Capitolo
28
Salve a tutti!^O^ e torno
con
l’ultimissimo capitolo di questa benedetta fanfic!V.V non so
se con
vostro dispiacere o con vostra gioia, questo sarà davvero
l’epilogo!
La fine!>.< -i DemolitionBoys ballano la macarena dalla
felicità- e guardate che sono ancora in tempo per far morire
qualcuno di voi!+_+ [tanto ormai sappiamo chi morirà!V.V
c’è
scritto proprio qui sul copione!>.> ndKei che sbatte il
librone
in faccia all’autrice] =.=’’ oh santo
paradigma! Che situazione
imbarazzante!V.V** [eh, direi bene! V.V è la tua storia! Lo
credo
che è imbarazzante! >.< ndBoris]
–Nena aggiunge sul suo
Death Note il nome di Boris-.
Ok!!^o^ ci sono altri
commenti
inopportuni? No? Benissimo! Allora possiamo cominciare!^o^ CIAK! Si
gira! >.<
(p.o.v. Yuri)
“Quando tutta
questa faccenda sarà
archiviata, giuro che Huznestov me la pagherà!”
mormoro a denti
stretti attraversando il corridoio principale.
Non è una saggia
scelta, ma è la più
rapida. Questa missione, ormai, ha ben poco di segreto e passare
inosservati non è più tra le priorità
assolute.
C’è
solo bisogno di un intervento
veloce e pulito. Nessuno deve farsi più male. Ogni membro
della mia
squadra ha sofferto e patito le pene dell’Inferno per
arrivare sin
qui, e non ci devono essere altri intoppi.
Non ci possiamo permettere
di fallire.
Ne va della vita di due
persone a me
care.
Ne va della mia
sanità mentale e
fisica.
Corro a perdifiato nella
direzione
opposta a Boris; ormai sento che non siamo più in contatto.
So che
se mai avessi bisogno di aiuto quel figlio di puttana non
potrà
darmelo.
“Ti conviene
riportare indietro Reyka
viva e vegeta, altrimenti ti ammazzo, Boris!” sbotto furente,
incrementando la velocità.
Dopotutto non sono io
quello che
rischia maggiormente di lasciarci le cuoia: lo situazione fisica del
Falborgh blaider è critica e può peggiorare nel
momento meno
opportuno.
“Devo sbrigarmi a
trovare Kei! Poi
andrò a dare una mano a Boris, se mai ne avrà
bisogno!” mormoro
tra me e me per farmi coraggio.
L’odore di
stantio e di muffa si fa
più intenso e nauseante. È il giusto indizio per
capire che sono
sulla strada dei sotterranei.
Ormai, il tragitto che
conduce alle
viscere del monastero lo conosco fin troppo bene per smarrire la via.
Mi sembra di rivivere una
situazione
simile di pochi giorni prima, quando ho cercato disperatamente di non
credere alle parole dei miei compagni sul fatto che probabilmente Kei
aveva abbandonato la squadra.
Il solo pensiero che
l’argenteo
avesse lasciato i DemolitionBoys per tornarsene con i giapponesi mi
dilaniava il petto, ma ora come ora preferirei mille volte vedere un
Kei felice e sereno insieme a Rei, piuttosto che trovare il suo
cadavere sanguinante nelle segrete.
Ma Kei ha scelto me. Ha
deciso per la
strada meno dolce, più ripida e dissestata.
Ha valutato tutti i pro e i
contro, ma
alla fine ha scelto di seguire il suo cuore e di stare con il
sottoscritto, colui che gli avrebbe reso difficile
l’esistenza. Un
amore fatto di dolore e tristezza, ma purtroppo sincero e genuino.
Percepisco la stessa
sensazione di quel
giorno quando ho aperto la porta della nostra camera e non ho trovato
nessuno al di là della soglia; conscio del fatto che Kei non
fosse
nella stanza, mi sono illuso di poterlo riabbracciare.
Ora, però, non
si tratta di sapere se
Kei c’è o meno. La mia speranza è
soltanto quella di trovarlo
vivo.
Finalmente vedo le scale a
chiocciola
che conducono nei meandri del monastero e mi ci butto senza pensarci
due volte.
La discesa è
lunghissima e i gradini
sembrano infiniti, ma un debole baluginio indica che la rampa di
scale è presto finita.
Mi avvicino di soppiatto,
mettendomi in
ascolto con attenzione.
Sento distintamente due
serie di passi
piuttosto pesanti, ma le voci sono di tre persone diverse: Vorkov
deve aver raddoppiato la sicurezza dal momento che il nostro
tentativo di liberare Kei gli è parso scontato.
Purtroppo, quel viscido
maniaco ha
visto giusto ancora una volta.
“Ormai il secondo
match dei mondiali
deve essere iniziato da un pezzo!” dice uno dei tre
carcerieri.
“Già,
chissà come se la sarà
cavata quel bastardo di un Huznestov!” sbotta un secondo.
I tre uomini scoppiano a
ridere
immaginando di vedere uno dei loro ospiti preferiti ridotto in fin di
vita davanti al suo avversario. Non che la cosa volga a loro
vantaggio, ma la sola idea della distruzione totale li diverte e li
fa sopravvivere in quell’Inferno.
“Vorkov
è ciecamente sicuro dei suoi
mezzi! Vinceranno il mondiale senza esitazioni..altrimenti sanno a
cosa vanno incontro, no?” continua il primo facendo
schioccare la
frusta di cuoio.
Il suono secco
dell’arma mi fa
accapponare la pelle; rabbrividisco se conto quante punizioni ho
scontato sotto quella frusta malvagia e assetata di sangue.
Valutando la situazione e
la posizione
in cui sono, l’unica soluzione è quella di
affrontare i tre
guardiani apertamente.
Prima di arrivare alle
maniere forti,
bisogna tentare di raggirarli con l’astuzia, anche se temo di
non
esserne troppo capace. La mia lingua biforcuta mi abbandona nei
momenti in cui si rende necessaria, e ciò è un
grosso problema.
Respiro profondamente una
boccata
d’aria, se così la si può chiamare.
“Non starete mica
battendo la fiacca,
vero?” ringhio, allontanandomi dal mio nascondiglio.
I tre carcerieri,
più grossi di quanto
avessi pensato, rimangono spiazzati per qualche istante dal mio
ingresso trionfale.
“Bhe,
perché mi guardate con quelle
facce da beoti?” sbotto arrabbiato.
Il solo pensiero che uno di
loro abbia
chiamato Boris ‘bastardo’ mi fa avvampare di
rabbia. Come osano,
loro, putride creature del sottosuolo, parlare così di un
valoroso
blaider e amico?
Il più unto dei
tre si avvicina e fa
luce con la fiaccola, illuminando il muro alle mie spalle e portando
la fiamma a pochi centimetri dal mio naso.
“Yuri Ivanov, che
sorpresa! Non ti
aspettavamo! Cos’è? Una punizione extra per aver
perso il tuo
incontro, suppongo!” sibila con tono acido.
“Non supporre
troppo, ti potrebbe far
male alla testa!” mormoro a denti stretti, sorridendo
sornione.
“Figlio di una
cagna! Sei presuntuoso
a presentarti qui e sputare sentenze!” sbotta il carceriere
di cui
non avevo sentito i passi.
Capisco perché
non ne ho percepito la
presenza se non grazie alla voce: l'uomo è stravaccato su di
una
sedia sgangherata che sembra essere sul punto di rompersi e lasciar
cadere al suolo il lardoso essere umano.
