CAPITOLO
1
Il
corno di graphorn
Edmund
cominciò a tormentare un buco dei pantaloni della divisa
scolastica con aria nervosa. Mairead aveva promesso di venire a
prenderlo alle nove di quello stesso giorno, ma l'orario
dell'appuntamento era già passato da un pezzo e della sua
amica non si vedeva nemmeno l'ombra. E se non fosse venuta?
Lui
non aveva la più pallida idea di come raggiungere il Palazzo
del Ministero della Magia. Eppure alle dieci in punto ci sarebbe
stata la cerimonia per la consegna dell'Encomio della Repubblica e
lui doveva essere presente. Era stato costretto ad indossare la
divisa del Trinity, anche se le maniche cominciavano a diventargli
corte, perché non aveva altri vestiti, ad esclusione dei
pantaloni e della giacca grigia dell'orfanotrofio, ma quelli erano
abiti da Babbani.
«Ma
come diavolo ti sei conciato?» gli domandò Shannon, nel
vederlo con la divisa verde dei Raloi.
«Non
sono affari tuoi» gli rispose con acidità Edmund.
Già
la sua divisa non era messa al meglio, visto che era stato costretto
a comprarla di seconda mano ormai più di due anni fa, se poi
ci si metteva anche Shannon con il suo sarcasmo, Edmund avrebbe anche
potuto fargli saltare la testa con qualche incantesimo. Per di più,
anche se aveva la prospettiva di passare il resto dell'estate a casa
di Mairead, non aveva affatto voglia di rivedere McPride. Gli metteva
i brividi quell'uomo.
«Mi
fai pena» lo provocò ancora Shannon.
Ma
perché caspita non lo lasciava in pace?
Edmund
non rispose alla provocazione, ma invece cercò di concentrarsi
su un passerotto che saltellava tranquillo in giardino.
«Se
stai cercando di metterti elegante per quegli strambi dei tuoi amici,
puoi anche evitare, tanto non verrà nessuno a prenderti.
Fallito» continuò Shannon, con il preciso intento di
provocare una sua reazione.
L'uccellino,
fissa l'uccellino. si disse mentalmente Edmund, assumendo
un'espressione vacua dovuta alla fissità dello sguardo.
Ma
Shannon non demordette. «Allora, non rispondi? Eh, codardo?»
Codardo.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lui non era un codardo.
Edmund
estrasse di tasca la bacchetta magica e gliela puntò contro.
Aveva le narici dilatate per la rabbia e ansimava.
Shannon
guardò con aria derisoria il bastoncino di legno e poi
sghignazzò divertito. «Andiamo, Strambo, dovrei aver
paura?»
«Sì,
Shannon. Dovresti averne» rispose Edmund fissandolo dritto
negli occhi. C'era qualcosa di malvagio nel suo sguardo, qualcosa di
malvagio e selvaggio.
E,
sì, Shannon ebbe paura.
«Edmund!»
Il
suo nome pronunciato in tono di rimprovero da quella voce lo riportò
alla realtà.
Il
ragazzo abbassò la bacchetta e tornò improvvisamente
calmo. Che diavolo gli era saltato in mente? Cosa pensava, voleva
farsi espellere dal Trinity per un idiota come Shannon?
«Mairead»
sussurrò flebilmente, voltandosi verso la sua amica. Per un
attimo la ragazza fece la sostenuta, accusandolo con sguardo di
rimprovero, ma la messa in scena non durò a lungo. Pochi
secondi dopo gli aveva già gettato le braccia al collo. «Ed,
mi sei mancato!»
«Anche
tu...» bofonchiò il ragazzino, stritolato dall'abbraccio
dell'amica. Quando finalmente Mairead si staccò da lui, Edmund
notò che indossava un vestitino colorato che gli ricordava
molto quelli della danza tradizionale irlandese. Era stano vedere la
sua amica curata nel vestire e pettinata in modo elegante, visto che
di solito non si preoccupava troppo del suo aspetto. Doveva essere
tutto programmato per la cerimonia dell'Encomio. Solo quando si
accorse che stava fissando Mairead da troppo tempo, Edmund distolse
lo sguardo da lei e vide Reammon che gli sorrideva con giovialità.
