Guillaume
de Ponthieu,
affacciato alla finestra del suo studio a Châtel-Argent,
rifletteva su quanto accaduto il giorno prima e sull’arrivo
dei nuovi ospiti.
«Monsieur? Posso
farvi una domanda?»
Il conte si voltò verso l’uomo affacciato alla porta che
l’aveva interpellato. Quell’uomo era il padre di
Daniel Freeland, uno dei nuovi ospiti di Jean, e questo comportava
diverse cose. Guillaume si scostò dalla finestra e,
avvicinandosi alla sua scrivania, fece segno all’altro di
sedersi.
«Prego,
ditemi pure, Monsieur
Freeland».
«Ecco...»
John Freeland era impacciato: era la prima volta che si rivolgeva ad un uomo medievale, a un conte per di più, e non sapeva bene
come esprimersi, quali termini utilizzare. «Quando Ian
è tornato a casa, qualche anno fa, con quella terribile
ferita all’addome, i medici che l’hanno curato mi
hanno fatto vedere le cicatrici che ha sulla schiena.
All’inizio non riuscivo a trovarne un motivo: che cosa poteva
avere fatto per ricevere una punizione così dura?
Oltretutto, lui si rifiutava di parlarne, e questo mi irritava ancora
di più. Poi, quando ho scoperto il suo... viaggio, ho
immaginato che l’episodio fosse avvenuto mentre era qui, in
Francia. Per questo volevo chiedere a voi se sapete darmi una
spiegazione».
Guillaume
guardava con
un misto di stupore e interesse il colonnello: «Davvero Jean
e i vostri figli non vi hanno detto nulla di quanto è
accaduto quel giorno?»
«Daniel
e
Martin? Non pensavo ne sapessero qualcosa, non me ne hanno mai
parlato». Il viso del colonnello era tirato al pensiero che i
suoi figli avessero visto quelle tremende cicatrici sulla schiena
dell’amico.
«I
vostri
figli erano presenti quando accadde» Il conte
guardò il suo interlocutore negli occhi e
continuò: «Jean fermò un soldato che
stava maltrattando dama Isabeau e lo sceriffo di quel luogo lo
condannò a dieci frustate, anche se alla fine dama Isabeau
ne contò diciassette, quasi il doppio».
John
Freeland non
credeva alle sue orecchie. Pur conoscendo la guerra, non era abituato a
questi episodi di tortura di quelli che potevano essere considerati
civili, cosa che invece a quel tempo erano probabilmente
all’ordine del giorno. Non riusciva a capacitarsi di quello
che aveva appena appreso, pensando al tormento che aveva dovuto subire
Ian e all’orrore che avevano dovuto vedere i suoi figli. Di
questo doveva assicurarsi, non riusciva a crederci.
«Dite
che
Daniel e Martin hanno visto tutto?»
«Sì,
purtroppo. E anche dama Jodie ha assistito».
Il
colonnello
abbassò gli occhi per qualche istante, cercando di mettere
ordine nei suoi pensieri.
«Che
ne
è stato di quello sceriffo?» domandò
poi.
«Jean
l’ha sconfitto due volte al torneo che
c’è stato a Bearne poco dopo quel fatto. Poi
l’ha ucciso durante la battaglia di Bouvines, salvandomi la
vita.» Il conte guardò l’uomo, cercando
di interpretare le sue reazioni. Sul suo volto vedeva la preoccupazione
di un padre per il figlio che è stato torturato, ha
combattuto e ha rischiato di essere ucciso in un mondo che non era il
suo. Tutto questo senza potergli dire niente, rischiando di non vederlo
mai più.
«Ian?
In
guerra?»
«Sì,
si è comportato da valoroso. Pur non avendo esperienza, mio
fratello, in seguito alla mia impossibilità a combattere, ha
condotto la nostra ala dell’esercito alla vittoria,
permettendo ai francesi di sconfiggere gli inglesi e vincere la
guerra». La voce di Guillaume mostrava una sorta di
ammirazione per quell’uomo definito possessivamente come suo
fratello.
«Un
condottiero. Ho sempre detto a Ian che sarebbe stato un ottimo
militare, ma non ha mai voluto ascoltarmi, preferendo immergersi tra
vecchi documenti».
«Jean
mi ha
detto che voi siete un militare, Monsieur».
«Sì,
è vero» John Freeland cercò di non
mostrarsi stupito da quell’affermazione, chiedendosi quante
cose Ian avesse detto a quest’uomo sul suo conto. In fondo,
era diventato suo fratello non avrebbe potuto tenergli nascosta tutta
la sua vita passata.
Guillaume
de Ponthieu
fu contento della risposta, perché istintivamente stava
facendo combaciare le informazioni appena ricevute con quelle che a suo
tempo gli aveva fornito Ian. Non perché non si fidasse del
fratello ‘adottivo’, ma per conoscenza personale,
per cercare di capire con chi avesse vissuto Ian prima di entrare nella
sua famiglia. Poi si rammentò di un’altra cosa.
«Allora
dovete essere orgoglioso di vostro figlio, Monsieur. Daniel
è diventato cavaliere esattamente dopo quella battaglia,
indirettamente anche per merito vostro».
«Cosa
volete
dire, Monsieur?»
«Monsieur Daniel ha
dato prova della sua abilità di arciere salvando la vita di
Re Filippo, da quello che mi hanno raccontato. Ed è stato il
Re in persona a nominarlo cavaliere sul campo di battaglia».
Il conte rivolse un sorriso al colonnello. «Vostro figlio mi
ha raccontato personalmente che siete stato voi a indirizzarlo verso
quell’arte».
Jhon
Freeland si
sentì orgoglioso di suo figlio: un cavaliere medievale! E
aveva addirittura salvato il re! Ora avrebbe potuto raccontargli molte
cose, senza la necessità di nascondergli niente.
«Vi
devo
molto per le informazioni che mi avete dato, Monsieur»
disse John Freeland sollevato. Il suo volto si era disteso, anche se
rimaneva ancora traccia del turbamento per quanto aveva appena
scoperto. «Ora posso smettere di dubitare di colui che
considero ancora un figlio, ricominciare ad avere fiducia in
lui».
«Dubitare?»
«Sì,
Monsieur.
Prima, cercando una motivazione per quelle cicatrici sulla schiena,
pensavo si fosse cacciato in qualche guaio, che si fosse fatto un
nemico troppo forte. Ed ogni occasione era buona per fargli domande,
cercare di costringerlo a parlare, cercare di capire, mentre lui non
voleva dare risposte. Poi tutti quegli anni passati senza mai sentirlo
o vederlo, senza una... lettera, a noi che l’avevamo accolto
in casa come un figlio. Mia moglie era disperata e io furioso, non
sapevamo cosa gli stesse succedendo e come comportarci con lui. Sono
felice di aver scoperto quello che stava facendo Daniel, in modo da
costringerlo a portarmi qui, anche se non riesco a capire come siamo
arrivati. In questo modo sono riuscito a scoprire quello che Ian mi
stava nascondendo e che ci aveva fatti separare. Ora non dubito
più di lui perché posso capire il suo
comportamento in questi ultimi anni. E posso perdonarlo».
«Sì,
potete perdonarlo».