That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Storm in Heaven - III.009
- Fede e Vendetta
Deidra Sherton
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
L'anello si era riscaldato e mi aveva stretto il dito, come avveniva
sempre quando un Mago del Nord chiedeva aiuto, ero perciò
accorsa nei corridoi, insieme a molti altri Maghi e Streghe, preceduta
da Fear, straordinariamente agile e rapido per un uomo della sua
età. Speranza e incredulità mi avevano
colto all’istante: Alshain aveva già ritrovato
Meissa? Erano appena partite le ricerche, com'era
possibile? Forse questo significava che Meissa era tornata
indietro da sola e che quindi tutta quell'agitazione era immotivata;
forse Sirius si era smarrito e aveva perso di vista mia figlia, per
questo si era preoccupato per lei e si era spaventato per la nostra
reazione; e forse quel sangue... Doveva essere andata così:
era stata una giornata terribilmente lunga ed estenuante per tutti,
piena di emozioni contrastanti, per un bambino un errore del genere era
ancora più comprensibile!
Povero piccolo, chissà quanto deve essersi spaventato, da
solo, in quei corridoi oscuri!
Si era sbagliato, vero, ma se era subito corso da noi, in quel modo,
era per proteggere Meissa, aveva chiesto aiuto perché la
credeva in pericolo ed io, quel suo gesto, non l'avrei dimenticato
mai! Avrei, anzi, parlato subito con Orion: era uno dei miei
migliori amici ma, spesso, era insopportabile, con quel suo stupido
orgoglio; stavolta, però, gli avrei fatto capire che, se
avesse fatto l'idiota con suo figlio, se avesse pensato di punirlo per
“aver messo in imbarazzo la famiglia con un eccesso
d’immotivata impulsività”, l'avrei presa
come un'offesa fatta a me! Tra l'altro, quel giorno, tutti noi eravamo
stati sul punto di perdere il controllo, io stessa avevo rischiato
più volte di lasciarmi andare, non ero sempre stata in grado
di contenere le mie emozioni: da ragazzina ero diversa, da brava
Slytherin non avevo mai avuto difficoltà a nascondere i miei
sentimenti, ma innamorarmi di Alshain e, ancora di più,
diventare madre mi avevano cambiato profondamente e ora, soprattutto
quando si trattava dei miei figli, mi era difficile reagire sempre con
razionalità, in particolare quel giorno, restare impassibile
era stato spesso una fatica. Sulla spiaggia, avevo temuto per Mirzam e,
in seguito, in numerose occasioni, avevo rischiato di perdere la mia
compostezza quando mi ero accorta che, guardando Sile, negli occhi di
mio figlio compariva lo stesso sguardo pieno d’amore che suo
padre riservava a me. Avevo tremato di felicità: il mio
primo figlio lasciava la nostra casa spinto dall'amore vero, non dalla
convenienza, e questo significava che, insieme alle nostre conoscenze
magiche, suo padre ed io eravamo riusciti a trasmettergli anche
qualcosa di più profondo, la parte più vera di
noi stessi. Allo stesso tempo, avevo provato quella vaga malinconia che
mi accompagnava ormai da un po', che nemmeno riuscivo a comprendere
completamente, ma che faceva tanto sorridere il mio Alshain: sempre
più spesso, infatti, quando mi vedeva assorta, iniziava a
prendermi in giro, ricordandomi che, prima o poi, probabilmente molto
presto, in giro per il castello avrebbero gattonato tanti bei
frugoletti che mi avrebbero chiamato “nonnina” e
non più solo “mammina”. Seppur
radiosa, quando Mirzam si era smaterializzato, mi ero sentita
improvvisamente svuotata, come se una parte di me si fosse spenta: ero
felice, perché finalmente lo vedevo sereno e completo, ma,
al tempo stesso, non volevo che se ne andasse, e non solo
perché non riuscivo ancora a credere che il tempo fosse
passato tanto velocemente e il mio bambino fosse diventato un
uomo. Ero spaventata perché il mondo fuori
Herrengton diventava sempre più feroce ed io avevo paura per
tutti loro, soprattutto per lui, quel figlio che nel corso degli anni
avevo rischiato di perdere già troppe volte, che non ero
riuscita a comprendere completamente, nonostante l'amore che ci legava,
per il quale mi chiedevo, ogni giorno, se sarei stata in grado di
proteggerlo fino in fondo. Avrei fatto di tutto per lui, per
difenderlo da qualsiasi pericolo e da qualsiasi dolore, avrei dato
persino la vita per lui, per ognuno di loro, ma di fronte al Male che
sentivo crescere nel Mondo Magico e persino attorno a noi, a volte
temevo che non sarebbe stato sufficiente nemmeno l'Amore. In
momenti simili, per recuperare la mia sicurezza e la mia fede, avevo
bisogno di Alshain, di restare sola con lui, di parlargli, di farmi
deridere per le mie paure, di svestirmi dei panni dell'austera signora
di Herrengton, per essere solo Deidra, una donna semplice, innamorata,
che con il suo uomo si sentiva libera di ridere, piangere, amare, senza
preoccuparsi di regole e giudizi. Senza accorgermene, sorrisi
pensando alla dolcezza della sua voce, quando pronunciava il mio nome
in un sussurro, o al suo sguardo che si posava su di me, con una
tenerezza tale che di colpo mi sentivo forte e importante, come non ero
stata mai, come non mi sentivo mai, senza di lui. Desideravo che la
giornata finisse al più presto, volevo tornare dai nostri
figli, stretta tra le braccia di mio marito, l'uomo che molti temevano
e ammiravano, e che io, semplicemente, amavo. Era il solo in
grado di cancellare le mie paure, l'aveva sempre fatto, con un semplice
sorriso, prendendomi la mano, promettendomi che nulla ci avrebbe mai
diviso, che avremmo affrontato tutto insieme: e Alshain non aveva
mancato mai, a nessuna delle promesse che mi aveva fatto.
Sarà così anche stavolta, lo so, qualsiasi cosa
ci riservi il futuro!
La folla si era già ammassata nel corridoio, rendendo
difficili i movimenti di chiunque, ma si aprì per lasciarmi
passare ed io ritornai col pensiero a Meissa, mi chiesi se fosse
ferita, come avesse fatto a perdersi, perché ci avesse messo
tanto a raggiungerci: sapevo che qualsiasi situazione mi fossi trovata
di fronte, avrei dovuto cercare di mantenere la calma ed essere
paziente con lei. Mi guardai attorno, senza neanche vedere davvero,
all’inizio non mi accorsi che alcuni piangevano, altri
stavano chiusi in un silenzio atterrito, altri ancora borbottavano
smarriti e c'era chi, addirittura, imprecava; cercavo con gli occhi
Alshain, il mio punto di riferimento, cercavo tra la folla il suo
sguardo che mi dicesse “Va
tutto bene, non ti preoccupare, è stata solo una
ragazzata!”. Mi accorsi casualmente di un
movimento in fondo al corridoio, percepii per pochi istanti le ombre di
Fear, Donovan Kelly, Kenneth Emerson e Orion con suo figlio che si
facevano inghiottire dall'oscurità davanti a noi: Alshain
era sicuramente con loro, ma perché stavano correndo? Un
senso d'inquietudine vera, inesorabile, opprimente mi prese solo in
quel momento. Che cosa cercavano con tanta fretta, se Meissa era
lì?
