eterno rivale
Nel
mondo esistono molti mali come la gelosia, l'invidia, l'odio. Molti
dei mali hanno origine dal cuore, sono bestie senza età che crescono
in noi come corpi estranei, per poi possederci col tempo, diventando
quello che non vorremo mai essere: bestie senz'anima, cuori vuoti,
persone senza coscienza.
Io
ero diventato uno di questi.
Vent'anni
fa io e lei ci incontrammo per la prima volta nel nostro villaggio
intenti a lavorare nei campi e a creare un nuovo futuro: eravamo
appena entrati in un periodo di pace che secondo i re sarebbe rimasta
in eterno. Non ci volle molto tempo prima che noi due diventassimo
grandissimi amici nonostante le nostre differenze; nel giro di poco
tempo diventammo vicini come fratello e sorella e la nostra relazione
sembrava quasi consanguinea, tanto che ormai le venivo incontro per
ogni motivo. Ormai eravamo inseparabili: eravamo sempre in
combattimento, eravamo sempre a sfidarci, eravamo sempre a parlarci
contro e sopratutto eravamo sempre l'uno contro l'altro per ogni
stupido motivo, come ogni bambino esistente nel mondo.
Vi
era una maggiore differenza tra noi due comunque: io ero un uomo, un
umano, mentre lei era un elfa, un essere “immortale”, e
nonostante le nostre due razze fossero finalmente in pace il sangue
scorreva ancora malvolentieri tra le strade, per motivi di razzismo o
semplicemente per reciproco odio; da piccolo pensai solo che le
uniche differenze erano solo per le orecchie e il loro inusuale
colore della pelle ma col tempo avrei capito cosa volesse dire la
parola odio. Ma noi, io e lei, eravamo diversi: non vi era odio, non
vi era rancore, i nostri lividi erano i marchi della nostra grande
amicizia, i nostri litigi il segno che il nostro amore era cresciuto
insieme, e i nostri scambi di desideri furono l'apice della nostra
relazione, provando per la prima volta il vero amore e il vero
desiderio di avere lei al mio fianco, non importava le opinioni dei
miei consaguinei.
...ma
ero a conoscenza della debolezza di quella pace...
Elfi e umani erano nuovamente in guerra, dopo meno di un decennio di
pace: interi villaggi furono liberati dagli elfi, violentemente
uccisi dai nostri soldati o torturati fino alla morte; simil sorte fu
anche per i nostri villaggi, totalmente spazzati via dalla loro
grande e disperata potenza. In quel momento seppi della notizia
della sua fuga dal nostro villaggio e che sarebbe stata portata via
insieme alla famiglia. Cercai di fermarli e di prenderla con me, di
portarla ovunque, in qualunque posto che non sia lontana da me, ma la
vidi sui carri, piangente, mentre mi vide correre verso di lei mentre
tentavo di fermare la corsa.
Alla fine, l'ultimo sguardo di lei fu di una ragazzina piangente, che
mi implorava di fermarla, di tenerla con se. Ma anche lei se ne andò,
insieme a tutti gli altri elfi del villaggio, lasciandomi da solo a
piangere quella terra che una volta chiamavamo insieme “casa”.
La
guerra continuava e il nostro re era deciso a vincere, reclutando
chiunque potesse combattere, chiunque avesse voluto ottenere la
vittoria; come ovvio noi giovani uomini eravamo molto richiesti,
siccome le donne non erano ammesse, ma sapevo del contrario nei
confronti del nostro nemico, che reclutava anche donne, spesso agili
e molto potenti quasi più degli uomini, e inoltre venni a conoscenza
che avevano persino una imperatrice, cosa molto stramba persino per
noi, assidui sostenitori della generazione patriarcale; oltre a tutto
ciò, non sapevamo molto dei loro piani, se non sopravvivere e
nonostante passò del tempo ancora oggi non avevo idea della ragione
della guerra, ne tanto meno la gente comune.
Ma
non aveva alcuna importanza: la fine della guerra fu una delle tante
cose che non vidi.
Un
altro decennio passò e la guerra era ormai nel momento più cruciale
della sua campagna, con noi in netto vantaggio rispetto ai nostri
nemici; francamente, non mi fece alcun risentimento, non mi importava
se vincevamo o perdevamo, non era il mio volere combattere contro di
loro: lo facevo solo perché sapevo che un giorno avrei incontrato il
peggiore dei miei nemici.
E
quel giorno eventualmente accadde, dopo un decennio di attesa.
La
vidi in mezzo alla nebbia che nascondeva i cadaveri dell'ultima e
sanguinosa battaglia, con migliaia di morti tra elfi e umani insieme.
