PER LA STRADA
Marco sedeva sui fasciami buttati in un angolo del
ponte, lo sguardo fisso davanti a sé, apparentemente immerso in pensieri
particolarmente impegnativi.
Sulla Phoenix, la sua nave, non volava una mosca,
l’intero equipaggio, come in rispetto alla concentrazione del suo comandante,
stava in assoluto silenzio, pronti però a dare battaglia; si lucidavano le
spade, si sistemavano le armi, si caricavano i cannoni, ma tutto nel più
assoluto mutismo.
La nave sfrecciava spinta dalle correnti
oceaniche, affiancata dalle altre due navi che formavano la Flotta.
Davanti a loro, enorme, bianca e splendida, la
Moby Dick.
Attorno a loro, l’Oceano sterminato li avvolgeva
come un abbraccio, spingendoli verso la loro meta, una meta che dovevano
raggiungere a ogni costo.
Avevano un fratello da salvare.
Marco la Fenice sospirò rumorosamente, balzando
giù dal cumulo di cime e corde dove si era adagiato a riflettere, con una rapida
occhiata aveva controllato i suoi uomini, e si diresse senza indugio verso il
parapetto.
"Non hai un bell’aspetto. Tieni, prendi
questo.".
Sotto il naso del pirata comparve una fiaschetta
aperta che esalava un gradevole e penetrante odore di sakè, tenuta stretta da
una mano bianca e callosa; uno dei suoi compagni gli stava accanto, guardandolo
con un misto di comprensione e tensione dipinte sul volto: "Grazie." rispose
secco Marco, prendendola e tracannando decise sorsate, "è stato un lungo viaggio
e per tutto il tempo non hai dormito. Se il babbo lo scopre potrebbe veramente
arrabbiarsi." lo rimproverò l’amico, poggiando una mano sulla sua
spalla.
La Fenice sbuffò: "Non rompere, Franz!" borbottò
il guerriero dei mari, sbattendo un pugno sul parapetto, "Sono fatti miei."
concluse con astio; l’altro scrollò le spalle, fissandolo con rassegnazione, "è
stata dura per tutti, niisan, lo sai, eppure tu ti ostini a sobbarcarti tutte le
responsabilità della cosa. Non dormire non ti farà tornare indietro nel tempo,
devi essere lucido e pronto all’azione per salvare Ace-otooto. Questo lo sai,
vero?" affermò il più giovane.
"Si, lo so! Ma non riesco a starmene sdraiato
nella cuccetta sapendo che mio fratello rischia di venire giustiziato da un
momento all’altro, non riesco a starmene tranquillo pensando a cosa possono
avergli fatto quelli della Marina mentre era rinchiuso a Impel Down! E mi viene
ancora più rabbia pensando che dietro a tutto questo casino c’è quel gran figlio
di puttana di Teach!" gridò Marco furibondo; tutti i suoi compagni si voltarono
di scatto verso di lui, anche loro sembravano particolarmente stanchi e
preoccupati.
"Vedrai, lo libereremo!" esclamò ottimista uno dei
compagni, avvicinandosi ai due: "Ace-otooto non resterà ancora per molto tra le
grinfie dei Marines, tornerà presto tra noi. E finalmente lo batterò a carte!"
rise allegro questo, cingendo con l’unico braccio le spalle del suo comandante,
il viso solcato di cicatrici rischiarato da un sorriso; "Ha ragione Kuro-kun, il
nostro fratellino se la caverà anche questa volta, siamo qui per questo, per
aiutarlo a scappare." dichiarò un commilitone, che fumava placidamente poco
lontano da loro, "Dico bene, ragazzi?" e così dicendo si rivolse al resto della
ciurma.
Un unico grande grido di approvazione si alzò dal
ponte e a loro si unirono anche gli altri tre equipaggi, tutte e quattro le
ciurme fecero sentire la loro ruggente determinazione.
"Marco-niisan! Oyaji vuole parlare con
te!".