Si trova qui con noi, vero? Si trova qui e sta bene…Vero?
Il mio cuore sembrò fermarsi quando, a pochi passi da me,
misi a fuoco una coppia di vecchi Medimaghi chini su un corpo immobile,
adagiato su una specie di barella: la paura per Mei si fece devastante
e concreta, improvvisa, s’impossessò della mia
mente, schiantandomi quasi a terra.
“SALAZAR! NO! MEISSA! FATEMI
PASSARE! FATEMI PASSARE!”
“Deidra!”
Giunta sul posto prima di me, Emily Warrington, una delle mie migliori
amiche dai tempi di Hogwarts, mi venne incontro per cercare di
fermarmi, il volto pallido, le lacrime trattenute a stento: sapevo che
voleva dirmi qualcosa, voleva prepararmi a qualcosa, qualcosa di
orrendo, ma io non volevo ascoltare, non volevo sapere, la tragedia
sarebbe diventata vera e definitiva se fosse stata detta, raccontata,
pronunciata, per questo doveva tacere, tutti loro dovevano tacere, non
dovevano dire una parola, non dovevano fissare nell'aria quella
realtà che non avrei accettato mai! La scansai, la
travolsi quasi, senza tante cerimonie, mentre l'angoscia per la mia
bambina mi rendeva le gambe pesanti come macigni e, con uno sforzo di
volontà sovrumano, cercavo di impedire alle lacrime di
bagnarmi il viso e alla mia voce di urlare tutto il mio dolore.
Lo sapevo, lo sapevo da quando è apparsa quella rosa
spezzata, insanguinata… Lo sapevo dalla sua
nascita… Lo sapevo perché il suo sangue
è troppo prezioso, perché lei è troppo
preziosa… Io... io non sono stata capace di impedirlo,
nessuno di noi ne è stato capace, anche se ho detto a
Meissa, mille volte, che non deve allontanarsi da me... da noi... E
invece… è bastato solo un attimo...
No, non devo piangere, non devo lasciarmi andare, non... non
è tutto perduto. C'è una soluzione per
tutto, c'è sempre una soluzione per tutto: qualsiasi cosa le
abbiano fatto, la curerò io, personalmente, non
permetterò a nessuno di toccarla, le farò
dimenticare io tutto il dolore... tutta la paura... tutto l'orrore...
qualsiasi cosa sia successa... io... Io sono sua madre, darei la
vita per lei... rimarrò sempre accanto a lei!
Mi avvicinai imperiosa, decisa a far allontanare subito tutti quanti,
persino suo padre, volevo ritirarmi da sola nelle mie stanze con mia
figlia, senza perdere altro tempo, quando vidi una mano ben
più adulta, una mano maschile, scivolare dalla lettiga verso
terra, pallida, inerme, priva di vita. All'inizio faticai a
comprendere, poi rimasi impietrita, immobile, incapace di avvicinarmi
ancora: sapevo bene di chi fosse quella mano, tante volte l'avevo
stretta nella mia, tante volte l'avevo baciata, tante volte l'avevo
sentita tenera e appassionata sulla mia pelle!
La mano che ha posto, tremante, la fede nuziale al mio dito... La mano
che si è intrecciata alla mia, appassionata, infinite
notti...
La mano che ha cullato, incredula e riconoscente, ognuno dei nostri
figli...
Mi sentii vacillare, tutto divenne freddo e buio attorno a me,
silenzio... Mi sentii morire...
“Deidra... ”
Scansai malamente le mani che si protendevano a sorreggermi e aiutarmi,
senza parole mi mossi verso la lettiga, i due vecchi si sollevarono
all'istante per farmi passare, io mi gettai addosso a mio marito, per
guardarlo, per toccarlo: i miei occhi misero a fuoco il suo volto
pallido, la fronte imperlata di uno strano sudore freddo, le labbra
livide, gli occhi socchiusi. Scivolai lungo il suo corpo, osservai le
vesti strappate, qualcun altro aveva cercato di sentire il suo cuore,
ma volevo sentire la verità da me, dovevo appoggiare io
stessa l'orecchio sul suo petto. Accarezzai il suo volto freddo come
marmo; lo chiamai, invano. La disperazione
s’impossessò di me, tutto sembrò
vorticarmi attorno, crollarmi addosso, sprofondandomi nell'abisso, ma
non fu il dolore a uscire dalla mia bocca quando riuscii a parlare: era
rabbia, rabbia feroce, rabbia di belva ferita cui hanno sottratto la
vita stessa.
“CHE COSA STA SUCCEDENDO QUI?
CHE COSA GLI AVETE FATTO?”
“Era già
così quando siamo arrivati, Deidra: Emerson ha detto di
averlo visto crollare a terra, all'improvviso, Kenneth si è
spaventato tanto da non riuscire nemmeno ad avvicinarsi! È
stato Black a... gli ha somministrato lui qualcosa... tuo marito la
teneva chiusa nella tasca alla cintola... ”
“Il Bezoar? Avete visto Orion
Black somministrargli un Bezoar?”
“Noi... no... È
stato Emerson a raccontarci quello che ha fatto Black... ”
I vecchi mi guardarono smarriti, non capivano nemmeno loro, non
sapevano come rispondere alle mie tacite domande, io cercai di non
perdere la calma, di ragionare, di ripercorrere con la mente quello che
era accaduto negli ultimi minuti: solo concentrandomi su un problema
concreto, sarei stata capace di contenere e rimandare il momento del
dolore. Ero una Slytherin: se c'era ancora una possibilità
per Alshain, dovevo restare padrona di me. Qualcuno aveva provato
davvero ad avvelenarlo, o piuttosto si era sentito male? E se davvero
l'avevano fatto, com'era stato possibile? La Fiamma di
Habarcat impediva che ci succedesse qualcosa di male, a Herrengton, al
di fuori delle prove dei Riti delle Rune, perciò, se anche
fosse stato veramente avvelenato, non poteva essere seriamente in
pericolo... e Orion gli aveva, comunque, già somministrato
un Bezoar.
Allora perché Alshain non si risveglia?
Appoggiai ancora l'orecchio sul suo petto e le dita sul suo collo per
percepire un pur lieve battito: c'era una sola possibilità,
un solo modo, per far funzionare un veleno contro di noi, a Herrengton,
ma non era possibile che Alshain avesse fatto una cosa del genere, non
il mio Alshain!
“Aiutatemi a portarlo nella
sala di Habarcat, e chiamate Murchadh Mackendrick e Rufus O'Brien,
voglio qui anche Fear, sono loro gli unici a poterlo aiutare!”
