Ogni
pensiero va a te...
Avevo 8 anni quando,
per la prima volta, vidi Sasuke.
Il ragazzo in
questione era sempre stato scortese nei miei riguardi anche se Hinata
mi diceva sempre che, secondo lei, aveva un debole per me.
Ora avevo 18 anni e,
a 10 anni di distanza da quando lo vidi per la prima
volta, tutto era cambiato, in peggio.
Guardando la pioggia
che scrosciava fuori dalla finestra ripensai a quando Sasuke se ne
andò, baciandomi la fronte e facendomi svenire
affinchè non lo seguissi nella sua strada verso il male.
In qualche modo mi
aveva protetta ed ora dopo tutti quegli anni ero ancora innamorata di
lui.
Per me poteva anche
essere diventato un brutto ragazzo, cosa improbabile, ma restava sempre
il mio adorato, scontroso Sasuke.
Naruto, che ora stava
con Hinata da molto tempo e vedeva in me solo la sua migliore amica, mi
aveva chiesto spesso cosa ci trovassi in lui.
Non ho mai saputo
rispondergli.
Lo amavo e basta ed
è sempre stato questo il mio errore.
Certo uno si
chiederebbe cosa ci sia di sbagliato nell'amare qualcuno, ma io avevo
la risposta: farsi coinvolgere così tanto da mettere l'amore
in primo piano, fregandosene del male e del bene, della giustizia e
della libertà.
Amavo Sasuke
nonostante la sua scelta di schierarsi con il male. Nonostante avesse
ucciso.
La cosa
più egoista è che non m'importava nulla di tutto
questo.
Lui aveva sempre
visto in me una ragazzina viziata, acida e svenevole. Una delle tante
ragazze che lo idolatravano senza neanche conoscerlo.
Il punto è
che si era sempre sbagliato: Hino poteva essere considerata tale, dato
che stava già insieme al suo ex-compagno di squadra da
quando Sasuke era sparito, ma io, Sakura, non avevo mai smesso di
pensarlo, di ricordarlo e di volerlo salvare.
Forse era per questo
che avevo iniziato la carriera da medico ninja: speravo che un giorno,
ferito, sarebbe venuto da me chiedendomi soccorso, ma sapevo che non
sarebbe successo.
Sapevo anche che non
avrei mai davvero amato nessun altro e questo mi condannava per sempre
ad un amore non corrisposto che mi avrebbe impedito di legarmi a
chiunque altro.
Sapevo che sembrava
esagerato, ma era proprio così.
Ogni giorno che ci
pensavo era un altro momento di tormento e di sconforto.
Molte volte avevo
sognato di fare l'amore con lui, di baciarlo, di averlo al mio fianco e
molte altre volte sarebbe successo.
Il mio amore mi
struggeva, ma non mi sarei sentita la stessa senza questa malinconia,
ormai ci avevo fatto l'abitudine.
Come mangiare, bere,
dormire, andare a lavoro per curare i miei pazienti.
Per il mio cuore
affranto non c'era cura però.
Guardai di nuovo la
finestra mentre mi stringevo le gambe raggomitolandomi su me stessa.
Sarebbe passato molto
tempo prima di riverlo.
Malgrado
ciò rimasi convinta dei miei sentimenti: lo avrei aspettato.
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