ATHS - Die my darling
-Autore: Rota
-Titolo: All
the things he said – Die, die, die my darling
-Fandom: Axis
Powers Hetalia
-Personaggi/Pair: Russia/Ivan
Braginski, America/Alfred F. Jones; RusAme
-Numero Musa:
1 – Melpomene
-Genere: Introspettivo,
Drammatico
-Rating: Giallo
-Avvertimenti aggiuntivi:
One shot, Yaoi, AU, What if…?
-Commento:
Il titolo della raccolta che inizio è la ripresa del singolo
delle T.A.T.U. “All the things she said”, mentre il
titolo di questo primo capitolo è la ripresa di un singolo
dei Metallica, ripreso però pari pari.
Dunque, la parola chiave da me scelta è
“destino” e questo deve essere preso in relazione
con il personaggio di Ivan. Ivan è, molto semplicemente, un
bambino un po’ troppo cresciuto, un bambino egoista e
parecchio testardo. Nella sua visione – come spero si capisca
nella mia ff – imporre la propria volontà come una
volontà superiore e assoluta è un fatto quasi
naturale, tanto che per lui è NECESSARIO, alla fine,
uccidere Alfred. Per una serie di questioni che non sto qui a elencare
ù.ù
Per questo, per me, destino e necessità sono espressi in un
binomio assolutamente indissolubile.
-Parola chiave:
destino, necessità
*All the things he said*
*Die, die, die my darling*
La neve russa non
è bianca. La neve russa è di colore rosso…
Le molle sotto il materasso cigolarono quando l’uomo,
lentamente, si alzò prima sui gomiti e poi a sedere,
poggiando i piedi nudi sopra il tappeto appena in parte al letto. Ivan
portò una mano ai capelli, scostando i ciuffi chiari da
davanti agli occhi; era un poco assonnato.
Un allegro cinguettio attirò la sua attenzione: dalla
finestra aperta si potevano scorgere degli uccellini giocare a
rincorrersi, di ramo in ramo, sopra il grande melo del giardino di casa
Braginski. Gli scappò un sorriso mesto mentre conduceva
lemme lo sguardo all’esterno.
La violenta pioggia della notte aveva lavato l’aria e il
cielo, dove ora splendeva un sole luminoso.
-Oggi è proprio una bella giornata!-
Ivan chinò di nuovo il capo, guardando sorridendo la persona
che giaceva muta tra le lenzuola. Silenzio; pareva che cotanta bellezza
non toccasse l’americano. Braginski fece una smorfia,
leggermente contrariato.
Appoggiati gli occhiali spessi sul comodino di legno vicino al letto
stesso, il giovane non accennava il minimo movimento.
Ivan stirò le braccia in alto, prendendo un profondo
respiro. Un nuovo giorno, per lui, era appena iniziato.
Lui e Alfred si conoscevano relativamente da poco – da quando
la famiglia Jones era arrivata in quella piccola cittadina, circa
quattro mesi prima.
Braginski era più grande di tre anni ma la frequenza con cui
entrambi bazzicavano per i campi di basket del quartiere li aveva fatti
incontrare fin troppo spesso.
L’uno meccanico, l’altro aspirante astronomo:
niente di più lontano che potesse esserci. Eppure nessuno
dei due fece tanto caso a questioni così futili quando, per
varie ed eventuali, per frasi dette, non dette o taciute volutamente,
cominciarono a condividere ben più che qualche pomeriggio a
rincorrere un pallone.
-Tu mi piaci, Braginski!-
Così aveva detto Alfred, mentre tracannava
l’ennesima bottiglietta di coca.
Ivan aveva sorriso gentilmente, guardandolo come si fa con gli idioti.
-Anche tu mi piaci, Jones…-
L’americano aveva riso, a quel punto, forse senza rendersi
conto di non essere stato davvero compreso. Quando però
incollò le proprie labbra alla bocca dell’uomo
questo particolare fu ignorato.
Braginski non era quel tipo di persona particolarmente attenta alla
forma, così come non si poteva dire che era attratto dalla
sostanza invisibile agli occhi. Aveva un gusto particolare –
come con i metalli, gli piacevano le cose che non si rompevano
facilmente – ma quando una cosa lo interessava, ne diventava
quasi paranoico.