Un conato di disgusto mi
assale la
gola, ma riesco a ricacciarlo indietro e attingere alla mia poca
riserva di sangue freddo.
“Cosa pensi di
ottenere insultando
mia madre? Dovresti ringraziarla, invece! È solo per merito
suo se
ora siamo grandi amici!” dico ghignando e mettendo in
soggezione i
tre omoni di fronte a me.
Non posso affrontarli
così, a mani
nude, contando solo sulla mia forza fisica: non riuscirei a
neutralizzarne uno che gli altri due mi ucciderebbero a suon di
frustate e pugni.
“Amici? Tu non
hai amici, Ivanov! Qui
sei completamente solo!”
Adocchio la frusta senza
che nessuno se
ne accorga e scivolo lentamente lungo il muro verso l'arma che
può
tornarmi decisamente utile.
“Vorkov non ci ha
informati del tuo
arrivo!” sbotta il più idiota del gruppo
“...non sarà che sei
venuto a recuperare il tuo amichetto massacrato e incatenato qui
sotto?” continua, rivelando tutte le informazioni di cui
necessito.
“Sei un
imbecille!” lo aggredisce
il collega, dandogli un cazzotto in pieno viso.
Sogghigno soddisfatto:
nessuno dei tre
omaccioni mi sembra abbastanza sveglio da prevedere il mio piano e
fermarmi. So di per certo che Kei è tenuto segregato qui, in
qualche
cella, e l'unico modo per accertarsene e portarlo in salvo è
far
fuori i tre guardiani.
Mentre i due carcerieri
fanno la
predica al loro compagno sul fatto che certe informazioni riservate
sono troppo importanti per lasciarsele sfuggire di bocca, mi allungo
ulteriormente per afferrare la frusta incustodita sulla sedia
cigolante dalla quale si è scomodato l'ammasso di lardo.
Finalmente la sfioro con le
dita e ne
impugno saldamente il manico di cuoio nero, maleodorante di sangue
rappreso e di sporcizia.
“Grazie! Mi siete
stati molto utili!”
esclamo sorridente, facendo schioccare la frusta vicino ai tre
guardiani.
I carcerieri sobbalzano e
si voltano
inferociti verso il sottoscritto: sembra di avere di fronte una
mandria di bisonti pronti a schiacciarmi con il solo peso del loro
corpo.
Per fortuna, anni e anni di
allenamenti
con tutti i tipi di armi sono serviti a qualcosa e riesco a
maneggiare la frusta come fosse parte integrante del mio braccio, una
specie di prolungamento naturale fatto per torturare e provocare
sofferenze.
“Piccolo
bastardo! Questa ce la
paghi!”
“Ho fretta! Devo
salvare il mio amico
e ho un appuntamento ufficiale con Vorkov! Non vorrete farmi
aspettare, spero!” rispondo divertito.
L'odore del sangue e della
lotta mi
inebria, mi spinge a voler vedere più sofferenza negli occhi
di
coloro che sono stati i miei carnefici per dodici lunghi anni.
Con uno schiocco secco
riesco ad
imprigionare il collo del più idiota nella morsa micidiale
della
frusta e non sono intenzionato a lasciarlo andare fino a vedere le
sue labbra diventare viola e i suoi occhi schizzare fuori dalle
orbite.
Senza pietà.
“Mai avere misericordia
di chi non ne ha nei tuoi confronti” è uno dei
comandamenti del
monastero e, purtroppo, ho visto mettere in pratica questa dottrina
più di una volta.
L'uomo non riesce a
liberarsi, ma nel
frattempo i suoi compagni non mi danno tregua e tentano inutilmente
di menare colpi potenti ma imprecisi: sono solo inutili creature
incapaci di intendere e volere, non possono essere tanto abili da
acchiapparmi o da beccarmi impreparato con un pugno.
Stendo il primo uomo con un
calcio
nello stomaco; rantola a terra agonizzante e si preme le mani sulla
pancia, mentre dalla bocca escono mute imprecazioni.
Bori, una volta, mi ha
insegnato un
trucchetto: come mettere KO l'avversario senza ammazzarlo, con sicura
efficacia e un minimo dispendio di tempo ed energie.
Non ho mai avuto
l'occasione di mettere
in pratica il suo insegnamento, ma i consigli del platinato tornano
sempre utili, specialmente se si tratta di combattimento.
Prima che il secondo
guardiano riesca
ad acciuffarmi e inchiodarmi al muro, mi abbasso all'altezza del
carceriere agonizzante, ancora accasciato a terra, e lo sorprendo
alle spalle: un colpo secco, potente, di taglio con la mano appena
sopra la nuca.
L'uomo finisce a terra
privo di sensi,
fuori uso per almeno un paio d'ore.
Ma non ho fatto i conti con
la mia
preda intrappolata nella frusta.
Il carceriere mi afferra
per la gola e
mi immobilizza contro il muro, impedendomi di entrare di nuovo in
possesso dell'arma, abbandonata a terra a pochi metri di distanza da
me.
“Hai giocato a
fare l'eroe? Ti sei
divertito?” sbotta quello dietro le spalle del mio aguzzino.
Sento la sua mano molliccia
e unta
serrarsi ulteriormente attorno al mio collo e la sensazione non
è
delle più gradevoli: l'odore fetido delle celle mi sta dando
alla
testa e devo preoccuparmi di uscire con Kei, vivo, nel minor tempo
possibile.
“Non è
il momento di giocare!”
sbotto dando un calcio al basso ventre dell'uomo, il quale si china
a terra emettendo un suono stridulo.
“Non ho finito!
Questa è per tutte
le volte che ci avete torturati a sangue!” grido, montando a
cavalcioni sullo sterno dello sventurato e assestandogli un gancio
destro.
Avverto il naso rompersi
sotto la
potenza del mio pugno e il sangue esce copioso dalla ferita
infertagli, ma il carceriere non demorde e rimane cosciente
nonostante il dolore lancinante al viso e alle parti basse.
“Questa
è per Reyka! Scomparsa per
colpa del vostro amato superiore!” urlo in preda alla rabbia.
Lo finisco con un pugno
sotto il mento,
appena in tempo per essere trascinato via da un paio di luride e
flaccide braccia. L'ultimo guardiano stava aspettando bello e beato
il suo turno, sperando di vedermi soccombere grazie al suo collega ed
evitare così lo scontro, ma, purtroppo per lui, le cose sono
andate
in modo diverso.
“Avrei dovuto
ucciderti molto tempo
fa, Ivanov!” sbraita brandendo un pugnale, tirato fuori da
chissà
che lardosa parte del suo corpo.
“Avresti dovuto
pensarci un po'
prima, non credi?” rispondo, evitando facilmente un fendente
menato
alla cieca.
Non appena ne ho
l'occasione e vedo il
braccio dell'uomo passarmi proprio di fianco all'orecchio, lo afferro
e lo tiro verso il suolo con tutto il mio peso, sfracellando sul
pavimento la sua mano e obbligandolo a lasciare il pugnale dal dolore
causato dalla mano rotta.
Afferro l'arma e lo
immobilizzo a
terra, puntandogli la lama alla gola.
“Ora, dimmi, chi
ha la possibilità
di ammazzare chi?” sussurro in un ghigno, prendendomi
finalmente un
po' di gloria che mi spetta.
L'uomo mugugna qualcosa di
incomprensibile: la paura gli impedisce di parlare e mi guarda con
occhi colmi di disperazione.
“E' difficile
mettersi nei panni dei
poveri ragazzi che hai malmenato per tutto questo tempo, non
è vero?
Stavolta sono io ad avere il coltello dalla parte del manico, e
guarda caso lo dico letteralmente..” sibilo cercando di
incutere
paura.
