Eccomi tornata!!! Nuova ff! Spero davvero che possa avere lo stesso successo che hanno avuto After e My Destiny. Aspetto con ansia i
vostri commenti!!!
Bacioni al prossimo capitolo! (Che sarà lunedì!).
Amalia.
Titolo: Eternità
Raiting: Verde
Genere: Fantasy - Drammatico
Personaggio scelto: Bree
Avvertimenti: Waht if?
Capitolo
1
Correvo
a più non posso verso casa, dovevo chiedere aiuto a qualcuno, avevo una
bruttissima sensazione.
Diego
mi aveva rassicurata, secondo lui Riley era un amico e
avrebbe capito ma io non la pensavo come lui, per niente.
Per
quanto potesse credere in quell’essere, restava sempre un burattino nelle mani
della creatrice e non avrebbe accettato che io e lui, fossimo
venuti a conoscenza di una delle loro bugie.
Il
sole non poteva ferirci.
Chissà
quante altre ce ne avevano raccontante, sarebbe stato inevitabile scoprire
tutte le altre…
Il
problema era; ora di chi mi potevo fidare?
Eravamo
sì ventuno ma non ce n’era uno, al di fuori di noi due, che ricordasse almeno
lontanamente dei sentimenti umani.
Erano
tutti animali addestrati alla lotta, senza pietà, senza un proprio pensiero,
ubbidivano come cani in gabbia, mangiavano quando lo diceva Riley, uscivano e
rientravano quando lo stabiliva lui.
Accelerai
il passo, la paura mi attanagliava lo stomaco ed una
serie di scene differenti si crearono nella mia testa.
E
tutte, prevedevano la morte di Diego, il ragazzo che avevo imparato ad amare in
così poco tempo.
Quando arrivai nei pressi della casa, non rallentai né mi
fermai a pensare ad una buona scusa per riuscire dalla
stanza nella quale eravamo confinati.
Il coprifuoco era vicino, il sole iniziava a sorgere da
dietro le nubi della notte, quello era il momento in cui, obbedienti, dovevamo
rientrare.
Spalancai la porta con così tanta violenza, che si voltarono tutti verso di me, chi ringhiando, chi pronto ad
attaccare, li avevo colti di sorpresa e spaventati.
Non badai a loro e feci scorrere il mio sguardo lungo la
stanza, fino a quando non incrociai la figura sfocata di Fred.
Teneva alto il suo potere ed io, lottando contro il senso di
nausea mi avvicinai a lui.
Quando fui nel suo raggio, seppi che nessuno poteva vedere
quello che stavo facendo, la repulsione che emanava era tale d’aver messo alla
prova anche me, che ero abituata alla sua vicinanza.
«Fred, devi aiutarmi». Bisbigliai molto piano e velocemente.
Incrociò le braccia al petto e fece un piccolo segno
d’assenso con la testa, invitandomi a continuare.
«Io e Diego abbiamo scoperto una cosa
e lui ora, la vuole raccontare a Riley. So che lo porterà dalla creatrice ma
non mi fido… Ho una brutta sensazione». Continuai concitata.
Non rispose subito, aggrottò la fronte soppesando le mie
parole.
«Che cosa avete scoperto?». Domandò serio.
Certo, era comprensibile che volesse saperlo ma io non avevo
tempo da perdere.
«Possiamo esporci tranquillamente
alla luce del sole. Non ci succede assolutamente nulla… Brilliamo ma non
rischiamo la vita». Fui breve, i dettagli, se ce ne fosse stato il tempo, li avrebbe avuti più tardi.
Lo vidi sbarrare gli occhi, come stupito e per la prima
volta, incrociai il suo sguardo; mi fissava intensamente senza proferire
parola.
«E’ un suicidio Bree. Se fosse vero
che Riley ha cattive intenzioni, ci ucciderà tutti e
tre».
Scossi la testa, avevo pensato anche a questo.
