Vincitrice del primo concorso di fanfic del TorchWho forum,
a tema Time War. Nata anche per il prompt Guanto di velluto della
Treasure Hunt di Fiffi, ma per questioni di anonimato e date alla fine
ho lasciato stare scrivendone un'altra per completare la scheda. Primo
vero tentativo sul fandom, Chi il farfallino ferisce
in realtà era il secondo^^
Disclaimer: mi sembra palese che se
fossero miei ci sarebbe una continuity ferrea, citazioni e
ripescamenti ad nauseam e avventure seriose seriosissime in cui tutti
si annoierebbero un sacco. QED non sono miei, sciò
sciò! (la
continuity ferrea non mi dispiacerebbe, però...)
Nel famoso giorno del graffio sul
naso
Rientrano nel TARDIS
all'ultimo momento, di corsa, come sempre – solo Amy sembra
avere
ancora fiato per imprecare contro i loro inseguitori mentre sbarrano
la porta e, con una certa grazia acquisita, si spartiscono senza
troppi scossoni la messa in moto, fino a scomparire nella sicurezza
del Vortice Temporale.
È solo dopo un tè con le
acciughe che... Beh. Tè per tutti, acciughe solo per lui.
Beh, anche
il tè, in verità. Aveva preparato per tre, ma i
Pond stanno
diventando bravi a trovare impegni improrogabili a ora di merenda,
quando vedono spuntare in cucina qualsiasi cosa non sia pane e
marmellata. Giovani d'oggi, sospira. Così schizzinosi.
È solo dopo
un corroborante tè con le acciughe, quindi, che il Dottore
ha modo
di guardarsi allo specchio. Quando vede la forma del taglio che il
Faskra gli ha lasciato sul naso, sa che è il momento. Quel
momento.
Si scusa coi ragazzi:
faccende private.
No, Amy: non è un amante.
Nemmeno una vecchia zia. Quasi. No, cioè, davvero no.
Questione di
minuti, comunque, e assolutamente nulla di pericoloso, garantisce,
anche se a Rory non sfugge la solennità con cui si toglie
giacca e
farfallino.
Perché ora? Perché si sta
dirigendo solo ora verso quel planetoide minerario,
cinquemilasettechiocciolacentonove virgola ventitrè anni nel
futuro
rispetto all'apice della civiltà Faskra da cui stanno
scappando?
Perché non ha mai avuto una cicatrice fresca a forma di
sedano sul
naso ed è ragionevole pensare che mai più
l'avrà. Questa è la
risposta semplice. Ma davvero, seriamente-davvero, perché
ora? Ha
avuto una vita intera per escogitare qualcosa di simile, senza
conoscere la verità, e non si è mai mosso. Invece
accade ora e non
ieri, ora e non tra due vite. Gli eventi non si mettono in scena da
soli, anche quando, beh, effettivamente lo fanno, ragiona il Dottore
seguendo un copione già scritto. Perché?
Restate nel TARDIS, si raccomanda, poi
si avvia saltando a bassa gravità giù per una
discesa rocciosa,
nella sua migliore imitazione di un astronauta terrestre sperso ma
non troppo.
E Amy resta nel TARDIS, garantito. Per
la precisione, resta nella definizione del TARDIS di “nel
TARDIS”:
prova a estendere la bolla protettiva di qualche metro e la vecchia
signora glielo lascia fare, lo prende quindi come un invito a
sgusciare fuori, unica macchia di rosso vivace sulla superficie
uniformemente bluastra del pianeta.
“Qualcosa da ridire?”, sussurra a
Rory spalancando gli occhi e scendendo di un'ottava. “Sono
nel TARDIS, tecnicamente parlando.”
Rory è rimasto impalato sull'ingresso
ma, tecnicamente parlando, non ha nulla da ridire. Segue sua moglie
dietro alla grossa roccia porosa che nasconde la cabina e si affaccia
assieme a lei, offrendole un binocolo tutto leve e rotelle e qualcosa
che somiglia in modo sospetto a una guarnizione del lavandino.
Probabilmente è una guarnizione del
lavandino, visto che
l'aggeggio non funziona. Aguzzano gli occhi.
Non si aspettano di vedere il Dottore
chino su una figura umanoide, illuminato dalla luce che proviene da
una porta aperta – e sembrerebbe aperta sul nulla, in tutto
quel
blu. Impossibile distinguere l'edificio, anche se Amy e Rory si
trovano a pensare che la luce è accogliente e sa di casa.
L'altro uomo è riverso a terra e
indossa una giacca di velluto verde che potrebbe forse essere
definita vittoriana, certo non passare per la tuta da lavoro di un
centro minerario ai margini della galassia del Triangolo. Tossisce e
si aggrappa al Dottore, che continua a scuotere la testa e lo culla
come un bambino. All'ennesimo colpo di tosse, butta fuori un fiotto
dorato che si disperde nell'atmosfera. Tornando a nascondersi dietro
al masso, Amy si porta una mano alla bocca: ha già visto
quell'energia, la ricorda come se fosse ieri anche se era un'altra
vita, in un altro universo. Forse è un bene che il binocolo
non
funzioni, perché qualunque cosa stia succedendo
là sotto è una
faccenda privata davvero. Forse non è il caso di continuare
a
spiare.