“Potrei ucciderti
e farla finita, ma
non ti voglio fare questo piacere! Non ti devo alcun favore!”
grido, conficcando il pugnale a qualche centimetro di distanza dalla
sua testa.
L'uomo si distrae guardando
con
felicità la lama distante da sé, ma non vede
arrivare il pugno che
segna il colpo di grazia e la fine della lotta infernale.
“Non sono come
voi! Sono ancora un
essere umano!” mormoro dando un ultimo calcio al corpo
dell'ex
aguzzino.
In pochi istanti trovo la
chiave
universale delle celle sotterranee e non ci penso due volte a far
breccia verso il cuore della struttura; non ho mai avuto il piacere
di visitare la parte più interna e più profonda
dell'edificio
costruito da Vorkov, ma so di per certo che non rimpiango questa
mancanza.
Le mie gambe sembrano
insensibili alla
fatica: la scarica di adrenalina dell'ultimo scontro deve avermi dato
la giusta dose di idiozia e di coraggio da poter continuare questa
missione di salvataggio senza crearmi dubbi alcuni.
Ho la pessima sensazione
che mi dilania
il petto che qualcosa, sul cammino di Boris, sia andato per il verso
sbagliato. E del mio sesto senso mi fido ciecamente, purtroppo.
Stringo i denti e socchiudo
gli occhi,
impegnandomi per non tornare indietro e aiutare il mio migliore
amico: oltre al fatto di perdere l'occasione per liberare Kei,
Huznestov potrebbe prendere la mia decisione come una mancanza di
fiducia nei suoi confronti.
In poche parole, anche se
dovessi
decidere all'improvviso di cambiare strada e andare in soccorso al
platinato, quest'ultimo rifiuterebbe il mio aiuto per orgoglio.
Se adesso mi vedesse
vacillare per una
cosa apparentemente futile come questa, sicuramente avrebbe da ridire
con i suoi soliti toni gentili ed educati.
Per qualche istante ho la
netta
impressione che la mia coscienza si materializzi di fronte a me
sottoforma di Boris e gridi qualcosa di tipico nel suo stile.
“Che
cazzo fai, razza di idiota di un Ivanov? Smettila di farti seghe
mentali e corri a salvare il culo a Kei!”.
Ed eccolo che mi aspetta a braccia conserte, lo sguardo fiero e
severo e la postura da militare; i suoi occhi verde smeraldo sembrano
risplendere nell'oscurità del monastero, ma mi accorgo
stupidamente
che sono semplicemente le fiaccole appese ai muri.
Le rocce sembrano sgretolarsi a causa della corrosione
dell'umidità;
le sbarre d'acciaio delle celle sono ricoperte di muffa e hanno perso
la loro patina brillante di un tempo.
Sospetto che il cubicolo dove Kei è segregato sia
così facile da
trovare, ma non mi rassegno a guardare all'interno di ogni gabbia
nella speranza di vedere il ragazzo che amo e per cui sto mettendo a
repentaglio la vita e la reputazione della squadra nazionale russa.
Rallento il passo e mi soffermo ad ascoltare dei rantoli appena
accennati, dei sussurri impercepibili.
Mi
fermo in mezzo al corridoio
e trattengo il respiro per capire da che parte proviene il misterioso
suono, ma nelle celle non c'è anima viva e non capisco se
è tutto
frutto della mia immaginazione.
Un
clangore attira la mia attenzione verso un cubicolo che devo aver
scartato dando per scontato l'assenza
di qualche povera anima in pena. Ed è stato il mio errore
più
grande.
Nell'oscurità intravedo un paio di mani sbucare dai
bracciali di due
catene inchiodate al muro, ma riconosco a malapena la zazzera
arruffata di capelli argentei che tanto speravo di rivedere.
“Kei?”
chiedo, pensando che i miei occhi possano tradirmi.
“....cazzo...ce
ne hai messo di tempo...” biascica, esplodendo in un colpo di
tosse
poco rassicurante.
“Un
semplice 'grazie' sarebbe stato sufficiente!”
“Grazie
di aver evitato che marcissi nelle segrete, mio eroe!”
“Non
ti manca il tuo macabro senso dell'umorismo, Hiwa! Mi solleva la
cosa!” dico entrando con foga nella cella e aprendo i
chiavistelli
che gli tengono bloccati i polsi.
“E
a te non manca la stupidità!” mormora
sogghignando.
“Parleremo
più tardi di quello che era giusto fare o meno!”
rimbrotto offeso.
Mi sarei aspettato gratitudine, o almeno un po' di felicità
nelle
parole di Kei, invece sento solo malcelati insulti e una ramanzina
sul fatto che non dovevo correre in suo aiuto.
“Sei
ferito? Riesci a camminare?” chiedo preoccupato, dandogli una
rapida occhiata.
Kei si sgranchisce la schiena con una torsione impressionante e si
massaggia i polsi, pieni di piaghe e sporchi di sangue.
Per il resto sembra soltanto indolenzito: Vorkov deve averlo graziato
perché, dopotutto, è il nipote del suo socio in
affari, non è
nelle sue intenzioni lasciarlo a marcire in questa cella troppo a
lungo.
“Potrei
stare meglio! Tu che dici?” risponde ironico.
“Ehi!
Io ti ho appena salvato la vita!” sbotto irritato.
Kei, già diretto verso la via di fuga, si volta e assume
un'espressione contrariata e severa.
“Ed
è per questo che sono incazzato con te, Yuri! Non dovevi
tornare
qui! Dovevi scappare e andartene da questo posto senza pensare a me!
Sei uno stupido se credi che riusciremo a cavarcela senza
intoppi!”
urla furioso.
Assimilo ogni sua parola, ma non capisco dove vuole arrivare.
“Vorkov
non ha la benché minima intenzione di ammazzarmi! Io ero
solo una
trappola fatta apposta per gli idioti come te! E ci sei cascato in
pieno, Ivanov, proprio da imbecille! Quel pazzo non mi avrebbe mai
ucciso, non può farlo perché andrebbe contro mio
nonno! Io sarei
scappato da qui appena possibile e ti avrei raggiunto finito il
mondiale di beyblade!” spiega perdendo la pazienza.
Il suo ragionamento non fa una piega.
Ha ragione. Sono stato uno stupido a pensare solo a me stesso e alla
mia relazione con Kei, senza contare che per questa missione ho messo
in pericolo Boris, Serjey, Ivan e Reyka.
Sospiro e ripenso ai miei amici, coloro che sto facendo soffrire per
i miei capricci.
“Hai
ragione, Kei, ma ormai siamo qui e non possiamo permetterci di
fallire!” rispondo abbassando lo sguardo.
“Lo
so, non ci vuole un genio per capire tutto ciò!”
“Perché
non te ne stai zitto e fingi di essere il ragazzo a cui ho salvato il
culo per l'ennesima volta?” lo ammutolisco.
La mia risposta ha solo l'effetto di farlo arrabbiare ulteriormente,
tanto che l'argenteo si gira mollandomi un manrovescio in pieno
volto.
In un primo momento mi stupisco della forza straordinaria del colpo,
davvero troppo potente per un ragazzo normale che è stato
rinchiuso
in cella per dei giorni interi senza vedere mai la luce del sole.
Ma la cosa che mi sorprende maggiormente è la reazione
smisurata di
Kei nei miei confronti.
Rimango per qualche istante chino su me stesso, gli occhi socchiusi
per riflettere sulle mie azioni e sento la guancia destra bruciare di
dolore.
