Prologo
AUTORE: Unsub
TITOLO: Carry me through your mind
RATING: Arancione
GENERE: sentimentale, introspettivo, erotico.
AVVERTIMENTI: LongFic, Spoiler 5^ stagione
PERSONAGGI: squadra BAU, nuovo personaggio
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me
inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS.
Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: in corsivo sono narrati i pensieri dei personaggi.
Prologo
Non so neanche io cosa mi ha spinto a
venire al funerale della ex-moglie dell’agente Hotchner. Vedo il
team della B.A.U. stringersi intorno a lui e li osservo cercando di
nascondermi dietro un albero. Una volta quella era la mia squadra, ma
ora per me sono semplici estranei.
Sentivo che era giusto venire qui e
presentare le mie condoglianze, ma ora non sono più tanto sicura
di riuscire a guardarli in volto. E se a loro non facesse piacere
vedermi? Mi sento una bambina impaurita di fronte a loro. Probabilmente
neanche si ricordano di me, in fin dei conti eravamo solo colleghi.
Ascolto l’elogio funebre e mi
commuovo mio malgrado. Non conoscevo Haley ma Hotchner ha fatto il
quadro di una persona eccezionale, di una persona indimenticabile. Se
fossi morta io chi avrebbe fatto il mio elogio funebre? Chi sarebbe
venuto al mio funerale? I miei ex colleghi avrebbero avuto lo stesso
sguardo pieno di dolore?
Mi sento più sola che mai.
Haley aveva una famiglia che le voleva bene, io non ho nessuno. Voglio
tornare all’unità, lo voglio con tutta me stessa. Lo
psicologo che mi ha seguito finora mi aveva assicurato che tornare
lì e ricominciare a lavorare potrebbe aiutarmi. Dovevo cercare
di tornare ad una vita il più normale possibile. E poi,
chissà, con il tempo… nessuno sembra in grado di dirlo.
Mi soffermo sui volti del resto del
team. Mi ero procurata le loro schede, anche se nessuno di loro
sospettava di essere osservato. Non avevo cattive intenzioni,
solo… non volevo farmi trovare impreparata. In fin dei conti
erano loro in vantaggio su di me, non il contrario. L’agente
supervisore Morgan poteva decidere di non volermi più in squadra
e di rendermi la vita impossibile. Scruto il bel ragazzo di colore.
E’ veramente attraente, capisco perché molte stagiste e
molte agenti perdono la testa per lui e arrivano a corteggiarlo
spudoratamente.
Il mio sguardo si posa su una bionda
ragazza in lacrime, l’agente Jareau. Sembra molto partecipe del
dolore del suo capo, sembra una persona dolce. Accanto a lei il suo
compagno, Will qualcosa, tiene in braccio il loro bambino. Sembrano una
bella famiglia.
Il mio sguardo corre febbrile, voglio osservare ognuno di loro prima di dover abbandonare la mia postazione.
Ecco Penelope Garcia. Il ragazzo che
le posa una mano sulla spalla deve essere il suo fidanzato.
L’avevo intravisto qualche volta nel parcheggio
dell’accademia. Kevin Lynch, mi pare… tecnico informatico
anche lui.
Emily Prentiss, bella ragazza mora.
So che sua madre è una diplomatica al momento senza incarico, so
che a causa del lavoro di sua madre era cresciuta in giro per il mondo.
Di lei non so nient’altro.
David Rossi, uno dei fondatori
dell’unità. Dopo l’abbandono di Jason Gideon era
tornato per aiutare la squadra e quella che sembrava una soluzione
provvisoria si era trasformata in una sistemazione definitiva. La
squadra è fortunata ad avere un profiler con la sua esperienza.
E per finire… il mio sguardo
corre su e giù in mezzo a quelle figure. Eccolo! Spencer Reid,
anzi il Dr. Spencer Reid. Lui più di tutti sembrava sconvolto
dalla bara che ha davanti. E’un tipo strano, indecifrabile.
Probabilmente questo è dovuto al suo essere un genio, chi
può sapere come funzionava il suo cervello? Poi improvvisamente
lui alza gli occhi e i nostri sguardi si incontrarono per un momento.
Mi nascondo ancora meglio dietro l’albero. Possibile che mi abbia
vista? Poi mi rimprovero mentalmente. E anche se fosse? Che problema
c’era se ero venuta a porgere le mie condoglianze?
Mi affaccio nuovamente dal mio
rifugio sicuro. Lui è tornato a guardare la bara. Forse mi ero
solo immaginata tutto, lui non guardava me. Non mi ha visto o
forse… non gli importa che io sia qui.
Già, il mio problema
fondamentale era sempre lo stesso. Come avrebbero preso il fatto che
tornavo al lavoro? Ma soprattutto quelle voci che avevo sentito in
accademia erano vere? Ho paura di scoprire che quello che si dice sia
vero, ma ho ancora più paura di scoprire che per loro sono solo
una collega che è tornata dopo tanto tempo. E se mi vedessero
come un’intrusa nella loro “famiglia”?
In amore non può esserci
tranquillità, perché il vantaggio conquistato non
è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.
Marcel Proust
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