«Con il tuo potere non riusciranno ad avvicinarci, non
voglio combattere, solo portare via Diego. Li
coglieremo di sorpresa». Spiegai, sperando che si
convincesse almeno metà di quanto lo ero io.
«Ti prego… Non posso perderlo…». Aggiunsi implorante,
vedendo che non rispondeva.
Sentivo gli occhi pungere, era una strana sensazione, volevo
piangere ma non ci riuscivo, era terribilmente frustrante non poter sfogare il
dolore attraverso un gesto così semplice come il pianto.
La sua espressione non mutò mentre la mia, si fece dura. Se
non fosse venuto con me, ci sarei andata da sola, non m’interessava quanto
fosse pericoloso, Diego l’avrebbe fatto per me.
«Non combatteremo, ci limiteremo a
tirarlo fuori di lì. Avevo già intenzione di fuggire, ma volevo farlo senza
attirare l’attenzione…». Disse all’improvviso, alzandosi dal divano.
Chiusi gli occhi, sollevata dalle sue parole, ero sicura che
con lui ce l’avremmo fatta.
«Stammi vicina… Anche se tra poco sarà impossibile farlo».
Mi misi dietro di lui e deglutii la prima ondata di disgusto
che mi arrivò addosso, era terrificante il gusto; sapeva di marcio ed una strana sensazione ferrosa si posò sulla mia lingua.
Sentii chiaramente le imprecazioni di disgusto nei suoi confronti,
ma almeno nessuno si sarebbe accorto di noi, non osavano poggiare lo sguardo in
direzione di Fred.
Per fortuna io non sentivo più nulla, mi trovavo dentro il suo raggio e questo
fu un grosso sollievo.
Quando fummo all’aperto, sentii una nuova ondata di speranza
invadermi, entrò nei muscoli delle mie gambe amplificandone le falcate, nei
miei occhi rendendo più acuta la mia vista e nelle mie orecchie, permettendomi
di scorgere anche il più flebile ed insignificante
rumore.
Iniziai a correre, senza dare spiegazioni, stavo percorrendo
al contrario la strada fatta poco prima, spingevo il mio corpo al massimo,
tendevo i miei nervi, tanto d’aver quasi timore di spezzarli, ma non pensavo
fosse possibile.
«Non sarà facile». Fred mi affiancò, sentivo i suoi occhi
addosso, ma non mi voltai a guardarlo.
«Non ho mai detto che lo sarebbe stato…». Risposi gelida,
prima di superarlo un’altra volta.
Eravamo vicini, potevo già sentire la scia di Diego e di
Riley.
«Ahhhhhh!». Sbarrai gli occhi, impietrita.
Quella era la voce di Diego. Che cosa gli stavano facendo?
Ringhiai e tutto attorno a me vidi rosso, per la prima volta
da quando ero stata trasformata, mi sentivo un essere spietato ed assetato di sangue, senza traccia di umanità, il mio
unico desiderio era frantumare le ossa di chi lo stava torturando, ero un vampiro.
«No Bree!». Urlò Fred quando mi vide balzare su un ramo, per
piombare sulla casa, sfondando il tetto.
«Hai indagato troppo…
Hai scoperto troppo… Non vorrai davvero pretendere che ti lasci vivere vero?».
Una voce odiosa, squillante e fastidiosa si sollevò
nell’aria, arrivando alle mie orecchie.
«Limitati a sprigionare il tuo potere… Tutto il tuo potere».
Non aspettai la sua risposta, mi fiondai giù dall’albero e
con i piedi colpii le tegole del tetto che si sbriciolò sotto la mia forza.
Caddi all’interno di una piccola stanza, fatta completamente
di legno, parandomi davanti al corpo dell’uomo che amavo e scoprii i denti,
ringhiando minacciosa.
Finalmente vedevo in faccia l’artefice di tutte le nostre
pene. I capelli rossi come il fuoco, lo sguardo spietato, il corpo magro ed agile, ma non le avrei permesso di fare ancora del male a
Diego.