“Fear se n'è
andato, diceva che qui non poteva fare più nulla, doveva
cercare Meissa!”
“Che cosa? Fear non
può non essersi accorto che Alshain respira
ancora!”
Mi bloccai, un brivido di morte mi percorse la schiena: Fear era il
custode di Herrengton!
La
torre! I miei bambini!
Fear stava cercando di raggiungere la torre
perché… senza Mirzam e Alshain… solo
lui ed io potevamo ancora proteggere i bambini.
È dunque questa la verità? Tutto questo non
è casuale, ma un vero
attacco? Com’è possibile?
Chi ci sta facendo tutto questo?
Mi guardai attorno, non c'era tempo da perdere, Mirzam era
irraggiungibile, perciò dovevamo agire Rigel ed io: mio
figlio poteva aiutare suo padre meglio di me, serviva sangue Sherton
per alimentare la Fiamma, combinandolo agli effetti protettivi di
Habarcat, qualsiasi potente maledizione sarebbe stata facilmente
contrastata; io sarei corsa alla torre, avrei sostituito Fear nella
difesa dei bambini, il vecchio avrebbe potuto così celebrare
i riti purificatori, mentre Orion avrebbe continuato a cercare Meissa,
con quanti avessero deciso di rimanere a Herrengton. Sì,
dovevamo fare così, l'unica soluzione possibile era
affrontare tutto con razionalità.
“Dov'è Rigel?
L'avete già visto unirsi agli altri nelle
ricerche?”
Un silenzio carico d'angoscia fu la sola risposta che ricevetti. Li
guardai, interrogativa, stavo per girare il mio anello per chiamarlo,
quando Emily si avvicinò a me e mi prese la mano: il suo
volto era ancora più pallido, la sua espressione smarrita.
“Non ne aveva la certezza,
ma... Fear diceva che forse è scomparso anche lui...
”
“CHE COSA? NO! NON
È POSSIBILE! NON... NO... RIGEL… NO...”
Dovetti sorreggermi a lei e trattenni a stento i singhiozzi: non era
possibile, non era vero! Murchadh Mackendrick, il Medimago personale di
Alshain, richiamato dall'anello di uno degli astanti, arrivò
tutto trafelato dal giardino, Jarvis Warrington e suo padre, in
silenzio, gli si affiancarono e senza attendere che dicessi qualcosa,
fecero levitare la lettiga con Alshain fino alla nicchia, deponendolo
di fronte a Habarcat, alcune Streghe mi si strinsero intorno per
consolarmi. Li seguii, incapace di pensare, galleggiando quasi nella
nebbia da cui mi sentivo accerchiata, che mi penetrava nella mente
impedendomi di trovare soluzioni: ero impietrita, non riuscivo a
reagire, anche se una voce, infondo alla mente, mi ripeteva che non
potevo cedere in quel momento. Non ne avevo la forza, ma dovevo
concentrarmi per scegliere l'unica soluzione possibile prima che il
dolore e lo smarrimento mi rendessero inutile: dovevo seguire la mente,
non il cuore.
Che cosa puoi fare, senza Alshain,? Sei una Strega senza
particolari abilità, non sei nemmeno una Strega del Nord per
nascita...
Il cuore ti spinge a lasciare il tuo uomo, per correre dai tuoi figli,
ma se lo facessi davvero... Chi sceglieresti tra tutti loro? E che
possibilità avresti davvero di aiutarli?
Ero annichilita, dal dolore e dall'impotenza: come pozionista ero molto
abile, ma a cosa mi servivano le pozioni in quel momento? A cosa?
Ragiona, Dei... Hai fatto una promessa…
ricordi? La prima volta che hai messo piede a Herrengton, hai
promesso di fidarti sempre di Habarcat e della sua protezione, di
seguire la legge del Nord, di confidare nel Cammino. Hai
passato gli ultimi vent'anni a cercare di imparare e sei riuscita a
prendere le Rune. Oggi Habarcat ti sta chiamando a confermare
la fede che riponi nel suo mondo: devi avere fede, solo questo... devi
affidarti al potere di Habarcat, nient’altro, vedrai, non ti
deluderà!
Guardai la Fiamma che riluceva di uno strano colore rossastro: nei
momenti più tragici della storia della
“nostra” famiglia, Habarcat aveva sempre mantenuto
viva almeno una speranza, ma mi chiedevo, in quel momento, quante altre
madri si fossero trovate al mio posto, quanto dolore avesse spezzato i
loro cuori, trovandosi di fronte alla scelta tra il dovere e il
pensiero dei propri figli. In cambio della sua protezione, avevo
promesso di mettere la vita dell'erede di Hifrig davanti a tutto: cosa
c'era di gravoso e sbagliato in questo, nel dedicare la vita all'uomo
che amo? Ma non avevo mai previsto di dover scegliere un giorno tra
Alshain e i miei figli...
Lo sussurrai tra me, tremando, poi stentando a riconoscere la mia voce,
mi feci forza e chiamai Doimòs: l'Elfo si
materializzò, fissò subito, atterrito, il suo
padrone inerme ed io, prima che perdesse il controllo e iniziasse a
flagellarsi per il dolore, gli ordinai di smaterializzarsi nei
sotterranei e portarmi tutte le pozioni curative già pronte
e gli ingredienti che potessero essere utili. L'Elfo si
smaterializzò all'istante, mentre la maggior parte dei
presenti restava ammutolito, incerti se fossi in me o stessi per
cedere, smarriti loro stessi, eppure in attesa di essere utili, di
potersi allontanare, non sopportando di restare inermi, soverchiati dal
dolore e dall'impotenza.
“Solo chi abbia una goccia di
sangue Sherton o sia legato a lui da un vincolo come il mio,
può fare qualcosa per Alshain, ora... Nessuno di voi,
eccetto chi può celebrare i riti di purificazione,
può essergli d'aiuto, vi esorto perciò a
ritornare al sicuro nelle vostre case: se questo fosse davvero un
attacco, come molti di voi iniziano a credere, sareste in pericolo.
L'unico modo per arrivare fin qui è spegnere la Fiamma nel
braciere, e divisi e dispersi come siamo, è possibile che
ciò accada molto presto... Perciò andate...
Alshain, i ragazzi ed io saremo protetti da Habarcat, non
temete...”
“No, Deidra, non se Alshain
dovesse morire e il suo erede fosse Mirzam... è l'unico tra
voi già lontano da qui e irraggiungibile... in quel caso
sareste in pericolo anche tu e i bambini... ”
Guardai Walburga Black, si era avvicinata a me senza che me ne
accorgessi: quando l'avevo vista affidare il piccolo Regulus a Irma,
sua madre, senza però partire con quasi tutti gli altri
Black, e soprattutto quando avevo visto lei e suo fratello Alphard
darsi da fare per cercare Meissa nel giardino, avevo messo da parte i
pregiudizi che da alcuni anni avevo nei suoi confronti, e anche se
sospettavo avesse, come sempre, dei secondi fini avevo apprezzato la
sua presenza.
