Questo è stato il capitolo più difficile che
abbia mai dovuto scrivere e sinceramente non so se sia venuto
decentemente anche se lo riscritto almeno una decina di volte!
Leggetelo e giudicherete da voi, ditemi come l'avete trovato.
L'appello per l'introduzione rimane sempre valido e chiedo
ancheopinioni su questo capitolo che ha costituito un vero tormento!
Capitolo 14
Gli avevano dato poche ore per prepararsi a partire.
Erano passati quasi tre anni da quando gli avevano affidato una
missione simile. L’ultima l’aveva accolta come
un’eccellente opportunità per mostrare il suo
valore, ma ora … ora vedeva la faccia martoriata del giovane
Simons e quella disperata della moglie alla quale si sovrapponevano
quelle sorridenti delle sue bambine lasciate sole e bastarde senza
nessuno che potesse aiutarle.
Loro avevano solo lui, non era suo diritto rischiare la vita ma non
poteva neanche tirarsi indietro.
Questa sarebbe stata l’ultima, sarebbe andato direttamente da
Sinclaire e si sarebbe tirato fuori una volta per tutte.
Ma fino a quel momento …
Più di due ore passarono prima che lui riuscisse a trovare
una soluzione, quando la trovò non ne fu comunque
entusiasta. Quella scelta significava tirare in gioco
un’altra persona che non aveva quasi niente a che fare con
lui, significava affidare le sue bambine e il suo futuro ad una persona
estranea, una donna che conosceva da troppo poco.
Non c’era altro modo.
Adesso vedremo veramente
di che pasta è fatta
Ormai deciso, uscì dalla biblioteca e a passo di carica
rifece la strada che aveva percorso con tutt’altro spirito.
Frustrazione, rabbia, dubbio e profonda impotenza facevano muovere i
suoi piedi più velocemente di quanto avesse voluto,
facendolo marciare come una piccolo tamburino sospinto dal suono
rollante del suo stesso tamburo verso una fine che non era rassicurante
e tanto meno sicura.
Logan, comunque, non era più un ragazzo perciò
stringendo le mascelle non rasate, allungò la mano decisa
verso la maniglia della porta.
Trovò Miss Flanigan sveglia che, appoggiata ai cuscini,
ascoltava le chiacchere instancabili di Anjuli. Appena varcò
la soglia le sue figlie si alzarono dal letto dove erano accoccolate
tranquille, per corrergli incontro. Con la coda dell’occhio
vide che la sua ospite si tirava fin sotto il mento le lenzuola e
spingeva dietro le spalle i lunghi capelli cercando di rendersi
presentabile anche se costretta a letto.
Incorreggibile!
“State dando noia a Miss Flanigan? Lo sapete che deve
riposare”
Lei si apprestò a difenderle: “No, non
rimproveratele. Mi stavano tenendo compagnia. Almeno loro si sono
ricordate di avere un’ospite rilegata in questo letto da
inferma!”
Fece un sorrisetto e gli lanciò un’occhiata
giocosamente irata che completava il suo tono melodrammatico.
Bhè, non così irrecuperabile
“Vi state riferendo a me? Avete sentito la mia
mancanza?”
Questa volta era lui a far comparire sul viso il sorriso sornione, che
però non durò tanto a lungo quanto gli altri che
le aveva lanciato in precedenza.
Lei non rispose, alzò il mento e si aggiustò
meglio le lenzuola attorno alle spalle.
Il silenzio fu interrotto da Zaira: “Papà, Miss
Amelia mi ha detto che appena starà meglio ci
insegnerà a cucire, così potrò fare a
Miss Jenny un nuovo vestitino, così quando
arriverà l‘inverno non avrà
freddo”
Logan accarezzò le teste delle figlie.
Dio quanto gli sarebbero mancate!
Tirò il naso ad entrambe: “Devo parlare con la
nostra malata. Lasciateci soli, scimmiette. Salutate”
Le gemelle obbedirono e richiusero la porta dietro di loro.
Logan fece un grosso respiro e si rivolse a lei con una faccia
così seria e scura che Amelia si preoccupò:
“Milord, è successo qualcosa?”
Iniziò ad andare su e giù per la stanza come una
bestia in gabbia, non riuscendo a risolversi a parlare.
“Milord! - Amelia iniziava a preoccuparsi seriamente- Come
posso aiutarvi? Ditemi, vorrei veramente esservi utile”
Furono momenti di pura angoscia ed irresoluzione quelli che
passò in quel momento il Duca, mai aveva esitato nella vita
ma mai aveva dovuto prendere tale decisione.
