Apri
gli Occhi
Margaret
era seduta su una sedia, il viso tra le mani e fissava intensamente la
porta davanti a lei.
Era in quella
posizione da quasi un’ora e sembrava non avere la minima
intenzione di smettere.
Continuava a pensare
a come fare, come riuscire a raccogliere le energie necessarie per fare
il passo successivo. Ma ogni volta che sembrava essere anche solo
vicina alla soluzione, tutto scivolava via da lei, ed era costretta a
ricominciare da capo.
Dei rumori
provenienti dalla cucina erano sinonimo di un’altra presenza
nella casa.
Infatti, dopo qualche
istante, la figura di Ethan fece la sua comparsa, con una tazza di
latte e cereali in mano. Ethan non era esattamente un uomo qualunque e
questo si poteva notare fin dal suo abbigliamento. Non era vestito in
modo classico. O meglio sì, lo era per la sua epoca, non per
quella di Margaret, non per il Ventesimo secolo. Sembrava appena uscito
da un libro di D’Artagnan: camicia bianca con le maniche a
sbuffo, pantaloni beige e stivali da moschettiere. E cosa
più importante, quello non era un vestito di Carnevale
- Ciao. - disse
passivo passandole dietro, diretto in camera sua, senza nemmeno
fermarsi.
Margaret rispose con
un lento e ritardatario gesto della mano, continuando a fissare la
porta davanti a lei.
Ma a quel punto, il
ragazzo, che fino a quel momento non aveva fatto caso a quella strana
posizione, ricomparve alle sue spalle con il cucchiaio in bocca ed
un’espressione decisamente perplessa sul volto.
I suoi occhi
fissarono prima la porta, poi Margaret, tutto questo per due volte
finché il suo sguardo non si concentrò sulla
soglia.
Si tolse il cucchiaio
dalla bocca e temendo di disturbare chissà quali pensieri,
sussurrò
- Che cosa stai
facendo? -
- Niente. Fisso. -
- E... E
perché proprio la porta? - le chiese perplesso.
La ragazza
piegò la testa verso destra, socchiudendo gli occhi, ma
continuando a tenere lo sguardo ben saldo davanti a sé
- Non ne sono
sicura… -
Ethan, si sedette per
terra accanto a lei, imitandola
- Beh, è
una bella porta… - constatò.
Margaret fece un
verso di assenso
- Ha un bel colore.
Bianco. E poi è di legno. -
Ethan ormai parlava
più che altro per riempire il silenzio tra di loro, ma
soprattutto cercava di scoprire perché la sua amica fosse
così presa da un semplice oggetto come quello
- Sì,
è proprio una bella porta. -
- Già. -
Margaret non era
esattamente molto collaborativa in quel momento e per quanto si
sforzasse, Ethan, non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare
perché una persona come
lei dovesse perdere il suo tempo a fissare una stupida
porta.
Improvvisamente parve
venirgli in mente qualcosa e si voltò verso di lei
- Ah, a proposito, il
libro come sta andando? Mi sembrava che l’ultima volta
fossimo a buon punto… -
Il grugnito di
disapprovazione dell’argomento di Margaret bastò e
avanzò a Ethan per capire che le cose non stavano andando
proprio per il verso giusto. Il ragazzo tornò a guardare
davanti a sé.
Chissà che
cosa era successo.
Eppure
all’inizio tutto andava alla perfezione; non
l’aveva mai vista così contenta e soddisfatta di
sé stessa, lei che di solito aveva l’autostima
sotto le scarpe.
Intanto, mentre
ognuno si perdeva nei propri pensieri, il silenzio calò
indisturbato tra di loro.
Sembrò
passare un’eternità prima che qualcuno parlasse di
nuovo
- Posso farti una
domanda? - chiese Ethan, in tono serio
- Spara. - rispose
Margaret senza guardarlo
- Perché
sei qui seduta nel mezzo della casa a fissare una semplice porta? -
- Perché
sto aspettando che si apra. -
Ethan si
voltò di scatto verso di lei, gli occhi fuori dalle orbite
- Da sola?! -
Margaret
annuì piano - Ebbene sì. -
Il ragazzo era a dir
poco sconvolto
- Ma..! Margaret,
è un porta,
- disse cominciando a gesticolare - è un oggetto, e gli
oggetti di solito
non si muovono da soli. - esclamò in tono ovvio.
Lei si
limitò a fare spallucce
- Mi vuoi dire che tu
sei rimasta qui, immobile tutto il giorno per questo?! -
- Bisogna soltanto
avere un po’ di pazienza. -
Ethan era rimasto a
bocca aperta, non poteva credere alle sue orecchie. Possibile che la
sua amica fosse impazzita tutta in una volta?
- Un po’ di
pazienza? Maragret, dovrai aspettare fino al…. -
cercò le parole giuste - … Giorno del Mai
perché si apra da sola!! -
Ma per la ragazza fu
come se lui non avesse detto niente.