“Lady Black ha ragione,
Deidra! Io non intendo lasciarvi da sola proprio adesso e so che molti
la pensano come me: continueremo le ricerche, come aveva detto Alshain,
divisi in squadre e con l'aiuto degli Aurors, li troveremo
e… se ci fosse qualche impostore, ce ne occuperemo noi...
”
Sorrisi a Jarvis e, seppur confusa e spaventata, vedere che tutti i
presenti erano d'accordo con lui e impazienti di riprendere le ricerche
e aiutarmi, mi scaldò non poco il cuore: Alshain aveva fatto
proseliti, si era fatto amare e quella Confraternita, che nei secoli
era diventata pigra e disinteressata, sotto la sua guida era piano
piano tornata a rifiorire e a essere un'anima sola.
“Ci divideremo in tre gruppi,
uno con una nutrita presenza di Aurors, andrà al braciere,
così se avremo “visite”, saremo pronti a
combattere; un altro controllerà i sotterranei, per cercare
Rigel, un paio di ore fa l'ho visto scendere, forse è ancora
lì; gli altri riprenderanno le ricerche di Meissa, con
Emerson, Kelly e Black... un po' di Streghe restino ad aiutare, qui...
In ogni gruppo dovrebbe esserci almeno un Medimago, e ricordate, se
qualcuno trovasse uno dei ragazzi, dovrà prendergli un po'
di sangue e portarlo qui, immediatamente, sarà utile alla
ripresa di Alshain... Forza!”
Tutti annuirono a Jarvis e si misero al lavoro, io provai ad
avvicinarmi a Murchadh Mackendrick che aveva già iniziato a
spogliare ed esaminare Alshain, ma Walburga mi fermò,
sembrava impaziente di parlarmi: apprezzavo le sue abilità
di pozionista, le sue conoscenze che spaziavano fino alle Arti Oscure
più sopraffine, se mi avesse offerto un aiuto, non
l’avrei rifiutato. Mi colpì il suo modo di fare
circospetto, misterioso, si avvicinò ancora e con i suoi
penetranti e altezzosi occhi azzurri mi fece cenno di seguirla in
disparte e ascoltarla:
“Credi davvero che tuo marito
sia stato avvelenato, Deidra? Habarcat vi protegge tutti: non ti pare
che ci sia qualcosa di strano? Magari non è veleno, magari
si tratta di una malattia... So che un uomo come Alshain preferirebbe
morire che svelare certi segreti, ma... ”
“Alshain non mi ha mai
nascosto nulla, Walburga... ”
“Sì, lo so... so
quanto si tenda a fidarsi ciecamente della persona che si ama, ma a
volte... si commette un tragico errore a pensare con il cuore invece
che con la testa, Deidra... e il prezzo di un segreto non svelato, ora,
potrebbe significare la sua morte... perciò non dare tutto
per scontato... ”
La guardai, nervosa, mi chiesi se Alshain fosse capace di mentirmi
sulla sua salute e non mi fu difficile rispondermi: no, non avrebbe mai
finto forza, non ne aveva bisogno con me, ma c'era un'altra
possibilità che rendeva possibile l'avvelenamento, ma
l'avevo scartata, non potevo crederci.
“Alshain non mi mentirebbe mai
sulla sua salute, ma potrebbe essersi ammalato e non saperlo ancora
neanche lui, certo... però... c'è anche un'altra
possibilità: c'è un solo modo per far funzionare
un veleno su di noi, qui a Herrengton... Se Alshain l'avesse assunto
volontariamente... ”
“Volontariamente? Salazar! E
perché mai avrebbe fatto una follia simile?”
“Non lo so... potrebbe averlo
assunto per evitare che lo bevesse qualcun altro... Mirzam
o...”
“E se… Se Alshain
avesse sventato un attentato contro il Ministro, proprio qui, nelle
Terre?”
Guardai Walburga, l'odio che nutriva per Longbottom le aveva fatto
assumere un'espressione compiaciuta che strideva col pericolo che
stavamo vivendo, ed io ero atterrita perché solo il Lord
Oscuro e i suoi uomini sarebbero stati tanto arditi da attentare al
Ministro addirittura a Herrengton. Ripercorsi i momenti passati con
Mirzam e Sile, lontano da tutti gli altri, nello studio che Alshain
aveva fatto preparare per ospitare il Ministro, Crouch e un paio di
Aurors della scorta: per fare un brindisi, Alshain aveva fatto portare
del vino italiano e, a sorpresa, invece di Doimòs, si era in
effetti materializzato il giovane Caèl, il maldestro Elfetto
di Mirzam, cui mai avrei affidato un compito tanto importante ma, presa
dall'emozione per mio figlio e Sile, non gli avevo dato peso.
Che Mirzam abbia deciso di mostrare così la sua
lealtà al Lord?
No, non è possibile, non avrebbe mai fatto correre un
rischio simile alla sua famiglia!
Alshain alla fine mi era sembrato più sereno, nonostante il
turbamento che avevo visto in lui poco prima, quando aveva lasciato
Orion e aveva cercato di parlare da solo con nostro figlio, invano,
interrotti inopportunamente da Crouch: gli avevo fatto un cenno per
capire che cosa avesse, entrando nel salottino, ma lui mi aveva
sorriso, facendomi intendere che non dovevo
preoccuparmi. Avevo notato, però, che era pallido e
di certo preoccupato per qualcosa. Avevano discusso un
po’, poi Alshain aveva fatto versare il vino e
Caèl era stato, per una volta, abbastanza attento da non
commettere alcun errore: anche questo mi aveva un po' stupito, ma la
cosa che mi aveva colpito di più erano stati gli occhi di
mio marito, che si erano fatti particolarmente attenti, avevano
osservato il vino, com’era versato; quando era arrivato il
momento di distribuire i calici, Alshain aveva preso l'iniziativa,
offrendo all'ospite più importante il bicchiere che era
stato riempito per primo, quello destinato al padrone di casa, e
tenendo per sé quello che dalla posizione sul vassoio era
destinato all'ospite d'onore. Si era forse accorto della
presenza di un veleno e l'aveva assunto per salvare il Ministro?
“Doimòs!”
L’Elfo, appena materializzato con le fiale e gli ingredienti
richiesti, stava allestendo un braciere per sistemarci un calderone e
preparare altre pozioni, ma mi raggiunse rapido, gettando fugaci
occhiate disperate al suo padrone, che era accuratamente esaminato dal
Medimago.
“Perché non hai
portato tu il vino nello studio? Perché è
arrivato Caèl al tuo posto?”
“Quanda convocasse me, vina
esse già sparita, Caèl parte prema che jo fuia
convocate...”
“È partito prima?
Doimòs vai nello studio e portami il vino e i calici: voglio
anche quello che il tuo padrone ha lasciato sopra il caminetto... e
portami Caèl, l'ho chiamato, ma non risponde!”
