I superstiti
"Vado al centro medico a cercare sopravvissuti, voi restate qui!
Tornerò appena avrò trovato qualcun altro!" così
si congedò Robert Grant, guardia della stazione spaziale USG
Ishimura, da Vincent Doyle, suo collega.
Erano passate nove ore da quando la Ishimura era stata attaccata da una
ignota razza aliena, che ne ha decimato gran parte dell'equipaggio.
Robert, Vincent, ed altre otto persone erano ancora in vita, ma il
gigantesco complesso per l'estrazione mineraria era ormai popolato da
creature che non aspettavano altro se non di banchettare con la carne
di qualche umano così imprudente da uscire al di fuori della
sicura zona di attracco, dove i superstiti erano raggruppati.
"Necromorfi" li aveva chiamati il Dott. Ashton prima di uscire dalla
zona sicura e diventare uno di loro. Disse che erano i cadaveri dei
membri dell'equipaggio, infettati da un batterio alieno che faceva
scempio dei loro corpi e li trasformava in macchine di morte. Tutto era
iniziato col ritrovamento - oh, così importante per la Chiesa di
Unitology e per gli ufficiali della nave - del Marchio, un enorme
manufatto alieno che riportava iscritte le "istruzioni" per dare vita
al batterio. Ovviamente, quei bastardi della Sezione Scientifica le
seguirono alla lettera, e adesso i sopravvissuti erano dieci, e Robert
sperava di trovarne altri, fra cui sua moglie Ellen, con la quale non
aveva avuto più contatti da quando si era scatenato l'inferno.
Ora Robert correva all'interno di un corridoio. Le luci, quando non
rotte, funzionavano ad intermittenza, e l'odore di putrido permeava
ogni centimetro quadrato di ossigeno che la guardia respirava, mentre
correva cercando di scavalcare alcune parti di corpi che giacevano a
terra, dove pozze di sangue rappreso emettevano disgustosi rumori
quando calpestate. Robert correva perchè era seguito da un
necromorfo. La creatura doveva essere stata un dottore, a giudicare dai
brandelli di camice che ancora indossava. Le braccia erano sparite,
mentre altri due arti mostruosi uscivano da dove una volta erano le
spalle, per terminare con due affilatissimi artigli. Dalle sue fauci
venivano emessi ringhi disumani, da gelare il sangue. Gli occhi, rossi,
lo bramavano avidamente.
Disperato, il guardiano entrò nella porta in fondo al corridoio
che stava percorrendo e la richiuse, bloccandola. La creatura
urlò, picchiando un paio di volte contro la porta, prima di
desistere e andare Dio sa dove.
"Robert!" una voce di donna lo chiamò, e lui si voltò di
scatto, puntando la pistola d'ordinanza verso di lei, ma riabbassandola
subito. Sua moglie Ellen gli corse incontro e lo abbracciò,
piangendo: "Dio, Robert... avevo tanta paura per te...".
"Ellen! Sei viva!" rispose la guardia, stringendola a sè.
Passarono trenta secondi prima che rialzasse la testa e vedesse che
c'erano altri superstiti: il Dott. Ford, della Sezione Scientifica,
Sarah Chazz, inserviente medica, ed un altro inserviente di cui non
ricordava il nome.
Robert spiegò loro velocemente la situazione ma notò che,
alla fine del suo racconto, gli altri erano sbiancati. A rompere il
silenzio ci pensò Ellen: "Robert, qualcuno ha ucciso alcuni
necromorfi. Uno di essi indossava... questo." e gli porse un ciondolo,
che il guardiano riconobbe subito: apparteneva a Vincent.
"Quando l'avete trovato?" chiese Robert. "Tre ore fa." disse il Dott. Ford.
La guardia si sentì mancare: aveva lasciato Vincent sì e
no mezz'ora prima e, sebbene non ricordasse di aver visto se indossava
il ciondolo o meno, era improbabile che qualcun altro indossasse un
cimelio appartenuto alla madre del suo collega.
