IL
TIPO
FIGO
Come
lo aveva chiamato Tamaki.
Quello
intelligente, calcolatore e sempre pacatamente
distante; magari quello alto e snello, la personificazione
dell’organizzazione
con la sua sorprendentemente elegante abitudine di sistemare gli
occhiali prima
di una spiegazione forse troppo complicata.
Per
lo più, una definizione non
alla portata di Tamaki.
Kyouya
si occupava dei retroscena dell’Host Club: il numero
delle sue clienti era molto inferiore rispetto a quello degli membri e
lo sapeva
perché era lui ad
occuparsi dei
numeri.
Le
sue poche ammiratrici erano coscienti della sua posizione
quale tesoriere del club; faceva il prezioso,
o almeno dava loro quest’impressione.
Il
tema di quel giorno era La casa delle bambole.
Per
quanto pacchiano potesse sembrare, bere il the
affiancati da peluche e principi azzurri riscuoteva ancora un certo
successo;
Honey abbracciava il proprio coniglietto, mentre Takashi lo teneva
sulle gambe
perché il suo posto era occupato da un enorme
scimpanzé.
Ovviamente,
Honey era stato vestito con un costume da
orsetto lavatore, giusto per andare in contro alle pretese della
sceneggiatura.
All’ombra
di una colonna di granito, Kyouya si segnava
mentalmente di trovare un fiocco da sistemare al collo di Tamaki per
una
prossima occasione.
Tutto
alquanto noioso, se non per il fatto che Haruhi era
particolarmente indispettita di dover vestire un costume da bambola di
porcellana, con tanto di parrucca a boccoli e rossetto pesante.
Lui,
il tipo figo,
non era adatto a quello scenario.
Si
chiese se Tamaki si fosse accorto che era alle sue
spalle.
Poggiò
delicatamente una mano sul suo braccio per palesare
la propria presenza, lasciandolo quindi continuare a sproloquiare.
Prestando
un orecchio alla conversazione, finì solo per lasciarsi
trascinare dai ragionamenti poco coerenti e illogici di Tamaki riguardo
all’odierno romanticismo: le parole dolci venivano sminuite
da labbra disoneste
e indegne, i gesti passionali rivelavano oltraggiosi doppi fini e altre
chiacchiere tutt’altro che
realistiche.
Spesso
Kyouya si trovava a chiedersi come quel ragazzo potesse
essere tanto sfrontato da condannare altri per crimini che lui stesso
commetteva.
«
Perdona l’ardire Tamaki, ma devo dissentire: se non vi
fossero tanti seduttori
a metterle alla prova, non pensi che le donne svaluterebbero
l’Amore
scambiandolo per altro? »
«
Mai. Le donne non corrono il rischio
di
confondersi in simili occorrenze. I sentimentalismi solo il loro
più grande
sfizio… dico bene, mie dame? »
Una
leggera risatina accompagnò la voce incantevole del biondo,
il quale volle
renderle partecipi alla conversazione in qualche modo. Un Host non
avrebbe mai
fatto sentire una donna esclusa.
«
E
dunque credi che i donnaioli siano alla stregua di delinquenti, per
questo loro
passatempo? »
«
Non
per niente il nostro unico scopo è quello di rendere ogni
donna felice, Kyouya:
semmai incontreremo qualche playboy in compagnia di una delle qui
presenti,
dovremo entrare in azione e allontanarlo con ogni mezzo. »
«
Certamente, ma se la felicità di una donna risiedesse
nell’essere importunata
da qualcuno che è intenzionato a trattarla poco gentilmente?
»
Doveva
stare attento a come parlava, Kyouya lo sapeva. Era sconveniente per un
Host
mostrare alle altre signorine punti di vista maschili che difficilmente
interessavano loro.
«
Mh…
Ne esistono? » Tamaki era avvezzo a reggere il gioco invece.
«
E
se così fosse, cosa dovremmo fare? Lasciare che la nostra
protetta soffra per
il suo amore non corrisposto oppure aprirle gli occhi e mostrarle la
cruda
verità prima che si faccia del male? »
Gli
occhiali del moro erano in controluce, ma gli parve di scorgere il suo
sguardo
volgersi alle presenti; al chè Tamaki sussultò.