Doimòs si smaterializzò di nuovo, con un inchino,
io, titubante, guardai Walburga, sembrava compiaciuta, ora, della mia
rinnovata fermezza e ancora più pronta ad aiutarmi.
“Che cosa accadrebbe se uno
Sherton assumesse del veleno volontariamente?”
“Habarcat deve capire se
c'è reale volontà di morire: se dovesse
accorgersi di un desiderio autentico, non sprecherebbe oltre il suo
potere per qualcuno che sarebbe un traditore ai suoi occhi.”
“Allora non hai motivo di
preoccuparti, perché Alshain non desiderava la morte...
Perché non lasci che Habarcat faccia da sola il suo corso,
Dei? Lascialo nelle mani del suo Medimago e vai dai tuoi figli, so che
vuoi correre da loro... preparerò io, con le altre Streghe,
le pozioni tonificanti e depurative, hai già fatto portare
betulla e cardo santo, frassino, cipresso e bardana... se...”
“Deidra...”
“Scusami Walburga...”
Murchadh Mackendrick interruppe all'improvviso la nostra conversazione:
mi colpì subito il suo volto allarmato, il tono secco della
voce, il fatto che non si allontanasse da Alshain per venire a parlare
con me; feci cenno a Walburga di attendermi, lei, comprensiva mi
lasciò andare, ma si mise subito al lavoro, con la coda
dell'occhio la vidi estrarre la bacchetta dalla sua preziosa borsetta
porta tutto, decisa a passare rapidamente dalle parole ai fatti, come
suo solito.
“Alshain si sta
riprendendo?”
“No, Dei... Io... io non
vorrei sbagliarmi, ma... ”
“Che cosa c'è? Che
cosa stai cercando di dirmi? Non nascondermi nulla per
favore...”
“C'è un problema...
un problema serio... molto serio...”
“Immagino che tu non abbia un
Bezoar con te, ma ne ha già assunto uno, non c'è
alcun...”
“Lo so, il veleno non c'entra
più, il Bezoar ha già fatto effetto,
Dei… il suo cuore invece…”
***
Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Come un sacco di patate! Ecco come mi hanno trattato!
Le mani affondate in tasca, il passo indolente e svogliato, rimuginavo
nervoso su come mi avessero trattato mio padre e Fear, e intanto
giocherellavo ipnotizzato con quella stupida pietra che mi ero
ritrovato addosso, sere prima, dopo l’incontro con Rodolphus
e Mirzam, a Grimmauld Place: me l’ero portata dietro per
mostrarla ad Alshain o Meissa, ma non avevo avuto l’occasione
di farlo.
Come un inutile sacco di patate, rimpallato tra l'uno e l'altro!
Dovevo trattenermi, o rischiavo di far saltare tutti i vasi che
incontravamo lungo il tragitto fino alla sala di Habarcat, tanto ero
inferocito!
E cos'è quest'altra storia, ora? Che un giorno
riceverò la mia ricompensa?
Un'altra? Quell'odioso pallone gonfiato di Fear, di certo non voglio
nulla da uno come lui!
Prima aveva cercato di far morire Mirzam, se non fosse stato per Rigel,
quel mattino, chissà come sarebbe andata a finire... poi
aveva aggredito me… chissà cos'altro stava
combinando adesso!
Io... io voglio ritrovare Meissa e rivedere Alshain in piedi, del resto
non m'importa niente!
Dovevo calmarmi, sì, dovevo calmarmi e approfittare del
momento giusto per svignarmela: Emerson non mi sembrava molto sveglio
per essere un Corvonero e al momento giusto...
Devo
aspettare, devo allontanarmi ancora un po', poi fuggirò:
gliela faccio vedere io!
Se credono che me ne starò zitto e buono, non conoscono
Sirius Orion Black!
In fondo, ero anche allenato: con tutte le reclusioni cui mi aveva
sottoposto mia madre! Ghignai: avevo sempre provato a fuggire, quando
lei mi spediva nel sottotetto, e senza Regulus, ci ero riuscito spesso;
se avevo smesso di provarci, non era per le punizioni che mi dava
quando mi scopriva, era perché la pace del sottotetto era
più allettante che trovarmi al loro cospetto! Se
non fosse stato per i morsi della fame, mi ci sarei trasferito
addirittura di mia volontà!
No, non sarà certo quel damerino di Emerson a fermarmi!
Dopo aver incrociato un nutrito gruppetto di Maghi del Nord che, al
seguito di cinque Aurors, si dirigevano al braciere, giunto vicino alla
porta che dava sui giardini e deciso a riprendere la ricerca di Meissa
da lì, lentamente iniziai a rallentare, così da
scivolare alle spalle del Corvonero. Di colpo, però, sentii
un ostacolo che m’impediva di mettere in atto la mia fuga:
sembrava che ci fosse qualcosa dietro di me, mi voltai, agitato, e mi
stupii ancora di più nel non vedere nulla, provai a muovermi
sulla destra, ma trovai una specie d’invisibile muro di
contenimento anche lì; arrabbiato, mi mossi sull'altro lato,
invano: ero circondato, potevo solo seguire Emerson. Lo
raggiunsi, inviperito ed esasperato, ma quando vidi che aveva un odioso
sorrisetto malefico stampato in faccia, rimasi così
sorpreso, da non riuscire nemmeno a chiedere spiegazioni.
“Anche chi non è
uno Slytherin conosce dei metodi infallibili, per farsi ubbidire dai
figli ribelli, signor Black... E non sono nemmeno cruenti come i
vostri... o dovrei dire… dei loro?”
Mi ghignò addosso, alludendo ironico ai risultati del mio
smistamento, io arrossii di rabbia, non per quello che lui, forse,
considerava un insulto, quanto perché non sapevo come
evitare il suo stratagemma e mettere in atto il mio piano.
“Tuo padre mi pare
già abbastanza agitato, ed è davvero strano per
un uomo tutto d'un pezzo come lui: veder scomparire suo figlio tra
questi corridoi bui, in questa notte di paura e sospetto, potrebbe far
crollare definitivamente la sua facciata d’imperturbabile
Slytherin! E secondo me, tu non puoi permetterti una cosa del genere,
signor Black... No, causare altro imbarazzo a tuo padre non sarebbe una
buona idea, il tuo smistamento era già sufficiente a
spedirti a Durmstrang, non so come tu abbia fatto a salvarti! Meglio
evitare altre sollecitazioni! Ed io, di certo, non intendo presentarmi
davanti a tua madre senza il ragazzino che mi è stato
affidato! Come promesso, perciò, ti lascerò alle
sue “amorevoli” mani, sarà lei a
decidere quello che puoi o quello che non devi fare!”