"Devi sapere, Robert, che il processo di trasformazione in quelle
creature comporta alcuni... sintomi anche a chi in loro non si
può ancora trasformare, come le persone vive. In particolare,
abbiamo riscontrato una certa forma di pazzia nei soggetti che sono
stati esposti all'azione del batterio. Nello specifico, le persone in
questione soffrivano di allucinazioni. Tu hai detto di arrivare dalla
zona di attracco. Per quanto tempo sei rimasto lì?"
spiegò il Dottore.
"Nove... nove ore, da quando è iniziato tutto. Ero di pattuglia
in quella zona, quando sono stato attaccato. Sono riuscito a fuggire ed
ho raggiunto il molo, che credevo sicuro. Dopo due ore mi ha raggiunto
Vincent." disse uno scioccato Robert.
"Vincent è morto, Robert. Abbiamo visto bene il corpo
perchè volevo sincerarmi che non ci fossi anche tu tra di
loro, e lo abbiamo riconosciuto. Hai detto che con voi c'erano altre
otto persone, tutti operai. Posso garantirti che nessun operaio
è riuscito a passare questo punto. E, per arrivare al molo,
questa è l'unica strada." disse Ellen che, vedendo ora il marito
totalmente sbiancato, lo rassicurò: "Ma non preoccuparti. L'aria
qui non è contaminata. Ti basterà non uscire più
per evitare di soffrire ancora di allucinazioni. I batteri nel tuo
corpo moriranno gradualmente e in quindici minuti sarai pienamente
ristabilito."
A queste parole, il guardiano si rasserenò: "Fatti una doccia,
in quella stanza ce n'è una." continuò sua moglie,
indicandogli una stanzetta.
Robert entrò, si spogliò ed entrò nella doccia. Si
chiedeva come aveva fatto a non accorgersi dell'inganno della sua
mente, quando un rumore lo fece sobbalzare: la porta della doccia si
aprì ed entrò Ellen, i cui grandi seni, ora in bella
vista, avevano scatenato più di una lite fra suo marito e
qualche operaio troppo "ardito" con complimenti e battute. I due si
avvinghiarono, fecero l'amore nella doccia, mentre nel resto della nave
un flagello alieno dettava legge.
Dopo mezz'ora, i due uscirono. Si stavano rivestendo, quando Robert
sentì bussare violentemente alla porta dalla quale era entrato.
"Robert! Robert! Presto, apri! Credo che mi stiano inseguendo!" la voce di Vincent risuonò.
Robert raggiunse la porta da cui provenivano i rumori, e disse: "Dio!
Ancora? Ma è già passato più di mezz'ora!"
"Non ascoltarlo, Robert. Ignoralo e vedrai che se ne andrà."
disse il Dott. Ford, "Sì, amore mio. E' solo un'allucinazione,
passerà." gli diede man forte Ellen.
"Presto, Robert! Ci hanno attaccati, sono usciti dai condotti
dell'aria, è stato un massacro! Ti prego, apri la porta!"
supplicò Vincent.
La guardia abbassò la testa e si portò una mano alla
fronte: "Ma è già passato più di mezz'ora! Le
allucinazioni non se ne sono andate... non se ne andranno mai!"
"Stai calmo, Robert. Ignoralo e basta." rincarò Ellen.
"No, amore mio. La follia è un brutto peso da sopportare, e se
ne fossi affetta saresti d'accordo con me. Ti amo..." detto questo,
Robert si sparò in bocca.
Vincent, al sentire il colpo di pistola e il rumore del corpo che
cadeva a terra, smise di bussare e si girò: "Robert..." disse,
prima di vedere la creatura che ormai stava per trucidarlo, e i seni
prosperosi che, quando era in vita, tante liti avevano scatenato:
"Ellen... ti prego, no..."-
I resti del cadavere di Vincent giacevano al di là della porta
dove giaceva quello di Robert che, da solo, attendeva solamente di
potersi rialzare.
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