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Qualsiasi cosa…
«Non sono
ancora pronto per farmi uccidere da te, Jacob Black… dovrai pazientare ancora
un po’» dissi in un sussurro, non volevo che lei ascoltasse.
Non era il
momento adatto, anche se non volevo vederla morire senza poter far nulla. Lei
non capiva cosa io stavo passando, un dolore ancor più terribile di quando l’ho
abbandonata, perché ora stavo assistendo alla sua morte lenta e dolorosa a
causa mia. Se io avevo detto che i suoi ormoni guidavano i suoi gesti, allora
io cosa avevo fatto di diverso?
Nulla, avevo
ceduto ai miei ormoni di diciassettenne e l’avevo condannata a morte senza saperlo.
Sentivo la sua
impazienza predominare sulle altre emozioni. Anch’io volevo morire, il mio
desiderio superava di gran lunga il suo.
«La pazienza non
è il mio forte» rispose a denti stretti.
Mi dispiace per
lui, ma ancora lei era viva ed io con lei, dopo avrei esaudito il suo desiderio
di distruggermi. Ad un certo punto mi fermai e mi voltai verso di lui. Tutta la
calma e la compostezza che avevo avuto fino a poco fa erano spariti, lasciando
il posto al mio tormento interiore.
Quello che vide
lo turbò, non era preparato a vedere il mio vero volto, stravolto dal dolore e
dall’agonia. Perché il dolore di Bella si riversava su di me, ma cento volte
più potente; ero un uomo distrutto, non un vampiro. Un uomo che stava perdendo
la propria moglie a causa della sua ignoranza. Non credevo che noi vampiri
fossimo in grado di procreare, ora lo sapevo e lei non mi permetteva di
salvarla.
Volevo
piangere, gridare tutto il dolore che stavo provando, ma non potevo farlo. Lei
mi avrebbe sentito.
«La sta
uccidendo, vero? Sta morendo».
I suoi
pensieri, per quanto confusi, mi riempivano di altro dolore, ma meno intenso.
Ancora non si capacitava di ciò che stava accadendo, io ormai lo sapevo. Non
l’avrebbe persa sul serio, perché aveva scelto me, ma il suo pensiero in cui si
interrogava di chi fosse la colpa di tutto ciò, mi arrivò come un ariete.
«Colpa mia».
Le mie gambe si
fecero pesanti, come se non fossi più un vampiro, ma un uomo comune.
Caddi in
ginocchio, in preda all’ansia e all’angoscia del poco tempo che mi rimaneva. E la
consapevolezza delle sue parole mi entrò dentro, trafiggendomi il cuore, anche
se già morto.
«Sì… sì, la sta
uccidendo».
A quel punto
sprofondai nel terriccio, neanche le ginocchia mi sorressero. Non riuscivo più
a stare in piedi: io dovevo soffrire, non lei. Lui si chiedeva che fine aveva
fatto la mia superiorità… non c’era più, era in gioco la vita di Bella, non
potevo più essere sicuro di niente, né essere superiore.
«Perché Carlisle
non ha fatto niente? È un dottore, no? Perché non lo tira fuori?» domandò con
fare ovvio.
Che ingenuo,
credeva davvero che io non avessi già tentato questa strada? Era la prima che
avevo sperimentato, ma...
«Non ce lo permette».
La mia voce era
stanca, arida, non avevo le forze neanche per parlare, mi sentivo svuotato.
“Voleva morire per dare un figlio al mostro.
Era tipico di Bella”, il suo pensiero mi trasmise ancor di più amarezza:
lui la conosceva, gli bastava guardarla negli occhi per capirla. Io non ci
riuscivo. Ecco un’altra cosa che detestavo: la loro unione. Riuscivano a
capirsi con uno sguardo, io non ero in grado di stabilire con lei quel legame,
eppure ero suo marito.
Un marito che
non aveva capito cosa la moglie avesse deciso.
«La conosci
bene… tu la capisci al volo… io no. Non abbastanza, almeno. Durante tutto il
viaggio di ritorno verso casa non ne ha fatto parola. Pensavo fosse spaventata,
com’era logico. Credevo ce l’avesse con me per averla cacciata in questa
situazione, per aver messo a repentaglio la sua vita, ancora una volta. Non
potevo immaginare cosa pensava davvero, cosa stesse decidendo. L’ho capito solo quando i miei ci sono
venuti a prendere all’aeroporto e lei si è precipitata fra le braccia di
Rosalie. Di Rosalie! E allora ho sentito cosa stava pensando Rosalie. In quel
momento, tutto mi è diventato chiaro. Tu, invece, ci metti un secondo a
capirla…».