Lo guardai disgustato: elegante e impeccabile, con il naso importante
che stonava sui tratti delicati e sottili, quasi femminei, del suo
volto, la statura contenuta ma proporzionata, i lunghi capelli color
grano intrecciati alla maniera del Nord, Emerson aveva un aspetto
rassicurante, ma ora mi accorgevo anche di una natura viscida, falsa e
arrogante che non avevo mai percepito prima. Cercai di slanciarmi in
avanti per poi tornare indietro, ma ancora una volta non riuscii a
liberarmi di quella dannata trappola: dovetti arrendermi, con
l’unica speranza che mia madre non scoprisse mai quel
diabolico incantesimo, o lo avrebbe usato senz'altro molto spesso
contro di me! Mortificato, l'unica cosa che ottenni fu la sua risata di
scherno nel vedere la mia espressione furiosa e sconfitta e la
vaporizzazione di un paio di vasi, vittime del mio scontento.
Poco dopo, raggiungemmo gli altri: nella sala di Habarcat erano rimasti
in pochi, soprattutto Streghe, tra cui, a sorpresa, c'era anche mia
madre, mentre io la credevo ormai a casa, a riposare al sicuro nel suo
enorme baldacchino prezioso, o a tramare chissà quale nuova
diavoleria, ai danni di chiunque; invece, era impegnata a fare qualcosa
che non le avevo visto fare mai: stava cercando di consolare Deidra, e
quel gesto, a dir poco assurdo e irreale, mi sembrò subito
di cattivo auspicio. Un paio di vecchi, che eseguivano gli ordini di
quello che sembrava un Medimago, avevano disteso e spogliato Alshain su
una specie di lettiga, di fronte alla Fiamma di Habarcat, mentre due
Aurors, intabarrati in cappuccio e mantello, facevano la guardia,
controllando continuamente quello che accadeva nella sala e in
giardino, probabilmente avevano ricevuto l'ordine di ficcare il naso in
giro, appena se ne fosse presentata l'occasione; mi chiesi che fine
avesse fatto il famigerato Bartemius Crouch: non era nel gruppetto
diretto al braciere, poteva aver scortato il Ministro a casa, certo, ma
sospettavo che avesse sfruttato quel caos, per scendere a esplorare i
sotterranei. Rimasi immobile sulla porta, mentre l'odiato
Emerson si avvicinava mellifluo agli altri, per raccontare della nostra
ricerca e per parlare con il Medimago: quando Deidra si
avvicinò a lui per sapere qualcosa di Fear, mia madre,
finalmente sola, si voltò, schifata, verso di me, come se,
dopo un'intera giornata passata a ignorarmi, fosse stata colta a
tradimento dal ricordo della mia esistenza. Finsi di non
essere turbato dal suo sguardo carico di disprezzo, anzi, di non averla
nemmeno notata, mi avvicinai ad Alshain, il tanto da poter spiare la
conversazione degli adulti e allontanarmi da mia madre il
più possibile, lei non voleva avermi tra i piedi, almeno
quanto io volevo starle il più lontano possibile: la
posizione migliore, per unire i miei scopi, era la nicchia della sacra
Fiamma.
“Io non posso crederci!
É sempre stato sano come un pesce, sei sicuro che sia il
cuore?”
“Per l'ennesima volta,
sì, sono più che sicuro, Kenneth! E purtroppo qui
non posso fare molto altro per lui, gli ho dato qualcosa per superare
la crisi del momento, ma appena finiranno gli effetti saremo da capo!
Dovrei smaterializzarlo al San Mungo, o almeno all'ospedale di
Doire...”
“Ma una smaterializzazione non
sarebbe pericolosa nelle sue condizioni?”
“Lo è, certo, ma
che cos'altro potrei fare? Se almeno si potesse spostare Habarcat con
lui...”
“Spostare Habarcat? Lo sai che
è impossibile! Serve un anello e il sangue di uno Sherton o
di uno degli eredi di Salazar per governarla: mi pare evidente che ne
siamo sprovvisti...”
Kenneth si voltò di scatto, forse si sentiva spiato, io
preoccupato per quelle rivelazioni mi nascosi meglio
nell’ombra per ascoltare senza essere visto: quello che
raccontavano era terribile! Guardai da vicino la Fiamma, mi era
sembrata sempre immutabile nelle settimane che avevo trascorso
lì, ogni volta che mi ero avvicinato a studiarla, invece in
quel momento aveva una tonalità che virava pericolosamente
al rosso, e non ne capivo il motivo, mi sentivo solo molto
inquieto. Che la sua luce riflettesse in qualche modo le
condizioni di Alshain?
“Potrei far materializzare qui
le persone e gli strumenti che mi servono, mi occorre solo il permesso
per farli entrare; una volta che ho stabilizzato le sue condizioni per
il viaggio, lo trasferisco a Doire, la smaterializzazione è
più breve. Tutto deve essere fatto, però, entro
l'alba...”
“Perché? Il
pericolo maggiore credevo fosse già passato…
É già passato vero?”
“No... Finché si
trova presso Habarcat le sue condizioni sembrano stazionarie, in
realtà deperiscono solo più lentamente, hai visto
da te che ha manifestato il malessere appena si è
allontanato dalla Fiamma… perciò, con questo
ritmo, devo agire entro l'alba, o lo perderemo...”
Alshain poteva morire entro l'alba? No, non potevo crederci! Avevo
visto uno dei pendoli nel corridoio, erano ormai passate le tre di
notte, all'alba mancavano quindi meno di tre ore: non era possibile...
non Alshain, non Alshain...
“Che razza di veleno
è, l'hai capito? Magari con l'antidoto specifico...
”
“Il Bezoar ha fatto effetto,
il veleno non c'entra, ha attivato il malessere, forse, ma... e
comunque non lo sapremo mai: Doimòs ha trovato un Elfo morto
nelle cucine, un certo Caèl, tutti i calici e tutte le
bottiglie sono stati distrutti, tutte le bevande e le pietanze del
castello sono svanite, c'è rimasta solo l'acqua che gli Elfi
prendono dalla sorgente. Qualcuno si è dato molto da fare
per nascondere le sue tracce e se è intelligente come credo,
analizzando il sangue, scoprirò che è stato usato
qualcosa che si può comprare già pronto a
Nocturne Alley, non l'ha preparato in casa...”
“E tu... tu credi che possano
essere ancora qui?”
“Non lo so, potrebbero
essersene andati con i primi, attraverso il camino, o magari sono
ancora qui, come topi in trappola… ma ti giuro, se riusciamo
a beccarli, si pentiranno di...”
“No, il maniero è
troppo grande, pieno di nascondigli, e noi non sappiamo nemmeno quanti
sono! Potrebbero essersi mescolati tra i presunti volontari per
complicare le cose, potrebbero aspettare qui anche dopo che
sarà passato tutto... potrebbe addirittura essere qualcuno
dei nostri...”
“Non essere paranoico,
Emerson! Questo è impossibile: nessuno dei Maghi del Nord
farebbe una cosa del genere ad Alshain! D'accordo il Ministro, ma i
bambini! No, no... per nessun motivo!”
