DISCAIMER: Colin Farrell e Jared
Leto (così come
Shannon e Tomo) non mi appartengono e i fatti qui da me descritti non
sono
basati sulle loro vite reali ne vogliono insinuare nulla sulle loro
preferenze
sessuali. Scrivo solo per diletto e non per lucro.
Questa
storia è nata così, per caso.
Un'idea fulminea che ho sentito il bisogno di mettere su carta e,
quando è
finita, mi sono sentita vuota. Vuota ma in un modo piacevole, quel
vuoto che si
percepisce quando ci si rende conto di aver tirato fuori quello che
veramente
si voleva scrivere... sì, qua c'è tutto. Tutta
l'emozione che sentivo mentre
scrivevo.
E' la prima volta che mi capita, per
questo ci tengo veramente molto a questa ff. Per questo e
perché tra le righe
c'è un pezzo grandissimo di me. Ci sono io un anno fa... io
che mi sentivo
drogata e mi sembrava di morire. Perché l'amore non
è sempre e solo attrazione,
puo' anche essere un'ossessione così forte da distruggerti.
C'è una parte di me
che, sebbene appartenga al passato, non se ne andrà mai.
Certe esperienze ti
danno veramente tanto, pur segnandoti nel profondo.
Spero che possa dare a voi le stesse
emozioni che ha dato a me scriverla.
La dedico a chi si è sentito almeno una
volta così, a chi almeno una volta ha perso la speranza, a
quelle amicizie che
mi hanno sempre sostenuta e a chi mi ha insegnato cosa vuol dire
mettere il
proprio cuore in mano a qualcuno.
Life
is beautiful as long as we can feel, no matter how much pain.
Enjoy:*
I promise
you
15
Maggio 2010.
25 Giugno 2012.
3 Dicembre 2008.
Che giorno è oggi? Potrei
andare avanti ad elencarne a migliaia
ma, infondo, avrebbe senso? Un sentimento, se forte e sincero, rimane
tale in
qualsiasi collocazione spazio-temporale viene posto.
Sono passati sei anni, forse
sette, o forse neppure uno. Non fa alcuna differenza.
Mi sono svegliato, infastidito
dal vociare di Shannon al telefono e, mentre mi trascinavo per la
stanza alla
ricerca dei vestiti, qualcosa ha spezzato la tranquillità
della mia routine. Da
dietro un libro è spuntato quel nostro medaglione.
Lo guardo. Adesso è aperto sul
mio letto, mentre mi rigiro la tua ciocca di capelli tra le dita. La
porto al
naso e l'annuso, scioccamente pensando che abbia conservato il tuo
odore.
Eppure... eppure mi pare di sentirlo, debole e lontano, ma presente e
vivo.
Suggestione, mi dico.
Pensi che stia piangendo adesso?
O che sia caduto in uno stato di malinconia? La risposta è
no. Anzi, ti
stupiresti nel vedermi sorridere, completamente calmo e sereno.
-Buongiorno
star incompresa, non
sei ancora pronto?-
Tomo
è entrato nella mia camera
regalandomi la sua solita contagiosa allegria. Si avvicina al letto e,
notando
il ciondolo, si blocca.
-Sbaglio
o quello è il medaglione
di Alexander?-
-Bingo
Milicevic-
Gli
lancio un occhiolino
ammiccante mentre vi ripongo con cura i capelli dentro, ma Tomo sembra
non
cogliere la leggerezza del gesto. Le sue sopracciglia si aggrottano e
percepisco una cappa pesante cadere nella stanza.
-Se
lo vede tuo fratello si
incazza come un matto Jay-
-Questo
perché Shannon mi considera
un finocchietto innamorato irrecuperabile e ferito-
Sbuffo,
visibilmente infastidito,
e lui si appoggia alla scrivania scuotendo la testa.
-Dio
Jared, stavi annusando i
suoi capelli!-
Rimango
spiazzato qualche
secondo, beh in fondo non ha tutti torti... ad occhi esterni la scena
suggerisce esattamente quello. Tuttavia io so che non è
così. Alzo le spalle.