La
scena che si presentò ai suoi occhi non poteva essere più
diversa di quella dell'anno scorso, quando Laughlin e suo padre erano
venuti a prenderlo: Eoin Maleficium era un signore distinto e
rispettabile, Reammon Boenisolius, per quanto quel giorno fosse
vestito in modo elegante per la cerimonia che si sarebbe svolta di lì
a poco, non perdeva mai quella sua espressione da archeologo pazzo.
Aveva i capelli spettinati, gli occhi sempre sorridenti e luminosi,
l'aria eccitata di chi ha appena scoperto qualcosa di sensazionale.
«Sarà
fantastico averti a casa nostra, Edmund!» gli disse, nello
stringergli la mano con un sorriso.
L'arrivo
della direttrice dell'orfanotrofio, che li squadrò con aria
truce, non smorzò il suo entusiasmo. «Oh, lei è
la direttrice? Piacere di conoscerla, sono il signor Boenisolius, il
padre di un'amica di Edmund. Siamo venuti a prenderlo» si
presentò, stingendo la mano anche alla donna.
«Burke
non se ne va da nessuna parte. Sta arrivando l'assistente sociale»
gli rispose la direttrice, stringendo la mano di Reammon con poca
convinzione.
«Chi
viene?» sussurrò Mairead all'orecchio di Edmund.
Il
ragazzino si incupì quando vide una donna secca e dalla faccia
acida ferma davanti al cancello di ingresso: la signorina Quinn, la
sua assistente sociale. Dire che quella donna lo odiava era qualcosa
di riduttivo: da anni che lo aveva in cura, non era mai riuscita a
trovargli una famiglia di affidamento che non lo ricacciasse
all'orfanotrofio dopo meno di due settimane. Ma non era colpa sua se
faceva volare gli oggetti o parlava con i serpenti. Da quando aveva
cominciato a frequentare il Trinity, non passava giorno che non si
impicciasse nei suoi affari: voleva sapere come andava a scuola, cosa
studiava, cosa faceva nel tempo libero, dove si trovava l'edificio
scolastico, perché la contea non le permetteva di vedere la
struttura, chi erano i suoi insegnanti, come si era guadagnato
l'ammissione a quel prestigioso college. Insomma, una scocciatura.
Edmund era convinto che il Dipartimento per l'Istruzione Magica le
avesse fatto una bella fattura, ma la donna non demordeva nel suo
intento di voler scoprire ogni segreto del Trinity College.
La
signorina Quinn attraversò il cortile a passo di marcia,
scoccò un'occhiata di sufficienza a Reammon, poi si voltò
verso la direttrice. «Che cosa sta succedendo?» chiese,
cominciando a battere il piede a terra.
Reammon
tese la sua mano verso di lei e spiegò daccapo la situazione.
La
Quinn non si degnò nemmeno di stringerla. «Senta, signor
Bonissolis, lei non può venire qui e portarsi via uno dei
ragazzi per un mese intero. La contea non lo permette».
Il
sorriso di Reammon si impietrì per un istante. Solo per un
istante, però. Subito dopo il suo volto si illuminò,
come se improvvisamente si fosse ricordato una cosa. «Ah! Lei è
la Babbana che sta dietro a Edmund, vero?» esclamò tutto
d'un tratto, nuovamente euforico, più di un bambino goloso che
ha trovato un sacchetto di caramelle abbandonato. La Quinn gli
rivolse uno sguardo di scioccata sufficienza, ma non ebbe il tempo di
commentare nulla, perché Reammon continuò: «Ho
una cosa per lei!»
A
quelle parole cominciò a frugarsi in tasca, con aria
corrucciata. Tutti pendevano dalle sue labbra, aspettandosi una
qualche rivelazione, ma Reammon sollevò l'indice al cielo,
come per chiedere il permesso di parlare. «Ce l'ho... sono
sicuro che ce l'ho. Ora lo trovo» esclamò con sicurezza.
La
signorina Quinn stava cominciando a spazientirsi per quella messa in
scena.
«È
solo che c'è un po' di disordine... magari... le dispiace?»
continuò Reammon, estraendo di tasca un quadro di un
paesaggio, con tanto di cornice dorata, e ponendolo tra le braccia di
un'esterrefatta direttrice.