Ethan rimase fermo in
silenzio per qualche secondo. Posò gli occhi per un istante
sulla sua amica. Il suo sguardo era assorto, concentrato ma allo stesso
tempo così tranquillo e speranzoso che non osò
più contraddirla
- Ma non sei curiosa
di sapere cosa c’è dentro? -
Margaret sorrise
lievemente
- Oh, sì.
-
A quel punto ad Ethan
bastò un istante. Si alzò, ripulendosi i pantaloni
- Beh, allora
perché non la apriamo e vediamo che c’è
dietro? - disse semplicemente dirigendosi verso la porta.
Poi accadde tutto in
un attimo.
Margaret
schizzò letteralmente verso di lui in preda al panico
- NO! -
gridò, disperata.
Ma non
arrivò in tempo.
Ethan aveva
già girato la maniglia e spinto la porta di qualche
centimetro in dentro.
La ragazza si
voltò di scatto, dandogli la schiena e coprendosi gli occhi
con le mani
- Cos’hai
fatto?! -
Ethan quasi si
spaventò per quella reazione improvvisamente isterica della
ragazza
- Tu volevi tanto
sapere che cosa c’era dentro e così ho pensato
di… -
- No!! Sei matto?!
Non si può! Assolutamente!! -
Maragret
cominciò a singhiozzare.
Ethan rimase immobile
ad osservarla, il voltò contratto dal dispiacere
- Non si possono fare
queste cose! Bisogna essere pazienti per vedere che cosa
c’è là dietro, aspettare il momento
giusto, essere pronti. Non si può mica farlo
così… a casaccio o perché è
rimasta l’ultima cosa da fare. Altrimenti si rischia di
rovinare tutto, di distruggere tutto quello che è stato
prima. Finisce che fai un pasticcio! E io non voglio combinare un
pasticcio. Devi essere pronto per affrontare ciò che sta al
di là di questa porta, dev’essere il momento
perfetto, il tuo
momento. E questo non è il mio. Io… io non sono
pronta. Ethan? Hai capito? Ethan? -
Ma il ragazzo ormai
non la ascoltava più. Era stato attirato dentro la stanza da
quella luce così accogliente ed invitante a cui non aveva
saputo resistere
- È
bellissimo… - sussurrò a bocca aperta.
Margaret si
voltò leggermente, il viso ancora nascosto tra le mani
- Ethan? -
chiamò timidamente. I singhiozzi ormai si erano placati ma
la paura rimaneva ancora, paura di sbagliare, di non essere
all’altezza
- Maggie…
-
Il giovane
spalancò la porta e le fece segno di entrare, mentre
continuava ad osservare affascinato tutto ciò che gli stava
intorno
- Vieni
avanti… -
La giovane scosse il
capo - Non posso, non posso… -
- Sì che
puoi. - le sorrise, tendendole la mano - Coraggio. Lo sai che
ti puoi fidare di me… -
Margaret prese un bel
respiro e sempre ad occhi chiusi cercò a tentoni la mano di
Ethan, la afferrò e si fece dolcemente trascinare dentro
- Non avere paura. -
disse piano il ragazzo - Apri gli occhi… -
sussurrò al suo orecchio.
E Margaret lo fece.
Aprì gli
occhi.
Ed in quel momento le
lacrime tornarono a pungerle gli occhi.
Il suo cuore avrebbe
potuto scoppiare dalla gioia.
In mezzo a quella
luce che faceva brillare la stanza, tutto intorno a lei, immagini in
movimento di personaggi che conosceva a menadito, parole e musiche
ascoltate mille volte nella su testa. Discorsi, gesti, ambienti, vite,
tutto scorreva sotto i suoi occhi.
Si portò
le mani alla bocca per non piangere di nuovo
- Ethan… -
riuscì a malapena a mormorare - Il tuo futuro… -
- La tua
creazione… - le sussurrò lui, mettendole una mano
sulla spalla.
Nessuno dei due
riusciva a smettere di guardarsi intorno e nessuno aveva la minima
intenzione di uscire da lì. Era come se il mondo al di fuori
di quella stanza, per loro, non esistesse più.
Impotente di fronte a
tutto quello che era lì davanti a lei, Margaret si fece
cullare da quella nebbiolina gialla che la circondava; intorno a lei un
vortice di luce rosa la faceva sentire protetta, al sicuro, finalmente
a casa.
Avrebbe potuto
rimaner lì per sempre.
Margaret si
svegliò di scatto nel suo letto.
Si guardò
intorno ansiosa, accese la luce e si sedette alla scrivania.
Adesso sapeva come
sarebbe andato a finire il suo romanzo.
Fine
Ci sarebbero molte
cose da dire a proposito di questo racconto, ma l’unica che
mi sento di ricordare è di lasciare un commentino se vi
è piaciuta. E se no una critica costruttiva non
può fare male a nessuno no?
Rowena
Ollivander
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