Questa
shot ha partecipato allo 'Sweet's contest' indetto da Only_me su EFP
Forum, classificandosi prima.
Ed è dedicata proprio alla mia adorata sorella. **
Ti stimo e ti adoro, sappilo. <3
Profumo maledetto
L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedere ad
essa (O. Wilde)
Riempiva l'aria con quel suo odore pungente, la caricava di un aroma
che il detective più famoso del mondo raramente aveva
sentito
nella sua breve vita.
Un odore che L non avrebbe douvuto sentire per nessuna ragione al mondo.
Lui, con tutte la probabilità, non ne era consapevole, non
si
ricordava che cosa significasse. Ma il suo subconscio e la sua
memoria lo sapevano fin troppo bene.
E questo era un problema.
Un grossissimo problema.
Probabilmente se ne sarebbe pentito. Si sarebbe pentito di quel gesto
che stava per compiere.
Anzi, sicuramente lo avrebbe fatto, una volta ricordati tutti i minimi
particolari.
Era inevitabile.
Doveva resistere alla tentazione, la perenne tentazione di assaggiare
qualsiasi cosa di dolce gli capitasse sotto gli occhi.
Era un vizio che aveva da sempre.
Un vizio di cui non aveva memoria, talmente era antico.
Un vizio che forse gli ricordava qualcuno.
Ma gli doveva comunque resistere.
Inutile dirlo e pensarlo.
Era difficile mettere in atto quello che pensava, così
accantonò i pensieri tanto bastava per poter cedere.
Ma lui non doveva.
Ma era come dire al sole di non sorgere al mattino.
Era come dire al leone di non mangiare la gazzella.
Era come dire al cielo e al mare di non essere azzurri.
Quel maledetto profumo gli entrava nelle narici, si insinuava fino in
profondità, arrivando al cervello come un richiamo
irresistibile.
E L non sapeva resistere. Non era mai stato bravo in queste cose.
Quel dolce al cioccolato, adagiato sul tavolo, pareva un dio sceso in
terra per tentare gli uomini.
Sembrava urlare di mangiarlo, di gustarlo.
Ma L sapeva benissimo che non doveva farlo. Sapeva benissimo che
avrebbe commesso un terribile peccato di gola.
Ma tanto sapeva che sarebbe andato all'inferno lo stesso, con o senza
quella tentazione.
Una in più o una in meno non gli avrebbero di certo
sconvolto la vita.
Era inutile resistere.
Non ne valeva la pena.
Aveva già perso in partenza.
Lo osservò per un poco, come per vedere se se ne andasse
dalla sua vista, se sparisse, evitandogli un sacco di problemi.
Ma era ancora lì.
Era sempre lì.
Allora L fece un passo avanti.
Il primo passo verso una distruzione interiore.
Un altro.
Un secondo passo verso una distruzione interiore.
Un altro ancora.
Tre, quattro, cinque, sei, sette passi verso una distruzione interiore
sempre più vicina.
Era ormai in procinto di tagliare una fetta di torta: aveva
già il coltello in mano.
Si girò, scrutando dietro, a destra e a sinistra come per
scovare qualcuno che lo potesse incastrare.
Gli sembrava che qualcuno volesse coglierlo sul fatto per poi
rinfacciargli il suo gesto.
Ma non c'era nessuno,
fortunatamente.
La sua attenzione tornò su quel dolce sublime.
Un solo gesto secco e preciso.
Tagliò quella torta al cioccolato e si portò la
fetta alla labbra.
Ma prima di assaggiare quella pietanza che tanto lo attirava, ne
annusò la fragranza. Era dolce, invitante, calorosa.
Impossibile dire di no.
E, finalmente, commise l'ennesimo peccato di gola, addentando quel dio
sceso in terra sotto forma di dolce al cioccolato per tentare gli
uomini.
Ma quello fu un errore.
Un errore che non avrebbe mai dovuto commettere.
Un errore che riesumò dalla memoria ricordi ormai
cancellati, offuscati, per non poterli rivivere mai più.
Ma era stato inutile.
Quel dio era un dio del male, era un dio che portava discordia.
E questa volta era toccato ad L pagarne le conseguenze.
Era una mattina
soleggiata di
metà maggio, una di quelle mattine in cui è
piacevole
godersi il sole primaverile e dove l'aria profuma di fiori appena
sbocciati e pieni di vita.
Un bimbo all'incirca sui quattro anni giocava su una terrazza, cercando
di prendere al volo il polline che volava in cielo, ma senza riuscirci.
Correva a destra e a sinistra, rincorrendo quegli ammassi di polline
bianchissimo.
"Mamma, mamma, non riesco a prendere la neve!" gridava il bimbo,
arrabbiato.
"Tesoro, quella non è neve. Quello è polline."
rispose
una donna dai lunghi capelli neri, seduta du una sedia davanti ad un
tavolino bianco.
"Ma sembra neve! Guarda!" e indicò il cielo. "Sembra che
stia nevicando!" il bimbo era convinto della sua affermazione.
La donna rise. Una risata leggera, chiara. "Ma se provi a toccare uno
di quei fiocchi, ti accorgerai che non è freddo."
Il bimbo ricominciò a correre per tutta la terrazza,
cercando di acchiappare quei fiocchi che gli sembravano tanto neve.
La donna sorrise dolcemente alla vista di suo figlio che cercava di
comprendere i misteri della natura.
Poi si alzò d'un tratto dalla sua sedia bianca, come se si
fosse
appena ricordata una cosa di vitale importanza, ed entrò in
casa.
Ne uscì subito dopo con una fetta di torta al cioccolato che
emanava un profumo gradevolissimo e dolcissimo.