«Bree?». Domandò stupito Riley.
«No Bree... Vai via…». Sussurrò, colui che stavo cercando di salvare.
«Piccola sfrontata... Morirai assieme a lui se è questo che
desideri». La creatrice parlò, rivolgendomi un sorriso pieno d’astio e
risentimento.
In quel preciso istante, Fred piombò davanti a me, lasciando
fluire tutto il potere che aveva in corpo.
Vidi i nostri carnefici arretrare schifati e voltare la
testa dalla parte opposta. Il mio amico arretrò, senza voltare loro le spalle e
si caricò il corpo di Diego in spalla, solo allora potei voltare la testa nella
sua direzione e con orrore, scoprii che gli mancava il braccio destro,
abbandonato accanto a lui.
Raccolsi il suo arto, prima di saltare in contemporanea con
Fred fuori dalla casa, ed iniziando a correre verso la
città.
«Stammi vicina, non ho abbassato lo scudo». Mi avvisò,
lanciandomi un’occhiata di sbieco.
Mi misi alle sue spalle, prendendo la mano di Diego tra le
mie.
«Andrà tutto bene, vedrai». Bisbigliai a pochi centimetri
dal suo viso.
Sorrise debolmente, posando un bacio sul dorso della mano
che stringeva. «Sei una pazza». Scherzò, guardandomi negli occhi.
«Non sforzarti». Risposi sorridendo a mia volta.
Per tutto il resto del tragitto, non fiatammo. Il sole
oramai era alto in cielo e stavamo per arrivare a Seattle.
Un raggio sfiorò la pelle di Fred che inevitabilmente,
sobbalzò, fermando la sua corsa ed osservando rapito i
mille colori dell’arcobaleno che il suo corpo emanava.
«Te l’avevo detto». Sussurrai.
«Sì ma… Vederlo è tutt’altra cosa». Rispose, posando il
corpo dell’amico sul terriccio e sfiorandosi la pelle.
Aiutai Diego a poggiarsi su un tronco alle sue spalle e
posai il braccio strappato dietro la corteccia.
Non gli parlai, mi tolsi il golfino nero e
né ricavai una striscia di stoffa spessa, avvolgendola attorno a ciò che
restava del braccio… Non sapevo cos’altro fare per aiutarlo.
Mi fissava dolcemente, sorridendo di fronte ai miei gesti
delicati. Posò una mano sulla mia guancia, sollevandomi leggermente il viso.
«Grazie». Bisbigliò, sfiorandomi le labbra con le sue.
Chiusi gli occhi, godendomi a pieno quel contatto, ogni
volta erano emozioni nuove, capaci di scombussolare tutto il mio essere.
«Dobbiamo restare qui. Non possiamo
farci vedere in città, non fino a che il sole non sarà
calato». Fred c’interruppe, avvicinandosi.
«Grazie amico». Diego allungò una mano nella sua direzione,
Fred esitò, ma alla fine la strinse.
Era la prima volta che lo vedevo interagire e toccare una
persona volontariamente e per affetto.
Un dubbio atroce mi assalì. «Ci troveranno se restiamo
qui…». Solo l’idea, mi faceva tremare ma non sapevo se per paura o rabbia.
«Non finché terrò il mio scudo
alzato. Si tratta di poche ore e poi, sono convinto che non ci cercheranno.
Cos’hanno da temere?». Rispose Fred, accomodandosi
sull’albero di fronte al nostro.
«Ha ragione lui amore. Sanno che
non torneremo a casa per avvertire gli altri e la rossa ha deciso che tra due
giorni attaccheranno il clan nemico. Non baderanno a noi».
Amore? Era la prima volta che mi chiamava così… Suonava così bene pronunciato
dalle sue labbra.
Annuii, un po’ più tranquilla. Pensandoci bene, avevano
altre gatte da pelare.
«Scusami Bree…».
«Per che cosa Diego?». Perché adesso si scusava con me?
C’era forse qualcosa che non sapevo?