Il Dottore se lo trova fra le braccia e
non sa da che parte iniziare. Si trova se stesso
fra le
braccia, il se stesso del singolo peggior momento di
novecentoefischia anni di vita e non sa da che parte iniziare: questa
rigenerazione ha un modo tutto suo di stare vicino alle persone, uno
che necessita di molto tempo, poco spazio personale e in cui il
concetto di tatto non è nemmeno una variabile presa in
considerazione. 'Poco spazio personale' va bene, visto che deve
sorreggersi per aiutarsi a respirare e sarebbe complesso farlo a un
metro e mezzo di distanza, in preda all'istinto di defilarsi
cordialmente com'è accaduto altre volte. Non impossibile, ma
complesso, e comunque non è quello che è accaduto
quindi
chiudiamola con questa linea di pensiero tipo magari subito ecco
già
meglio. Sul resto bisogna lavorare. Per far sentire alla sua nona
rigenerazione, appena nata dalle ceneri di Gallifrey e rotolata fuori
dal suo TARDIS ancora incosciente, che può ancora esserci
della
gentilezza nell'universo.
“Shhhh”, sussurra con un primo
imbarazzato pat-pat. “Ti ho preso. Respira.”
Resta vicino a se stesso, con la testa
china e bisbigliando a ruota libera tutte le parole di conforto che
gli passano per la testa fintanto che è certo di non venir
ascoltato. Passerà, com'è passato tutto il resto.
Mai del tutto,
come tutto il resto.
“Bentornato fra i vivi. Tranquillo,
non hai niente di rotto”, commenta infine quando si sente
riprendere conoscenza, fingendo il distacco che suppone sia adatto a
uno sconosciuto e sentendo il suo-altro sguardo concentrarsi, ancora
annebbiato, sulla punta del suo-suo naso. Ecco il momento del sedano:
è tempo di andare. Stringe l'abbraccio per qualche istante,
ricacciando indietro le lacrime (gli riesce bene, perché non
si
ricorda di averlo notato), si dà un buffetto sulla spalla e
si
rialza con calma.
“Tutto a posto, compagno. Andrà
tutto bene. Tutto bene.”
Si saluta.
Il paradosso è passato, le domande
restano. Perché si è dovuto travestire
mostrandosi in maglietta e
jeans, come l'umano archetipico di qualunque mondo e qualunque
secolo, almeno dacché sono stati inventati i jeans? Di certo
perché
lo ricorda in una memoria fumosa di due vite fa, una in cui si
aggrappava come se stesse per soffocare ai lembi bruciati di una
giacca sfarzosa, tutto quello che gli era rimasto nella
vastità del
tempo e dello spazio. Ricorda che così si era vestito un
colono
gentile di un mondo tutto blu (lo stesso colore del suo TARDIS, per
coincidenza, e sembrava un buon posto per lasciarsi andare), un
ragazzo allampanato, con una zazzera improbabile di capelli e una
ferita sul naso che per qualche imperscrutabile motivo colpì
la sua
attenzione e sul momento, in un accesso di nostalgia per vite
più
semplici, gli ricordò un gambo di sedano. Non aveva mai
detto il suo
nome.
Ma non solo. Pensa. Pensa, pensa,
pensa. Il tempo svicola, s'impasta e ritorna. Il tempo va in circolo,
ma c'è un picciolo: un motivo a priori, una virgola di senso
che
s'innesta nel ciclo di causalità nulla. E forse lo vede.
Perché, in
quel momento in cui tutto era andato distrutto, un gesto gentile
anonimo poteva diventare il gesto gentile dell'universo intero. Le
parole di conforto di un umano potevano fare da promemoria per tutto
quel pianeta meraviglioso, che orbitava ancora attorno alla sua
stella e avrebbe ancora avuto bisogno del suo aiuto. Perché
“Salve,
sono il Dottore e per inciso sono l'unica persona che ti
rimarrà
davvero vicina almeno per le prossime due rigenerazioni e
mezzo” è
un modo creativo per iniziare una conversazione, ma non il migliore
per dare sostegno a un disperato già troppo indurito nei
resti di
velluto della sua ultima esistenza.
Perché ora? Perché solo ora ha un
graffio a forma di sedano sul naso. E forse perché
parlandogli con
ancora riflesse negli occhi le fiamme e le Orde di Farse, di Intanto
e Mai-Fosse sarebbe affondato con lui. È morto altre due
volte da
allora. Ha chiuso un occhio al passato, poi un altro, poi un cuore
(non diresti mai le volte in cui torna così
comodo averne
due). Oggi, alzando un braccio per salutare i suoi ragazzi riesce
già
ad accennare un sorriso.
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