Paranoia
Mi chiamo Guido Barbareschi, di mestiere faccio il mercante. Il mio
è forse il più comune fra i mestieri praticati a Venezia,
dove vivo. O, per meglio dire, vivevo. Non sono andato via e non sono
morto, faccio un passo indietro e vedo di spiegarmi meglio.
Come dicevo, sono un mercante, e neanche uno dei più grandi.
Anzi, la mia famiglia, che mercanteggia da generazioni, col tempo si
è costruita una discreta reputazione, una solida rete di
amicizie e una piccola fortuna, che ha permesso a me, a mia moglie e ai
miei figli di vivere una vita più agiata di quella della maggior
parte dei veneziani, ma di certo non abbiamo mai rivaleggiato coi
Barbarigo o con altre famiglie di spicco.
No, la nostra è una attività abbastanza modesta da averci
procurato più amici che nemici e, come dicevo, ci ha concesso di
vivere bene. Ma il mio mestiere non è l'unica cosa che ho
ereditato da mio padre e che lui ha ereditato dal suo.
Anche la mia appartenenza all'Ordine dei Templari discende dai miei
avi. Ma, proprio come nella posizione politica ed economica veneziana,
anche all'interno dell'Ordine non siamo mai stati personaggi di spicco.
Eppure.
Fino a due mesi fa la mia vita andava come meglio non poteva: affari,
famiglia, tutto girava per il meglio. Poi, un giorno, sulla scrivania
del mio studio, ecco comparire un biglietto con un unico, laconico
messaggio: "E' qui."
Appena lo lessi, il sangue mi si gelò. Avevo parlato con alcuni
miei Fratelli Templari qualche tempo prima, ed ero venuto a sapere che
il principale grattacapo dei "pezzi grossi" era un giovane Assassino di
Firenze. Auditore, se non vado errato. Ne parlavamo spesso, delle sue
imprese, della scia di cadaveri - anche illustri - che si stava
lasciando dietro. Ma non ce ne preoccupavamo: lui era un problema dei
capi, ed era distante.
Poi, il biglietto. Subito razionalizzai: perchè dovrebbe venire
a cercare me? E' vero, sono un Templare, ma ormai solo di nome. Di
fatto, sono generazioni che nessun Barbareschi presta servizio attivo
per l'Ordine, e mai ho ucciso qualcuno. La mia appartenenza all'Ordine
mi ha dato qualche privilegio, è vero, ma non credo proprio di
aver messo i bastoni fra le ruote, anche solo lontanamente a questo
Auditore di Firenze. Questo pensai, e mi tranquillizzai.
Però, dopo soli due giorni, mi venne comunicato che uno dei miei
Fratelli era stato ucciso nella sua casa, da qualcuno che vi si era
intrufolato e lo aveva pugnalato alla gola, questo non prima di aver
fatto lo stesso con tutte le sue guardie.
Pensai fosse eccessivo preoccuparsi, perchè questo mio Fratello
era parte attiva nelle vicende Templari, ed era molto vicino ad Emilio
Barbarigo. Che venne assassinato la stessa sera.
Ripresi comunque la mia vita, un po' preoccupato per me e per la mia
famiglia, ma con abbastanza pensieri razionali da lasciarmi
relativamente tranquillo.
Passò un mese, e quasi dimenticai la vicenda. Che però si
ripropose quando un altro mio Fratello venne assassinato. Stavolta non
si trattava di un agente operante, ma di un "Templare ufficioso" come
me, così chiesi aiuto all'Ordine. Per tutta risposta, i capi ci
dissero che avremmo dovuto pagare per essere protetti. Dopo aver
elargito una bella somma (per le mie tasche, almeno), la mia tenuta
venne presidiata dalle guardie spagnole.
Ma, come a volermi far ripiombare nella paura, ecco che quella stessa
sera venne assassinato l'ultimo dei miei Fratelli con cui ero in
contatto. "Dormiente" anche lui, aveva ottenuto una protezione
numericamente superiore alla mia, e neanche di poco. Nessuno vide
l'Assassino, nessuno sentì niente. La mattina dopo trovarono la
vittima nel letto, pugnalata al cuore ed avvolta nelle lenzuola
impregnate di sangue.
Da quel giorno sono diventato consapevole che è giunto il mio
turno. Eppure, sono passate due settimane senza che l'Assassino si
facesse più vivo a Venezia. Nessun delitto, nessun avvistamento.
Sembra sia svanito nel nulla.
So che starete pensando: "Dovrebbe essere sollevato." Vi parrà
strano, ma non lo sono. Anzi, da quando è avvenuto l'ultimo
omicidio, ho smesso di vivere, come dicevo all'inizio. Ho iniziato a
passare tutta la mia giornata nel mio studio, uscendo solo per
mangiare, dormire e andare al bagno.
Gradualmente, la situazione è peggiorata: di pasti veri e propri
non ne faccio più da tempo, ormai. Trascorro giornate intere
nello studio, nel quale ho anche iniziato a dormire. Non vedo mia
moglie e i miei figli per più di mezz'ora al giorno, e ogni
rumore è diventato un tormento.
I pasti esigui mi hanno ridotto ad un fantasma, per la preoccupazione e
la paura ho perso molti capelli. Dimostro ormai il doppio della mia
età, e la barba incolta non aiuta di certo. Il mio cuore
martella ininterrottamente da quando mi sveglio prima
dell'alba fino a tarda notte, quando mi corico. Certe notti nemmeno
riesco a chiudere occhio.
Ciò che sto passando è forse peggiore della morte. Ormai prego tutte le
notti, ma non per salvarmi. Prego il Signore che l'Assassino venga e la
faccia finita, perchè da quando è scomparso, io ho smesso di vivere.
Il tagliacarte, la finestra, l'acqua del canale, la corda delle tende
stanno diventando ogni giorno più seducenti. Ormai bramo la morte, e la
fine di questo tormento. Però lui non viene.
Perchè? Perchè è così crudele con me?
Perchè ha deciso di dare ai miei Fratelli una così bella
e rapida morte, per poi riservare a me questa tortura? Avrei preferito
essere il primo, se avessi conosciuto ciò che avrei dovuto
sopportare. Cos'ho fatto, io, per vedermi riservare un trattamento
peggiore di quello riservato al Barbarigo o ai Pazzi? Cos'ho fatto, io,
per vedermi caricata sulle spalle quest'attesa?
C'è chi dice che la vita sia solo l'attesa della morte. Non
sanno di cosa stanno parlando. Ho pensato anche di fuggire, ma sono
giunto alla conclusione che la fuga non sarebbe altro se non un
prolungamento di quest'attesa. Orrore!
Ma ho preso una decisione. Dopo due mesi, dopo essere diventato l'ombra
di me stesso, dopo aver ridotto per la metà il mio corpo ed aver
messo in mostra le costole, dopo essere sceso ai più bassi ed
infimi abissi cui la dignità umana può scendere, ho
deciso di anticipare il giovane Assassino.
Credo che userò la corda. Sì, la staccherò e ne
appenderò un capo al parapetto in pietra del mio balcone, con il
mio collo all'altro. Così domani, se passerà di qui,
potrà ritenersi soddisfatto nel vedere compiuta la sua opera
senza aver nemmeno mosso un dito!
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