Piccola
Shot facente parte della serie “Errori”. Questa e
le altre fic di
questa serie partecipano alla “The
One Hundred Prompt Project”
rimandabile al banner posto qua sotto.
Spero
vi piaccia
Prima
di iniziare volevo fare un enorme RINGRAZIAMENTO a
Crocchetta che si è offerta volontariamente di betarmi anche
questa
cosa chiamata shot.
Un'altra
cosa. Sono sta in dubbio fino alla fine, riguardo una delle scene
finali. Ho chiesto consiglio ad alcune ragazze e mi avevano
consigliato altre cose, ma che forse, come l'ho gestita considerando
il contesto in cui è messo, andava bene così.
Così
come l'altra shot “Vendetta”, ho un po' di dubbi.
Ripeto,
specialmente sulla scena finale. Ho paura di aver tagliato la
questione troppo in fretta, o aver fatto un Merlin forse troppo
sfrontato o un Arthur poco reattivo.
Boh.
Ditemi voi! X°D
Simphony
*°*
Raccolta
n.° 3 – Errori 04
Prompt
84
Rimpianto
(P.O.V.
Esterno)
Arthur
si ritrovava seduto sul letto, appoggiato con la schiena al muro. Le
gambe erano tirate al petto, la fronte appoggiata sulle ginocchia.
Gli
occhi erano gonfi e rossi, le mani e le unghie scorticate e con i
grumi di sangue ancora non ripuliti.
Per
quante ore aveva cercato in ogni modo di rompere il pesante portone
di legno massiccio?
Per
quante ore aveva cercato di scavalcare la sua finestra in un
disperato tentativo di fuga, prima di rientrare con l'orgoglio ferito
perché i suoi stessi arcieri lo puntavano dalla piazza?
Aveva
i vestiti stracciati e non si sarebbe mai sognato di cambiarsi da
solo senza il suo fedele servitore presente, che lo prendeva in giro
e che gli rispondeva a tono.
Dalla
piazza provenivano le urla del popolo, il disprezzo verso colui che
le guardie stavano trascinando lungo la strada dalle prigioni.
Ogni
tipo di scherno era perfettamente udibile dal principe, che tuttavia
non riusciva ad alzarsi dal letto.
Era sfinito. Era senza
forze. Era senza anima.
Non
aveva più nulla.
E
tutto quello era solo colpa sua. Non poteva dire altro, se non che
era solamente colpa sua.
Se
avesse dato retta a Merlin, se avesse ascoltato quello che gli
diceva, se non si fosse testardamente impuntato sulle sue idee, forse
in quel momento Merlin avrebbe avuto la speranza di una lunga vita
davanti a sé.
Se
solo non lo avesse inconsciamente costretto a praticare la magia
all'interno di Camelot, adesso...
… adesso
sarebbe al suo fianco, a borbottare qualcosa d'indecifrabile e ad
aiutarlo a indossare qualcosa di accettabile per il banchetto del
pranzo.
Arthur
decise che era il caso di affacciarsi almeno alla finestra.
Strisciò
giù dal letto, tirandosi dietro anche le coperte, che
rimasero
inermi a terra. Senza la forza di fare altro, si lasciò
cadere
contro il colonnato che si trovava al lato della finestra e
scostò
il drappeggiato in pesante velluto rosso.
La
pila di legna era là, al centro della piazza. La folla era
radunata
tutta intorno, delle guardie stavano legando il suo servitore.
Era
a petto nudo, indossava solo un pantalone. Dalla schiena fluiva
ancora del sangue, segno delle frustate che lo avevano colpito in
quei due giorni di prigionia.
Aveva
il volto sofferente, sporco, sanguinante. Arthur non voleva
immaginare cosa aveva subito in quelle ore terribili. Non voleva
immaginare quali pensieri avevano attraversato la sua affollatissima
mente mentre aspettava la morte imminente.
Delle
lacrime iniziarono a scendere lungo le sue guance, ancora sporche
dopo il loro ritrovamento, dopo quella missione suicida, dopo che
erano stati attaccati su tutti i fronti e tutti i suoi cavalieri
erano morti.
Non
singhiozzò. Non lo riteneva abbastanza virile.
Avrebbe
dovuto essere giù, a guardare negli occhi l'uomo che amava e
che lui
stesso aveva mandato al rogo.
Avrebbe
dovuto cercare di sorridergli. Avrebbe dovuto fare qualcosa.
Qualunque cosa pur di non assicurargli una morte così
dolorosa.
Arthur
allungò una mano, sfiorando il vetro in corrispondenza del
volto di
Merlin.
Non
lo avrebbe più toccato.
Non
lo avrebbe più baciato.
Non
lo avrebbe più amato.
Semplicemente,
non lo avrebbe più avuto accanto.
E
non poteva sopportarlo.
Merlin
aveva il volto piegato verso il petto, che gli si alzava e si
abbassava al ritmo del suo respiro affannato.
Tremava leggermente.
