You're just like a crimson rose
Il sole, alto nel
cielo, illuminava il grande giardino di villa Trancy, dove una persona
tutta sola era intenta ad occuparsi dell’area dov’erano
stati piantati grandi cespugli di rose rosse, ora in piena fioritura.
Impugnando un grosso paio
di cesoie, Claude si dilettava nel potare le siepi cosparse di quei
meravigliosi fiori scarlatti che gli ricordavano in modo tanto vivido
il sangue. Le rose erano qualcosa di assolutamente sublime da
contemplare: possedevano un certo fascino proibito e pericoloso di cui
tutti gli altri fiori mancavano.
Tagliò un rametto
sporgente e si soffermò ad osservare un bocciolo poco distante:
alla sua “vista superiore”, i suoi petali apparivano
semplicemente come velluto rosso modellato dalla natura per
trasformarlo in un’eccelsa opera d’arte.
La prese tra le mani con delicatezza, osservandola con il suo consueto sguardo freddo, indifferente.
«Sono la rappresentazione dei demoni sulla terra» commentò tra sé e sé, quasi casualmente, passando a potare un’altra piccola porzione di siepe.
Era un passatempo, quello,
cui si dedicava più che volentieri, nei momenti in cui il suo
signore non richiedeva la sua assidua presenza al suo fianco - ovvero
in occasioni più uniche che rare. Il perché era piuttosto
banale: stare in giardino, attorniato solo dalle “incarnazioni
floreali” della sua demoniaca essenza, lo rasserenava alquanto.
Tagliando qui e tagliando
là, il tempo iniziò a scivolare via senza che lui se ne
accorgesse, come se fosse circondato da una sorta di bolla esterna a
tempo e spazio.
Il sole moriva
sull’orizzonte. Il cielo era striato da molteplici strisce
sovrapposte di colori e tonalità che andavano dal giallo
splendente allo scarlatto.
Claude, nel potare un
ramoscello, trinciò inavvertitamente anche una rosa, che
precipitò silenziosa nel vuoto, fino a toccare il suolo, dove
giacque, come morta.
Il maggiordomo
inclinò lievemente la testa per osservare il fiore, lo sguardo
duro ed inflessibile come sempre. La sua attenzione si focalizzò
sul bocciolo caduto solo per pochi secondi, prima di tornare sulla
siepe, che riprese a potare, imperturbato.
Sembrava un re senza misericordia che abbandonava un suddito al quale aveva arrecato un danno irreversibile per errore.
«Dovresti prestare più attenzione quando maneggi le cesoie: le rose sono fiori delicati».
L’espressione neutra
del maggiordomo dei Trancy non mutò affatto neppure quando si
volse verso la figura che era comparsa al suo fianco, che stava
accarezzando dolcemente con le lunghe dita affusolate i petali della
rosa caduta.
«Sebastian Michaelis. Che cosa ci fai qui?» chiese, apatico.
«Obbedisco agli
ordini impartiti dal signorino» replicò l’altro,
senza perdere tutta la sua tranquillità - né tantomeno
smettere di carezzare il fiore.
Lo sguardo di Claude mutò impercettibilmente, mentre si voltava di nuovo per riprendere ad occuparsi della siepe.
«Il conte Trancy
è nella villa» rivelò con tutta calma, tagliando
grossolanamente un altro ramo, quasi decapitando un’altra povera
rosa indifesa.
«Un maggiordomo non dovrebbe tagliare in modo tanto approssimativo» lo ammonì Sebastian.
Prima che potesse dire o
fare qualsiasi altra cosa, Michaelis gli tolse di mano le cesoie ed
iniziò a ridefinire meglio qua e là tagli che non lo
convincevano pienamente.
Claude,
nell’osservarlo lavorare, colse non solo la dedizione con cui
stava svolgendo il compito, ma anche - e soprattutto - il suo sguardo:
le sopracciglia erano inarcate nell’espressione tipicamente
rilassata di chi affronta un lavoro già fatto migliaia di volte
con tranquillità e disinvoltura assoluti.
Quando il maggiordomo dei
Phantomhive si sporse per tagliare un ramo più in alto, il suo
viso si accostò di molto ad una grande e bellissima rosa.
«I suoi occhi hanno lo stesso colore» commentò tra sé Claude, sorpreso addirittura d’essere riuscito a formulare un simile pensiero.
