
Tutti i
combattenti dell’equipaggio,
se non erano in missione, sfruttavano
di
solito questo turno per dormire, in modo da avere il più
possibile i bioritmi
sincronizzati.
L’unica
che non stava sfruttando
quelle otto ore per riposare era il capo ingegnere della nave,
Tali’Zorah vas
Normandy.
Ma
quella era un’occasione speciale: Tali
voleva essere al meglio per il suo capitano. Eric Shepard non era solo
il suo comandante:
era soprattutto l’uomo che amava.
Mentre
l’ascensore la portava verso
la sua destinazione, Tali ripensò al loro passato e al
presente: l’amore
che era sbocciato fra loro era la
naturale evoluzione dell’amicizia e del rispetto che avevano
provato per tutto
quel tempo l’una per l’altro. Tali non
l’amava perché lui l’aveva salvata da
Fist sulla Cittadella tanto tempo prima, né
perché l’avesse accolta nel suo
equipaggio, trattandola come una pari tra i pari. Non era
perché le avesse consegnato
i dati che le avevano permesso di completare il suo pellegrinaggio e di
riportare alla sua gente informazioni strabilianti sui geth. Non era
perché
l’avesse salvata ancora una volta su Hestrom e
l’avesse aiutata su Freedom Progress.
No.
Tali
amava Shepard, perché lui la vedeva:
lui vedeva oltre il suo casco e la sua tuta, e l’apprezzava
pur senza averla
mai vista in faccia.
Tali
sentì ancora quel piacevole
vuoto allo stomaco, la sensazione di lieve vertigine che la prendeva
ogni volta
che pensava a Eric.
Aveva
preso gli immuno- amplificatori
e le erbe integrative che Mordin le aveva prescritto, ma
c’era ancora una cosa
che voleva fare.
Finalmente
l’ascensore la portò alla
sua destinazione: il ponte numero uno.
La porta
della cabina di Shepard si
aprì con un sospiro, mentre Tali faceva il suo ingresso
nelle stanze del
comandante. La stanza era ovviamente vuota, Shepard era sceso in
missione su Canalus,
il pianeta attorno al quale la Normady era in orbita. Era via da
un’ora e non
sarebbe tornato prima di un’altra un’ora
e mezza: almeno, quello era il tempo stimato per ripulire
la zona dove
avevano individuato segnali geth. Avrebbe voluto scendere con lui, ma
Shepard
le aveva sorriso, dicendole che Zaeed e Legione erano più
che sufficienti per
coprigli le spalle. Le aveva fatto un cenno d’intesa, come a
sottolineare
qualcosa di buffo, e Tali aveva sorriso con lui.
Aveva
capito cosa intendesse esattamente
solo quando Shepard le aveva bisbigliato all’orecchio prima
di lasciare la
Normandy.
Tali
aveva deciso subito di
approfittare dell’occasione che le era stata data.
Non
appena le porte si chiusero
dietro di lei, Tali si diresse verso l’oggetto che aveva
poggiato sulla
scrivania del Comandante durante la sua precedente visita. Era un
emettitore di
raggi UV molto potente, che aveva ricavato ingegnosamente da un
proiettore
medico che Chakwas usava per mantenere sterili gli strumenti
dell’infermeria.
Con la
sua tuta addosso, il
proiettore non era in alcun modo pericoloso per lei: lo
disattivò, assieme a
quello che aveva messo sul letto. Ormai entrambi dovevano aver svolto
il loro
compito.
Tali
tolse il telo nero che copriva
la gabbietta del criceto che aveva regalato a Shepard, picchiettando
delicatamente il vetro della gabbia. Il suo occupante uscì
incuriosito dalla
tana in cui era rimasto a dormire fino a quel momento:
“Non
dire a nessuno quello che
vedrai, d’accordo?” gli disse Tali con
complicità.
Il criceto si
limitò a rifugiarsi nella sua
tana.
“Codardo”
pensò la Quarian. Poi entrò
nel bagno privato del comandante, spegnendo il proiettore che aveva
messo anche
lì.
Aprì
la doccia, e mentre l’acqua si scaldava,
cominciò a togliersi la tuta.
Per
prima cosa, Tali si sfilò la
cintura e le cinghie che le cingevano il busto e li ripose sul tavolo.