-L'ho
ritrovato per caso-
-Sì,
come no... forza ora
andiamo-
Se
c'è una cosa che adoro in Tomo
è la sua capacità innata di capire quando
è il caso di farla finita. Sorrido,
scendendo dal letto, e gli passo un braccio attorno alle spalle.
-Comunque
Shan dovrà incazzarsi
oggi, mi dispiace-
-Perché?-
-Perché
Colin mi ha invitato alla
festa di addio al celibato... ed ho intenzione di andarci.-
Non
ricordo cos'è successo dopo,
nè quanto tempo è passato, ma, come
già detto in precedenza, non avrebbe alcun
senso. La cosa fondamentale è che adesso sono nel soggiorno
della tua villa,
seduto su un comodo divano in finta pelle, che sorseggio Martini rosa e
discorro amabilmente con un tizio. Si chiama Tyler, forse, non ricordo
bene;
non ricordo neppure cosa mi sta dicendo. Sicuramente nulla di
interessante,
comunque, dato che è completamente ubriaco.
Tu sei dall'altro lato della
sala. Ti agiti a tempo di musica, sudato e leggermente brillo. Ogni
tanto i
nostri sguardi si incrociano e tu mi regali uno dei tuoi sorrisi
famosi, quelli
dolci e un po' timidi che sembrano nascondere universi di parole.
C'è stato qualcosa ai tempi di
Alexander, oramai lo sospettano tutti. Un sentimento che dall'amicizia
è
sfociato in qualcosa di più profondo, una sorta di bisogno
viscerale dell'altro
che trovava sfogo in incontrollati e passionali baci ovunque la
solitudine ci
permettesse di lasciarci andare. Poi un giorno, così come
tutto è iniziato, è
finito. Ci siamo parlati, ci siamo detti che avevamo frainteso, che la
storia
di Alessandro ed Efestione ci aveva suggestionati troppo e che avremmo
dovuto
smettere di caderci sulle labbra. Non ci faceva bene e non era quello
che
volevamo.
I mesi seguenti sono stati un
inferno per me; tu non lo sai, Shannon se lo ricorda bene ed
è per questo che
se ti vedesse adesso ti ucciderebbe di pugni. Povero fratellone... mi
ci è
voluto un giorno intero per convincerlo che oramai mi è
passata, che non ti amo
più e che posso vederti senza starci male. Ha brontolato un
po' ma poi si è
arreso e mi ha lasciato venire. Chissà che sta pensando
adesso? Forse Tomo
ha dovuto legarlo per impedirgli
di correre qua a portarmi via.
-Ehi
Jay!-
Alzo
lo sguardo dal tizio ubriaco
accanto a me e lo sposto su di te. Sei in piedi davanti al divano che
sorridi,
completamente calmo e tranquillo.
-Ehi!
Hai già finito di ballare
Farrel?-
-Veramente
è la festa ad essere
finita, Leto-
Mi
fai l'occhiolino indicando
dietro di te; non c'è più nessuno tranne un paio
di ragazzi che stanno
raccogliendo i loro giacchetti. Devono essere attori, mi pare di averli
già
visti ma non ricordo dove.
Inarco le sopracciglia ed indico
il ragazzo accanto a me.
-Diamine,
ero così preso ad
ascoltare lui che non mi sono accorto di nulla!-
Tyler
scoppia a ridere per
qualcosa che solo lui sa e noi, come due poveri idioti, lo seguiamo. I
tipi si
avvicinano al divano e lo prendono per le braccia, tirandolo su.
-Cole,
lui lo riportiamo a casa
noi. In queste condizioni non si ricorda neppure dove abita.-
Tu
gli dai una pacca sulla
spalla, ringraziandoli ed accompagnandoli alla porta. Ti osservo
aprirla e poi
richiuderla piano; respiri profondamente prima di voltarti e tornare
verso di
me. Sei nervoso forse?! Mi rispondo che non è possibile, che
sono finiti i
tempi in cui ti facevo questo effetto. Forse il tuo è solo
un innocuo imbarazzo
al ricordo di quello che c'è stato. Come darti torto?
Ti fermi a guardarmi un po'
troppo a lungo.
-Allora,
devo riaccompagnare pure
te a casa?-
Scherzi.