Che stupido,
pensavo che il nostro legame di coppia fosse forte al punto tale da non avere
segreti, ma aveva paura della mia reazione. Ecco perché Rosalie. Lei l’aveva
capita, io no. Io pensavo alla sua sicurezza, lei a quella del mostro che le
cresceva dentro.
«Facciamo un
passo indietro. Non ve lo permette… ti sei accorto che ha la stessa forza di
una qualsiasi ragazza di cinquanta chili? Quanto siete stupidi voi vampiri?
Bloccatela e imbotti tela di medicine, no?».
Perché non
capiva? Era lui lo stupido, non noi.
«Volevo…
Carlisle avrebbe…» balbettò.
Lui credeva si
trattasse di onore. Quanto era sciocco; secondo lui, per onore l’avrei persa così?
«No, l’onore
non c’entra. La sua guardia del corpo ha complicato le cose».
Ora capiva un
po’ di cose. Si chiedeva se Rosalie sarebbe stata felice di vederla soffrire
così. Non lo sapevo, non avevo mai percepito questo pensiero in lei.
«Forse… ma
Rosalie non la pensa esattamente in questo modo» risposi al suo pensiero.
Lui non sapeva
del passato di Rosalie, e forse non lo avrebbe mai saputo.
«Allora per
prima cosa liberati della bionda. Quelli della tua specie si possono
ricomporre, no? Falla a pezzi e intanto prenditi cura di Bella».
Non aveva
notato la tensione in quella casa? Bastava poco, per creare una guerra…
«Emmett ed Esme
stanno dalla sua parte. Emmett non ce lo permetterebbe mai… e con Esme contro,
neanche Carlisle mi aiuterebbe» gli spiegai.
Mi avrebbe
voltato le spalle mio padre, non si sarebbe mai messo contro sua moglie. Avrei attaccato anche mia madre pur di non
veder morire la mia Bella.
«Avresti dovuto
lasciare Bella a me» berciò.
Quella frase,
detta così all’improvviso, mi distrusse. Non volevo che fosse sua, perché lei
era mia, soltanto mia, ma per egoismo la stavo perdendo. Non avrei più
ragionato così, la sua vita prima di tutto. Ora arrivava la parte più difficile,
dovevo chiederglielo, anche se avrei sofferto in un modo talmente violento che
non sapevo se avrei avuto la forza di guardarla come adesso.
«Sì».
Verità.
“Avrebbe dovuto pensarci prima di metterla
incinta di quel mostro”
Niente da dire
su questo e lo fissai consapevole dei suoi pensieri.
«Non lo
sapevamo… non potevamo immaginarlo. Non era mai successa prima una cosa come
quella fra me e Bella. Non potevamo sapere che un’umana fosse in grado di concepire
un figlio con uno di noi».
Dovevo
difendermi in qualche modo, non volevo che pensasse che io avevo agito con
questo scopo. Se lo avessi saputo, non avrei mai acconsentito alla sua
richiesta.
«E che allo
stesso tempo l’umana si sarebbe ridotta uno straccio?» domandò ancor più
scettico.
Proprio così.
«Già… esistono
sadici, gli Incubi, i Succubi. Ma per loro la seduzione non è che un preludio
al banchetto. Nessuno sopravvive» gli risposi.
La realtà si
fece largo nella mia mente: io non ero diverso, anche se io avevo fatto l’amore
con la mia donna e non l’avevo uccisa, non significava che ero meno vile. Mi
ero comportato come loro, ed ora ne subivo le conseguenze.
«Non sapevo che
ci fosse un nome speciale per definirvi» sibilò schifato.
L’odio permeava
ogni sua parola, il disgusto verso di me era grande, ma non quanto il mio.
«Nemmeno tu,
Jacob Black, puoi odiarmi quanto odio me stesso» gli feci notare.
Odiavo il mio
essere mostro perché mi avrebbe portato via la mia unica ragione di vita, e
sapere che avrei potuto impedirlo, mi rendeva più furioso verso di me. Io,
l’unico colpevole.