Un Lumacofono piombò improvvisamente in mano al
comandante della Prima Divisione, che certo non si aspettava una cosa del
genere: "Marco," la voce di Barbabianca suonava tranquilla e profonda attraverso
il piccolo apparecchio, "Vai a riposare, mancano ancora almeno quattro ore prima
dell’arrivo." disse il leggendario guerriero con tono velato di affetto e
sentimento, "Ne hai bisogno, non puoi combattere se sei stanco." decretò il
pirata dall’altro capo della linea.
La Fenice scosse la testa decisa: "No, non posso
lasciare il ponte in un momento come questo!" esclamò il giovane uomo,
stringendo i pugni, "Avrei dovuto fermare Ace-otooto con un bel pugno per
impedirgli di partire, ne avrei avuto la forza, ma forse in cuor mio speravo che
lui riuscisse veramente a uccidere Teach e vendicare Satch-niisan, desideravo a
tal punto la vendetta per il nostro fratello perduto che ne ho condannato a
morte un altro…", una lacrima sfuggì dagli occhi del pirata e si infranse sul
legno della coperta.
"Marco, questo è un ordine. Vai nella tua stanza e
restaci fino a quando non saremo in vista di Marine Ford. Sono stato
chiaro?".
Questa volta, il tono di Newgate non ammetteva la
benchè minima replica.
"Dai, ti accompagno io." Si offrì subito Franz,
affiancando il ragazzo più grande, che però non sembrava volersi muovere da lì,
sembrava congelato.
"Oyaji! Io…" provò a dire la Fenice ma le sue
parole furono troncate dalla risata di Barbabianca: "Tutti e nessuno siamo
responsabili dell’accaduto, ricordalo bene. Tutti voi siete figli miei, e la
responsabilità delle vostre azioni è prima di tutto mia. Quindi, se qualcuno
deve essere colpevole, sono io. Ma questo, non è il momento delle
recriminazioni, ci sarò tempo per darci la colpa a vicenda. Quando Ace sarà a
bordo della Fire Fist. Sono stato chiaro?".
La discussione era chiusa.
Phoenix chinò il capo e annuì, seguendo poi
l’amico diretto sottocoperta: "Si, Oyaji. Buonanotte…" sussurrò lui, sparendo
giù per le scale.
Kuro-kun prese in mano il Lumacofono: "Babbo, una
volta a destinazione, ci permetterai di massacrare Teach, vero?" domandò il
pirata con estrema serietà; dall’altra parte della linea si udì uno strano
silenzio, poi di nuovo la voce del grande Barbabianca, "Questo è un piacere che
intendo riservarmi. Un figlio che uccide un fratello non è più degno del padre."
dichiarò Newgate, chiudendo la comunicazione.
Il giovane uomo restò a osservare l’apparecchio
qualche istante, poi spostò lo sguardo sui compagni, che lo osservavano, in
evidente attesa: "Torniamo al lavoro, dobbiamo essere pronti per la battaglia."
ordinò lui, estraendo le spade del loro fodero e tornando a lucidarle, "Il
viaggio è ancora lungo. Qualcuno vada in cambusa, che tutti gli uomini mangino
quanto basta per essere in forma. Ace ci aspetta, non possiamo farlo aspettare
ancora.".
La corrente si fece più forte e le quattro navi
sfrecciarono come siluri nelle sterminate distese oceanine.
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BUONGIORNO!
Ho appena comprato il volume 56 di
OP *^*
Meraviglia! Adoro i Pirati di
Barbabianca, sono una famiglia meravigliosa!
Ed ecco qui una piccola fic su di
loro e sui pensieri soprattutto di Marco durante il viaggio che li porterà a
Marineford nel tentativo di salvare Ace.
Preciso una cosa, visto che
Barbabianca chiama tutti i suoi uomini "figli", io ho fatto in modo che tra loro
i membri dell’equipaggio si chiamino "fratelli".
Inutile precisazione, io sono
fissata coi fratelli. ^^