«Avevi ragione, non potevo fidarmi
di Riley. Quando gli ho detto del sole, lui ha finto interesse e stupore, mi ha
portato dalla creatrice e solo allora si è mostrato per quello che era. Un
bastardo ed uno sporco traditore». Le ultime parole le
disse ringhiando, era arrabbiato e deluso, glielo si
poteva leggere in faccia.
L’abbracciai accarezzandogli la
nuca. «Ora sei qui… è questo che conta». Risposi, cercando di rassicurarlo.
Sospirò abbandonando la testa sul mio grembo.
«Che cosa faremo una volta giunti in città?». Chiese Fred,
staccando un pezzo di corteccia alle sue spalle e cominciando a modellarla con
il coltellino che aveva sempre in tasca.
«Non ne ho idea». Confessai afflitta.
Non ci avevo pensato, le mie attenzioni erano stata rivolte tutte per il salvataggio di Diego, non
m’importava d’altro ma ora che anche lui era al sicuro, il problema era più che
evidente.
«Dovremo nutrirci». Propose, alzandosi dalle mie gambe. «Ho
perso parecchie forze». Aggiunse, stringendo la benda che le avevo fatto, stava
soffrendo ed io con lui.
Stavo per rispondergli, quando un rumore non molto distante
da noi mi fece alzare di scatto, a spalla a spalla Fred ed io proteggevamo
Diego.
Nonostante tutto, anche lui si alzò, facendosi spazio tra
noi.
«Che schifo! Non riesco nemmeno a
guardare da quella parte!». Una voce femminile che non avevo mai sentito prima,
raggiunse le nostre orecchie.
Scrutai meglio attraverso gli alberi e vidi la sagoma di una
vampira statuaria, aveva lunghi capelli biondi e un corpo perfetto, i suoi
occhi erano gialli, così come quelli dell’altra vampira che l’affiancava.
Era notevolmente più minuta della prima e i capelli corti erano perfettamente
pettinati anche se in modo bizzarro.
«Non vogliamo farvi del male». Quest’ultima parlò, la sua
voce era squillante ma piacevole.
Eppure, era dal clan con gli occhi strani che Riley ci aveva
messo in guardia, eravamo stati creati per distruggere loro, ma se anche quella
fosse stata una bugia?
Magari potevano aiutarci, erano sicuramente più esperti di
noi.
Avanzai lentamente verso di loro. «Ehi!
Hai perso la ragione? Hai visto i loro occhi?». Diego
mi bloccò, tirandomi indietro.
«Anche questa poteva essere una
bugia. Magari possono aiutarti». Spiegai tranquilla.
«Non pensarci nemmeno!». Urlò arrabbiato.
Ma ero testarda e non mi sarei fatta fermare, mi liberai
dalla sua debole presa ed a passo spedito uscii dalla
zona “disgusto” di Fred.
Quando l’oltrepassai, arricciai il
naso, nonostante fossi abituata, era sempre una botta allo stomaco.
Aggrottai le sopracciglia, notando che assieme a loro
c’erano anche due uomini, uno sembrava… un orso. Era enorme con i capelli corti
e ricci mentre l’altro, incuteva decisamente meno
timore, era biondo, con i capelli tirati tutti indietro, sembrava il più maturo
dei quattro.
«Io sono Carlisle e come ha detto
Alice, non vogliamo farvi del male. Sappiamo che siete fuggiti dall’esercito di
Victoria, vogliamo solo aiutarvi».
«Come fate a saperlo?». Anche Diego mi affiancò, parando
metà del mio corpo con il suo.
«Vedo nel futuro. E vi ho visto al
nostro fianco». Rispose Alice. Avevo appena scoperto
il suo nome grazie a Carlisle.
«Potete chiedere al vostro amico di
farla finita con questa cosa? Ma che razza di potere
è?». Si lamentò la bionda, arretrando ulteriormente.
«Non farla lunga Rosalie, saranno
spaventati è normale…».