Quel
coso non poteva starci in una normale tasca!
«Anche
questo» disse Reammon, appoggiando sopra il quadro un enorme
corno di chissà quale animale. Stava per tornare a frugare in
tasca, quando, vedendo lo sguardo allibito della signorina Quinn, si
affrettò a spiegare: «Oh, ma non l'abbiamo ucciso noi!
Il graphorn era già morto quando l'abbiamo trovato nella
Foresta Nera, vero Mairead? Uno dei due corni era irreparabilmente
danneggiato, ma questo... santo folletto! È in perfette
condizioni! Sono così difficili da recuperare».
«Papà»
lo richiamò Mairead in tono di rimprovero. Non era certa che a
quella Babbana acida interessasse qualcosa delle creature fantastiche
che popolavano l'Europa centrale o che fosse anche solo minimamente
incuriosita dalle loro avventure archeologiche.
Reammon
interruppe il racconto e continuò a frugare nella tasca prima
che la signorina Quinn potesse commentare in qualche modo la cosa.
«Eccolo!» esclamò entusiasta Reammon, cercando di
lisciare le pieghe di un foglio tutto stropicciato. «È
l'autorizzazione» spiegò soddisfatto, mostrandolo
all'assistente sociale.
Edmund
sbirciò il foglio, chiedendosi che cosa potesse esserci
scritto, ma rimase parecchio scioccato quando vide che era
completamente bianco. Si voltò verso Mairead con sguardo
interrogativo, al che la ragazza fu costretta a spiegare: «È
un paipear ban, un foglio in cui puoi far credere ad un
Babbano che ci sia scritto tutto quello che vuoi. Vengono rilasciati
dal Dipartimento dei Rapporti con i Babbani per occasioni come
queste. Ci siamo fatti tre ore di coda allo sportello ieri, per
ottenerne uno. La strega impiegata era davvero un'incapace! Non
riusciva a capire questa cosa dell'assistente sociale. E sì
che dovrebbero prenderli esperti in Babbanologia!»
Edmund
non riuscì ad evitare di sorridere, al pensiero di Reammon
Boenisolius che spiegava ad una strega dall'aria annoiata il motivo
per cui aveva bisogno di un paipear ban.
Comunque
la cosa sembrò funzionare. La signorina Quinn lo osservò
a lungo con attenzione, ma non riuscendo a trovarvi nessuna pecca (e
come avrebbe potuto, d'altronde?), lo infilò in una
cartelletta con numerosi altri documenti.
Reammon
rimase immobile con il braccio alzato e la bocca aperta, come per
voler dire qualcosa. «Mi... mi potrebbe ridare il foglio?»
domandò alla fine.
La
donna strabuzzò gli occhi. «Assolutamente no» gli
rispose in tono categorico.
Edmund
era certo che non si potesse lasciare in giro un manufatto magico del
genere, ma Reammon non ebbe il cuore di contraddire l'assistente
sociale.
Finalmente
la signorina Quinn si voltò verso Edmund. Lo osservò
con sguardo arcigno per parecchi secondi, infine si decise a parlare:
«A quanto pare, Burke, è tutto in regola. Sei libero di
andare».
Edmund
non riuscì a trattenere un sorriso smagliate. «Grazie,
signorina Quinn. Alla prossima estate» disse in tono
entusiasta, poi corse nel dormitorio a recuperare il proprio baule.
Dando un'ultima occhiata alla vecchia stanza dalle pareti grigie che
non avrebbe rivisto per parecchi mesi, si chiuse la porta alle
spalle, pronto a passare un'estate che si sarebbe rivelata
indimenticabile.
Ecco
qui il primo capitolo della nuova storia della saga del Trinity
College! È un po' come ritrovare dei vecchi amici, pubblicare
nuovamente le avventure di Mairead, Edmund e Laughlin. Spero che vi
sia piaciuto!
Teoricamente
dovrei aggiornare un capitolo ogni sabato, in modo da essere un po'
più regolare.
Ben
ritrovati ai vecchi e benvenuti ai nuovi!
A
presto!
EDIT:
comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei
dialoghi! QUI, intanto, il caro Reammon con il corno di graphorn (qui
la scheda sull'animale), la direttrice e la signorina Quinn.
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