l'incidente

di Mapiamica
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UNA VISITA INASPETTATA Capitolo I La luce del giorno filtrava tra le tende di broccato beige. Era una giornata plumbea, triste. Come lui. Da giorni ormai non faceva che piovere, come se volesse condividere il suo dolore, la sua disperazione. Il ragazzo sentì bussare alla porta e trattenne un gesto di stizza, di fastidio. Non voleva vedere nessuno, neanche sua madre che pur gli restava vicina e cercava di confortarlo come poteva. Ma non c’era niente e nessuno che potesse scuoterlo da quello stato di profonda prostrazione in cui si trovava da quando era successo l’incidente a teatro. Non c’era giorno, ora, minuto che non ricordasse tutto. Il dolore lancinante alle gambe quando gli era piombato addosso il riflettore; la corsa all’ospedale più vicino; le parole dei medici, che continuavano a dire che era un miracolo che non si fosse rotto la spina dorsale e che non si spiegavano quell’impossibilità a muovere le gambe, a camminare, dopo avergli tolto i gessi alle gambe rotte. All’inizio si pensava allo shock emotivo ma più passavano i giorni e più lui perdeva le speranze. Dopo qualche settimana l’avevano dimesso e, anche se con titubanza, aveva accettato l’invito a trasferirsi a casa della madre. - Caro, sono io – gli annunciò la madre, aprendo la porta. - Cosa c’è mamma? – chiese, quasi scocciato. Per quanto le volesse un bene immenso non sopportava quell’aria preoccupata e tesa che lei aveva, né le premure che gli faceva. - C’è una persona che vuole vederti – gli disse. - Se è Susanna o qualche giornalista… - - No, nessuno di loro – lo rassicurò lei. Per un attimo la sua mente corse a lei. Non passava giorno che non la pensasse. Pensava ad ogni attimo che avevano condiviso, alla sua voce allegra, alla sua risata cristallina e pura come l’acqua di un ruscello, ai suoi bronci repentini e fugaci quando la prendeva in giro per le sue lentiggini… La voce della madre lo distolse dai suoi pensieri. - Terence, mi senti? – gli chiese ansiosa. - Sì, sì… chi è che vuole vedermi? – fece lui curioso.. - Ciao Terence, sono io – lo salutò una voce a lui famigliare. Si girò di scatto e lo vide.




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