«La nausea è insopportabile Emmett!».
Così, ora sapevamo anche i nomi degli altri due vampiri.
«Sei ferito…». Notò Carlisle,
guardando il mio ragazzo.
Lui si coprì con una mano e non abbassò la guardia.
«Se hai ancora il braccio, possiamo aiutarti a
riattaccarlo». Continuò gentile.
Sbarrai gli occhi e con me, Diego. Potevamo davvero
ricomporci? Quindi poteva guarire del tutto?
Non poteva darmi una notizia più
bella di quella. Sorrisi entusiasta.
«Sì, l’ho raccolto io. Davvero
potete aiutarlo?». Domandai speranzosa.
«Certo». Rispose Alice.
Mi voltai nella direzione di Fred, per quanto mi fosse
possibile e provai ad avanzare verso di lui.
Abbassò appena il suo potere, giusto per permettermi di
avvicinarlo e di oltrepassare la barriera che si era creato
attorno.
«Fred, possiamo fidarci. Se
volevano farci del male, ci avrebbero già uccisi».
Dissi, recuperando il braccio da dietro l’albero.
«Fidati di me». Aggiunsi affiancandomi a lui.
Si vedeva che non era sicuro, che non si fidava appieno,
eppure, avrebbe dovuto convincersene, anche quella sul clan dagli occhi gialli,
era stata una bugia.
Lentamente avanzò, abbassando le sue difese ma non per
questo abbandonò la rigidità che precedeva l’azione, l’attacco.
Ci sorrisero incoraggianti, tutti, tranne Rosalie, lei ci
guardava indispettita e diffidente, immaginai che fosse più che normale.
In fondo, fino a poche ore prima, noi facevamo parte del
gruppo che programmava di ucciderli.
«Dai a me il braccio». Carlisle mi venne incontro, tendendo
una mano. «Vieni ragazzo, siediti qui». Aggiunse, indicando un masso al suo
fianco.
«Mi chiamo Diego». Rispose sedendosi.
Il fatto che gli avesse detto il suo nome, mi faceva ben
sperare. Cominciava a fidarsi di quegli strani vampiri.
«Bene Diego, ora ascoltami
attentamente. Devi incanalare tutte le tue energie sul pezzo d’avambraccio che
ti è rimasto. Io avvicinerò la parte strappata del tuo corpo ad
esso e poco alla volta, inizierà a rimarginare. Non ti farà male ma richiede un
grosso sforzo». Spiegò, avvicinando il braccio al moncherino.
Mi avvicinai a lui, stringendogli la mano, sperando di
riuscire ad infondergli un po’ della mia energia,
dubitavo che funzionasse ma tentare non mi sarebbe costato nulla.
«Okay». Rispose lui, stringendo la presa sulle mie dita.
Chiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia. L’unica cosa
che riuscì a far spostare il mio sguardo dal suo viso, fu il rumore di lamiera
che si accartocciava.
Guardai il suo braccio e vidi i tendini, le ossa e la pelle,
formare dei piccoli filamenti, andandosi a ricongiungere con il pezzo ancora
attaccato.
Fu un’immagine abbastanza disgustosa ma ero felice che
stesse funzionando. Nel giro di dieci minuti, fu completamente ricostruito.
Anche Fred aveva fissato senza interruzione quella scena
tanto macabra quanto sollevante. Se non altro, ora sapevamo anche che se ci
facevano a pezzi, potevamo ricomporci.
«Come ti senti?». Chiese il vampiro, che l’aveva aiutato a
sistemarsi.
«Affaticato…». Rispose con l’affanno.
Annuì serio e poi si voltò verso gli altri. «Portiamoli a
casa». Propose.
«No! Nemmeno sappiamo chi sono!». Sbottò Rosalie.
«Deve andare così Rose, l’ho visto.
E poi ragiona, sono solo in tre e noi siamo sette. Senza contare cha abbiamo
tutti almeno cent’anni d’esperienza in più». Ci difese Alice sbuffando.