“Perché
l'hai fatto?” chiedo in un sussurro.
“Perché hai bisogno di
una svegliata, Yuri! Non puoi aver davvero pensato di venire qui,
finito il tuo incontro ai mondiali contro i giapponesi, liberarmi
senza che nessuno se ne accorga e poi fuggire via evitando qualunque
intoppo! Vorkov non è così idiota come
credi!” dice appoggiandomi
una mano sulla spalla.
Quel contatto non mi conforta, non mi porta quella gioia che ho
sperato di provare ancora una volta.
“Non
sei il solo rinchiuso qui dentro, Hiwatari! Vorkov ha fatto sparire
anche Reyka e Boris si sta occupando di lei!” sbotto furioso.
“Allora
avresti fatto bene a dare una mano al tuo amico a liberare quella
povera ragazza!” rimbrotta serio.
“Ho
capito la morale, Kei! Ma io ho seguito il mio istinto e non ho
rimpianti!”
“Non
avevo dubbi, Yu!” sussurra addolcendo il tono di voce.
La mano dell'argenteo scivola sulla mia guancia e accarezza il punto
dove mi ha colpito poco prima, sorridendo come solo lui sa fare,
illuminandomi la giornata.
Sembra voler dire qualcosa, come se sapesse perfettamente il destino
di ognuno di noi e percepisse in anticipo ciò che lo
attenderà non
appena questa faccenda sarà risolta.
Come Boris, anche Kei pare avere le idee chiare del suo ruolo nella
storia, ma non accenna a farne parola: entrambi sanno di per certo di
voler rischiare la vita per il bene dei DemolitionBoys.
Mi avvicino all'argenteo e gli circondo la vita trattenendolo per
l'ennesima volta vicino a me, dove è il suo posto; Kei si
sporge e
appoggia delicatamente le labbra sulla mia fronte e scivola piano
verso la mia bocca.
Improvvisamente sentiamo un boato provenire dal piano superiore, come
di una porta sradicata dai cardini.
“Proviene
dall'entrata principale!” grida Kei, allontanandosi da me e
scattando verso i gradini.
Lo seguo senza perderlo di vista, ma non appena intravediamo la luce
fioca del sole che si affaccia all'uscita delle segrete, il ragazzo
davanti a me si blocca tutto d'un tratto tendendo le braccia per
impedirmi di oltrepassarlo.
“C'è
qualcosa che non va!” mormora abbassando drasticamente il
tono di
voce.
“E
cosa te lo fa credere, Mr. So-Tutto-Io?” rispondo in un
sibilo.
“Come
mai abbiamo sentito quel fracasso provenire dall'entrata principale e
non da qualche altra parte del monastero?” chiede preoccupato
l'argenteo.
“Boris
si trova nell'ufficio personale di Vorkov, in questo momento! Vuoi
dire che...”
“..che
quello che è entrato nell'edificio è quasi
certamente il nostro
monaco da strapazzo molto incazzato!” conclude la frase.
“Serjey
non deve aver preso tempo a sufficienza per lasciarci
fuggire!”
ipotizzo.
“No,
può essere che Vorkov abbia capito il vostro piano e stia
andando a
controllare!” mi smentisce l'argenteo.
“Allora
cosa aspettiamo ad andare ad aiutare Boris? Se così fosse,
Vorkov
non lo risparmierà se lo trova con Reyka!” sbotto
deciso.
Kei mi blocca un polso e la mia attenzione ricade sulla sua mano
intrisa di sangue e piena di piaghe dolorose attorno ad essa.
“Prima
c'è un'altra cosa importante da fare!” mormora
estraendo qualcosa
di nero e scintillante dalla tasca posteriore dei pantaloni.
Black Dranzer. La causa dei nostri problemi ora può
rivelarsi la più
utile arma in nostro possesso.
La strategia di Kei mi è fin troppo chiara e acconsento
immediatamente a seguirlo in sala comandi, dove i sottoposti di
Vorkov dirigono i macchinari e le trappole del monastero, come un Dio
può manovrare i suoi burattini dall'alto dei cieli.
La stanza dove ci sono i dispositivi di sicurezza e i comandi per
azionare le macchine non è distante, né
irraggiungibile: Vorkov,
nei suoi piani, non ha mai tenuto conto che la squadra di top blaider
in persona avrebbe osato tanto.
Raggiungiamo la sala comandi in un paio di minuti, correndo come
forsennati.
“Sei
sicuro di stare bene?” chiedo osservando Kei zoppicare
vistosamente.
Vorkov non deve avergliela fatta passare liscia e come minimo Kei si
è beccato una punizione esemplare.
“Siamo qui per salvarci il
culo o per parlare di come ho passato il mio tempo libero in questi
giorni?” sbotta afferrandomi per il bavero della giacca.
L'antifona è più che chiara. È
cristallina.
A Hiwatari preme di uscire dal monastero vivo e vegeto insieme agli
altri membri della Borg. Niente di più. Ed io sono qui che
faccio
domande idiote, rallentando il ritmo della missione mettendo la vita
di tutti a repentaglio.
Annuisco.
Tento di reprimere quel senso di ansia e preoccupazione, a volte
ossessivo, verso la salute dell'argenteo e continuo a seguirlo
imperterrito, nonostante le mie frequenti occhiate alla sua gamba
destra e alla macchia scura sui jeans.
Non appena ci affacciamo alla porta della stanza relativamente
piccola, notiamo un paio di guardiani pronti ad intervenire in caso
di emergenza.
Kei li prende in contropiede e non mi accorgo nemmeno della sua
prontezza di riflessi nell'afferrare il lanciatore e Black Dranzer,
incastrandoli assieme e puntando dritto sul pannello di controllo
principale del monastero.
“Ve
lo restituisco, bastardi!” sbotta l'argenteo lanciando con
rabbia e
disperazione il beyblade nero e scintillante.
La trottolina scatta alla massima potenza per tutta la stanza,
distruggendo macchinari e controlli, attaccando senza pietà
i
collaboratori di Vorkov e fracassando ogni genere di pannello o
schermo sul suo cammino.
“Kei!
Andiamocene!” grido, afferrandolo per la maglia e tirando con
forza.
Ma il ragazzo rimane immobile a gustarsi lo spettacolo: il panico
generale provocato da Black Dranzer sembra saziare parte della sete
di vendetta dell'argenteo.
“Sta
per esplodere tutto, Hiwa! Muoviti!” sbotto dandogli un
potente
pugno sulla spalla e costringendolo per lo meno a camminare.
Kei sembra essere soddisfatto della sua opera e finalmente torna con
i piedi per terra, ghignando in direzione degli operatori in fuga.
“Questi
vigliacchi, pur di salvarsi la pellaccia, abbandonano il loro
superiore a cui sono tanto devoti!” sibila con disprezzo.
Scuoto la testa, ma non posso negare che questa sia la divertente
verità. Divertente perché, quelli come noi,
maltrattati e
sfruttati, godono immensamente a vedere il terrore negli occhi degli
aguzzini verso cui siamo stati timorosi e docili.
“Dobbiamo
raggiungere Boris!” dico prendendo per un polso l'argenteo e
correndo a perdifiato verso l'ufficio del monaco.
Durante la nostra disperata corsa contro il tempo, incrociamo una
marea di ragazzini: devono aver avvertito il pericolo incombente e se
la danno a gambe sperando di uscire vivi dall'edificio.
Non si frappongono in alcuno modo tra noi e il nostro obiettivo,
né
tentano di ostacolarci con la loro sola presenza, anzi, si scansano
impauriti e dai loro occhi si legge la curiosità di sapere
dove
stanno andando i due idioti che nuotano controcorrente.