Quindi
ordinò di aprire i sigilli anticontaminanti tramite il suo
omni tool: una volta
che le sicure furono disinserite, la tuta acquistò volume,
divenendo meno
stretta e soffocante.
Tali
sganciò il fodero del coltello
che portava sempre con sé dallo stivale, un oggetto
più rituale che un’arma
vera e propria, e lo posò sulla scrivania del comandante,
vicino alla foto che
ritraeva l’equipaggio della vecchia Normandy.
Tali
rimase per un poco a
osservare la foto dei loro vecchi amici, poi
passò a sfilarsi gli stivali, appoggiandosi alla scrivania
per
bilanciarsi: quando
posò il piede nudo
sul pavimento della cabina si sentì per un attimo a disagio.
Era la prima volta
da molto, moltissimo tempo, che toccava qualcosa con la sua pelle.
L’immagine
del volto di Eric Shepard apparve
nella sua mente, e il disagio scomparve subito: pose entrambi i piedi
sul
pavimento, incurante del fatto che fosse freddo. Poi fu la volta dei
guanti,
che andarono a posarsi
vicino al
coltello.
Tali
sorrise a quella vista: era da tanto
tempo che non vedeva le sue mani e i suoi piedi; pressappoco da quando
era
bambina e usava ancora la bolla invece che la tuta. La Quarian
agitò le dita,
gioendo del contatto fisico che era invece solitamente anestetizzato:
si
sarebbe messa a danzare, tale era la sua felicità.
Poi
allentò le chiusure del casco, e
lo mise sopra i guanti.
Tali si
ritrovò a sbattere le
palpebre quasi subito, mentre tentava di abituarsi alla luce nella
stanza: era
troppo forte per i suoi occhi e le sue pupille dolsero, mentre
cercavano di
compensare. Cercando a tentoni i comandi sulla parete a fianco a lei
abbassò la
luce, fino a quando solo un crepuscolo oscuro illuminò la
stanza.
I
Quarian erano una specie
originariamente notturna, dato che il giorno sul loro pianeta natale
era breve
e dedicato al riposo. La loro giornata cominciava al calar del sole,
quando gli
antichi Quarian battevano le foreste e le steppe del pianeta alla
ricerca di
cibo, seguendo le fasi della luna. Ancora oggi, il loro calendario
rispettava i
cicli lunari, per quanto vivere a bordo della flotta migrante avesse
cambiato i
loro ritmi: ora i Quarian vegliavano quando la luce artificiale
illuminava i
ponti delle navi e si riposavano quando veniva il buio.
Lo
stesso visore oscurato del casco
era concepito per difendere i loro occhi sensibilissimi: le altre
specie
senzienti erano tutte diurne e la luce di cui avevano bisogno per
vedere
risultava accecante per loro.
Tali
inspirò a pieni polmoni,
assaporando famelica gli odori che il proiettore non era riuscito ad
eliminare
completamente: sentì l’odore, inequivocabilmente
maschile, che permeava la
stanza e il suo stomaco fece una nuova capriola.
La
Quarian riprese a spogliarsi con
ancora più energia: in un colpo solo si liberò
dei gambali e dei pantaloni,
togliendo uno dopo l’altro i diversi strati di cui erano
composti. Il tutto
cadde a terra e Tali se ne liberò con un calcio, spedendoli
sotto la scrivania.
L’aria
più fredda della stanza le
fece venire la pelle d’oca, nonostante il sottile manto
candido che copriva il
suo corpo. La stella attorno alla quale Rannoch orbitava era una stella
più
vecchia del sole e ormai già passata da gialla ad arancione.
Il manto che
copriva i Quarian dalla testa ai piedi, lasciando scoperti solo le
mani, i
piedi e la parte anteriore del busto delle femmine, era
anch’esso un’eredità
della loro vita sul loro pianeta natale, più freddo e arido
della terra.
Tali
aprì i sigilli che chiudevano la
parte superiore della sua tuta e si tolse finalmente la giacca che era
diventata la sua pelle da diversi anni e la ripose sulla sedia, avendo
cura che
i tubi che la collegavano agli impianti disseminati sul suo corpo
fossero tutti
scollegati: si sentì… libera, una sensazione che
non ricordava nemmeno più.