«Nessuno chiede a noi se siamo d’accordo?». Proruppe Fred
sulla difensiva.
Ineffetti, non ci avevano nemmeno interpellati e la faccenda riguardava soprattutto noi.
La vampira più minuta alzò gli occhi al cielo. «Vi abbiamo aiutati! Quando ti convincerai che siamo innocui?».
Si guardarono in modo ansioso, ma nessuno osava parlare.
«Io ci sto». Disse Diego all’improvviso, alzandosi dalla
roccia sulla quale era seduto.
Mi misi accanto a lui, per sostenere la sua decisione ed
entrambi guardammo il nostro amico, in attesa di una
sua risposta.
La sua espressione era indecifrabile ma non smetteva di
fissarci. «Non mi fido ma siamo fuggiti assieme e continueremo assieme».
Rispose infine, avvicinandosi di un passo.
«Io mi chiamo Fred». Aggiunse, rivolto alla vampira bionda
che poco prima, si era opposta dicendo che nemmeno sapeva chi fossimo.
«Ed io Bree». Dissi, provando a sorridere.
Girò la testa dall’altra parte ed
iniziò a correre verso nord. «Seguiteci». Disse Emmett, prima di lanciarsi
assieme agli altri nella corsa.
Correvamo dietro di loro, ci davano le spalle e questa la trovai una cosa strana. Come potevano fidarsi già tanto di
noi? Forse era merito del potere di Alice? Aveva visto che non avremmo fatto
nulla di male?
«Stammi sempre vicina». Diego si avvicinò a me, prendendomi per mano.
«Stai diventando paranoico…». Scherzai, per alleggerire un
po’ l’atmosfera.
Ma lui non ricambiò, anzi divenne
più serio e rigido. «Non voglio perderti Bree, ti proteggerò a qualunque
costo». Rispose, fissandomi in modo strano.
Nessuno parlò più, fino a quando non arrivammo di fronte ad
un’enorme villa bianca, saltammo il piccolo fiume che la costeggiava e ci
fermammo all’interno del giardino.
Ad attenderci, c’erano altri due vampiri; una donna dai
lineamenti dolci con i capelli color del caramello ed
un uomo, non lo fissai per più di un secondo, la sua immagine era inquietante,
mi spaventava. Il volto, il collo e le braccia, erano ricoperte di morsi ed i capelli biondi mossi, incorniciavano il suo viso
facendolo sembrare una specie di angelo oscuro.
«Ci stavamo preoccupando». Disse la donna, avvicinandosi a
Carlisle.
Doveva essere la sua compagna, lo dedussi dal leggero bacio
che si scambiarono sulle labbra.
«Diego era ferito». Spiegò, presentandoglielo.
«Oh caro, spero niente di grave» Rispose premurosa e
sinceramente preoccupata.
Era una donna molto speciale, si poteva capire subito.
«Io sono Esme». Aggiunse sorridendo.
Ricambiai il gesto e tutti e tre ci presentammo. Il vampiro
inquietante si chiamava Jasper ed era il compagno di Alice, fu lei a dirlo,
visto che l’uomo al suo fianco, non la smetteva di fissarci minaccioso, senza
emettere un suono che fosse diverso da un ringhio.
«Abbiamo bisogno di cacciare». Intervenne Fred.
A quelle parole sentii la gola bruciare, deglutii il veleno
e feci un respiro profondo, stavo imparando a controllarla, ma era ancora
faticoso.
I vampiri dagli strani occhi gialli si guardarono tutti
preoccupati ma io non ne capivo il motivo. Dovevamo nutrirci,
soprattutto Diego, qual’era il problema?
«Io, Emmett e Jasper vi
accompagneremo. C’è un modo diverso per sopravvivere, senza dover uccidere
esseri umani». Rispose Carlisle, guardandoci severamente.
«Che cosa?». Domandai stupita.
Riley non ci aveva mai parlato di “alternative”.
