"Sei pronta Calliope?"
"E
c'è bisogno di chiederlo?"
Ci buttammo
letteralmente nel vuoto. La luna nel cielo era sorprendentemente
grande. A guardarla ti accecavi gli occhi. Ma la visione più
onirica e accecante era quella del Demone che sorrideva eccitato alla
battaglia che si prospettava all'orizzonte della nostra breve ma
intensa avventura.
Io ero una
nomade degli Inferi senza nome nè passato ed ero
sopravvissuta all'oscurità di quella terra maledetta grazie
alla mia continua tenacia. Che non si risparmiava in sporchi e bassi
doppigiochi. A volte mi chiedevo da chi avessi preso, e guardandomi
allo specchio, ogni tanto, cercavo di immaginare il volto di chi mi
aveva messa al mondo, o di chi aveva generato il mio corpo, la mia
essenza, quest'ammasso di carne e ossa, contenitore di un anima che
è a metà strada tra il Nulla e il Divino.
Mentre
precipitavo, e il vento mi carezzava forte i capelli, nella testa si
ripeteva una melodia, che faceva:
Fly away now~
Fly away now~ Fly away!!
E diventava
più forte, sempre di più. Mi accorsi, nonostante
le orecchie fischiassero violentemente, che era Vergil che la cantava.
Come la conosceva? Per la prima volta in vita mia, provai sorpresa,
sgomento e confusione. Strane sensazioni che mi portarono a chiedermi
varie cose su quel demone.
Volevo
parlargli, cosa che non avevo mai fatto. Era difficile iniziare una
conversazione con chi, di solito, dosava le proprie parole come
preziosa acqua nel deserto.
All'improvviso,
la luna venne oscurata da un onda, che sibilando minacciosa, si
piegò nella nostra direzione.
I cattivi non
si erano fatti attendere a lungo, pensai.
Girai il mio
corpo, afferrai le due katane appese alla cintola e sferrai due
fendenti. La pericolante torre di mostri e demoni si spezzò,
si piegò e poi cadde. Urla atroci e non umane si dispersero
nella notte di quel cielo che si era dipinto di rosso e nero.
"Nice shot." Si
complimentò Vergil.
Sorrisi e,
facendo leva con il bacino, mi spostai verso il muro cementato di
colore grigio, anonimo nella sua immensità, in rovina come
tutte le cose esistenti negli Inferi.
Stridetti con
il tacco degli stivali fino a quando non fui in grado di correre con le
mie gambe per l'intera discesa.
"Cosa fai?"
Chiese il demone.
"Adesso
vedrai."
Corsi ancora un
altro pò, rallentando, e poi invertì
letteralmente il corpo. Lo scossone provocato schioppettò
nell'aria, provocando un eco, come se si fossero frantumati mille
cristalli di ghiaccio e vetro. Cominciai a correre verso l'alto e mi
liberai del cappotto, che mi impediva i movimenti. Posata una katana,
occupai l'altra mano con una pistola. Per poter distruggere
quell'ammaso di malvagità che invadeva il cielo, dovevo
colpire direttamente al cuore. Era ancora un tantino lontana e aumentai
il passo, ma sembrava che più la rincorressi, più
la bestia si allontanasse. Forse aveva intuito le mie intenzioni.
"Tsk!" Stavo
perdendo fin troppo tempo.
E poi, come un
fulmine azzurro nel bel mezzo del buio accecante, sentì
Vergil alle mie spalle e senza esitare, mi prese di peso tra le sua
braccia.
"..!?!" Non
riuscivo mai a reagire prontamente quando mi ritrovavo in situazioni
imbarazzanti. Speravo solo che non si fosse accorto di quanto mi aveva
fatto accorciare il fiato.
"Sembri in
difficoltà. Lascia che ti aiuti." E continuò a
correre, nonostante mi aveva preso in braccio e sulla sua spalla c'era
poggiato il mio cappotto, che da solo pesava già una
cinquantina di chili.
Mentre guardavo
il suo viso, più bello di una statua greca, perfetto, senza
alcun segno dato dal tempo o dalle battaglie, capì al volo
le sue intenzioni.
"Incrocia le
mani."
