I tormenti dell'Assassino
Sto correndo su un tetto, due guardie mi inseguono. Idioti, pensano di
riuscire a prendermi, magari pregustano già elogi e favori da
parte dei loro diretti superiori. Non sanno di essere già morti.
I pugnali da lancio vanno a conficcarsi nelle loro gole bianche, l'inseguimento finisce.
Sta piovendo. E' curioso che me ne accorga solo ora, visto che sono
almeno dieci minuti che fuggo. Nessuno mi segue più, quindi
credo di potermi riposare. Mi arrampico su per il Campanile di Giotto
fino a che non trovo una finestra aperta.
Finalmente posso fermarmi e togliermi il cappuccio. La veste da
Assassino è zuppa, così la sfilo. Aspetterò che
smetta di piovere, poi ripartirò. Devo tornare a Monteriggioni
ed aggiornare lo Zio.
Il rumore della pioggia sui vetri mi rilassa, mi dà pace. Riesco
a pensare... mi chiedo come tutto sia iniziato... certo, la morte di
mio padre e dei miei fratelli, il tradimento dell'Alberti, di sicuro
non l'ho scordato. Ma mi chiedo... quand'è che ho perso la mia
umanità?
Da quel giorno ho ucciso almeno centocinquanta fra personaggi politici,
guardie, messaggeri dei Templari. Centocinquanta, a star bassi. Un
numero impressionante, che farebbe rabbrividire chiunque. Ma non me.
La mia prima vittima fu una guardia, una guardia di Firenze che era
entrata in casa mia per uccidermi, assieme ad un compagno. Duellai con
lui, e alla fine lo infilzai con la lama che mio padre mi aveva
lasciato. Subito dopo toccò all'altro. Ricordo che rimasi
scioccato ma ricacciai indietro quella sensazione, avevo un compito da
svolgere, anche se ero destinato al fallimento.
Come sono arrivato a ciò che sono oggi? Ho appena ucciso un
Templare, sì, ma anche un padre di famiglia. Vidi la sua bambina
- avrà avuto quattro, massimo cinque anni - in piedi sulla
soglia della porta mentre io e la mia lama prendevamo la vita di suo
padre. Non ho provato rimorso.
Cosa proverà lei? Ora forse nulla, probabilmente è
disperata. Ma quando crescerà? Il desiderio di vendetta la
consumerà come ha consumato me? Quanti "me" ho creato? Quanti ne
creerò?
E' per una buona causa, è vero. Ogni bersaglio assassinato
previene la morte di chissà quante altre persone. Ma qual
è il prezzo? Come faccio a togliere la vita alle persone, per
spietate ed abbiette che siano, e poi giustificare il tutto con le
parole "è per una giusta causa"? Chi sono io, per dare loro la
morte?
Le mie mani sono macchiate del sangue di troppa gente, la mia strada
è lastricata di troppi cadaveri, troppi sono i fantasmi che
osservano ogni mio movimento anelando un errore, che possa portare alla
mia dipartita. Eppure io continuo a vivere come vivo. Una volta ero
solo uno scavezzacollo il cui unico pensiero era il sesso. Ora tutto
è secondario. Uccidere è la mia vita, io sono un
Assassino.
Ogni tanto mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non fosse stata
così. Probabilmente sarei diventato un ricco banchiere, pieno di
donne dedito a feste e divertimenti. Posso affermare con certezza di
non provare neanche un po' di nostalgia per quella vita. Perchè
non è la mia.
Io sono un condannato. Un condannato maledetto che non può fare
altro che affondare sempre di più nella propria dannazione,
consumando la propria anima nel tentativo di rendere questo mondo
migliore. Uccidere per difendere la vita... che pensiero bislacco.
Ha smesso di piovere. E' ora di rivestire i panni dell'Assassino e andare.
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