La sabbia è morbida al tatto, quando ne prendi una manciata
scivola tra le dita come se volesse scappare, e quando allenti la presa
non si posa mai sullo stesso posto. Si sparpaglia, si divide.
Una massa dal colore famosissimo che nel deserto si propaga per miglia
e miglia, un'enorme coperta di morbida, bollente e scivolosa sabbia.
Perchè si, sulla
sabbia si scivola e se sei sfortunato ci affoghi dentro.
Può essere paragonata alla carezza illusoria del vento sul
tuo viso, che ti fa sperare in un po' di refrigerio prima di diventare
Scirocco, oppure ad una mano che, languida, accarezza il tuo inguine e
non va oltre. Tentatrice, scottante.
No, non era la sabbia ad essere tentatrice, ma lo era il pensiero che,
magari, sotto quell'enorme massa di granelli tutti raggruppati insieme
ci fosse qualcosa di sconosciuto. Un antico monumento, un fossile, un
pupazzo caduto dalle mani distratte di un bambino, dimenticato, abbandonato e poi,
finalmente, sepolto
sotto tonnellate e tonnellate si semplice, compatta, pesante sabbia.
Perchè poteva anche essere morbida al tatto e leggera come
una piuma racchiusa nel palmo della tua mano, ma averla sopra la testa
a spingerti verso il basso, impedendoti di respirare, pesando sui
polmoni come un'incudine non era affatto la stessa cosa.
Sabbia.
Quella stessa sabbia che dall'alto di una clessidra scorreva verso il
fondo, scandendo inesorabilmente il tempo.
Quella stessa sabbia che era un vecchio ricordo dell'infanzia, di quei
castelli improbabili costruiti sul nulla che la mattina dopo non erano
più dove li avevi lasciati; sabbia bagnata che pungeva sulla
pelle, che s'infilava tra i capelli, nel costume, negli occhi quando
qualche cretino decideva di tirartela addosso.
Riempiva le strade che, diligentemente, una gentile signora avrebbe poi
spazzato; tutta la tua pelle ne era impregnata, quell'odore che non era
veramente un odore, era solo una punta di salato, qualcosa che ti
saresti portata dietro ovunque anche solo nella mente.
Quel rumore assordante delle tempeste di sabbia, come un tornado solido
che spasimava per ricoprire qualcosa.
Ricordi, paure, vecchi dolori, gioie mai più ripetute.
Sudore sulla pelle, sangue e stanchezza,
frustrazioni e l'odio. Ah, quello non te lo saresti mai dimenticato
neanche sotto metri e metri di sabbia. La rabbia, la paura, il lutto.
Quelle tombe che non hai più visitato, quegli nsignificanti
nomi scolpiti sulla pietra, quei fiori posati sulla sabbia. Parole,
condoglianze, indifferenza, dovere.
Un fratello che della sabbia non sapeva che farsene, l'altro che la
considerava l'unica, vera compagna di giochi.
Per te era, è e resterà un monito, un
avvertimento, una minaccia e un terreno fragile sul quale camminare.
E' un monito quando il vento comincia a soffiare più forte,
gridandoti in faccia parole che non senti tramite la sabbia, per farti
capire che no, non si esce di casa e no, non ci sono scuse;
è un avvertimento quando a guidare quella sabbia
c'è una mano pallida, un pugno chiuso e un paio di occhi
acquamarina; è minaccia se, e solo se, hai di fronte un
avversario che della tua terra se ne fotte, qualcuno che calpesta con
odio e rancore la sabbia che, in fondo, è casa
tua e che quindi devi proteggere non per dovere civile, ma per orgoglio.
Ed è sempre
un terreno fragile sul quale camminare, lo senti che sotto i tuoi piedi
c'è l'inferno, lo senti quando le gambe cedono e il sangue
scorre che la sabbia non si alzerà mai per proteggerti, lo
sai che non si farà mai muovere da te e sei consapevole del
fatto che su un terreno del genere puoi solo costruire castelli
fantasma.
E' il vento che muove le cose, è il tuo chakra che,
ironicamente, domina il vento, eppure il vento non è tuo, la
sabbia non si piega al tuo volere e se un giorno il tuo corpo esanime
cadesse su quel letto morbido e caldo, stai sicura che non avrebbe
pietà.
Coprirebbe anche te com'è sua natura.
Tu, si tu, che su quella sabbia ci hai pianto, ci hai combattuto e hai
preso a pugni. Tu che la ami con tutta te stessa, saresti come la
carcassa di un qualsiasi animale, perchè la sabbia non ha un
cuore, e se ce l'ha, è stato sepolto pure quello.
Sai
cos'è bello qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte
quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise,
ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non
ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi,
niente.
[...]
E' come se non fosse mai passato nessuno . E' come se noi non fossimo mai
esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui
puoi pensare di essere nulla,
quel luogo è qui. Non è più terra, non
è ancora mare. Non è vita falsa, non è
vita vera. E' tempo.
Tempo che passa. E basta.
[Alessandro Baricco -
Oceano mare]
N/A
Mh, questa non so
proprio da dove mi sia uscita nè perchè.
Semplicemente ho fatto un minestrone di sensazioni e lo ho incollate a
Temari. Nella mia testa si colloca poco prima dell'inizio di Shippuuden.
Spero soltanto che non risulti noiosa e si, le ripetizioni a manetta
(sabbia qui, sabbia giu, sabbia su) sono volute perchè
volevo dare l'idea di un pensiero fisso, quasi un'ossessione; non so
quanto bene mi sia riuscita, però vabbè, me piace
accussì!
Angela.
(non si fosse capito è Temari eh, non una marionetta)
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