1 ottobre
Hey Soul Sister! Come va?
Non lo so, non lo sai. Nessuno lo saprà mai...
Dove sei? Cosa fai?
Non lo so, non lo sai. Nessuno potrà mai saperlo.
Ti ricordi, io sì, come fosse ieri- malgrado la mia memoria
pessima- la prima volta che ti sentita suonare?
Quel pezzo era così bello, così armonioso, dolce
che ne rimasi incantata.
Tu suonavi male, o meglio, avevi appena cominciato, e scivolavi spesso
su quelle note, su quegli accordi troppo difficili per le tue mani
così piccole; io ero solo una delle tante persone ignoranti
per le quali tutto quello che non sanno fare e che pure le affascina
è bello a prescindere. Io lo sono ancora.
E tu cosa sei?
Ambiziosa e risoluta, volevi arrivare ai tuoi obiettivi, a volte
assurdi, e non ti fermavi mai. Quasi mai...
Solo la tua pigrizia ti ostacolava. Beato ozio dentro cui ti rintanavi
a pensare a leggere a preparare le argomentazioni alle tue parole ("Io
voglio il confronto! Voglio dare peso e validità alle mie
idee! Voglio SFRUTTARE la mia intelligenza!" Ti ricordi? Lo dicevi
sempre).
Incontrastata pigrizia.
La combattevi instancabile, ma Lei vinceva sempre. E ti arrabbiavi ogni
volta.
Testarda e sensibile, forte e insicura. Tu un ossimoro vivente, il tuo
ricordo una certezza tautologica.
La tua filosofia, che nessuno capiva. La tua cultura, nessuno
saprà mai quanto fosse vasta.
E poi ti ricordi? Quel giorno di Pasquetta, qualche anno fa...
Eravamo sul Noce, nella tua infinita voglio di vivere ci avevi portati
a fare rafting.
Unternehmungslustig, ti definivi, unternehmungslustig.
Imparerò il tedesco solo per sapere il significato di questo
aggettivo impronunciabile.
Mi hai mostrato quella fune, una fune da arrampicata, e mi hai
insegnato a scalare.
A scalare oltre quelle montagne imponenti e ad uscire da quella pianura
monotona che era la mia vita. Mi hai dato la sicurezza che tu
non hai mai avuto...
E ti ricordi di quel falò in Quercia verso la fine
dell'estate?
Impazzivi per quell'odore di legno bruciato e per quelle fiamme che
salivano e danzavano nel cielo.
Ogni volta che mi viene in mente quella sera, mi sembra di sentire
quelle note veloci e allegre che il tuo piano suonava ogni volta che TU
eri felice.
Io sono solo un'ignorante, probabilmente qualcun altro dei tuoi
brillanti amici musicisti riuscirebbe a descrivere meglio la tua
musica, ma non m'interessa.
Ecco che arriva l'Uomo-delle-patatine:
"Ciao ragazze! Cosa vi porto?"
"Due toast e due birre bionde."
"Vi porto quelle dell'Oktoberfest?"
"Perfetto, grazie!"
Ti ricordi dell'Old, il miglior pub della città, il migliore
in assoluto.
Ti ricordi quanto ti esaltavi quando, il sabato sera, la migliore band
acustica della zona, l'unica degna di essere chiamata tale, suonava
alcune dlle più belle canzoni di sempre?
Anathema, Incubus. Radiohead, A Perfect Circle. Coldplay, Alice In
Chains.
Guardavi incantata il tastierista, non tanto per la sua persona, ma
quanto per quello che rappresentava: quelle tastiere sulle quali
avresti potuto posare la tue dita, accompagnata alla batteria dal tuo
migliore amico, che da due anni cercava di convincerti ad entrare nel
gruppo.
Non l'ho più visto, vorrei parlare con lui, capire se anche
lui ha dentro questo vuoto, questa voragine...
Basta, alzo un bicchiere e mi faccio portare un toast in tuo onore.
È stupido, lo so, è stupido, ma non m'interessa.
Lo faccio lo stesso!
Ecco che arriva l'Uomo-delle-patatine.
Sento la tua risata e sento la tua musica.
Bach, Kuhlau. Schumann, Chopin. Enya, Tori Amos.
Mi costringo a non ballare e a rimanere ferma, seduta.
Le gambe tremano, il piede tiene il tempo.
L'Uomo mi guarda, è arrivato il toast.
È ora, questo sembra dire, è ora di lasciarla
andare.
È ora di lasciarti andare.
Lasciarti andare
Ma penso che ti rivedrò ancora.
Non so cosa ci faccio
qui, a casa sua, davanti al suo pianoforte chiuso.
Nessuno lo aprirà più: sua madre non lo sa
suonare -per la musica è negata- e sua sorella non vuole
più provare pezzi accompagnati dal piano da un bel pezzo. Suo
padre certamente non ci farà più i suoi
esperimenti musicali.
Che cosa ci faccio qui, con questa stupida lettera in mano?
Sarebbe forse stato meglio lasciarla al camposanto come tutti gli altri?
No, lei non sarebbe stata d'accordo. lei era atea.
Ascolto il silenzio in questa casa, questa casa un tempo piena di
suoni; pianoforte, chitarre, sax, stereo, rimproveri e baruffe.
Alzo il pesante coperchio: i tasti di ebano e avorio hanno un'aria
triste e abbandonata, come un cane nei mesi estivi.
L'esile peso della carta non produce alcuna vibrazione sulla tastiera.
Abbasso il coperchio.
E me ne vado da quella casa, ora più vuota che mai.
|