All'improvviso si sente chiaramente il rumore terrificante di uno
sparo che sovrasta il fracasso dei blaider in fuga e del monastero
sul punto di crollare completamente.
“Boris!”
grido disperato, avanzando senza preoccuparmi di lasciare indietro
l'argenteo.
Il mio cuore palpita per l'agitazione e per l'ansia di non essere
arrivato in tempo.
Uno sparo può solo significare che Vorkov ha scoperto Boris
nel suo
ufficio e deve aver deciso di farlo passare a miglior vita.
Finalmente vediamo il portone di legno massiccio dell'ufficio aperto
e mi faccio coraggio per affrontare qualunque situazione mi si
presenterà davanti, ma il mio cuore è debole e
non reggerò a
lungo.
Nemmeno la presenza di Kei mi rassicura.
“Boris!”
urlo entrando con foga nell'ufficio e assistendo alla scena
più
terrificante di tutta la mia vita.
Sbarro gli occhi in tralice, incapace di credere a ciò che
vedo e
sento, riluttante a comprendere quello che mi capita attorno.
Reyka stringe Boris tra le braccia e piange silenziosamente, senza
proferire parola o emettere singhiozzi. Sembra ammutolita anche lei
dall'ingiustizia della vita.
Il mio migliore amico ha un proiettile conficcato nell'addome e una
macchia rossa si espande sul tessuto della maglia, visibile
nonostante sia nera come la pece.
Il viso del ragazzo è imperlato di sudore e digrigna i denti
per
trattenere urla di dolore che darebbero solo soddisfazione a Vorkov,
appostato di fianco alla porta.
L'uomo sorride vittorioso con una lussuosa pistola in mano ancora
fumante. Glielo si legge negli occhi che ha sempre desiderato vivere
quel momento e avere la possibilità di far fuori tutti i
DemolitionBoys, uno ad uno, senza pietà.
“Boris...”
mormoro socchiudendo gli occhi e reprimendo un conato di vomito.
“Ivanov!
Mi stavo giusto domandando quanto avresti impiegato per arrivare! Sei
ancora in tempo per vedere il tuo amico morire!” sibila
Vorkov alle
mie spalle.
Purtroppo, se non ci sbrighiamo a portarlo in ospedale, il folle ha
ragione. Lo perderemo.
La pallottola deve essere penetrata in profondità, vista la
distanza
ravvicinata da cui Vorkov ha sparato al platinato e con l'ultimo
briciolo di razionalità calcolo che, a occhio e croce, a
Boris
rimane meno di un'ora. La cosa peggiore è che ne
è perfettamente
conscio pure lui.
“Dannato!
Sei tu l'unico che merita di morire, qui dentro!” ringhio,
avvicinandomi con uno scatto a Reyka e Boris.
Sento il mio migliore amico ansimare affannosamente nel tentativo di
rimanere sveglio e di non perdere i sensi; la sua vista comincia a
calare e il dolore scomparirà non appena la sua forza di
volontà
verrà dissipata e Boris si lascerà andare con la
mente e con il
corpo.
Solo in un secondo momento mi accorgo che Kei non è presente
nella
spaziosa stanza. Nonostante questo, mi fido del ragazzo che amo e che
si sta dando da fare per riuscire a portarci fuori di qui tutti
interi; deve per forza avere un piano in mente.
“Ah,
mi dispiace solo che Hiwatari e gli altri due membri della squadra
non siano qui ad assistere al massacro perché
sarà davvero
divertente!” sussurra, ignorando la mia provocazione.
“Se
non usciamo di qui, il monastero ci crollerà sulla
testa!” grido
per fargli capire che non c'è tempo di discutere in questo
posto.
“Che
c'è? Hai paura di morire, Yuri?”
“No,
se so che verrai ammazzato anche tu con me!” ringhio, dando
una
rapida occhiata a Boris e Rerka.
La ragazza è traumatizzata e abbraccia Boris con foga,
aggrappandosi
a lui come se potesse proteggerla ancora una volta. Come se l'unico
modo di farlo rimanere in vita, con lo spirito ancorato alla Terra,
fosse stringerlo e pregare in un miracolo.
Scuoto la testa e cerco un modo per farci uscire da qui il prima
possibile, ma la visione del mio migliore amico steso a terra,
agonizzante e in fin di vita, non mi aiuta per niente.
“Boris,
non lasciarmi..” biascica Reyka, dando segno della sua
partecipazione.
“Ahahah!
Solo Dio ha la facoltà di decidere i meritevoli di rimanere
in vita
o chi ci deve tristemente lasciare!” sbotta con tono sadico.
Vorkov giocherella con la pistola dall'impugnatura candida, come se
stesse giocando con il destino di ognuno di noi.
“Non
avevi il diritto di decidere per la sua vita!”
“Ti
sfugge una cosa, Yuri! Io posso scegliere se farlo vivere o morire
perché io sono
Dio!”
E' questione di un attimo. Un breve istante durante il quale riesco a
vedere ogni cosa a rallentatore, quasi fossi in un film.
Vorkov impugna la pistola e la carica, puntandola dritta contro la
mia testa. Il suo dito ossuto si avvinghia al grilletto ed è
come se
sapessi che quella pallottola non potrà mai colpirmi
perché non è
quello il mio destino.
Non morirò per mano di Vladimir Vorkov. Almeno, non
fisicamente.
Il rumore assordante del tetto, che sta per crollare a causa
dell'esplosione in sala comandi, sovrasta il passo veloce di Kei il
quale sbuca da dietro il grande portone per avventarsi contro Vorkov,
ignaro della presenza dell'argenteo.
Un urlo disumano esplode dalla bocca del Dranzer blaider che con un
salto e un pugno ben assestato riesce a far volare di mano la pistola
al monaco, disarmato e inoffensivo. Ora, la cosa peggiore che
può
capitare è solo il crollo improvviso del monastero sopra le
nostre
teste, dal momento che la minaccia principale è destinata a
soccombere sotto i colpi letali dell'argenteo.
“Bastardo!
Me la pagherai!” sbotta Kei assestandogli una ginocchiata nel
basso
ventre, mozzando il fiato all'uomo.
Vorkov rantola a terra, si tiene la pancia per il dolore e striscia
come un verme verso la pistola, sperando che nessuno se ne accorga.
Mi affretto ad afferrare l'arma e puntarla dritta contro la tempia
del nostro aguzzino.
“Non
lo farei, se fossi in te!” mormoro caricando l'arma proprio a
pochi
centimetri dalla sua testa.
Il monaco deglutisce, ma nei suoi occhi non leggo disperazione; vedo
solo una gran voglia di vendicarsi, di distruggerci uno dopo l'altro
e capisco che deve avere un piano di riserva assai diabolico.
Kei lo immobilizza, sedendosi sopra il suo petto, e con una sola mano
riesce a intrappolare i polsi di Vorkov e mollargli cazzotti degni di
tale nome. Non lo biasimo se sfoga in quella maniera tutta la rabbia
che riserva in cuor suo, ma rischiamo di finire schiacciati dalle
macerie se non ci sbrighiamo.
Reyka si alza con cautela, afferrando Boris da un braccio e
proteggendosi la testa con l'arto libero, timorosa di beccarsi un
pezzo di soffitto addosso.
“Kei!
Dobbiamo andare fuori da qui! Black Dranzer ha combinato un bel
casino!” grido, attirando l'attenzione dell'argenteo.
Kei solleva il viso verso il mio e ghigna in modo sadico, deciso a
non farla passare liscia a Vorkov per tutto quello che gli ha
causato.