Uno degli Aurors, di cui non riuscivo a vedere il volto, si
avvicinò per origliare la conversazione, particolarmente
animata, i due Maghi del Nord ripresero a parlare più
sottovoce possibile ed io non sentii più nulla delle loro
supposizioni, ma la mia fantasia si concentrò su Malfoy e
Lestrange, per la storia dell'anello e per quanto avevo visto
quell'estate: erano stati loro! Fu a quel punto, mentre i
ricordi mi portavano a una ben diversa e più felice
permanenza in quel castello che l'occhio mi cadde su uno dei mattoni
anneriti dietro la Fiamma. Mi guardai attorno: l'Auror aveva ripreso a
camminare e mi dava le spalle, l'altro era sempre presso la finestra,
mia madre e Deidra parlavano con il Medimago ed Emerson, i Maghi che si
occupavano di Alshain sembravano statue, tutti gli altri erano
più distanti, a intrugliare e pregare. Cautamente
scivolai, con le spalle, lungo la parete, restando con gli occhi fissi
davanti a me, per tenere gli altri sotto controllo, finché
non mi accovacciai, tanto da non essere più scorto e le mie
dita riconobbero al tatto la stessa fessura che mi era saltata alla
vista: c'era una piccola apertura tra i mattoni, sembrava che qualcuno
l'avesse creata apposta per attirare l'attenzione; senza guardare,
studiai con la punta delle dita i bordi di quella fessura e notai che
non erano rotti o tagliati, qualcuno aveva estratto con la magia il
mattone, che al tocco, all'interno, appariva cavo come un
cassetto. Incuriosito, controllai un'ultima volta verso la
sala, poi mi voltai di scatto per studiare la mia scoperta, feci un po'
di pressione ai bordi e il mattone, senza difficoltà, si
mosse, scivolò tra le altre pietre, dimostrandosi proprio
una specie di cassetto, all'interno del quale si celava un involto di
tela.
“Che cosa succede
lì? Che stai facendo, moccioso?”
Emerson si rivolse a me e si avvicinò, imperioso, seguito
dal primo Auror, io rapido, senza farmi vedere, m'infilai l'involto
all'interno degli stivaletti, mi rialzai e uscii dalla nicchia con
l'aria più serafica possibile, rivolgendo un sorriso
innocente al Mago del Nord, che pareva tutt'altro che contento di
vedere un guastafeste come me insidiare la preziosa Fiamma di Habarcat.
“Volevo osservarla da
vicino...”
“E per osservarla dovevi
scassinare il muro?”
Emerson guardava orripilato il buco dietro di me, non avevo fatto in
tempo a rimettere tutto in ordine, vidi che la cosa interessava molto
anche all'Auror, che si avvicinò interrogativo: rimasi
sconvolto quando lo riconobbi, era proprio lui, Bartemius Crouch era
rimasto lì, a controllare a vista Alshain, aveva persino
mandato un altro dei suoi a scortare il Ministro, solo per restare di
persona col fiato sul collo degli Sherton e di tutta la Confraternita .
“Avevo lasciato un regalo a
Meissa, lì, prima di andarmene, volevo controllare
se...”
Emerson e mia madre, che come sempre si era avvicinata proprio nel
momento peggiore, stavano già avventandosi su di me per
darmi una lezione, quando nella sala irruppe una figura argentea, una
specie di enorme cane peloso che, con la voce di mio padre, ci
annunciò che avevano trovato Rigel vicino al braciere e che
era urgente l'aiuto di quante più persone
possibili. Non avevo mai visto il Patronus di mio padre, non
avevo mai visto nessun Patronus, a dire il vero, nemmeno
quell’estate, quando avevo vissuto moltissime esperienze
nuove nelle Terre: forse per la sorpresa, forse perché era
una vista affascinante, forse perché si avevano finalmente
notizie su qualcuno, mi sentii emozionato e incapace di pensieri
ordinati, rimasi semplicemente ammutolito fissando
quell'entità magica che, terminato il suo compito, si
disperse nell'aria in scie azzurrine. Mi guardai attorno, era
sceso ovunque un silenzio carico di angoscia, se possibile, Deidra era
sbiancata ancora di più: ripensando alle parole di mio
padre, mi accorsi che aveva detto che Rigel era stato ritrovato, ma non
“sano e salvo”, anzi, chiedeva, con urgenza,
soccorsi consistenti.
Una battaglia giù al braciere? Una vera battaglia al
braciere? E chi sarebbero gli avversari degli Sherton?
Quasi per rispondere alla mia domanda, Abraxas Malfoy
rientrò dalla perlustrazione in giardino, seguito da alcuni
individui che di sicuro non erano molto raccomandabili: tra gli altri
vidi il padre di Avery e quello di Yaxley, i Rookwood e i Pucey, mentre
mancavano tutti i Lestrange. Emerson guardò i
nuovi arrivati quasi senza vederli, quindi, come se seguisse un
pensiero tutto suo, quasi trasognato, espose il suo
“piano” al Medimago e a Deidra.
“Richiamiamo quanti cercavano
Rigel nei sotterranei e iniziamo ad avviarci! Murchadh, convoca tutti i
Medimaghi possibili e con Deidra e le altre Streghe resta qui accanto a
Alshain... ”
“No, è tutto
cambiato adesso... Abbiamo Rigel, adesso... Qui nessuno di noi
può fare qualcosa per Alshain, ci servono gli altri
Medimaghi e il sangue di mio figlio... Murchadh, convocali, poi vieni
con me, in qualunque condizione sia Rigel, il suo sangue
aiuterà suo padre, anche un solo minuto guadagnato
può cambiare la nostra sorte... Signor Crouch, voi, se
volete...”
“Il Ministro mi ha chiesto di
restare col signor Sherton finché non sarà tutto
risolto, milady: il mio collega Potter ed io presidieremo il camino,
così che entrino solo i Medimaghi e, nel frattempo,
comunicherò al Dipartimento che ho bisogno di rinforzi.
Credo ci siano già degli ospiti indesiderati qui nel
castello e che siano proprio i personaggi cui il Ministero
dà la caccia da mesi!”
Potter? Il padre di James, quindi, è l'uomo che controlla
continuamente il giardino?
Non ebbi tempo di soffermarmi a studiarlo, non mi sfuggì
l'occhiataccia che Crouch rivolse alla maggior parte dei presenti, ma
Deidra annuì al suo discorso: pur turbata dalla presenza di
quell'uomo discutibile e a detta di molti assolutamente infido e
pericoloso, anche lei doveva ritenere utile una presenza massiccia di
soccorsi, contro una minaccia già molto, troppo vicina. Non
altrettanto d'accordo parve Malfoy, che intervenne con modi eleganti ma
autoritari.
“Come puoi pensare, Bartemius,
di trovare dei ricercati qui a Herrengton? Hai visto da te qual
è livello sociale di coloro che frequentano questa dimora!
Credi forse che il fior fiore della società magica avrebbe
ammesso la presenza di plebaglia pericolosa durante un Rito tanto
importante? Piuttosto, fai attenzione, Deidra! Ci sono molti personaggi
di dubbia nascita e di ancor più dubbia morale che infestano
il Ministero: Alshain ti avrà senz'altro parlato
d’individui che vorrebbero mettere le mani su Herrengton,
infangare il nome della vostra famiglia, solo per mettersi in luce e
fare rapidamente e facilmente carriera, uscendo dalla melma che li ha
generati!”
