Nota
introduttiva:
credo che sia d'obbligo! Questa one-shot ha come protagonista il "conosciutissimo"
Marius Black, zio di Alphard, Walburga e Cygnus e, cosa più
importante, Magonò
(o_O). Ho saputo della sua esistenza tramite il mio
sempre fedele albero genealogico dei Black (link) e mi ha subito fatto pena.
Insomma, fazzoletti alla mano anche stavolta!
Disclaimer:
i personaggi appartengono alla zia Row, io non ci guadagno niente, a
parte la soddisfazione di scrivere sui Black!
Avvertimenti:
c'è un vaghissimo
accenno all'autolesionismo. Niente di patologico, però visto
che si tratta di un bambino ho pensato di avvertire i più
sensibili.
Tempo scaduto
Tic
tac, tic tac, tic
tac…
Il ticchettio del pendolo risuona
sinistro nella dimora silenziosa, penetrando quasi con violenza
attraverso i
tuoi timpani e rimbombando nella testa.
Ti agiti nel letto, cercando una
posizione comoda che concili il sonno, tappandoti le orecchie con le
mani e
nascondendo la testa sotto il cuscino.
Tic
tac, tic tac, tic
tac…
Ma non serve a nulla. Il tempo
scorre inesorabile e tu non riesci a trattenerlo: cerchi di afferrarlo
e
costringerlo a fermarsi, ma scivola via attraverso le tue dita,
insensibile e
sfuggente.
Reprimendo un singhiozzo, accendi
un lume posto sul comodino e guardi la sveglia riccamente decorata
d’argento.
Ancora mezzora.
Hai aspettato per anni, nella
speranza di dimostrare di essere degno della famiglia in cui sei nato.
Sei
sempre stato fiero di farne parte: sei un Black e, come tale, ti
ritieni
perfetto, superiore, invincibile…
Ma gli anni sono trascorsi
velocemente e non è successo nulla.
Stai
per compierne undici.
Il tuo tempo ormai sta per scadere.
Un sudore ghiacciato ti imperla
la fronte, appiccicando il pigiama alla tua pelle. Sotto le coperte,
tremi di
terrore.
Non può succedere proprio a te.
Tu non sei come tutti i rinnegati dai nomi bruciati
sull’arazzo di famiglia. Tu
non hai scelto di tradire la tua casata.
Non è colpa tua. Non hai mai avuto
scelta.
Qualcun altro ha già deciso per
te: destino, sfortuna, maledizione? Non lo sai. L’unica
domanda che ti poni è:
perché?
Non hai mai trovato la risposta.
Il tuo viso brucia intorno agli occhi ma tu ti rifiuti di cedere. Un
vero Black
non piange mai.
Ma il panico che ti sta assalendo
è subdolo e desidera che tu soffra. Ti tornano in mente
tutti i tentativi
compiuti: non ricordi nemmeno quante ore hai trascorso a fissare la
penna d’oca
riposta sul tavolo. Rimanevi ore e ore con gli occhi spalancati, senza
mai
battere le palpebre, finché non iniziavano a lacrimarti. Ma
tu continuavi
imperterrito, nel vano tentativo di provocarle anche il minimo
spostamento
senza toccarla.
Ma la penna è rimasta immobile.
Ti sembra di sentire i commenti
sussurrati a metà dai tuoi familiari pieni di vergogna: ti
fanno male più di
ogni altra cosa. Non vuoi perderli, non sarebbe giusto. Non vuoi creare
scandali… ma è quello che stai facendo.
Sollevi le maniche del pigiama e
fissi i lividi bluastri sulle tue braccia, segni delle punizioni che ti
sei
inflitto da solo, ogni volta in cui i tuoi tentativi di usare la magia
fallivano.
Odi te stesso.
Ti senti mutilato, come se ti
mancasse qualcosa che ti è stato sottratto senza un motivo.
Ti detesti più di
quanto i tuoi parenti si vergognino di te. Hanno voluto aspettare fino
all’ultimo, nella speranza illusoria che ti rivelassi come
loro.
Ti senti distruggere dal
desiderio di accontentarli ma sei del tutto impotente.
Don, don, don…
Per dodici volte il pendolo batte
i suoi rintocchi. La mezzanotte è giunta: ora hai
ufficialmente undici anni.
In uno slancio d’orgoglio, getti
di lato le coperte e ti alzi in piedi. Le tue ginocchia tremano e i
pugni
serrati fanno altrettanto. Fissi la penna d’oca che giace
ancora sul tavolo.
È la tua ultima occasione. Sogni
di frequentare Hogwarts, di diventare un ambizioso Serpeverde e di
rappresentare degnamente la tua famiglia.
Fissi la penna come hai già fatto
infinite volte. Gli occhi socchiusi, digrigni i denti e tremi da capo a
piedi,
cercando di trasferire tutta la tua furia su quella stupida penna.