«
Non
vi preoccupate, Ootari. Non esiste alcun genere di corrispondenza tra
uomo e
donna: nessuna fanciulla lo permetterebbe mai, se ben si addice al
nostro
status sociale. »
L’asciutta
risposta giunse da una delle accompagnatrici più altezzose,
la quale aveva
deciso di intervenire in favore del proprio Host; le altre, ovviamente,
annuirono
concordi. In Kyouya questo suscitò una certa
irritabilità, anche se non lo
diede a vedere.
«
Perdoni i miei irrispettosi commenti, signorina. Dovrei tenere a freno
l’immaginazione, conoscendo ben poco le mie controparti
vergini. Terrò bene a
mente le vostre parole. »
Si
piegò in un distinto inchino, scostando il mantello purpureo
di cui era stato
dotato per interpretare la parte del cavaliere misterioso;
lasciò quindi il suo
pubblico con un pretesto plausibile prima di venir ulteriormente
turbato dall’atteggiamento
altezzoso di quella ragazza.
Kyouya
sapeva quand’era il momento di uscire di scena e quando
invece quello di
presenziare: non per niente, il tipo figo
aveva costantemente il controllo delle situazioni e
dell’ambiente che lo
circondava.
Forse
per questo riusciva così bene a fottere sempre il tipo seducente.
«
Oggi hai tenuto un discorso per niente da te, Kyouya. »
«
Ahan… »
«
Le
fanciulle con cui ero seduto poco fa sono rimaste inebetite dalle tue
profonde
constatazioni, sai? »
«
Mh.
»
Tamaki
sollevò uno degli scatoloni contenente i costumi e i trucchi
per la sceneggiata
dello stesso giorno, mentre l’altro lo ascoltava
distrattamente e allo stesso
tempo riportava il materiale in un elenco alquanto dettagliato e
minuzioso.
«
Rimani comunque tu il migliore, nevvero King?
»
«
Certamente! Non per niente mi chiamo così! »
Aveva
forzato Tamaki ad aiutarlo nella catalogazione degli effetti
appartenenti al
suo club, così da potergli parlare.
«
Quanto pesa…! »
Avrebbe
potuto scegliere un qualsiasi altro momento con le sue
capacità di
organizzazione, ma aveva scelto per puro capriccio.
«
Per
un momento ho quasi creduto che dicessi veramente. »
«
Pesa sul serio, Kyouya! Potresti anche darmi una mano! »
«
Non
parlavo di quello, idiota. E poi ho le mani occupate, come vedi.
»
Tamaki
lo degnò di una fugace occhiata, notando che effettivamente
stava scrivendo con
una mano e sorreggendo un tabulato da compilare; il consueto brillio
delle
lenti perennemente in controluce.
«
E
allora di cosa, sentiamo? »
Alla
fine aveva trascinato lo scatolone con poca grazia sino
all’altro angolo della
stanza, chiedendosi perché non avesse chiesto aiuto a Mori
Takashi anziché a lui.
«
Mi
riferivo alle tue parole, al modo in cui hai parlato dei cicisbei a cui
ci
atteggiamo… come se noi non lo fossimo per professione.
»
Portò
una mano al volto, aggiustando i propri occhiali da vista ed eliminando
quel
fastidioso luccichio che non permetteva al suo interlocutore di
scrutare gli
occhi nocciola.
«
Un
colpo duro per chi, come me e te,
persegue
il mestiere di Host. Forse persino un tantino presuntuoso, se permetti.
»
Kyouya
si scansò dal muro a cui era appoggiato, avvicinandosi a lui
con movimenti fin
troppo meccanici.
La
sua cravatta era leggermente sfatta e Tamaki allungò le mani
per aggiustargliela
premurosamente; fu a quel punto che capì e sorrise.
«
Tu
pensi che io mi stia beffando delle mie ammiratrici, dando loro false
speranze?
»
Il
castano gli afferrò il mento tra le dita, portando la sua
attenzione nuovamente
sul suo viso.
«
Stai
promettendo loro una favola e un sentimento che non
provi, per quanto bravo tu possa essere a fingerlo. Come Honey,
Haruhi, Mori, Hikaru, Kaoru e me, fai del tuo meglio per renderle
felici… ma
non hai capito che loro si immedesimano meglio di te. Devi stare
attento a cosa
pretendono. Tu non sei una prostituta come loro, questo lo so per
certo. »
«
Cosa…?
»
«
Non
ti avrei mai supportato se lo fossi stato… »
Tamaki
ricordò che, in effetti, tra le molteplici
difficoltà che avevano incontrato,
Kyouya era sempre al suo fianco per nutrire la sua speranza.