Mi alzo, fronteggiandoti
con la mia aria tipica da spocchiosetto americano e sorrido.
-Io
sono sobrissimo. Sono passati
gli anni in cui mi sbronzavo per divertirmi.-
-Beh,
questo non puo' che
rendermi felice...-
Perché?
Perché adesso la tua
espressione è cambiata? C'è dolcezza nel tuo
sguardo, troppa dolcezza.
Non ti rispondo. Tu mi sorridi
piegando un angolo della bocca.
-Ti
trovo bene. A parte questi
ciuffi giallo pulcino!-
La
tua mano si muove,
insinuandosi tra i miei capelli. Deglutisco quando prendi una ciocca
tra le
dita ed inizi a rigirarla piano, facendola attorcigliare su se stessa.
-I
miei... i miei capelli sono
bellissimi-
Che
effetto mi fai? Adesso
non riesco neppure più a parlare? Forse
Shannon aveva ragione... non sul finocchietto, ma sull'irrecuperabile.
Senza
motivo ti guardo e noto quanto tu sia bello. E' invidia la mia? Gelosia? Ammirazione? Una
vocina nella testa
inizia a suggerirmi che probabilmente è attrazione, ma la
soffoco prontamente.
Mi ci sono voluti anni per stare bene, che si fottano tutte le mie
vocine
adesso.
Tu scoppi a ridere, allentando la
tensione e lasciando andare i miei capelli.
-Certo
Mister Perfezione, sei
bellissimo-
Una
frase detta con leggerezza,
inserita in un contesto di scherzo ma che, tuttavia, mi fa spuntare un
sorriso
da ebete sul volto e mi attorciglia le viscere. Devo andarmene da
quì. Devo
scappare adesso prima che sia troppo tardi, prima che tutta la mia
impalcatura
di sostegno si sgretoli.
-Beh,
Col. Colin. Ti ringrazio
per l'invito, è stata una bellissima festa.-
Afferro
il mio giubbotto di pelle
e ti sorrido, dirigendomi a grandi falcate verso la porta. Neppure due
passi e
la tua voce mi inchioda al suolo.
-Aspetta!-
Abbasso
il capo respirando
profondamente, quel tanto che basta per voltarmi con un sorriso.
-Vai
già via? Volevo parlare un
po', stare un po' insieme... è una vita che non ci vediamo.-
Come
posso dirti di no? Sarebbe
teoricamente semplice: domani mi attende una dura giornata ed
è tardissimo,
oppure Shannon mi aspetta da dieci minuti al bar all'angolo.
Teoricamente,
appunto. In pratica mi è impossibile rifiutarti qualsiasi
cosa e tu lo sai. A
volte credo che addirittura te ne approfitti un po' di questa mia quasi
devozione. Ma davvero mi importa adesso?
Torno indietro, piano.
-D'accordo.
Vuoi che ci sediamo?
Se ti va possiamo bere qualcosa... vado a prenderlo al bar...-
-No,
no. Va bene così.-
Il
silenzio. Mi è sempre
piaciuto, specie con te, ma adesso lo sento carico e denso e mi
imbarazza. Se
tu poi la smettessi di fissarmi con quegli occhi maledettamente
profondi e
dolci. Dio, Colin!
Per guadagnare tempo mi chino a
poggiare il mio giubbotto sul divano. Avverto il tuo sguardo
accarezzarmi le
spalle, risvegliando Efestione dentro al mio stomaco. Allora non lo
avevo
ucciso.
Inspiro una boccata d'aria
modellando la mia espressione per renderla più tranquilla
possibile.
-Allora...
fine della pacchia da
single eh?-
-Già-
-Già-
Sorridi
ed io pure. Cristo che
conversazione imbarazzante!
-Ho
visto un paio di foto di
lei... è molto carina.-
Non
riesco a chiamarla per nome
né a definirla "la tua ragazza" o peggio "futura moglie".
Tu annuisci non particolarmente
convinto.
-Sì,
lo è.-
Ti
infili le mani in tasca e
abbassi gli occhi. Che ti prende ora?