“Non
ancora, Yu! Prima voglio vedere morire que...”
Ma il ragazzo non finisce la frase perché, a causa della sua
distrazione, il monaco riesce a liberarsi e ad afferrare un piccolo
coltello posto nella tasca anteriore dei pantaloni.
Vorkov non si lascia sfuggire un'occasione simile e preme con
violenza lo stiletto verso il ventre dell'argenteo, ferendolo
gravemente.
Kei apre la bocca in un muto grido di dolore e sorpresa; appoggia una
mano sul coltello e, non appena la mostra, il sangue impregna ogni
centimetro della sua pelle diafana e perfetta.
Rimango immobile, con il braccio di Boris attorno al collo per
evitare che cada o aggravi la sua situazione: non ha molto da
invidiare a Kei, anche se il platinato è messo assai peggio.
“Kei..”
biascico, sbarrando gli occhi.
Ma resto al mio posto. La ramanzina sul “cosa è
giusto fare”
l'ho già ricevuta da Kei e so che il suo desiderio
più grande è
proprio quello che i DemolitionBoys si salvino con meno perdite
possibili.
Il mio sacrificio per salvare Kei, a questo punto, sarebbe inutile.
“Vattene,
idiota! Salvatevi almeno voi” sbotta l'argenteo, socchiudendo
gli
occhi dal dolore.
Scuoto la testa incapace di credere alle mie orecchie ed ai miei
occhi. Riluttante al pensiero di abbandonare in questo posto il mio
ragazzo che, in pochi minuti, verrà sommerso dalle macerie.
“Yuri,
Kei ha ragione! Dobbiamo salvarci!” mormora Reyka.
“Che
significa? Cosa vuol dire, Kei?” chiedo abbassando il tono di
voce,
anche se, inconsciamente, conosco già la risposta.
Dopo un
attimo di riflessione, Kei sorride sereno e in modo rassicurante.
“Vi
raggiungo fuori!” risponde addolcendosi e alzandosi da sopra
il
corpo di Vorkov.
Con grande difficoltà, Kei mi ruba la pistola che tengo in
pugno e
con la mano libera preme contro la ferita, evitando di estrarre
l'arma.
“Boris
ha bisogno di un sostegno, io posso benissimo camminare da
solo..”
mormora poco convinto.
Nella sua voce c'è una vena malinconica, triste e
rassegnata.
In fondo al cuore, so che questa è l'ultima volta che vedo
Kei.
Vivo.
So che la cosa giusta da fare è aiutare Reyka a trascinare
fuori
Boris e poi portarlo all'ospedale: Vorkov non gli ha sparato in un
punto vitale, ma il platinato ha perso troppo sangue e rischia di
morire a causa delle nostre perdite di tempo.
Il monaco scoppia a ridere. Una risata fredda, agghiacciante.
Nemmeno lui se la passa bene, in quanto Kei l'ha conciato per le
feste prima di venire attaccato a sua volta.
Kei barcolla vistosamente e sgrana gli occhi per tenersi sveglio; la
sua forza di volontà si fa meno ora che ha finalmente visto
volgere
al termine anche il suo ultimo compito.
“Le
tue ultime parole, Vlad?” sibila l'argenteo caricando l'arma.
“Ormai
è troppo tardi per uscire da qui! Verrete schiacciati come
vermi!
Siete degli illusi se pensate di uscire dal monastero vivi!”
sbotta, sputando a terra in segno di disprezzo.
“Mi
aspettavo qualcosa di più originale!” risponde
acido il ragazzo,
premendo senza titubanza il grilletto.
Il proiettile finisce proprio in mezzo alla fronte del monaco, ma non
è la vista di un cadavere a sconvolgermi, tanto
più la freddezza e
la mancanza di umanità di Kei nell'uccidere l'uomo.
Hiwatari ha messo fine all'ignobile vita di Vladimir Vorkov, eppure
non mi reputo soddisfatto né contento nel vedere gli occhi
vitrei e
quel sorriso beffardo sul volto freddo del nostro aguzzino.
Non provo gioia.
Non sento quel brivido di libertà che mi sarei aspettato.
Vedo solo il ragazzo che amo macchiatosi di un orrore gravissimo,
pari a quelli di Vorkov in persona. Ma non lo biasimo per quel gesto.
“Correte!”
sbotta l'argenteo, gettando a terra la pistola e affrettandosi a
raggiungere l'uscita dell'ufficio.
Sospiro e faccio ricorso all'ultimo briciolo di forze rimastemi per
trascinare Boris verso l'ingresso principale.
Il fracasso del soffitto che si sgretola è assordante e
perdo
completamente il senso dell'orientamento e del tempo.
Mi sento le orecchie piene di ovatta e ogni singolo oggetto
è
sfuocato, impalpabile.
Percepisco il braccio pesante e gravoso di Boris sulle mie spalle e
tanto mi basta per affrettare il passo e seguire Reyra verso
l'uscita, la nostra unica via di salvezza.
“Laggù!”
grida la morettina.
Ma le sue parole sono attutite e risuonano lontane.
Digrigno i denti ed invoco le ultime forze rimaste per trasportare
Boris sulla schiena ed evitare di rimanere seppellito vivo insieme ai
miei amici.
La luce si fa sempre più intensa e vicina.
Ormai ci siamo.
Percorriamo l'ultimo corridoio alla velocità della luce, o
almeno
così mi pare, e usciamo dal monastero, trovandoci nel
cortile arioso
e freddo.
È davvero giunta la fine.
Epilogo
Guardo la bara del mio
migliore amico
calare nella fossa.
È come se il mio
corpo fosse
fisicamente partecipe al funerale, ma la mia anima mi avesse
abbandonato. Per sempre? Non ne ho idea.
Sento un braccio cingermi i
fianchi con
forza spasmodica. Si stringe a me in cerca di conforto e di un amico
a cui abbandonarsi in un pianto liberatorio. Ma che sostegno posso
darle in una situazione simile? Cosa posso fare per migliorare le
cose? Desidero solo una bacchetta magica per scambiare il mio posto
con quello di Boris. Non è giusto.
Reyka piange disperata. Non
l’ho mai
vista in uno stato simile, e ciò mi spaventa alquanto. Si
riprenderà
mai? Forse riuscirà a trovare qualcuno da sfruttare per
sfogare i
suoi istinti sessuali repressi e magari se ne invaghirà
pure. Ma il
vuoto lasciato dal nostro Boris è incolmabile.
Ivan non trattiene i
commenti di
disprezzo verso il monaco e si compiace del fatto sia morto sotto le
macerie del monastero. Non oso immaginare ciò che avremmo
potuto
fargli se fosse rimasto miracolosamente vivo.
Una volta ho sentito dire
che non
esiste vendetta peggiore del perdono, ma chiunque sia stato a dire
una cavolata simile, non ha mai avuto l’onore di conoscere
Vladimir
Vorkov.
Il perdono non è
una parola ammessa
nel nostro vocabolario e specialmente in una situazione simile
è un
termine inconciliabile.
Serjey ha lo sguardo perso
nel vuoto,
sembra vivere su un altro pianeta. In un mondo estraneo.
Spero per lui che in quel
posto
inaccessibile ad ognuno di noi ci sia un barlume di speranza che
possa farlo andare avanti nella vita, perché la perdita di
un membro
della famiglia è la cosa peggiore che possa capitare.
Noi, ex mercenari ai
comandi di Vorkov,
non abbiamo altro che noi stessi per consolarci e continuare ad
arrancare.