Le si pose davanti e alla fine riuscì a far uscire le
parole: “Ho bisogno di un grande, grandissimo favore.- Lei
fece un cenno incoraggiante e lui si grattò la testa come
sempre faceva quando non era proprio a suo agio- Voi mi dovete
sposare”
Amelia tornò ad appoggiarsi contro i cuscini, atterrita.
Avrebbe voluto illudersi che quella dichiarazione fosse dettata da un
irresistibile trasporto per lei, ma capiva bene che ciò era
impossibile. Certo era diventati amici molto naturalmente, ma chiederle
di spossarla era tutt’altra faccenda.
Chiuse per un attimo gli occhi cercando di riordinare le idee.
Dopodiché indicò la sedia accanto al letto:
“Volete raccontarmi cosa sta succedendo?”
Lui fece come lei gli aveva detto. Era sollevato che lei rimanesse
così calma e controllata.
“La verità è che ho bisogno del vostro
aiuto. Non mi piace chiedervi questo favore, mi pone in una situazione
di svantaggio e non ho il controllo della situazione. Mi devo
allontanare.
Non ne sono contento ma non posso evitarlo.
Non è pericoloso, ma diciamo che non si garantisce la mia
incolumità”
Le lanciò un’occhiata per vedere la sua reazione
alle sue parole. Lei lo guardava seria con le sopracciglia un
po’ aggrottate.
Si sentiva egoista nel porle quella richiesta, ma le sue bambine
venivano prima di tutti “Nel caso che io muoia, nessuno si
prenderebbe cura di Anjuli e Zaira. Mia madre probabilmente per
carità cristiana le metterebbe in un convento francese e le
abbonderebbe lì per il resto della loro vita. Loro devono
avere tutti i privilegi e i diritti che spettano loro in quanto figlie
mie”
Lei incrociò le mani e strinse le dita: “E
vorreste sposarmi perché una moglie, nel caso che voi
… non tornaste, diventerebbe la loro tutrice”
Non era una domanda, la ragazza aveva capito.
Lei si morse le labbra mentre lui annuiva: “Siete
l’unica persona al mondo a cui le affiderei”
La torsione alle mani si fece più forte.
“Cosa accadrà quando tornerete?”
Lui distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra:
“Qualunque cosa voi vorrete. Sarò in debito con
voi. Possiamo mantenere segreto il matrimonio così potrete
decidere senza nessuna pressione. Io mi conformerò a
qualunque cosa.”
Ci furono cinque minuti di silenzio, entrambi persi nei loro
ragionamenti e nella loro personale disperazione.
È folle!
Non
funzionerà mai!
È
irresponsabile!
È inaspettato!
Ma non lo fa solo per
sé stesso e tu non saresti una approfittatrice.
Senza senso,
impossibile, senza fondamento!
È inevitabile!
Vedendo che lei non dava una risposta ma continuava a scuotere la testa
con le sopracciglia aggrottate, lui si alzò di scatto:
“Mi dispiace di avervi disturbato”
Amelia si riscosse velocemente, si allungò, ma il risultato
che ottenne fu solo una fitta lungo la gamba: “Dove andate?
Andrete a proporlo a qualcun’altra?”
Era deluso, arrabbiato e non sapeva più cosa fare, le si
rivoltò contro duramente: “Non siate stupida! Non
affiderei alla prima venuta le mie bambine”
Amelia lo fermò.
Posò la penna con la quale aveva appena firmato e rimase a
fissare per qualche secondo il foglio. Non era tanto il testo che la
legava ad un’altra persona che la impressionava quanto la
firma che aveva apposto in fondo: Amelia Redbourne.
Era fatta, tutto le era passato davanti come se fosse stata un automa.
Ti chiederai, lettore, se adesso si sentisse timorosa, sconvolta o
felice, te lo dirò io, si sentiva umiliata.
Sì, era questa la parola.
Era umiliata per quella farsa che il prete mezzo ubriaco, raccattato in
qualche osteria di paese aveva pronunciato e spacciato per celebrazione.
Umiliata perché il suo matrimonio era avvenuto alla
chetichella, nel cuore della notte e con la sposa in camicia da notte
costretta a letto e lo sposo che puzzava di fumo, con le maniche della
camicia rimboccate e la barba non fatta.
Umiliata perché i due testimoni avevano firmato con una
croce quel documento preso non si sa dove ma che la legava a
quell’uomo che seduto al tavolino le dava le spalle mentre
scriveva precipitosamente e rispondeva alle domande di rito
distrattamente e non senza essere stato richiamato a farlo.
Si sentiva spossata per la febbre che le era aumentata nel corso del
pomeriggio e un dolore sordo le impediva di ragionare.