«Cacciamo animali. E’ per questo
che i nostri occhi sono così diversi dai vostri». Rispose Esme.
La fissai interrogativa, animali?
Tuttavia, nessuno di noi provò a controbattere, eravamo
affamati e di certo, non volevamo perdere tempo per discutere, avremmo provato
questa loro dieta particolare anche se un po’ riluttanti.
«Seguiteci». Jasper mise fine al discorso, ringhiandoci come
sempre contro.
Carlisle era davanti a noi, mentre Emmett e Jasper ci
chiudevano ai lati, erano sulla difensiva, si avvertiva chiaramente la tensione
che c’era tra di noi ma cercai di sorvolare.
Pochi minuti dopo, raggiungemmo uno spiazzo enorme, dove ci
fermammo. «Funziona allo stesso modo. L’odore che
avvertirete sarà diverso ma è solo questione d’abitudine». Ci informò, quello
che a quanto avevo capito, era il loro portavoce.
Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare dall’istinto, non passarono pochi secondi prima che il mio udito ed il mio
olfatto intercettassero una scia.
Arricciai il naso, era un odore acre, mi disgustava quasi ma
nonostante questo, la mia gola iniziò a bruciare ed il
veleno arrivò a fiotti nella mia bocca.
Scattammo quasi in contemporanea, abbattendo un cervo a
testa, quando i miei denti affondarono nella carne di quell’animale, il getto
di sangue caldo mi riempì le guancie.
Scendeva senza fatica, placando leggermente il dolore acuto
che avvertivo. Il gusto era totalmente diverso e mi sembrava che mi sfamasse di
meno, ma non per questo mi feci abbattere.
Cacciai altri tre cervi, immettendo nel mio corpo tutto il
sangue che potevo contenere, quando lasciai andare l’ennesima carcassa, mi
sentii quasi soddisfatta.
Certo, era diverso dal dolce nettare umano, ma forse con il
tempo, mi ci sarei anche potuta abituare. Non mi
piaceva uccidere e questa la trovavo un’alternativa
interessante.
Guardai anche Diego e Fred, le loro espressioni la dicevano
lunga sul piacere che potevano provare, dopo aver sperimentato questa strana
alimentazione, ma entrambi sembrarono pensarla come me.
«Non è male». Ammisi, accarezzando il braccio ormai guarito
del mio ragazzo.
«Oddio… Non è proprio ciò che si dice squisito, ma ci si può
abituare». Rispose, sfiorando leggermente le sue labbra con le mie.
«A me non piace. Ma immagino che
non abbiamo alternative».
«Esatto Fred, non ne avete». S’intromise Jasper.
Tornammo verso casa loro, nessuno parlò, le postazioni
furono le stesse che avevamo tenuto all’andata, mi sentivo meglio, rinvigorita ma continuavo a chiedermi che cosa avremmo fatto
una volta giunti all’enorme villa.
Saltammo il fiume, atterrando praticamente
di fronte alla porta. Erano di nuovo tutti lì, ad aspettarci con l’unica
differenza che adesso c’era un vampiro in più.
Aveva i capelli color del rame, era altro e bello, molto bello. Ci guardava pieno di astio ed
odio, come se gli avessimo fatto chissà quale torto. La sua presenza
m’inquietava ed automaticamente, mi strinsi a Diego.
«Ehi Edward! Dove hai lasciato la
nostra Bellina?». Tuonò Emmett, dandogli una pacca
sulla spalla. Lui di tutta risposta ringhiò. Sicuramente non era un vampiro
socievole.
«Sta zitto Emm!». Lo rimbeccò la sua compagna.
«Entriamo, dobbiamo parlare».
Seguimmo tutti Carlisle all’interno della casa, il salone
era immenso, più grosso di tutte le stanze in cui Riley ci aveva rilegati e decisamente più accogliente.
Ci fermammo al centro della camera, di fronte a loro,
sentivo la tensione aumentare ed i muscoli di ogni
membro irrigidirsi. Diego si fece più vicino stringendomi a sé e Fred, si mise
sul lato opposto.