Infine,
scollegò con molta attenzione
gli ultimi impianti a diretto contatto con la sua pelle, avendo cura di
rimuovere l’ago per le flebo che era infilato nella sua
giugulare assieme ai
macchinari che raccoglievano i liquidi dal suo volto, come le lacrime o
la
saliva, e gli apparecchi per la stimolazione sensoriale.
Ora Tali
era quasi nuda, fatta
eccezione per una sottile striscia di tessuto che le copriva il petto,
proteggendo dalla frizione la delicata pelle sottostante, e per le
sacche per
il riciclo dei rifiuti organici. Di tutta la sua tuta, quello era lo
strumento
che odiava di più: appesantiva i suoi fianchi e la
intralciava mentre correva.
Se ne
liberò rapidamente, avendo cura
di riporle dentro una sacca sterile che si era portata dietro.
Finalmente,
Tali era priva da tutta
la muta che la copriva.
L’odore
di acqua calda le pizzicò il
naso e Tali entrò rapidamente in bagno, chiudendo dietro di
sé la porta.
***
Lo
specchio si era appannato a causa
della condensa e Tali passò una mano sul vetro, per potersi
specchiare: era
tanto tempo che non vedeva la sua immagine e rimase per un poco a
osservarsi.
I
familiari occhi color mercurio, tipici
della sua specie, scrutarono il loro riflesso: la loro maggiore
sensibilità
alla luce le permetteva di vedere nella penombra come se fosse giorno.
Al
contrario degli animali terrestri,
per vedere nell’oscurità i Quarian non avevano
bisogno di una pupilla
verticale: gli bastavano gli speciali pigmenti estremamente
fotosensibili associati
alle cellule dell’iride. Quei pigmenti
erano anche la ragione dell’apparente luminosità
degli occhi dei Quarian,
poiché riflettevano parzialmente la luce che percepivano.
Dagli
occhi, Tali passò al suo volto,
coperto da una peluria cortissima e fitta come quella di un puma e
candida come
la neve, che lasciava scoperta le labbra, scure e sottili.
Non
c’erano capelli, ma lo stesso
identico manto ugualmente corto e candido che copriva tutto il corpo.
Sul suo
volto solo alcune zone erano più
scure e assomigliavano alle macchie dei leopardi: erano però
del colore delle
nocciole e con il bordo dorato. Esse partivano dalla sommità
della fronte in
due file verticali parallele, per poi sorpassare gli occhi e
ricongiungersi sul
mento. Le macchie si dividevano nuovamente sulla gola e si
distribuivano sulle
spalle, continuando poi sulle braccia, fino ad arrivare ai polsi dove
il manto
terminava, lasciando le pelle delle mani, e dei piedi allo stesso modo,
esposta.
Tali si
osservò le mani: la sua epidermide
aveva ancora lo stesso colore porpora che ricordava dalla sua infanzia,
che
schiariva a mano a mano che si avvicinava alle punte delle dita, prive
di
unghie.
Tali non
sapeva cosa erano la vanità
e la bellezza, d’altro canto aveva visto pochi altri Quarian
senza casco: passò
la mano sul suo volto, attorno all’occhio e sugli zigomi.
Alzando
la mano, Tali arrivò a toccare
il lobo del suo orecchio: al contrario di molte specie, i Quarian
avevano i
padiglioni auricolari posizionati quasi alla sommità del
cranio, invece che
lateralmente, e i due lobi triangolari erano il motivo per cui
c’era così tanto
spazio sopra la testa nel casco, soprattutto nei maschi. Tali
provò a muoverli
come faceva quando era piccola e ancora confinata nella bolla, tentando
di articolarli
indipendentemente. Con molta fatica, riuscì a farlo:
sembrava che nonostante
fossero rimasti immobili per tutti quegli anni, i suoi muscoli ci
fossero ancora.
Poi Tali
scese con la mano nuovamente
fino alla mascella: la parte inferiore del volto dei Quarian si
sviluppava più
verso l’esterno rispetto ai primati, specie negli individui
di sesso maschile. Le
proporzioni dei lineamenti erano simili a quelle dei megachirotteri del
pianeta
Terra, anche se gli zigomi non erano così pronunciati.
Tali
osservò ancora il suo riflesso,
mentre ritraeva la labbra, mettendo in mostra i denti perlacei ed
affilati e la
lingua rossa.