"Tesoro, vieni qui che ho una sorpresa per te!" disse, rivolta al
figlio che non era ancora riuscito a prendere un fiocco di polline.
"Arrivo..." rispose lui, leggermente arrabbiato perché non
era
riuscito nella sua impresa. Non era da lui una cosa del genere. "Che
cosa mi hai portato?" chiese curioso, avvicinandosi al tavolino e
alzandosi in punta di piedi per scrutare ciò che stava
facendo
la madre.
Lei sorrise.
"Torta al cioccolato."
"La mia preferita!" gridò il bambino tutto contento. "Grazie
mamma!".
Si voltò verso di lei e le sorrise, con un sorriso di
felicità immensa. In quel momento niente poteva renderlo
più felice.
Sua madre era solita preparare dei dolci sfiziosi, tanto che il bimbo
non ne poteva più fare a meno. Era diventato un vizio per
lui.
Ma quel vizio era dolce, e gli ricordava tanto sua madre.
Gli ricordava la sua persona che, indaffarata con gli ingrdienti
necessari, camminava velocemente per la cucina a destra e a sinistra,
controllando che tutto fosse perfetto per poter preparare il dolce del
giorno.
Il momento che lui preferiva, però, era quello dove la torta
cuoceva in forno, alzandosi piano piano e prendendo forma.
La madre gli diceva sempre che vedeva nascere la sua creazione e gli
chiedeva tutte le volte se avesse un bell'aspetto.
E ce l'aveva sempre avuto.
Sua madre sorrise a sua volta, vedendo che ci voleva davvero poco per
poter far felice un bambino.
"Dai, forza, mangia.".
E così fece.
Addentò quella torta e gli sembrò di volare verso
il paradiso.
Non aveva mai assaggiato niente di simile.
Era squisita.
Ne aveva assaggiati tanti, ma questa volta sua madre aveva davvero superato se stessa.
Quella torta aveva un qualcosa di magico nell'impasto, qualcosa che lo
rendeva felice e lo faceva stare bene.
Era tutto quello di cui aveva bisogno.
Avrebbe voluto vivere
sempre di quel gusto e di quel profumo...ma non era stato
così.
Perché, come tutte le cose belle, sono destinate a finire in
fretta.
L
ingoiò a fatica il primo boccone di quell'immensa torta.
Non riusciva a pensare, non riusciva a parlare.
Non riusciva a fare niente.
Quel ricordo gli era affiorato alla mente come un pesce che schizza
fuori dall'acqua cercando di scappare al suo predatore.
Pensava di averlo dimenticato per sempre, di averlo seppellito nei
meandri della sua mente.
Il ricordo di sua madre gli faceva male.
Era stata lei a fargli amare i dolci.
Lei che se n'era andata, lei che non c'era più stata.
Lei, quella persona in cui L richiudeva tutto.
Se ne era andata per sempre.
Aveva cercato per anni il profumo e l'odore di quella torta al
cioccolato, senza mai trovarlo.
Aveva cercato dappertutto, ma non aveva mai trovato nulla.
Aveva cominciato a mangiare tutti i dolci che gli potessero capitare
sotto mano, cercando, con quelli, di seppellire l'unico profumo legato
a sua madre.
E ci era riuscito, fino ad adesso.
Ora la sua mente ricordava perfettamente quell'episodio, anche se
avrebbe voluto non farlo.
Adesso che aveva trovato di nuovo quel profumo, probabilmente avrebbe
anche ritrovato sua madre.
L'idea gli piacque.
Ma cambiò subito opinione, quando riflettè sul
fatto che forse sua madre non lo avrebbe voluto rivedere.
Ci pensò ancora un attimo.
Nemmeno lui, in fondo al suo animo, voleva rivedere quella donna che
tanto gli aveva dato e tanto gli aveva tolto.
Non era ancora pronto a soffrire.
Non un'altra volta.
Non adesso.
Aveva aspettato tutti quegli anni, aspettare ancora un po' di tempo non
gli avrebbe di certo cambiato la vita.
Ora, la sua priorità assoluta, era risolvere il caso Kira.
E lo avrebbe risolto a qualsiasi costo.
Sua madre sarebbe venuta dopo la risoluzione del caso.
Così, L, prese quella torta e la scaraventò
giù dal tavolo.
L'impatto che ebbe con il pavimento di marmo fu violento, mandando in
mille pezzi il piatto di ceramica che teneva il dolce.
Pezzi di cioccolato erano sparsi per la stanza.
La osservò per qualche istante, e per un attimo, ci vide
riflsesso il volto ormai sbiadito e un poco dimenticato, di sua madre.
Rimase impietrito. Aveva la bocca asciutta e secca.
"Ci rivedremo, mamma." disse con voce impastata. E uscì
dalla stanza.
E questo, fu un altro grande errore nella vita di L.
Una donna dai lunghi capelli
neri è inginocchiata a terra, e, con la mano sinistra, regge
un fiore rosso.
Sta piangendo.
Piange la morte di una persona a lei cara che è da poco
scomparsa.
Una persona che non vedeva da anni.
La persona più importante della sua vita.
E l'aveva lasciata andare, così, semplicemente.
Nemmeno lei sapeva esattamente il motivo per cui l'aveva fatto. Ma
l'aveva fatto e basta.
Se n'era andata prima lei, e adesso era toccato a lui.
Per sempre.
Piangeva, ma non si rendeva conto che, piangere adesso non serviva a
niente.
Compiangere suo figlio, ora, era inutile.
Perché niente e nessuno gliel'avrebbe portato più
indietro.
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