Voleva
uccidermi, ma non avrebbe risolto nulla, avrebbe aggravato la sua situazione.
«Uccidendomi
non la salverai» proferii.
La uccideresti definitivamente.
«Quindi?»
chiese impaziente.
Era arrivato il
momento della proposta, quella che non credevo sarebbe mai uscita dalle mie
labbra.
«Jacob, devi
farmi un favore» lo supplicai.
Ti sto cedendo la mia unica ragione di vita, non rendere complicata
la cosa più di quello che è, non posso sopportarlo.
«Neanche morto,
parassita!» rispose rabbioso.
Ti prego…
«Per lei»
sapevo che per me non lo avresti fatto, ma lei era importante per te… avresti
ceduto, ne ero sicuro.
«Ho fatto tutto
il possibile per tenerla lontana da te. Ho fatto di tutto. Ora è troppo tardi».
No, non era
tardi, c’era ancora un’ultima possibilità.
«La conosci,
Jacob. Comunichi con lei in un modo che io nemmeno capisco. Sei parte di lei e
lei è parte di te. A me non darà ascolto, perché crede che io la sottovaluti.
Pensa di essere abbastanza forte per…».
La mia voce si
bloccò, non riuscivo a finire quella frase.
«A te potrebbe
dare retta» mormorai stanco.
Forse lui
sarebbe riuscito dove io fallivo.
«Perché mai?» domandò.
Stavo per
chiedergli di condividere con lei ciò che aveva donato solo a me, tutta se
stessa.
Pensare a lei
tra le braccia di lui in quel momento era straziante, doloroso e forse ridicolo
per la sua assurdità, ma non sapevo più cosa fare. Lui si domandò se potevo
essere impazzito, forse i vampiri potevano diventarlo.
«Forse… non lo
so. Sembrerebbe di sì… davanti a lei devo fingere e nasconderglielo, perché lo
stress la fa peggiorare. Non può sobbarcarsi anche questo. Devo tenere un certo
contegno, non posso renderle la vita ancora più difficile. Ma ora non importa.
A te deve dare ascolto!».
Di questo ero
sicuro.
«Non posso
dirle niente di più di quello che ha già sentito da te. Cosa vuoi che faccia?
Devo dirle che è una stupida? Probabilmente lo sa già. O che sta per morire?
Penso sappia anche questo».
Ti sbagli, c’è ancora una cosa che puoi fare.
«Puoi offrirle
tutto ciò che vuole».
Una vita
normale, un figlio… normale.
Si chiese
ancora se ero impazzito, stava mettendo insieme i tasselli.
«L’unica cosa
che conta è che sopravviva… se ciò che vuole è un figlio, lo avrà. Può averne
mezza dozzina. Tutti quelli che desidera» gli dissi.
Ed ora…
«Può anche
avere dei cuccioli, se serve».
Riesci a capire quello che ti sto chiedendo? Non sono in grado di
dirtelo apertamente, non sono in grado di sopportarlo.
Lo stavo
implorando di diventare il padre dei suoi figli, sarebbe stata sua.
«Ma così non
può sopravvivere! Non con una cosa che le succhia la vita mentre
io resto impotente e non posso fare altro che vederla, deperire e soffrire!».
Questo era
troppo per riuscire a trattenermi dal farla desistere da questa impresa da cui
sarebbe risultata perdente.
«Devi farla ragionare, Jacob. A me non dà
più ascolto. Rosalie non la lascia un attimo e non fa che alimentare questa
follia, non fa che incoraggiarla. La protegge. Anzi no, protegge lui.
A lei non importa niente della vita di Bella».
Doveva
accettare la mia proposta, non c’era altra soluzione.
Nella sua mente
leggevo incredulità per il mio comportamento: gli avevo praticamente detto che
Bella sarebbe stata di entrambi. Quale marito sano di mente avrebbe ceduto sua
moglie ad un altro? Nessuno, se da questa decisione non dipendesse la vita
della donna in questione.
«Qualsiasi
cosa, purché viva».
Niente
importava se non questo, la sua vita prima della mia felicità.
«È la cosa più
assurda che tu abbia mai detto».
Sentivo il suo
cedimento, l’amava troppo per non poterci riflettere.
«Ti vuole
bene».
Ed era vero, lo
sapevamo entrambi.
«Non abbastanza».
Sì, aveva
scelto me.