Il suo modo di muoversi
attorno alla siepe e di tagliare i rami sporgenti aveva un che di
estremamente aggraziato ed elegante, quasi ultraterreno - cosa ovvia,
data la sua natura demoniaca - da lasciarlo perplesso, oltre che
estasiato, in un certo senso.
La sua bravura era
eccezionale e non poteva neanche negare che possedesse un certo
fascino, benché non fosse propriamente “sano” -
sessualmente parlando - che un uomo desse dell’affascinante ad un
altro uomo.
«È come una rosa scarlatta: proibito, pericoloso ed immerso nel sangue»
commentò di getto tra sé, non potendo fare a meno di
paragonarlo ai “loro” fiori e, in effetti, la similitudine
non era poi molto lontana dalla verità.
«Perché noto certe cose?»
rifletté un istante dopo, cercando di riacquisire una certa
parvenza di serietà: non poteva permettersi di perdere la faccia
in quella maniera, con certe osservazioni poco pertinenti - e virili -
nei confronti di un altro demone.
«Ah...!».
Il sussurro che
sfuggì dalle labbra di Sebastian lo distrasse dai suoi pensieri
e riportò la sua attenzione su di lui, in particolare sul
rigagnolo scarlatto che era comparso trasversalmente lungo il suo
indice destro.
Al vedere quel sangue, l’unico pensiero che Claude riuscì a formulare fu un: «Rosso come le rose».
«Ecco: è così
che vanno potate le siepi» disse Michaelis, porgendogli di nuovo
le cesoie, avvicinando il dito ferito alle labbra e leccandone la linfa
che stava rapidamente scendendo lungo il palmo.
Faustus riuscì a
rimanere fermo ad osservare la sua lingua passare lentamente e
morbidamente sulla sua ferita solo per pochi istanti, prima di
allungare una mano e prendergli il polso, allontanandolo dalle sue
labbra.
«Claude...?» domandò Sebastian, inarcando un sopracciglio con fare perplesso.
Quello abbassò gli
occhi e distolse lo sguardo, come se fosse stato ferito
nell’orgoglio dal richiamo appena ricevuto, ed in effetti era
così: si pentiva di essere intervenuto senza un logico motivo.
Perché gli aveva
impedito di continuare a tergere in quel modo il sangue? Perché
non aveva semplicemente preso le sue cesoie e se ne era andato senza
dire una sola parola?
Forse il motivo era - molto
banalmente - che vederlo passarsi la lingua sulla mano in quella
maniera gli ricordava in modo incredibilmente vivido un gatto. Un
bellissimo e misterioso gatto nero ferito che lo affascinava.
E mettere in una stessa frase i termini “Sebastian
Michaelis”, “se stesso” e “affascinava”
era una cosa che gli dava una sensazione di disagio per il senso
complessivo che avrebbe assunto l’affermazione.
Eppure - e ciò lo spaventava letteralmente, benché non
trasparisse dall’atteggiamento - non era la prima volta che si
trovava ad osservare quanto Sebastian, nel complesso, lo affascinasse:
aveva un carattere tutto particolare anche - e soprattutto - per gli
standard dei demoni ed un’eleganza ed una compostezza più
uniche che rare.
«Un vero maggiordomo non si lecca le ferite» asserì
dopo un po’, cercando di riacquisire una certa normalità
agli occhi dell’altro, senza però staccare i propri dal
terreno.
Senza che Faustus lo notasse, Sebastian increspò le labbra in un sorriso, socchiudendo gli occhi.
«Hai ragione»
ammise, svincolandosi gentilmente dalla sua presa «Allora
sarà meglio tornare dal signorino e fasciarla come si
deve» aggiunse.
Detto ciò, gli diede le spalle e si allontanò, scavalcando con un agile balzo felino una siepe in lontananza.
Claude si limitò a fissarlo, lo sguardo che aveva recuperato la sua consueta indifferenza.
«Non gli era stato ordinato di entrare a spiare il conte Trancy...?».
Angolino autrice
Oki, questa è
la prima fic che scrivo su loro due -////- eppure mi sentivo in dovere,
quasi, di scriverla. Perché come pair mi sembrano interessanti -
e poi perché io insieme li adoro.
Ho cercato di mantenere
quanto più possibile l'IC, ma dubito fortemente di esserci
riuscita in pieno, comunque lascio al pubblico giudicare.
Ringrazio sentitamente in anticipo chiunque vorrà commentare.
F.D.
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