Avrebbe voluto rompere qualsiasi cosa le fosse capitata sotto tiro.
Finalmente il cameriere e Maya se ne andarono e trascinarono fuori il
sacerdote che continuava a biascicare congratulazione senza senso.
Tutto divenne silenzio, solo lo scricchiolio della penna che scriveva
in continuazione si poteva sentire.
Finito di redigere il documento e firmatolo, Logan si voltò
e si trovò lo sguardo inquisitorio e furioso della ragazza.
Ne rimase un attimo sorpreso ma non ci prestò caso.
Le passò i fogli che aveva scritto e lei li prese
automaticamente: “Quello è il mio testamento.
C’è scritto che alla mia morte tu diventerai la
tutrice di Anjuli e Zaira, ne amministrerai il patrimonio e questa casa
fino al compimento dei vent’un anni. A te lascio un terzo del
mio patrimonio.
Questo testamento diventerà esecutivo qualora io muoia. In
tal caso agirai come meglio credi, ma ti consiglio di chiedere aiuto a
mia madre, è una donna dura ma ti ha sempre mostrato
comprensione e affetto. Inventati una scusa qualsiasi- vedendo che lei
non accennava a rispondergli si accostò al letto-
Perché non dici niente?”
Non era pentito, aveva fatto
tutto il necessario e nel miglior modo possibile, ma capiva che lei era
turbata. Doveva comprenderla, le era piombato tutto addosso e non era
in grado di gestire completamente la situazione.
Le si fece più vicino: “Ti fa male la
gamba?”
Lei scosse la testa, non avrebbe detto niente. Adesso si sentiva
emotivamente instabile per il dolore e per l‘incertezza.
Iniziò a tormentare gli occhiali tra le mani, lasciando
impronte sulle lenti e rischiando di spezzare le stanghette.
Lui si sedette sulla sponda del letto e glieli portò via
dalle mani, li appoggiò sul comodino e rimase in attesa.
Logan la osservò per un attimo, si chiese se non avesse
fatto un errore enorme. Eppure allo stesso tempo sentiva che quella
ragazza avrebbe potuto sopportare un peso enorme sulle sue spalle
nonostante non capisse come.
Intuendo che non avrebbe ricevuto risposta, le prese il viso tra le
mani e stringendoglielo glielo alzò leggermente per portarlo
più vicino al suo: “Potresti vincere un esercito
intero se solo lo volessi. E quando tornerò, saremo in due a
risolvere questa faccenda”
L’angoscia fu più forte di lei: “E se
non tornaste? Se accadesse qualcosa e ci fosse bisogno di voi? Chi o
che cosa vi costringe ad allontanarvi dalle vostre bambine e da chi vi
ama?”
Chiuse di scatto la bocca ed arrossì vivamente ma non le
importò più di tanto che le sue parole potessero
venire fraintese. Era troppo, troppo stanca e voleva rimanere sola.
Il volto di suo marito si fece scuro. Le sopracciglia si aggrottarono,
la bocca divenne rigida e la presa si strinse: “Non darmi
anche questa responsabilità. Non adesso”
Amelia non capì bene quelle parole perché gliele
aveva sussurrate tanto vicino alle labbra e poi l’aveva
baciata che non era ben riuscita distinguere se anche quelle parole non
facessero parte del bacio.
La prima volta che Logan l’aveva baciata era stato tanto
rapido che lei non era riuscita a capire cosa stesse succedendo,
quest’ultimo fu tutt’altra cosa.
Le sfiorò delicatamente le labbra con le sue, con la stessa
delicatezza con cui i suoi polpastrelli le toccavano le orecchie. In
ogni tocco di lui c’era una sensualità latente,
anche se non passionale nel vero senso della parola. Amy non ne fu
spaventata anche se ne era cosciente nel più profondo di
sé stessa. Ricambiò delicatamente e lentamente
ogni suo piccolo e superficiale gesto anche se non mosse le mani che
ancora stringevano il documento che la rendeva responsabile di ogni suo
bene.
Ben presto, troppo presto, lui le lasciò il viso e si
scostò.
“Ne riparleremo quando sarò tornato. Dormi bene,
moglie”
La lasciò sola.
Il mattino dopo partì adducendo come scusa degli affari
urgenti e improrogabili, al suo posto, quel pomeriggio, arrivò
come un turbine la Contessa di T*** disperata e preoccupatissima per la
figlia.
Ringraziamenti:
Un enorme grazie alle mie due commentatrici ormai ufficiali: Elfa
Sognatrice e Melikes
che ogni volta tirano su il morale di una povera scrittrice a tempo
perso!
Ai nuovi e vecchi lettori che hanno una gigantesca pazienza.
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