«Dovete dirci quello che sapete». Come sempre, il vampiro
biondo fu il primo a parlare.
Ci scambiammo uno sguardo veloce. Sicuramente glielo
dovevamo, ci avevano aiutato molto e noi non eravamo interessati a quella
stupida guerra.
«Non sappiamo molto. Riley ci ha
detto che voi eravate i nemici, che dovevamo
distruggervi perché se no l’avreste fatto voi con noi. Diceva che con voi ci
sarebbe stata un’umana, della quale ci ha fatto sentire l’odore. Sarebbe stata
il nostro premio, il primo che la trovava, avrebbe potuto prendersela. Ha
organizzato un esercito per conto della creatrice, l’abbiamo vista solo una
volta e… non è stato un incontro piacevole». Ricordai quell’ultima parte
rabbrividendo.
Edward ringhio minacciosamente, facendomi arretrare di
qualche passo e facendo mettere Diego e Fred in
posizione di difesa.
«Calma Edward, ci stanno solo raccontando quello che sanno».
Intervenne Esme, poggiandogli una mano sulla schiena.
Si rilassò ma solo parzialmente, continuava a fissarci,
senza mai staccare il suo sguardo da noi.
«Merda!». Urlò all’improvviso. Fu tutto troppo veloce, il
rosso schizzò fuori di casa, Alice s’immobilizzò per qualche istante prima di
dire:
«Arriveranno qui tra quattro minuti.
Victoria è andata a casa di Bella, ci ha preso in contropiede!». Lessi
disperazione sul suo volto e sentii angoscia nella sua voce.
«Ragazzi, il vostro esercito sta
venendo ad attaccarci, non c’è tempo per le chiacchiere. Potete andarvene o
restare con noi. Ma se quest’ultima sarà la vostra
decisione, dovrete adeguarvi al nostro stile di vita. Non abbiamo più tempo… Mi
dispiace». Detto questo, Carlisle si catapultò fuori
assieme al resto della sua famiglia.
Non impiegammo più di trenta secondi per decidere. Per la
prima volta, grazie a loro, c’eravamo sentiti a nostro agio, anche se non con
tutti, e l’idea di poterci aggregare a qual clan, diventando con il tempo una
famiglia, ci allettava.
«Io sono con loro». Dissi, facendo un passo verso la porta
per raggiungerli. Diego mi fu subito dietro ma Fred, rimase immobile in mezzo
alla stanza.
«E’ una pazzia!». Sbraitò, fissandoci adirato. «Ci faremo uccidere! Era questa la vostra idea di libertà?
Beh, io non ci sto!». Aggiunse sfrecciando fuori anche
lui, ma per scappare.
«Aspetta!». Diego non fece in tempo a richiamarlo che un
rumore orribile, come di ferro strappato, risuonò nel giardino.
Uscimmo di corsa per vedere che
cos’era successo e lo scenario che si parò davanti ai miei occhi, mi raggelò.
Era scoppiata una vera a propria guerra, oltre ai vampiri
che ci avevano aiutato, c’erano anche enormi lupi che saltavano da un membro
all’altro del nostro vecchio gruppo, strappando teste ed
arti. Cercai Fred con lo sguardo e quando lo trovai, un urlo mi si fermò in
gola. La chioma rossa dei suoi capelli, rotolava senza sosta sul terreno
disconnesso ed il suo corpo, si trovava tra i denti di
un enorme lupo grigio.
«Andatevene! Non sanno chi siete!
Scappate!». Ci urlò Carlisle, mentre teneva fermo un
vampiro ed Esme, gli staccava la testa con un calcio.
Ero incapace di muovermi ma Diego mi afferrò per un braccio
iniziando a correre e trascinandomi con sé. Ad un
certo punto, realizzai che stavamo scappando verso la nostra libertà, una
libertà che Fred non avrebbe mai più avuto.