-Mi
sei mancato...-
Il
mio cuore ha perso un battito,
l'ho sentito distintamente singhiozzarmi nel petto. Non mi sarei
aspettato una
frase del genere da te, specie adesso, specie a pochi giorni dal tuo
matrimonio.
La mia testa continua a gridarmi
che devo andar via, liquidarti con una scusa e salvare quello che
ancora non
sei riuscito a distruggere, ma sappiamo benissimo entrambi quanto in
realtà io
sia totalmente incapace di controllare le mie emozioni in tua presenza.
Sono
migliorato negli ultimi sei anni, certo...tuttavia questa sera niente
basta a
darmi la forza.
-Davvero?-
Una
domanda più stupida non
potevo farla. Probabilmente lo pensi anche tu visto che sei scoppiato
in una
leggera risata.
-Certo,
sennò non te lo avrei
detto!-
-Potevi
telefonarmi... anche se
non riesco a immaginare di poter mancare a qualcuno.-
Ok,
se ci fosse Shannon qua
adesso mi riempirebbe di botte ed avrebbe ragione. Perché
amo massacrarmi
gratis? Che diavolo di risposta puoi mai darmi ad una affermazione del
genere?
Sposto lo sguardo su di te e vedo
il tuo sorriso distendersi; ti mordi il labbro inferiore e punti quelle
iridi
esageratamente profonde nei miei occhi.
-Hai
ragione, l'ho capito troppo
tardi. Avrò sempre bisogno del mio Efestione...-
Deglutisco.
Non riesco a far
altro, neppure pensare. C'è un nodo fermo nella mia gola che
non va né su né
giù, rimane lì e mi soffoca piano. Forse mi
ucciderà se non lo tolgo.
Mi sforzo di dire qualcosa,
qualsiasi cosa e quello che esce è la pura verità
senza freni.
-Io
ci sarò sempre quando mi
chiamerai-
Un
battito di ciglia e mi ritrovo
premuto contro di te, le tue braccia che mi stringono e la tua testa
sulla mia
spalla. Con una mano mi afferri la nuca, proprio come Alessandro
abbracciò
Efestione sul balcone di Babilonia, ed io mi sento morire dentro.
-Col...-
E'
solo un sussurro ma sono sicuro
che lo hai sentito perché avverto le tue labbra, poggiate
sulla pelle scoperta
della mia spalla, incurvarsi in un sorriso.
Muovi la testa, portando il naso
contro il mio collo ed inspirando. Un brivido mi scende lungo la
schiena,
tracciando una scia densa e sensuale che sa di te in ogni tremito.
-Do we
create a modern myth... do we imagine half of it...-
Se
non ti avessi qua, vicino al
mio orecchio, stenterei a credere che sia la tua voce. Non sei mai
stato
granchè intonato, lo ammetto, ma sentirti cantare adesso mi
ha scosso talmente
tanto che mi sembra di udire il suono più bello del Mondo. E
non riesco a non
pensare che... conosci le parole.
-Jared?-
-Dimmi....-
Ti
stringo, mi stringi.
-Hai
sofferto così tanto?-
Non
so rispondere. Me ne rendo
conto in un lampo. Jared Joseph Leto, che fa il cretino in ogni momento
possibile, ha appena perso la maschera che stava indossando.
Lascio la presa attorno al tuo
corpo. Le mie mani scivolano sconfortate lungo la tua schiena per poi
adagiarsi,
distrutte e lievi, sui tuoi fianchi.
Soffio aria fuori dal naso,
poggiando la fronte sulla tua spalla. Hai vinto, Colin.
Insospettito dal mio silenzio, o
forse solamente testardo, mi afferri e mi scosti da te quel poco che
basta per
guardarmi negli occhi. Che cosa ci leggi? Dimmelo. Quale pezzo della
mia anima
ti sto mostrando inconsapevolmente? Probabilmente qualcosa che avevo
nascosto bene
a giudicare dalla tua reazione. Hai gli occhi lucidi e la voce tremante
quando
parli di nuovo.