Passò
ancora la mano sullo specchio e
fece un passo indietro per poter avere una visione più
complessiva di se
stessa: come in tutte le femmine Quarian, la parte anteriore del busto
era
glabra, lasciando una porzione di pelle scoperta della forma di una
mandorla,
che si apriva appena sotto la gola, per poi chiudersi una spanna sopra
il suo
inguine.
Appena
sotto i seni, l’imboccatura
della tasca del suo marsupio disegnava una mezzaluna che si opponeva
con le sue
linee alle curve sovrastanti: analogamente ai marsupiali sulla Terra,
lo
sviluppo del feto Quarian terminava all’interno della tasca
della madre. Tali
si passò una mano sul seno, titillandone delicatamente il
capezzolo e ancora
una volta l’immagine di Shepard si inserì nella
sua mente.
Sorrise,
immaginando la reazione di Eric
se fosse entrato in quel momento.
Come
tutti i Quarian della
Flottiglia, Tali era magra, senza nemmeno un grammo di grasso addosso:
le
costole erano ben visibili sotto la pelle, tuttavia il manto bianco che
la
ricopriva ingentiliva le sue forme, arrotondandole.
Quattro
dita sotto l’ombelico, un’unica
macchia scura segnava l’inizio del suo pube: da esso, le
chiazze color nocciola
sul suo manto tornavano a dividersi di nuovo in due file e proseguivano
sulle
cosce, sempre più piccole.
Tali si
guardò le gambe, con le tibie
lievemente più arcuate rispetto ai primati, adatte per
assorbire meglio lo
stress da impatto dovuto alla corsa, attività a cui i
Quarian si dedicavano molto
sul loro pianeta natale, essendo la specie che occupava la posizione
più alta
della catena alimentare di Rannoch.
Tali si
girò di schiena, e, ruotando
la testa, osservò che le familiari macchie scure erano
sparse disordinatamente
anche sul dorso a partire dalle spalle, ma tendevano a raccogliersi in
una
linea che seguiva la spina dorsale a mano a mano che si avvicinavano
alle
natiche.
Decise
che si piaceva, ma sarebbe
piaciuta anche al Comandante?
All’improvviso,
un quieto bussare
risuonò sulla porta:
Tap! Tap! Tap!
Tali si
spaventò a morte: il suo
primo pensiero fu che la sua tuta era fuori dalla sua portata e
chiunque fosse
entrato in quel momento avrebbe portato con sé dei germi,
potenzialmente
pericolosi.
“Tali,
sei là dentro?”
La voce
era inconfondibile: anche
attraverso la porta era impossibile sbagliarsi.
“Comandante?
Sei tu?”
Sentì
una risata familiare, calda,
gioiosa e rassicurante.
“Credevo
che avessimo deciso di
passare al tu, Tali.”
Tali
sorrise a sua volta.
“Hai
ragione, Eric. È solo che… le
vecchie abitudini sono dure a morire.”
Ci fu un
attimo di silenzio, poi la
voce di Shepard filtrò attraverso la porta:
“Vedo
che ti sei messa a tuo agio.”
“Già,
non sai che regalo mi hai
fatto.”
Dall’altra
parte della porta, Eric si
sentiva imbarazzato come un ragazzino al suo primo appuntamento.
“Vuoi
che ti passi i vestiti?
Prometto che non sbircerò.”
Cosa
diavolo stava dicendo? Si stava
comportando come un’idiota.
All’inizio
sperò che Tali non avesse
sentito, poi un sospiro filtrò attraverso la porta:
“Sì
grazie. Se potessi passarmi la
sacca che c’è per terra te ne sarei infinitamente
grata.”
Shepard
prese la sacca, chiedendosi
cosa potesse contenere, e si appoggiò con la mano libera
allo stipite della
porta.
“Puoi
aprire, Tali.”
Tali
aprì la porta, trovando Eric
Shepard con gli occhi serrati, come aveva promesso e la sua sacca in
mano, che
le veniva gentilmente porta.
Dovette
controllarsi, per evitare che
il fuoco che ardeva nei suoi lombi e i tamburi nel suo sangue
prendessero il
sopravvento sulla sua ragione e saltasse addosso a Shepard.
Poi
notò qualcosa che azzerò la parte
razionale del suo io:
“Eric,
hai i capelli… bagnati?” Aveva
notato infatti delle gocce d’acqua nei capelli rossi,
tagliati a spazzola, del
comandante.
