Il
Drago e la Bambina
La stazione è piena di persone oggi. Risate di
fanciulli e giovani ragazze risuonano nell’aria, e un
continuo sonoro chiacchiericcio rompe il silenzio.
Tutto
il paese si ritrova qui per festeggiare insieme il completamento del
restauro di questa piccola stazione, con soli due binari, che
può riprendere la sua attività. Per lunghi mesi
è rimasta chiusa, causando anche caos e rabbia nei vari
abitanti che non avevano la possibilità di muoversi
più velocemente, ma dovevano scegliere altri mezzi, spesso
meno comodi di un treno.
Ma
ora, tutta la negatività avvertita sembra essersi
volatilizzata, lasciando il posto a una tale allegria che riesce a
coinvolgere anche me, una solida statua di pietra.
Li
osservo, immobile com’è ovvio che rimanga, e
silenzioso. Non sono stato scolpito per parlare, muovermi, o altro
– anche perché so bene che farei paura,
più di quanta ne faccia ora a chi mi osserva – ma
resto come un umile spettatore ad osservare la vita di quelle persone
che possono fare tutto ciò che io posso solo sognare.
Non
mi rivolgono lo sguardo. No. Forse in altri tempi sarei stato visto in
maniera migliore da taluni, o come un simbolo del diavolo da altri, che
sciocche superstizioni! Ma ora non sono nulla. Solo un
“abbellimento” posto in cima a una piccola colonna
di marmo bianco.
Sono
solo un drago, ma sono orgoglioso di me stesso e di colui che mi ha
creato. Il mio aspetto è fiero, il mio corpo ben levigato
nella pietra grigia. Le mie zampe, complete di artigli, poggiano sulla
sommità della colonna di marmo bianco, come arpionandola. Il
mio muso lungo e colmo di squame ben delineate – come nel
resto del corpo – è rivolto verso
l’alto, seppure i miei occhi, due rubini di un rosso acceso,
sembrino guardare gli umani al di sotto, come se fossi un essere
superbo e superiore. Forse, come tutti i draghi, mi sento realmente
così, ma non sono cattivo. Anzi.
Infine,
la mia coda sembra avvolgere il mio corpo, ricadendo con eleganza in
parte lungo la colonna; mentre le ampie ali, perfettamente scolpite
anche nel più piccolo dettaglio, sono spalancate verso
l’alto dietro la mia schiena.
Un’ottima
statua sì, ma non veramente apprezzata da tutti.
Eccetto
forse da quella bambina.
Lei
viene ogni giorno qui, accompagnata dalla sua mamma, un tempo per
osservare i treni, ma anche per venire a salutare me, il suo
“daco” amico, come mi chiama lei.
E
anche in questo momento, in cui il paese è in fermento e
m’ignora completamente, lei conduce i suoi piccoli passi
verso di me. Indossa un delizioso vestitino bianco, molto semplice,
quest’oggi, completo di guantini alle mani del medesimo
colore e di nastrini a trattenere i suoi biondi capelli. Una volta
ferma sotto la colonna sopra alla quale mi trovo, solleva il suo viso
paffuto e dai lineamenti gentili verso di me e, con la sua voce
trillante e squisita, cinguetta il mio nome:
«
Daco Amico mio! Ciao! »
Vorrei
risponderle, vorrei che sentisse la mia voce. Vorrei aprire questa mia
bocca chiusa e parlare. Ma non posso farlo. Eppure, so che lei
può capirmi. Forse è solo un gioco di pura
immaginazione, ma può farlo.
La
guardo e, se potessi, chinerei almeno il capo. Ma non importa. A lei
sta bene così.
«
Hai visto quanta geente? I teni tonneranno a fare ciuff ciuff, ma io
vengo qui per te, pecchè sei l’amico
più splendidissimo che ho! »
L’adoro,
immensamente. Seppure così piccina, è
l’unica a dimostrare un po’ di affetto a questo
povero drago di pietra grigia che non può muoversi, non
può parlare, ma può pensare.
Lei,
Sophie, è il mio angelo dai morbidi riccioli biondi e occhi
di un azzurro intenso. L’unica amica che ho.
E’
così piccola, così facilmente fragile, che
– seppure non possa farlo realmente – ho paura di
ferirla. Guai a chi osa farle del male.
«
Come sto con quetto vettito? » mi chiede, roteando su se
stessa, mostrandomi bene il tutto. Io vorrei risponderle che le sta
d’incanto, come ogni suo vestitino. E, anche se non lo dico
veramente, lei sembra capirlo ed arrossisce visibilmente.
«
Graccie Daco! Sei così carino! » trilla di nuovo,
fingendosi timida d’un tratto, apprezzando veramente i
complimenti.
Adorabile,
oltre ogni dire.
Dopo
qualche momento arriva la sua mamma, una donna di una discreta
eleganza, ma di una certa purezza e semplicità nello sguardo
che si può rimanere incantati. Indossa anche lei un abito
chiaro, sul giallo: una gonna lunga e una camicia al di sopra bianca,
completa di guanti alle mani. I suoi capelli biondi sono corti e mossi,
pettinati alla moda di quel tempo, gli anni venti se la mia mente non
ha problemi a ricordare; e al di sopra un delizioso cappellino
è posato con delicatezza sul suo capo, senza scompigliare
troppo l’acconciatura. Ha pochi gioielli con sé,
appartenente a quel piccolo villaggio, non dispone di troppo denaro. Un
unico ciondolo con una croce e la fede al dito.
Non
è una donna che può essere definita bellissima,
ma ha un qualcosa in quei sottili occhi verdi e nella grazia
dell’incedere, che ti affascina.
«
Sophie, quante volte ti ho detto di non allontanarti troppo da me? Non
vedi quanta gente c’è oggi? Rischio di perderti di
vista, e se ti fai male? »
«
Ma mamma, non sono sola! C’è Daco qui! »
con la sua manina pallida come la luna, mi indica e, se potessi,
sorriderei per acconsentire. No, non la lascerei mai sola. Katrina,
questo il nome della donna, solleva lo sguardo verso di me e scuote il
capo, seppure un leggero sorriso di divertimento le increspi le labbra
colorate di rosso.
«
Va bene piccola mia, ma ora saluta Daco e andiamo insieme agli altri.
Tra poco inizia la festa, e ci sono tanti dolcetti! Non vuoi vero che
Daniel te li rubi tutti no? » volta di nuovo lo sguardo verso
la piccola, e lei scuote subito il capo riccioluto.
«
Oh no, mamma corriaamo corriamo che se no Daniel li finisce tuuutti!
Ciao Daco a pletto! » agita la manina al mio indirizzo e,
tesa la mano alla madre, si avviano insieme di
“corsa”, verso il gruppo di persone, per dare
inizio alla festa.
Gli
umani, vestiti elegantemente, tagliano il nastro rosso, brindano e
mangiano, tutti gioiosi per quell’evento di cui ancora non
comprendo la portata. Ma forse sono troppo diverso da loro.
Eppure
non li odio. Non finché ci sarà sempre una
bambina adorabile, come la mia piccola amica Sophie.
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Questa storia ha partecipato al Contest "La Stazione e... il Drago"
indetto da Eylis, classificandosi Sedicesima su 27 partecipanti.
Non ho nulla da dire, se non che si compone di 4 capitoli, che
pubblicherò non appena avrò tempo.
Spero che vi possa piacere :)
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