-Non
posso perdonarmi di averti
ferito così a fondo... Phai...-
Non
ti lascio finire, non potrei
sopportarlo. Mi getto sulle tue labbra come se fosse passato solo un
giorno, ma
il tempo, come già detto, non è importante. E'
una trappola Colin, una trappola
crudele in cui cadiamo sempre e nella quale ci dibatteremo feriti fino
alla
fine dei nostri giorni.
Forse tu riuscirai ad uscirne,
con una famiglia che ti ama. Adesso non lo so, non so nulla se non che
le tue
labbra sono sulle mie. Le mordi, piano, poi apri la bocca e la premi
sulla mai
quasi a volermi soffiare dentro la tua anima ed io ricambio. Ogni tanto
la tua
lingua si insinua a lambire la mia, timida, sofferente, per poi
ritrarsi
spaventata dalle conseguenze. E mordi, di nuovo. E mi accarezzi la
guancia e i
capelli, ancora e ancora.
Sono una bambola adesso, un pezzo
di stoffa che le emozioni rischiano di far strappare e che si affloscia
sui
tuoi gesti privo di volontà. Mangiami, usami. Solo tu puoi
farlo.
Ancora non conta il tempo quando
mi stacchi da te con decisione e mi fissi. Negli occhi colpevolezza,
paura,
smarrimento ma io riesco a leggere solo la parola "abbandono".
-Jared...
sto per sposarmi-
Scuoti
la testa come a volermi
chiedere scusa ed io non posso non assecondarti. Sarebbe più
facile urlarti
dietro, dirti che sei un bastardo egoista, che mi hai sempre usato solo
quando avevi
bisogno di affetto
e che non ti sei
preoccupato mai delle conseguenze che potevi procurarmi. Sarebbe
liberatorio
invitarti a riflettere sul perché non riesci a resistermi,
sul perché cerchi le
mie labbra. Sbatterti la verità e le tue paure davanti. Una
soddisfazione che
non mi toglierò mai.
Ti amo troppo per farti questo,
per toglierti il tuo Efestione.
-Lo
so, non è successo nulla.-
Ti
sorrido accarezzandoti una
guancia. Avrai sempre bisogno di questo, l'ho capito nell'istante in
cui ti ho
conosciuto ed io, ormai immerso in questa storia fino al collo, non
posso non
aggrapparmi all'unica parte di te che posso avere.
-Bro'
dove diavolo sei stato? Non
farmi mai più preoccupare così!-
Shannon
mi si getta incontro
appena rientro in casa, seguito da Tomo che sorride dubbioso notando le
mie
occhiaie pronunciate.
-Cristo
Jay, trattenere tuo
fratello è stata una tortura!-
Sorrido
ad entrambi, fingendo al
massimo della mia bravura.
-Scusate,
avete ragione. La festa
è stata proprio bella. Ora però ho bisogno di
sdraiarmi, credo di aver bevuto
un po' troppo.-
Lancio
un occhiolino tremolante e
mi chiudo in camera, lasciandoli perplessi nel corridoio.
Non appena la porta si richiude
alle mie spalle, le gambe iniziano a tremare. Mi trascino verso il
bagno a
tastoni poichè le lacrime mi offuscano la vista e, per
quanto sbatta le
palpebre, non riesco a mandarle via. E' tutto confuso, tutto
aggrovigliato.
Mi chino sul water e vomito fuori
le mie emozioni. Una volta, due volte, tre volte, quattro...
Finché tra tutte
le linee salate che mi dipingono gli occhi, non riesco a scorgere del
rosso.
Efestione deve uscire. Mi infilo
due dita in gola ed il dolore del quinto conato quasi mi fa svenire.
Efestione
deve andarsene. Ma tutto quello che esce è sangue, soltanto.
Lo sento piangere
dentro il mio stomaco, implorandomi di liberarlo, di liberarmi.
Mi alzo. Le guance si rigano di
lacrime, sulle labbra un rivolo si raggruma. Barcollo appoggiandomi al
muro, la
testa che gira vorticosamente, il tuo nome che mi rimbalza nel petto.
E laggiù nello scarico, coperto
dal mio stesso sangue, Alessandro mi sorride dolcemente profumando di
Marocco.
Lo guardo, scosso da un muto singhiozzo.
Quello stesso
Alessandro che tu stesso hai lasciato morire.
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