Alfred rientrò ben presto in questo gruppo, volente o
nolente.
Fu una sua frase a far precipitare irrimediabilmente le cose, a far
scorrere gli eventi con una velocità incredibile –
inarrestabile. Una frase detta quasi per caso, tra
l’esaltazione massima di chi crede di poter dominare il mondo
e la cecità degli ottimisti di fronte alla crudezza di una
vita terrena e assolutamente banale.
L’uomo, dopo aver sospirato e preso profondi respiri, decise
di alzarsi dal letto, raggiungendo la sedia della piccola scrivania di
legno dove aveva riposto i propri abiti, piegati e messi in ordine.
Prese la canottiera candida, infilandola velocemente. Stessa sorte
toccò alla camicia e ai pantaloni, che andarono a coprire
quel corpo robusto celandone le fattezze precise in
un’abbondanza di tessuto.
Ivan sorrise mentre si lisciava gli indumenti e si avvicinava al grande
specchio posto contro l’armadio, afferrando per ultima la
cravatta e legandosela attorno al collo.
Nulla pareva fuori posto nel riflesso immediato della sua possente
immagine. Forse i capelli erano più scapigliati del solito,
ma niente che non si potesse risolvere con un passaggio veloce delle
dita.
Tutto perfetto, tutto come al solito.
Quando però lo sguardo cadde – probabilmente per
caso – sul polso appena scoperto dalla manica troppo corta,
il sorriso di Ivan si pietrificò per solo qualche istante
mentre lo sguardo notava, netto, un graffio ancora scarlatto.
Quel rosso risaltava con tetro splendore sulla pelle nivea.
Il russo sentì la necessità di notarlo, ad alta
voce.
Magari la coscienza di qualcuno avrebbe fatto il resto. Magari, in
realtà riteneva quasi inutile sperarci troppo – ma
era la voglia di puntellare sempre e comunque l’animo altrui
che lo distingueva dalla massa di esseri consapevolmente pensanti.
-Sono rimasti i segni di ieri sera…-
Niente, ancora quel silenzio penetrante. Ivan guardò il
corpo sdraiato dell’amante nel riflesso dello specchio:
sorrise, benevolo, assolutamente incline e propenso al perdono.
Dopotutto, lui non era tipo da portare rancore troppo a lungo.
-Io sono un eroe, e come ogni eroe ho un preciso compito: proteggere i
sogni di chi mi sta attorno!-
Ivan lo aveva guardato senza sapere cosa dire per diversi secondi
– anche in quel momento il suo sorriso gentile si era
cristallizzato sulla faccia, senza mutare di un solo grado. Poi, dopo
aver sorseggiato la sua vodka ed essersi così concesso
qualche attimo di riflessione, aveva obiettato.
-Non credi che sia una cosa davvero tanto difficile?-
Alfred, con la sua caratteristica energia vitale, aveva scosso la testa
e aveva risposto, assolutamente sicuro di sé.
-Niente è impossibile per chi crede davvero! I sogni di un
eroe sono destinati a realizzarsi!-
Quindi, aveva riso e bevuto la sua coca cola, chiudendo lì
il discorso.
Ivan aveva continuato a sorridere, lasciando che nella memoria si
imprimessero quelle parole come marchiature a fuoco.
Ne comprese il senso reale solo dopo giorni: Alfred era un idealista,
uno di quelli convinti che la semplice intenzione possa davvero
cambiare ogni cosa – vergini di una realtà
materiale apparentemente lontana e inarrivabile.
Pian piano, nella coscienza del russo, si fece strada una
consapevolezza disarmante. L’uomo con cui condivideva il
letto sarebbe rimasto deluso dai fatti concreti, avrebbe visto i propri
sogni frantumarsi l’uno dopo l’altro, come cocci di
un vetro distrutto che cadono – rovinosamente – a
terra, facendo un gran chiasso.
Sarebbe stato semplicemente un’altra vittima del destino
crudele, che con il suo pesante martello l’avrebbe percosso
fino a renderlo polvere nella polvere.