Socchiudo gli occhi e nella
mia mente
si fa largo il ricordo degli ultimi istanti durante i quali ho potuto
godere della presenza del mio migliore amico.
Mi avvicino con
circospezione alla
barella dove giace Boris, conscio del fatto che questa può
essere
–probabilmente lo è- l’ultima volta che
ci parleremo.
È
strano.
So che
è l'ultima occasione che ho
per parlargli e riferirgli tutto ciò che ritengo importante,
ma la
mia mente non riesce a costruire un pensiero logico e pertinente,
idoneo alla situazione.
Contrariamente a
quello che ci si
aspetta, provo un senso di rabbia profondo verso il platinato.
Forse
perché so che ci sta
abbandonando ed io sono troppo debole per affrontare la vita senza di
lui.
Eppure sono fiero
di ciò che ha
fatto e di come si è comportato.
Sospiro rassegnato
e sorrido
amaramente, rivolgendogli uno sguardo orgoglioso.
“Tu
sapevi come sarebbero andate
le cose. L’avevi messo da conto...”
Non c'è
ombra di compassione nella
mia voce, o almeno, tento di nasconderla al meglio per non
mortificare un guerriero come Boris.
“Sì..”
biascica senza
ripensamenti.
Mi rivolge un
sorriso appena
abbozzato: fatica a rilassare i muscoli con una pallottola conficcata
nell’addome e non lo biasimo se non vuole parlare per
risparmiare
energie.
“Nonostante
tu sapessi che le
possibilità di successo fossero minime, hai tentato comunque
la
sorte e non hai cercato di cambiare le cose!”
“No,
Yu..” sussurra in un
rantolo, mentre il suo corpo è scosso da continui colpi di
tosse.
“Perché?”
chiedo semplicemente.
Il mio corpo
trema, ormai fuori
controllo.
“Perché
era così che doveva
andare. Non ci potrà mai essere un lieto fine, per noi. Non
ci potrà
mai essere!”
“Sei un
coglione, Boris. Ma un
coglione davvero eroico.” mormoro sbuffando al vento.
La bara dove giace il mio
migliore
amico cala lentamente nella fossa; né Boris né
nessun altro dei
DemolitionBoys è religioso o credente, ma quando si comincia
a non
vedere altra via di scampo che un miracolo, ci si ritrova
simpaticamente a pregare un Dio a cui mai nessuno ha creduto
realmente.
Ed è proprio
quell'essere divino
superiore che decide del destino di ognuno di noi.
O questo “essere
superiore” ha un
nome? Vladimir Vorkov.
Boris non avrebbe voluto un
funerale
sfarzoso con decine di persone intorno al proprio capezzale.
Non sono nemmeno sicuro che
Huznestov
volesse un funerale.
Ma credo che un segno di
riconoscimento
verso colui che ha contribuito a salvare la vita a tutti i membri
della squadra russa sia d'obbligo e Boris merita la nostra
gratitudine e un addio come conviene.
Nonostante io veda con i
miei occhi il
corpo del platinato abbassarsi lentamente nel cuore della terra
scavata, sento la sua vicinanza più viva che mai, quasi
potessi
vederlo con i miei occhi affianco a me.
No, non è
un'illusione!
Il mio sguardo vaga verso
un punto
preciso del cimitero, dove una figura vestita di nero in giacca e
cravatta, si presenta di fronte a noi con le mani affondate nelle
tasche e la testa bassa in segno di rispetto.
I capelli platinati
scompigliati dal
vento fluttuano davanti agli occhi smeraldini e vivaci del mio
migliore amico.
E poi, come fosse un
miraggio, alza
timidamente la mano in segno di saluto scomparendo dietro l'albero
alla sua sinistra.
“BORIS!”
grido con tutto il fiato
che ho in gola.
Reyka e i miei compagni mi
rivolgono
un'occhiata preoccupata e sorridono amaramente.
“Yuri, anche a
noi manca, ma..”
inizia Serjey.
“No, Ser! Era
lì! L'ho visto!”
sbotto arrabbiato perché nessuno si è reso conto
della sua
presenza.
“Io ti credo,
Yu!” mormora Reyka,
finalmente tornando ad un tono di voce accettabile.
La morettina sorride
tristemente, mi
cinge la vita con entrambe la braccia e si aggrappa a me con foga. Ma
non piange.
Ha prosciugato la sua
riserva di
lacrime disponibili già da un bel pezzo.
“Anche io credo
che lui sia qui
vicino a noi..” sussurra, gli occhi velati dalla tristezza.
Questa volta le parole
della piccola
mora mi confortano e mi scaldano il cuore; capisco che non sono
davvero l'unico a cui manca Boris anche se questo pensiero avrebbe
dovuto essermi ovvio fin dall'inizio.
Guardo Reyka e le sorrido,
anche se può
sembrare più ad una smorfia di dolore che ad una
dimostrazione di
amicizia.
Lei è stata
l'ultimo pensiero di Boris
prima di scomparire e non mi potrò mai più
scordare le parole del
platinato quando è stata l'ora degli addii. Quelli veri.
“Yu,
voglio chiederti un favore.”
biascica prima che i paramedici lo spediscano in ambulanza.
“Nh?”
In risposta mi
esce soltanto un
gemito. Segno evidente della mia incapacità di reprimere le
lacrime.
“Non
trattarmi come un moribondo
idiota, Yu! Puoi anche sforzarti di parlare..” mormora
sorridendo.
Boris riesce a
strapparmi un ultimo
sorriso.
È una
sua capacità innata, non c'è
nulla da fare.
E questa sua
caratteristica mi
mancherà da morire.
Prendo una boccata
d'aria e la butto
fuori tutta d'un fiato, facendomi forza per non far notare il mio
tono di voce traballante.
“Quello
che vuoi, Boris'ka!”
rispondo stirando le labbra in un finto sorriso di circostanza.
Boris capisce che
sto morendo
dentro, sente la mia paura e mi compatisce.
Non dovrebbe
essere il contrario?
“Senti,
non voglio che Reyka salga
con me su quell’ambulanza. Non mi sembra bello che come
regalo
d’addio le lasci un ricordo così
orribile..”
Boris è
fin troppo consapevole che
non arriverà all’ospedale vivo, ma nonostante
ciò non demorde e
cerca di mantenere un comportamento di distacco, indifferente alla
morte.
Non ho intenzione
di dirgli che se
sarà forte, potrà sopravvivere alla notte.
Non voglio dar
false speranze a
nessuno. Soprattutto a me stesso.
Non credo in una
divina provvidenza
capace di guardare e avere compassione di questo ragazzo che ha dato
la vita per salvarne un’altra.
Non sono ipocrita
e non mi
comporterò da tale. So che questa è
l’ultima volta che vedrò
Boris in vita, ma non ho nulla di importante da dirgli. Niente che
possa essere così importante per lasciare impresso questo
momento.
“D'accordo,
Boris!”.
Boris
non è morto
per niente e il suo gesto eroico non sarà dimenticato da
nessuno di
noi.
Ma al
dolore di una
scomparsa se ne aggiunge un'altra che porta con sé un velo
di
mistero e inquietudine.
Kei, il
ragazzo che
ho amato dal primo momento che ho visto, non c'è
più.
Non so
nemmeno io
se dire se è morto o è semplicemente scomparso
nel nulla.
Sta di
fatto che
abbiamo visto tutti quanti il monastero crollare sopra le teste di
tutti i poveri sfortunati al suo interno. Kei Hiwatari e Vladimir
Vorkov compresi.