Ma se
significava quello che Tali
immaginava, allora…
Se il
Comandante sentì qualcosa di
strano nella voce di Tali non lo diede a vedere. Era preoccupata per
lui?
Tuttavia
se fossero rimasti troppo a
lungo in quella posizione, Tali correva il rischio di ammalarsi: decise
per la
versione corta.
“Già,
la missione è stata…
impegnativa e appena tornati ho sentito il bisogno di farmi una doccia.
Immaginando che tu fossi qui, ho usato quelle sul ponte
equipaggio…”
Avrebbe
continuato a parlare come uno
sciocco, raccontando di come i geth avevano installato una specie di
macchina
per il controllo del clima che aveva ridotto a zero la
visibilità sul pianeta e
di come, nonostante tutto, se la fossero cavata, ma Tali lo interruppe:
“Quindi
ti sei fatto una
decontaminazione e poi una doccia?”
Eric
cominciò a capire dove il discorso
stava andando a parare.
“Sono
più pulito che mai.” Rispose
Shepard.
“Eric,
apri gli occhi.”
A Eric
Shepard piacque molto quello
che vide.
Più
tardi, entrambi ammisero che
visionare i video che Mordin aveva messo a loro disposizione era stata
una buona,
ottima, idea.
Tali,
inoltre, scoprì che i diagrammi
sull’anatomia umana che aveva visionato erano…
riduttivi nei confronti delle
“doti” del suo Comandante.
Ma non
se ne lamentò di certo.
Anzi.
Vi
è piaciuto? Spero di sì.
Prima di
continuare, vorrei ribadire ancora una volta che questa è
una mia interpretazione possibile: se dovessi scommettere, punterei
contro di me.
In ME1
pensavo che sotto quel casco ci fosse una specie di rettili umanoidi,
ma essendoci già i Drell ho dovuto abbandonare
l’idea.
Dialogando
con Legione a bordo della Normandy, si apprendono diverse cose sui
Quarian: per esempio il sole di Rannoch è una stella
più vecchia del Sole, già passata da gialla ad
arancione.
Se Rannoch fosse distante quanto la
Terra dal suo Sole, questo vorrebbe dire che il pianeta è
più freddo. Questo concetto sembra confermato dalle parole
di Legione che definisce Rannoch più freddo e arido della
Terra.
Da questa
idea ho quindi elaborato i Quarian come una specie notturna (il che per
caso spiega anche il visore oscurato) e dotata degli accorgimenti
biologici per sopravvivere al freddo (ovvero il manto: in questo caso
però ho voluto anche essere originale, dato che per ora gli
esseri umani sono gli unici ad essere dotati di peluria).
Per quanto
riguarda i denti affilati e le macchie, penso che una specie notturna
sia prevalentemente carnivora (ha bisogno di più calorie) e
quindi abbia sviluppato un metodo di mimesi che ne favorisce la caccia.
Le orecchie
a punta: io stesso lo trovo poco credibile :(, però
è vero che ci sia molto spazio tra la testa dei Quarian e il
casco e non ho saputo fare di meglio, scusate.
Per le
tibie arcuate dei quarian: un’altra spiegazione altrettanto
valida è un pianeta a maggiore gravità, il che
spiegherebbe anche la statura minore dei quarian, vedete voi quale vi
piace di più.
Per la
presunta somiglianza con i megachirotteri, o pipistrelli giganti che
dir si voglia, mi sono basato su due elementi: il fatto che i Quarian
abbiano un sistema immunitario particolare (cosa che in parte si
riflette in alcuni pipistrelli, in cui il sistema immunitario si adatta
piuttosto che combattere un infezione), sia per la grande
varietà di specie vegetali su Rannoch (Tali sostiene che non
ci sono molti predatori): ho quindi immaginato una forma equivalente
nella fauna terrestre e la prima che mi è venuta in mente e
quella dei pipistrelli frugivori.
Per il
fatto che i Quarian abbiano un marsupio: sono convinto di averlo letto
da qualche parte, ma non riesco proprio a ricordarmi dove,
l’idea però mi piace.
Un'altra
versione possibile che mi era venuta in mente per
l’aspetto dei Quarian era un aspetto molto da insetti. Ma
questa la terrò per me ;).
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