Ma non c’è magia in te.
Questa consapevolezza ti uccide.
Con un grido di rabbia e disperazione, afferri la sveglia e la scagli
contro il
muro. Cade per terra, rompendosi in mille pezzi, proprio come te.
Sei distrutto e annientato
dall’evidenza. Tutte le tue ambizioni, tutto ciò
in cui hai sempre creduto ti
ha voltato le spalle.
Non sei quello che vorresti. Sei
ciò che disprezzi.
Toc, toc.
Sobbalzi all’improvviso e il
terrore ti fa cadere sulle ginocchia. Sai cosa sta per accadere:
è il momento
che hai temuto dal giorno in cui il sospetto si è insinuato
nella tua mente di
bambino, privandoti della serenità infantile.
Tua madre entra nella tua stanza
e il cuore ti si ferma mentre la guardi: è già
vestita.
Ti basta una sua occhiata per
capire quel che devi fare.
Senza dire una parola, ti vesti a
tua volta e prendi il baule già pronto e che avevi sperato
di far salire sul
treno per Hogwarts. Poi la segui fuori dalla tua stanza.
La casa è deserta e immersa nel
buio. Nessuno ti è venuto a salutare.
Forse tua madre vuole farti
sparire prima che tutti gli altri si sveglino, in modo che la mattina
tu sia
solo un vago ricordo.
Presto, per loro non sarai mai esistito.
Ma è meglio così, pensi. Sai di
essere una vergogna e nemmeno tu vuoi infangare la loro reputazione.
Avresti
voluto renderli fieri di te. Ora la sola cosa che puoi fare
è quella di
togliere il disturbo in silenzio.
Il tuo cuore ha una fitta: non
potrai rivederli mai più.
« Addio » sussurri alla casa che
ti ha ospitato per undici anni, e che non sarà mai
più tua.
Quando siete in strada, tua madre
ti afferra per il polso. Non c’è più
alcuna tenerezza in quella presa; non le
importa di farti male.
Vi Smaterializzate davanti ad un
edificio cupo e deprimente e tu inorridisci alla sua vista:
quell’orfanotrofio
Babbano d’ora in poi sarà la tua nuova casa.
Vivrai in mezzo alla feccia che hai imparato a
disprezzare: non può
esistere per te un’umiliazione peggiore.
Ti volti a guardare tua madre. Il
suo viso è contratto in un’espressione sofferente.
Sta trattenendo anche lei le
lacrime.
« Vi chiedo perdono, madre. Non è
dipeso da me » sussurri, tremando.
Lei non risponde e si allontana
senza dire una parola.
« Madre! » urli, precipitandoti
dietro di lei, ma ormai è già scomparsa.
Continui a correre in preda alla
disperazione, ma inciampi e cadi sul marciapiede, sbucciandoti le
ginocchia e i
palmi delle mani.
Le lacrime iniziano a sgorgare
dai tuoi occhi, come fiumi in piena. Non riesci a trattenerle, ma non
sei più
costretto a nasconderle.
Un Black non piange mai.
Ma tu non sei più un Black.
Sei solo Marius, uno schifoso
Magonò.
*Angolo
autrice*
L'altra domenica mi sono
svegliata con la strana voglia di scrivere qualcosa su Marius Black, ed
è venuta fuori questa one-shot. Credo che sia una delle fanfiction più angoscianti che abbia mai scritto...
Non so se è andata davvero così, però
visto che il
suo nome è stato bruciato nell'arazzo di famiglia, devono
averlo
fatto quando ormai avevano la certezza che non sarebbe mai stato un
mago, quindi non dopo i suoi undici anni: mi vengono i brividi solo a
pensarci! ç__ç
Insomma, questo penso che sia il destino dei Maghinò nati in
famiglie del genere... Mi ricordo un personaggio delle figurine delle
Cioccorane che aveva trasformato i suoi 7 figli in porcospini, ma ora
non mi viene in mente il nome... vabbè. u.u
A dire il vero, ho
trovato alcune difficoltà a postare questa fic,
perché casualmente
la mia connessione saltava di continuo per misteriosi
motivi, e ho
ragione di credere che qualcuno la stesse sabotando appost-
Walburga:
Imperio!
Io: x_x
Ehm, guardate che stavo scherzando! Naturalmente non è mai
esistito nessun Magonò nella Nobile e Antichissima Casata
dei
Black, figuriamoci, che assurdità! Chiunque vi dica il
contrario
ha intenzioni malvagie e vuole soltanto diffamare la famiglia. Sono
solo calunnie, menzogne e falsità ideate dai filo-Babbani
che
vogliono gettar discredito sui Black! Tutta invidia u.u Detto
ciò, vi saluto e mi raccomando: non credete a certe
insinuazioni malefiche! u.u
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