Non
appena il
putiferio generale si è placato e le autorità
hanno messo un po'
d'ordine nei dintorni del monastero e al palazzetto dello sport dove
si stavano tenendo le finali mondiali, con l'aiuto della polizia, dei
vigili del fuoco e dei paramedici delle ambulanze, hanno fatto un po'
di conti in tavola.
Morti,
feriti,
sopravvissuti e persone rimaste indenni.
Nel
giro di un'ora
sono arrivati i bulldozer e i cani da macerie per dare il loro
contributo nelle ricerche di superstiti; hanno lavorato per tutta la
notte per trovare il minimo segno di vita, ma non c'è stato
nulla da
fare.
Vladimir
Vorkov è
stato trovato morto, sepolto sotto le macerie, schiacciato dai
detriti del soffitto e crollato proprio sopra la sua testa. Una fine
ignobile per un uomo altrettanto squallido.
Ma il
corpo senza
vita di Kei Hiwatari sembra svanito nel nulla.
Uno dei
misteri più
bizzarri che la polizia russa si sia mai trovata ad affrontare.
I resti
del ragazzo
che amo non sono stato ritrovati né sotto le macerie,
né nei
dintorni.
Hanno
cercato
ovunque per giorni senza nessuno risultato: Kei è scomparso.
Mi
sembra di
rivivere un'esperienza passata, quando ho perso per la prima volta
l'argenteo: l'avevano dato per spacciato, scomparso dalla faccia
della terra. E io sono stato l'unico demente a credere che fosse
rimasto illeso, che sarebbe tornato da me.
E non
mi sono
sbagliato.
Eppure
so che
questa volta andrà diversamente.
Non
rivedrò
spuntare dalla neve il viso tatuato di Hiwatari, né
potrò
riabbracciarlo e fare l'amore con lui.
Ma il
nostro sogno,
quello di Kei ed il mio, si è avverato. Siamo scappati dal
monastero, lasciandoci alle spalle solo cumuli di pietre e mura.
“Hai
visto, Kei? Il nostro desiderio è stato realizzato! Siamo
liberi,
ora!” mormoro mordendomi il labbro.
Un
ululato
disperato si alza dalla foresta alle nostre spalle.
È
triste, stanco,
voglioso di trovare pace.
Il mio
cuore
sussulta quando sento il verso del lupo farsi prepotente e attirare
la mia attenzione.
Non
sono nemmeno
sicuro che sia davvero la realtà, ma la bestia che dorme in
me si è
svegliata e piange di dolore per le perdite subite.
Nessuno
sembra
accorgersi dell'ululato insistente dell'animale straziato ed evito di
farne parola con gli altri miei compagni.
Chiudo
gli occhi e le lacrime iniziano a scorrere senza controllo
perché mi
rendo conto che ciò che Boris ha detto è la
triste verità: non
ci sarà mai un lieto fine, per noi. Non ci potrà
mai essere.
Fine.
Angolo
dell'autrice
Ehm
ehm!V.V Buona sera! Ho finito
questa storia, vi rendete conto??'T.T ritardo a parte che è
tutta
colpa dell'università!>.< Davvero! Non pensavo
mi richiedesse
così tanto tempo!
Ma....ho
finito davvero questa
storia! È triste, mi ero affezionata a questa fan fic! T.T
Ma come
ogni storia, ci deve essere una fine, e questa è la
conclusione che
vi propongo.
Sapete
che mi farebbe tanto
piacere conoscere le vostre impressioni al riguardo e, minacce di
morte per il ritardo a parte, mi auguro di sentire tanti pareri!^-^
Ecco,
ultime considerazioni da
fare su questa storia...mmh...vediamo!V.V
Devo
dire che sacrificare Boris e
Kei mi è costato tanto!T.T [ma quanto ti crediamo =.=''
ndKei&Boris]
però reputavo che qualche vittima fosse d'obbligo! Del
resto, è una
fan fic triste, cupa e malinconica.. è una storia che lascia
l'amaro
in bocca, a mio parere, e ho sempre avuto chiaro fin dall'inizio il
finale per me più appropriato!
E dovete
sapere che Kei e Boris
sono i miei personaggi preferiti!^.^'' vi sembrerà strano,
ma è
così!>.< ho fatto fare loro una fine gloriosa,
degna dei veri
eroi!V.V [intanto siamo crepati =.='' ndBoris&Kei]
>.>
dettagli inutili! Alle donne piace piangere gli eroi defunti! V.V
Bene,
questo è tutto!^o^
Ah, mi
stavo dimenticando!>.<
ho iniziato con la stesura di In Pieces 2, se qualcuno fosse
interessato al riguardo >.>....>.>.... [non
c'è nessuno
interessato a quello schifo di storia =.='' ndYuri] =.= mi mancavi
pure tu!>.<
Passo ai
ringraziamenti e poi vi
saluto definitivamente con questa fic!^O^
lexy90:
ciao cara!T.T mi dispiace
un casino essere arrivata in ritardo così! Ma ti assicuro
che ho
avuto un casino da fare!>.< e poi il cappy era pronto da
ben
venti giorni, non sono riuscita ad installare nvu nel mio pc nuovo
=.='' ecco...e poi ho problemi perchè, a Bologna, non ho
internet!T.T
Comunque,
ultimo capitolo, tutto
si è concluso nel peggiore dei modi, ma del resto c'era da
aspettarselo!V.V'' Ripeto che Kei e Boris sono i miei personaggi
preferiti!^.^'' anche se non sembra da come li ho fatti scomparire!XD
il mistero di che fine ha fatto Kei veleggia sulla conclusione di
questa storia e questo punto interrogativo non verrà mai
risolto!V.V
ahahah!*.* sono bastarda, lo so! V.V Ti ringrazio di aver seguito
anche questa storia!^O^ Ti avverto che sto preparando In Pieces 2 e
ho pure un'altra storia in serbo!V.V Ci sentiamo alla prossima
storia!^o^ un bacione grande!
Aphrodite:
Ika-chan!T.T siamo
arrivate all'ultimo cappy!>.< Porca miseria che tragedia!
Mi
ero affezionata a questa storia e concluderla mi è costata
fatica
=.='' mooolta fatica! Chiedo venia per il ritardo, ma ho avuto
davvero degli imprevisti con l'università e soprattutto con
internet
che non ho ancora!>.< sono senza internet! T.T
Bene,
che dire?? Sono contenta tu
dica che miglioro di volta in volta! Mi commuovo T///T grazie mille!
Spero che questo ultimo cappy e l'epilogo ti abbiano coinvolta tanto
quanto l'ultimo capitolo!^O^ Grazie di aver commentato questa storia
e di farmi troppi complimenti >///< a volte non li merito
davvero =.= Comunque, spero di riuscire a commentare il resto delle
tue storie al più presto!^o^ sai bene che prima o poi mi
sentirai e
ti lascerò una marea di commenti per romperti le scatole e
farti
sapere che mi piacciono tanto le tue fic!V.V
Quindi,
come posso concludere?? Ci
sentiamo alla prossima fan fic!^o^ un bacione grande
grande!>.<
Ella_Sella_Lella:
Oh, ma chi si
rivede!^o^ Sono contenta tu ti sia fatta sentire! Spero commenterai
l'ultimo e definitivo cappy di questa lunga fan fic!V.V
Ebbene
sì, il povero Boris è un
eroe!T.T E Keiuccio caro lo è altrettanto! Forse un po'
sadico e
scorbutico, ma lo è anche lui!V.V
Quindi
spero di sapere la tua
opinione al riguardo e mi auguro di averti stupita con questa
conclusione molto triste!T.T sniff! Un bacione!!^o^
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