Vergil mi
scrutò con il tipico sguardo di raccomandazione che solo lui
sapeva fare. Ricambiai con un sorriso. Rimisi a posto le armi e attesi
che il Demone facesse ciò che gli avevo chiesto.
Un urlo
spaventoso provenne dalla creatura, mentre mi preparavo allo scontro
ravvicinato. Mi aggrappai più forte che potevo alle spalle
del demone, lui incrociò le mani e poggiai con entrambi i
piedi sui suoi palmi bianchi come neve.
"Sono pronta!"
Vergil non mi
augurò buona fortuna, non era necessario.
Mi
sollevò con tutta la sua forza e mi ritrovai a mezz'aria. Mi
stavo avvicinando sempre di più al nemico. Sguainai la
katana e impugnai la pistola.
In quel momento
il tempo sembrò rallentare. L'aria continuò a
fischiare nelle orecchie, annullando tutti i suoni, anche quelli
più impercettibili. Scaricai la cartuccia della pistola sul
mare di carne e occhi rossi che avevo davanti, per creare un varco. Una
volta superata una prima "barriera", la katana fece il resto.
Sibilava ad
ogni fendente. Lo scintillio della lama creava dei riverberi sui visi
deformi e ormai irriconoscibili di quelli che una volta erano uomini,
demoni bellissimi, angeli di una Terra Promessa. Peccatori e anime
sudice che non facevano altro che piangere per le loro pene e vergogne.
Quando arrivai
al cuore, non credetti ai miei occhi.
Era un
cristallo nero. Lucente, simile nella forma e nel taglio a quello che
possedeva Vergil. Pareva avesse mille facce, dove i colori, inermi
nella loro natura, venivano catturati e incastonati nel suo riflesso.
Mescolandosi insieme, davano quel colore nero lucido che rassomigliava
ad un paio di occhi felini, pronti ad afferrare la sua preda.
Lo tagliai.
La bellezza di
quel pezzo cristallino mi aveva fatto sperare che ci fosse qualche
frammento di vita rinchiuso al suo interno. Ma non ve n'era alcuno.
Così,
in una nuvola di cenere e ruggine, i demoni svanirono, il loro
sentimento straziante svanì.
Atterrai in
cima ad una torre, dove Vergil era comodamente seduto e si era goduto
lo spettacolo.
"Sei stata
brava."
Feci spallucce,
riponendo katana e pistola, "Niente di più facile." dissi.
Mentre Vergil mi porgeva il cappotto, gli misi in mano un pezzo di quel
cristallo.
"Proviene dalla
bestia?"
"Si. Tienilo in
mano per un attimo, guarda cosa accade."
Con sguardo
interrogativo, ammirò il pezzo di cristallo, come un bambino
ammira un bel fiore per la prima volta. Come prevedevo, il cristallo
cambiò colore. Da nero divenne blu.
"Cosa
significa?"
"Eppure
dovresti saperlo. La leggenda dice che, se un demone raccoglie un pezzo
di cristallo nero, e lo tiene in mano per pochi secondi, può
vedere quanto la sua anima sia pura."
"Interessante.
E com'è la mia anima?"
Mi avvicinai al
demone. Gli scostai qualche ciuffo di capelli dalla fronte marmorea.
"E'
più pura di qualsiasi altro demone presente in questo
posto." Cercai di baciarlo, ma lui si ritrasse.
Ci rimasi
così male che chiusi gli occhi, per non far vincere il
dolore che si faceva strada nel cuore. Il rifiuto.
Ma non
arrivò a destinazione. Vergil lo annullò con un
suo bacio.Non feci in tempo a reagire che me ne diede un altro. E un
altro. E un altro ancora.
La mia mente
era annebbiata dal desiderio di quel demone dall'aspetto serafino.
"E se
analizzassimo la mia di anima, secondo te, come sarebbe?" Domandai con
un filo di voce.
Vergil mi
teneva stretta tra le sue braccia.
"Sarebbe
bianca. Bianca come la neve d'inverno, bianca come una rosa, bianca
come la schiuma del mare, bianca come un foglio che non è
ancora stato scritto, bianca come le tue labbra appena acennate..."
E mi diede un
altro bacio.
Non c'era
bisogno di un cristallo per decretare la purezza della mia anima.
Vergil ne sapeva già il colore. Ed era sua.
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