Non era mai stato un cuor di leone, ma certamente, una situazione
come quella avrebbe fatto tremare chiunque.
Accesero
il falò, il popolo si era improvvisamente ammutolito.
Mentre
le fiamme raggiungevano il corpo, Merlin alzò
improvvisamente la
testa e si voltò verso la finestra del Principe.
Piangeva,
così come piangeva anche il suo padrone.
«Vi
amo. » urlò Merlin con tutte la voce che possedeva
«Vi
amo alla follia. »
Arthur
aprì la finestra. Voleva sentire le sue ultime parole.
Voleva
sentire per l'ultima volta la sua voce, così dolce e
ingenua. Voleva
assaporare tutto di lui, prima che le fiamme divorassero anche la sua
anima.
«Principe,
state attento. Vi prego. » urlò mentre il fumo gli
annebbiava il
volto.
Chissà
se il fuoco stava già bruciando la sua carne viva.
«Sire,
vi amo. » ripeté
Singhiozzava
il suo servitore. Singhiozzava come mai lo aveva sentito in tutti
quegli anni di fedele servizio.
«Ti
amo anch’io, Merlin. » sussurrò Arthur
asciugandosi come meglio
poteva le guance bagnate dalle lacrime.
Arthur
non sapeva se Merlin lo avesse sentito, ma a giudicare da come il suo
corpo avesse smesso di tremare e da come lentamente sulle sue labbra
si stava formando un leggero sorriso, Arthur giudicò che
forse lo
aveva sentito.
Merlin
si lasciò appoggiare al palo, la testa mollemente
abbandonata, i
muscoli tesi, il volto sporco, sanguinante ma sorridente verso di
lui.
Vedere
come il servo stava affrontando, dopo quella dichiarazione, la morte,
aiutò Arthur a ricomporsi.
Voleva scappare. Ma non lo fece.
Osservò fino alla fine, il macabro rituale del rogo.
E
quando tutto fu finito, scivolò a terra.
*°*
Arthur
si sentì scuotere. La voce di Merlin che gli
inondò il cervello
sembrava alterata.
Il
principe non voleva aprire gli occhi. Iniziava già a sentire
tanto
la sua mancanza, da udire le voci adesso?
«Sire,
volete svegliarvi? Vi prenderete un malanno se continuate a dormire
per terra. » sbuffò l'altro scuotendolo ancora una
volta.
Ma
Arthur non si decideva a muoversi. Voleva sentire ancora la sua voce,
prima di uscire completamente di senno. Voleva continuare a sentirlo,
per sempre.
«Sire,
ma cosa avete stamattina? E' tardissimo. Oggi avete l'allenamento con
sir Leon, ve lo ricordate? »
Titubante,
Arthur aprì gli occhi. Stava sognando, decisamente. Non
c'erano
altre soluzioni per tutto quello che stava accadendo.
Eppure
Merlin era là accanto a lui, preoccupato.
Arthur
rimase con gli occhi semichiusi per qualche minuto intero. Non
riusciva a capire, che ci faceva Merlin se...
Aprì
di colpo gli occhi, afferrando il servo per le spalle e tirandolo a
pochi centimetri dal proprio volto.
«Sire...?
» balbettò interdetto il servo.
«Sei
vivo. » affermò l'altro ignorandolo «Non
sei stato messo al rogo» continuò «E
questo non è un sogno. »
«Sire,
avete sbattuto la testa cadendo a terra. Se vostro padre mi avesse
messo al rogo, non mi sarei svegliato per portarvi la colazione.
»
«Ti
ho visto morire. Con questi occhi. »
Merlin
lo fissò negli occhi. Poi, senza preavviso, gli
rifilò un violento
schiaffo sul volto. Arthur lo lasciò di scatto, per portarsi
una
mano sulla parte lesa.
«Vi
sembra abbastanza reale questo? » chiese Merlin ridacchiando «Sono
vivo. E rimarrò al vostro fianco per tutta la vita. Quante
volte ve
lo devo ripetere? »
Si
alzò in piedi e iniziò a sistemare il letto.
Arthur rimase seduto a
terra, a fissare il servo che sistemava.
Poi
accennò un sorriso. Merlin era vivo e quella era la cosa
più
importante di tutte.
Quindi
tutto quello era solo un sogno. Solo uno stupido sogno.
Chissà
perché aveva pensato che Merlin potesse morire.
Avrebbe
dovuto rendersi conto che era al suo servizio e che obbediva ad ogni
suo ordine. Dopotutto Arthur non gli aveva ordinato di morire.
Quindi
non poteva essere morto.
Ripensando
a quel lunghissimo e terribile sogno, Arthur si chiese quale delle
due fosse la realtà.
«Sire,
volete sbrigarvi? » urlò Merlin con la sua
armatura fra le mani
«Siete
in ritardo! »
Il
Principe sorrise.
Non
gl'interessava quale delle due fosse la sua vera
realtà.
Merlin
era vivo e questa era la cosa più importante di tutte.
Fine
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