Faticò
ad indietreggiare quando poi si accorse del viso di Kyouya che avanzava
verso
il suo. Cedette alla tentazione di mugugnare appena quando poi il
contatto
avvenne.
Abbandonò
la mano che prima stava armeggiando con la cravatta per spostarla sulla
spalla
di Kyouya, mentre l’altro lo rendeva maggiormente partecipe
con le sue labbra.
Tamaki
era troppo innocente per considerare la propria attività
pomeridiana come un
teatrino, che per altro lo voleva protagonista, inscenato per un
pubblico di fanciulle
falsamente incorruttibili.
Così
com’era altrettanto ingenuo da credere che la cravatta si
fosse allentata da
sola; inoltre solo un sempliciotto avrebbe creduto che lui fosse
preoccupato
per le giovani che entrambi intrattenevano.
Svendeva
il proprio romanticismo a creature che riteneva meritevoli per il
semplice
aspetto esteriore, un fattore puramente naturale e casuale.
C’era
il 50% di ricevere il cromosoma Y; Kyouya non poteva realmente
considerarsi
sfortunato con una percentuale del genere.
Con
l’altra mano afferrò e strinse la cravatta del
biondo, mentre penetrava la sua
bocca con la lingua rudemente. Sbottonò il primo bottone
della giacca
scolastica del proprio compagno, poi anche il secondo e il terzo.
La
differenza tra il tipo figo e il tipo seducente era
nell’abbigliamento, a ben guardarli.
Kyouya
aveva la cravatta allacciata e perfettamente ordinata, in quel
momento…
«
Tamaki, perché hai questo successo con le
ragazze… Lo sai? »
«
Mh?
»
«
Perché alle donne piace
essere
servite e riverite; a loro piace sentirsi creature mistiche intoccabili
e
irraggiungibili; apprezzano soprattutto chi stira i loro
fronzoli… e tu lo fai
splendidamente, contrariamente a me. »
«
Di
che parli? »
Spostò
un braccio verso il basso, facendo scivolare la giacca azzurra
dell’istituto,
per poi posarsi contro la cintura di pelle, finemente lavorata.
«
Io
non sono una ragazza-» fissò i propri occhi scuri
in quelli cristallini del
biondo, sfilando lentamente il pezzo di stoffa che stringeva i
pantaloni alla
vita di Tamaki «-ma apprezzo anche io questo genere di
trattamento. In
particolar modo, da parte tua.
Perciò
regalami l’illusione di corrispondermi… anche se
nel mio caso è più giusto
parlare di realtà.
»
Kyouya
era un grande osservatore, oltre che un calcolatore provetto.
Agiva
senza lasciarsi cogliere da timore alcuno; difendeva a spada tratta
ciò per cui
ne valeva la pena, ma si muoveva nell’ombra
affinché i nemici non sapessero mai
da che parte arrivasse il fendente.
«
Kyouya? »
«
Mh?
»
«
Perché non hai chiamato un’impresa di trasloco o
qualcosa del genere per
portare gli scatoloni nel ripostiglio? »
Il
moro sapeva come manovrare chi gli stava intorno.
«
… »
Il tipo figo sapeva qual’era il
posto
rappresentato dal soprannome che portava. E lo rispettava.
«
Domani insceneremo l’Inghilterra Elisabettiana; ho procurato
il materiale per
la servitù di corte e per la nobiltà
d’epoca. Mi aiuti a portarlo qui? »
«
Grande! Io farò the King!
»
Ma,
dietro le quinte, chi veramente muoveva i fili, rimaneva lui.
Note:
uno ci può sempre provare, non credete?...
dovevo scrivere una KyoTama per poter dire di non saperlo fare.
Ad
ogni modo, ho deciso di betare nuovamente questa one-shot: non
c’erano commenti
e ho potuto dedurne semplicemente che non è piaciuta e,
anzi, trovata ‘senza
possibilità’ XD altrimenti qualche consiglio
sarebbe comunque arrivato.
A
parte questo, non ci sono indicazioni di sorta che servano a una
migliore
comprensione della fic: è semplicemente un momento, uno
sprazzo della loro
avventura come Host.
Spero
stavolta di aver fatto un buon lavoro: sono stata un pomeriggio a
pensare a
come sistemare il macello che avevo fatto… era davvero un
disastro!
13/10/10
Any
Ikisy
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