Ivan non avrebbe però sopportato il lento spegnersi del suo
sorriso. Ivan avrebbe cambiato il suo destino, rendendo giusto e
necessario lo scorrere degli eventi – esattamente, come
avrebbe dovuto essere.
Chiudendo le mani a coppa, si sciacquò la faccia con
l’acqua fresca contenuta nella bacinella di ceramica bianca,
finemente decorata.
Questo semplice gesto ebbe l’effetto immediato di togliergli
il leggero torpore che ancora ricopriva interamente il suo corpo,
donandolo finalmente e completamente al mondo dei vivi.
Si guardò allo specchio, sorridendo al proprio riflesso.
Si voltò ancora una volta verso il letto, sorridendo,
convinto che quell’ultimo tentativo non sarebbe andato a
vuoto.
-Fra poco Natalia dovrebbe arrivare con la colazione… Dille
pure che io sono già andato a lavoro….-
Lei si sarebbe arrabbiata, nel non vederlo tra le coperte ad aspettarlo
– o meglio, nel vedere un altro uomo al posto del suo amato
fratello. Sicuramente, si sarebbe arrabbiata.
Ma Ivan era già di fretta e Alfred pareva non avere ancora
intenzione di smuoversi dal materasso, per questo il russo non
poté fare altro che sorridere un poco impietosito
immaginandosi la scena che si sarebbe svolta di lì a pochi
minuti.
Sorrise ancora, avviandosi verso l’uscita.
-Ci si vede stasera, Alfred…-
Chiudendosi la porta alle spalle, se ne andò.
-Stasera facciamo l’amore, Alfred…-
L’aveva detto così, Ivan, delineando quello che
sarebbe stato il programma sicuro della serata a venire. Alfred non
avrebbe detto di no – e anche se l’avesse fatto,
sicuramente non sarebbe stato ascoltato.
L’americano fu disteso sul letto, lungo il materasso candido.
Fu baciato e vezzeggiato, come un idolo pagano, assoluto e immortale.
Ivan l’avrebbe ricordato per sempre così, come un
eroe perfetto, come un qualcosa che di umano non aveva praticamente
nulla.
Fecero l’amore, dimenticandosi del resto.
Destino, giustizia, necessità, realtà e fantasia.
Forse, fu per questo che Alfred spalancò gli occhi alla
sorpresa più pura quando sentì le dita del russo
serrarsi attorno al suo collo – e farsi sempre più
strette, sempre più chiuse, dolorose.
Provò a liberarsi, ma invano. Provò anche a
chiamarlo, a chiedere ragione, ad invocare una razionalità
che pareva fuggita dal suo sguardo ceruleo.
Ogni parola finì pietrificata sulle sue labbra, per sempre,
mentre il respiro si chiudeva nei polmoni e gli occhi diventavano
inespressivi come pietre lucenti.
Ivan si scostò solo quando fu certo che la
rigidità del corpo sotto il suo non era data da una semplice
tensione quanto piuttosto per la conseguenza della sua
volontà fattasi reale.
Sorrideva, mentre accarezzava il petto dell’amante, ancora
disteso sul letto.
Vi posò sopra un bacio – l’ultimo di
quella notte.
E scacciando nei meandri
di una coscienza inascoltata la consapevolezza improvvisa di essere
più idealista dello stesso Alfred, sorrise
teneramente abbracciando il suo busto.
-Ti amo…-
Questa fan fiction si
è classificata SECONDA al primo girone del contest indetto
da wolvie91 sul forum di EFP "Narrami o musa... le nove arti", in
particolare al girone di Melpomene, Musa della Tragedia.
Questa raccolta vorrebbe
dedicare un capitolo a ogni Musa - eccetto quella dell'Erotismo, dove
vorrei che, invece, il rating fosse Rosso - così da fare
otto capitoli più uno in tutto. Tutti RusAme, nella maniera
più assoluta.
Il prossimo capitolo
sarà dedicato alla Musa della Commedia, e io so
già esattamente cosa scrivere :D Spero vogliate seguirmi
anche in questa piccola avventura <3
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