Pendolari

di snail
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La baciava con una mano poggiata sul suo braccio e l’altra sull’impalcatura di ferro dei lavori in corso in prossimità della fermata del bus. Lei sembrava innamorata, lui solo impaziente di andare via.

«Non voglio andare», mormora lei con un lieve broncio, dopo l’ennesimo lungo bacio.

«Tanto venerdì torni», risponde lui, alzando lo sguardo impaziente per osservare non lei e la sua tristezza, ma il paesaggio intorno a loro, a partire dalle macchine posteggiate dove studenti come la sua ragazza si accingevano a prendere bagagli e i “soldi della settimana” per finire agli anziani che li guardavano, poi giravano lo sguardo da un’altra parte, borbottando di raccolti della stagione, del caldo della giornata, di come i giovani d’oggi sono liberi di fare cose che loro, quando erano giovani a loro volta, si sognavano solamente.

Lei cattura le labbra di lui con un altro bacio, prima leggero, poi profondo come i precedenti. «Ti amo, lo sai?» Lui annuisce e le sorride. Lei non si accorge che il suo è un sorriso di circostanza e gli da un altro bacio. «Vado», dice ed entra nell’autobus per tornare a un’altra settimana di studi universitari, tra astruse leggi fisiche e argomenti che, nella vita di tutti i giorni, le serviranno a ben poco.

Lui le sorride e va via, rammaricato di non essere mai affettuoso come vorrebbe.

Dal cellulare di lei, seduta a guardare lui che si allontana, fino a scomparire dalla sua vista, arriva un sms: Amore mio, cosa facciamo stasera?





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