Happy Birthday, mr. Bad Guy
« I nostri album
tenderebbero ad essere una collezione di canzoni, perché le scriviamo tutte nel
gruppo, tutti insieme.»
John Richard Deacon
Poggiò
la piantina vicino al portoncino verniciato di verde, ormai scrostato e
ricoperto di inchiostro indelebile e post-it di mille colori, per poi rialzarsi
e stringersi nel cappotto scuro.
Londra
sembrava assopita in quella mattinata d’inizio settembre, avvolta da una
nebbiolina leggera ma decisamente depressiva.
Solo
quell’inferriata non era anonima come
tutte le altre, così variopinta, così fiorita, così viva.
No,
ok, forse viva non era proprio l’aggettivo
più indicato; vabbé, meglio lasciar perdere.
E
comunque non sarebbe mai potuta essere una casa come tutte le altre, il numero
1 di Logan Place non poteva, non poteva essere una
casa anonima, non poteva.
Sorrise.
Non c’era più ma era come se fosse ancora presente, negli occhi scintillanti di
quelle persone che posavano rose a tutto spiano, negli altoparlanti dei
telefonini d’ultima generazione che sparavano senza sosta le note di No One But You o di In My Defence o ancora di These Are The Days Of Our Lives, negli indelebili
che scorrevano veloci alla ricerca dei pochi spazietti
rimasti ancora inviolati.
Si
voltò e fece per andarsene, quando si scontrò con qualcuno.
-Mi
scusi, mi scusi! Non l’ho fatto apposta, lo giuro!-
La
vocina tenera gli fece abbassare il capo e incontrare lo sguardo limpido di una
bimba dall’età indefinita, che forse si aggirava intorno ai dieci anni.
-Non
fa nulla, nessun problema.- le sorrise -Come ti chiami?-
-Emma, e Lei?-
-Oh,
questo non ha molta importanza, Emma ma, vedi?, questo,- si fermò ad indicare il brulichio di persone che li
circondava –questo ne ha molta di più.-
La
bimba seguì rapita quelle parole, con la bocca spalancata.
-E
per te, Emma? Che importanza ha, tutto questo? E Lui, che importanza ha?-
Emma
sembrò quasi pensarci su un po’, prima di aprir bocca, ma poi scosse le spalle
e decise di dirgli quel che sentiva veramente, di non badare al fatto se la
risposta potesse essere sensata o meno.
-Credo
sia importante, ma credo anche che l’importanza che diamo a un qualcosa o ad un
qualcuno cambi da persona a persona.-
La
figura si tirò ancor più su la sciarpa, quasi in cerca di protezione.
-Saggia
risposta. E, dimmi, qual è la tua canzone preferita?-
-Non
ce n’è una in particolare. Mi piacciono tutti gli album, li vedo come un
qualcosa che non si può separare, non so se mi spiego.-
Seguì
un momento di silenzio, interrotto nuovamente dalla bimba.
-Sono
tutte delle splendide canzoni, erano
una splendida famiglia.-
Gli
sorrise.
La figura
incappucciata si chinò per abbracciarla, salvo staccarsi quando sentì una voce
matura, da donna, chiamarla.
-Il
vasetto in terracotta… Guarda il vasetto in
terracotta.- le bisbigliò nell’orecchio, per poi andarsene di soppiatto, com’era
arrivato.
-Emma! Si può sapere
dove diavolo t’eri cacciata? Quante volte ti ho detto che mi devi stare... uh?-
La donna
venne interrotta dal biglietto che la figlia, accovacciata davanti a una fresia, le aveva praticamente
appiccicato davanti agli occhi.
Una
calligrafia piuttosto frettolosa ma tutto sommato ben curata recitava così:
19
anni. Ebbene sì, sono già passati 19 anni dall’ultima torta che hai tagliato,
dalle ultime candeline che hai spento, dagli ultimi regali che hai scartato.
E sembra
ieri.
E 19 anni
sono passati da quando ho iniziato a girare di nascosto per non farmi
riconoscere.
E anche
questo sembra ieri.
Sembra di
ieri la mia decisione, sembra di ieri lo stadio di Wembley
straripante di gente che inneggiano all’immortalità
della Regina, sembra di ieri il
nostro primo incontro.
E ogni
giorno ti sento al mio fianco, ti sento alla radio, ti sento in ogni quadro che
vedo appeso, ti sento in ogni pesce del parco che, puntualmente, scambio per
una carpa giapponese, ti sento in ogni dove.
Manchi,
amico mio.
Manchi a
tutti e, soprattutto, manchi a me.
E ,ogni
giorno che passa, mi ripeto: -la mia guida non c’è più da vent’anni, ma è come
se fosse ieri.-
There's
an empty feeling that you can't forget;
reaching
out, reaching out for a
helping
hand:
where
is that helping hand?
Buon compleanno, Freddie.
Per
me resterai sempre l’adorabile ragazzaccio cattivo.
John
La
donna alzò lo sguardo incredula ma, prima che potesse fare una misera domanda,
la figlia l’anticipò:
-Me l’ha
detto quel signore di leggerlo. Era qui, era qui con me.-
La
donna l’abbracciò, accarezzandole i capelli.
-E
non era solo.- la piccola Emma sorrise tra le braccia della madre, facendo un
occhiolino carico di intesa all’uomo con i baffi che le stava rivolgendo lo stesso
gesto, tutto ammiccante nella sua giacchetta gialla.
Angolo autrice:
Ok,
non so cos’abbia partorito il mio cervello o.o
Ma, d’altronde,
quando si scrive qualcosa in poco più di dieci minuti, i risultati possono
essere non proprio soddisfacenti u___ù
Volevo
scrivere qualcosa per il compleanno del mio adorato Freddie
<3 ed è uscita questa cosa, un po’ così : )
Tra l’altro
oggi è esattamente un anno che sono iscritta ad EFP e questo è un piccolo
regalo anche a me stessa, mettiamola così : )
La
scelta del nome Emma non è affatto
casuale: vi dice niente la bimbetta che John incrocia a Budapest? : ) Andate qui se non ve la
ricordate.
I
versi della canzone che John cita nel biglietto d’auguri vengono da Who Needs You, contenuta nell’album News Of The World e scritta per l’appunto
dal nostro Deaks: mi è sembrato giusto citare un
brano poco usato, ma dai versi comunque significativi.
Bon,
mi pare di aver finito C:
Buon
compleanno, Freddie.
I still love you. <3
Dazed;