«È pronta a
morire pur di avere un figlio. Potrebbe accettare un compromesso meno estremo».
Rasentavo la
follia, ne ero certo ed anche lui.
«Allora non la
conosci proprio!».
Ti sbagli.
«Lo so, lo so.
Bisognerà fare opera di convincimento. Per questo ho bisogno di te. Tu sai come
pensa. Puoi farla ragionare».
Lui poteva
riuscirci. Leggevo nella sua mente la mia rovina, ci stava riflettendo
veramente, valutava la felicità che ne avrebbe ricavato, ma sapeva anche quanto
ne avrebbe sofferto, perché sarebbe sempre stato oscurato dalla mia presenza,
lei amava me più di quanto amava lui.
«Io dovrei far
ragionare Bella? In che universo vivi?».
In un universo dove lei sia viva, non intrappolata in questo
limbo.
«Almeno
provaci».
Stava cedendo,
dovevo insistere.
«Come ti è
venuta in mente questa idea da psicopatico? Ci pensi su o le inventi sul
momento?».
No, ci avevo
riflettuto anche troppo, ma non sarebbe cambiato il fatto che era l’unica soluzione possibile.
«Da quando ho
capito cosa stava architettando, che sarebbe stata disposta a morire, non penso
ad altro se non al modo di salvarla. Ma non sapevo come contattarti. Ero certo
che se ti avessi chiamato non avresti risposto. Sarei venuto presto a cercarti,
se oggi tu non fossi arrivato. Non è facile lasciarla, anche solo per un
minuto. Le sue condizioni… cambiano velocemente. La cosa cresce… in fretta. Non
posso stare lontano da lei».
Non
andavo neanche a caccia per paura.
«Che cosa è?».
Magari lo sapessimo…
«Non ne abbiamo
la più pallida idea. Qualunque cosa sia, è già più forte di lei».
Quanti lividi
presentava il suo corpo? Ormai non li contavo più, nella sua mente invece la
distruzione di Bella.
«Aiutami a
fermarla… aiutami a impedire che succeda».
Non
lo avrei permesso, qualunque cosa.
«Come?
Offrendomi in qualità di stallone? Tu non stai bene. Non accetterà mai».
Sicuramente
sarà così, ma non potevo rinunciare a questa flebile speranza.
«Provaci. Non
abbiamo niente da perdere. Che male può fare?» gli domandai.
Sentivo nella
sua mente il dolore che avrebbe provato lui, ma non poteva essere egoista fino
a questo punto.
«Un po’ di
dolore per salvarla è un prezzo tanto alto?».
Ed io, allora? Io ti ho chiesto di dividerla con me, anch’io sto
soffrendo.
«Ma non
funzionerà».
Sì, cominciavo
a dubitarne anch’io, ma mi bastava un cedimento da parte sua.
«Forse no. Ma
magari la confonderà, la farà vacillare. Non ho bisogno di altro, mi basta un attimo
di dubbio».
E la farò ragionare.
«E poi? Le
toglierai la terra da sotto i piedi? Le dirai: “Scherzavo, Bella”?».
No, sarei
andato fino in fondo, qualsiasi cosa.
«Se vuole un
bambino, lo avrà. Non mi tirerò indietro».
La mia idea lo
fece vacillare ancora, riteneva più conveniente uccidermi e farla finita.
«No… non
ancora. La distruggerebbe, lo sai. Non avere fretta. Se non ti darà ascolto ne
avrai l’occasione. Nel momento esatto in cui il cuore di Bella cesserà di
battere, sarò io ad implorarti di uccidermi».
La mia unica
certezza, l’avrei raggiunta come volevo fare l’altra volta credendola morta.
«Non dovrai
aspettare a lungo».
Un sorriso
amaro e pieno di dolore affiorò sul mio viso stravolto.
«Non sai quanto
ci conto»
«Allora affare
fatto».
Annuii e gli
offri la mano, lui con disgusto la strinse.
«Affare fatto».
Avevo stipulato
con lui due accordi entrambi dolorosi.
Il primo: forse
avrei diviso Bella con l’uomo che odiavo e rispettavo allo stesso tempo.
Il secondo: mi
avrebbe concesso la morte, nel caso lei avesse rifiutato, continuando il suo
piano. Avevo stretto un patto con il mio boia.
Qualsiasi
cosa per lei.
Ti amo, Bella.
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