L'aria era fredda e difficilmente si vedeva l'orizzonte,
difficilmente vedevo qualcosa, ma fui in grado di vedere benissimo le
sue forme e il suo viso, il suo corpo forte, i suoi magnifici capelli
argentei legati tutti assieme e i suoi occhi color gialli, con in
mano la sua spada e avente con se la sua scintillante armatura verde
foglia; lei riuscì a guardarmi e a vedermi per bene, capendo che ero
io nonostante portassi con me la mia armatura color cremisi e la mia
lancia sporca del sangue dei suoi compagni elfi.
Mentre
mi toglievo lentamente il mio elmo, mentre lei si lasciava andare i
suoi lunghi capelli ci incamminammo l'un l'altro, con i nostri
sguardi incrociati e pieni di forza, con i nostri respiri come unico
rumore di vita in quel campo coperto dei cadaveri, con i nostri passi
ad essere l'unica cosa in movimento.
“Vattene
ora, umano, e ti risparmierò la vita!”
“Non
posso, elfa, sei un nemico per la mia gente”
“Non
mi tirerò indietro, anche se eri mio amico...”
“Non
lo fare, non è da te, amica mia”
All'ultima
parola scoccata i nostri passi divennero rapidi fino a correre contro
l'un l'altro, con la mia lancia pronta a colpire e la sua spada
pronta a uccidermi, accompagnati dai nostri gridi di guerra affinchè
ci accompagnassero al colpo vittorioso, e dai nostri sguardi, che per
la prima volta dopo tanto tempo si erano incrociati, come accadde
tempo addietro...
E
vi fu il colpo.
Rimanemmo
in piedi, schiena contro schiena, con i nostri respiri che lentamente
si facevano sempre più lenti e deboli e le nostre carcasse sempre
più tremanti, mentre attendevamo che uno di noi cadesse a terra. Fui
io il primo. E lei mi raggiunse.
“Perchè
non potevamo andarcene via, insieme, come tu mi dissi tempo fa...”
“Ho
fallito, non sono riuscito a portarti via da quel carro”
Mentre
i nostri lamenti di dolore aumentavo vidi dei soldati nemici arrivare
nella nostra direzione, senza però notare la mia mortale ferita e
senza darmi alcun interesse. Andarono direttamente verso la mia
nemica in fin di vita e cercarono di aiutarla ad andarsene, sentendo
di una ritirata o qualcosa che nel mio stato non mi feci alcuna
importanza. Ma sentii una resistenza da parte di lei, la sentii
gridare di lasciarla andare, la sentii dire di lasciarla morire in
pace, che ormai non vi era niente da fare. E non mentiva, la
conoscevo da una vita, e in quel momento i soldati che tentarono di
aiutarla svanirono nella nebbia. In quel momento la sentii nuovamente
muoversi, si trascinava a malapena con i piedi e con le mani, tentò
di muoversi disperatamente, tentò di strisciare per arrivare: tentò
di arrivare a me.
Sentii
l'ultimo grammo di forza rimasta in lei mentre si fece cadere accanto
a me, vicino al mio braccio; tentò di girarmi verso di lei ma non
aveva più forze nelle sue ossa ormai danneggiate, decidendo i fare
io lo sforzo ora di andare da lei, muovendomi vicino al suo corpo
ormai privo di forze. Incredibile: dopo anni lontani finalmente
riuscii finalmente a vedere il suo bellissimo viso, intriso di
lacrime di gioia, con il suo sorriso che non riuscivo più a
immaginarlo, se non nei miei sogni; e le sue orecchie lunghe e
appuntite, come sempre lo erano state, ma con alla base un piccolo
orecchino fatto da me e che le ho regalato per il suo quindicesimo
compleanno.
“Sei
sempre stata dura e cattiva con me”
“Sei
sempre stato testardo e perfezionista”
“Sei
sempre stata il mio desiderio e la mia ragione di vita”
“Sei
sempre stato l'unico volermi veramente con te”
Sentivo
lentamente le sue braccia diventare deboli, mentre il suo viso e i
suoi occhi diventavano più lucidi e il suo battito sempre più
debole.
“La
paura...non c'è più...”
Cercai
di tenerla vicina a me, cercai di tenerle stretta la mano, cerca di
non lasciarla da sola un altra volta; tremava dalla paura, sentivo la
sua ansia, ma appena le strinsi per l'ultima volta la mano il suo
corpo smise di tremare, sentendo per l'ultima volta la sua mano
stringere la mia mentre tentò di sussurrarmi qualcosa: capii solo
“Grazie”, per poi sentire la sua vita lasciare la mia mano
E
io la seguii
Nel
mondo sapevo che esistevano molti mali, come la gelosia, l'invidia,
l'odio...e io non ero da meno: ero la bestia dell'orgoglio, avevo
ucciso per questa ragione. Era la persona che amavo, la persona che
temevo.
Il mio eterno rivale.
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