“Basta così,
Abraxas, per favore! In questo momento abbiamo bisogno di aiuto: potete
servirvi del camino e delle persone, come meglio credete, signor
Crouch! Walburga, tu e Sirius, per favore, tornate a casa, mi dispiace
immensamente che siate stati coinvolti in tutto questo...”
“Io vengo con te, Deidra...
Sirius raggiungerà i nonni... da solo!”
“Io... io vorrei restare
qui... con Alshain... per favore...”
Mia madre era già pronta a punirmi per la mia intromissione,
quando Deidra, con gli occhi pieni di commozione, si chinò
su di me per abbracciarmi: sentii le guance in fiamme, mi persi in
quegli occhi verdi, simili a quelli di Meissa, che sembravano sondarmi
fino in fondo al cuore.
“Sei già il nostro
eroe, Sirius Black, e sono certa che anche ora Alshain senta il tuo
affetto e la tua presenza, e ne tragga vantaggio ma, come me, non
vorrebbe mai che tu corressi dei rischi...”
“Voglio restare qui... Voglio
fargli compagnia, in attesa che Meissa torni da lui... Lo so che non
può accadermi nulla, finché resto qui... E tra
poco arriveranno anche altri Aurors... e...”
Guardai mia madre, supplice, non poteva importargliene di meno di me,
lo sapevo, ma forse la sua volontà di ferirmi, umiliarmi,
farmi dispetto, sarebbe passata in secondo piano, di fronte
all'opportunità che le davo di mettersi in luce agli occhi
di Deidra, attraverso il mio coraggio.
“Se non ti dà
fastidio, lascialo restare, o ci farà perdere tempo prezioso
con le sue lagne!”
Deidra osservò, stranita, mia madre ma non disse nulla,
tornò a guardarmi e mi strinse di nuovo a sé: io
di solito non apprezzavo tutte quelle smancerie, ma dalla prima volta
che l'avevo vista, ero rimasto affascinato da quella donna, dolce e
autorevole al tempo stesso, quella che ai miei occhi era diventata, un
po' per volta, l'emblema stesso di tutte le qualità di una
mamma vera.
“Se succedesse qualcosa, devi
nasconderti dietro la Fiamma, a ridosso del muro: lei ti
proteggerà! E chiamaci con l'anello di Alshain, un quarto di
giro… Arriveremo tutti! Subito!”
“Alshain non ha più
l'anello...”
“Che cosa? Perché?
Dov'è finito l'anello di mio marito?”
Emerson finse o forse davvero non sentì la domanda, si stava
infatti allontanando velocemente con gli altri nel corridoio, diretto
al braciere, io dissi a Deidra che mio padre l'aveva dato a lui, quando
Alshain era svenuto, perché chiamasse tutti i Maghi, quindi
doveva averlo ancora addosso; la Strega non si scoraggiò,
dopo aver riflettuto un istante, mise la mano tra le pieghe della sua
veste, ed estrasse una piccola verghetta di ferro, per metterla al dito
di suo marito.
“Questo è l'anello
di Mirzam, me l'ha affidato questa mattina, prima di indossare la fede.
Se scambiati, gli anelli perdono di potenza, ma mantengono i poteri: ti
servirà un giro intero...”
Annuii osservando rapito quell'anello, tanto simile a quello che mio
padre mi aveva fatto... Il tocco lieve del bacio di Deidra sulla mia
fronte e il suo “Grazie” sussurrato con trasporto,
interruppero le mie fantasie e mi riempirono di una dolcezza e di un
calore infiniti. Con un rapido colpo di bacchetta, la vidi
trasfigurarsi l'elegante abito cerimoniale in una tunica molto
più semplice e comoda per correre via, da suo figlio,
più veloce di tutti gli altri. Da quel momento, prima
dell'arrivo dei soccorsi, rimasi sempre, a lungo, accanto ad Alshain,
gli occhi che vagavano tristi tra la figura del mio padrino, debole e
sofferente come non l'avevo mai visto, quella di Bartemius Crouch,
ritto in piedi in fondo al letto, a osservare le azioni dei Medimaghi
che si occupavano di Alshain e quella del padre di James: con la
bacchetta serrata in mano, rimase per tutto il tempo accanto la
finestra, osservando le scie rossastre che solcavano minacciose il
cielo sopra di noi. Più di tutti loro, però,
tenni gli occhi fissi sull'inquietante ombra di Abraxas che troneggiava
immobile dall'altro lato del camino: mi chiesi se fosse rimasto per
controllare Crouch e l'arrivo degli Aurors, o piuttosto non fosse in
attesa di un'occasione per completare il suo piano contro Alshain.
Spaventato, strinsi con forza la mano del mio padrino, quella che
recava di nuovo l'anello. Fu un attimo: tutti quanti rimanemmo
sconcertati, perché la stanza
s’illuminò di un'intensa luce verde azzurra,
guardai il caminetto, Habarcat aveva assunto la sua colorazione
abituale e si levava alta e forte nel suo braciere, molto
più di quanto l'avessi mai vista fare.
“Dei...”
Incredibilmente, la mano di Alshain si mosse nella mia, la sua voce
ruppe lieve il silenzio, simile a un soffio leggero: seduto accanto
alla lettiga, sfinito com'ero dalla stanchezza, i miei occhi vagarono
increduli sul suo volto pallido, notando subito che la piega carica di
sofferenza delle sue labbra sembrava avesse lasciato il posto a
qualcosa di diverso, un misto di stupore e serenità.
Speranzoso, pur temendo che fosse solo una mia stupida illusione,
spinsi lo sguardo più su e a quel punto non potei evitare
che il cuore mi saltasse nel petto, vibrando di felicità.
Avevo incrociato i suoi occhi! Avevo davvero incrociato,
miracolosamente, di nuovo, i suoi occhi... Erano finalmente di nuovo
aperti, lucidi, presenti...
Alshain è di nuovo qui, accanto a me, accanto a tutti noi,
come ha promesso...
***
Orion Black
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Riaprii gli occhi, ma non cambiò nulla: era sempre tutto
buio attorno a me.
Quanto tempo è passato? E soprattutto... ha ancora
senso per me parlare di tempo? O ormai sono morto e questo
buio e questo silenzio assordante sono l'oltretomba?
No, ero ancora vivo, lo urlava ogni fibra del mio essere, ogni singola
cellula era dolorante, preda di fiamme e tormenti, simili, eppure
diversi, dalla sensazione tipica di una “Cruciatus”.
Sono ancora vivo, quindi... Nonostante quell'ondata di fuoco che si
è abbattuta su di me...
Mai avevo visto qualcosa di simile: avevo creduto di morire, avevo
chiuso gli occhi e...
Che cos'è successo poi? Questo buio è forse il
segno che sono rimasto cieco?E sordo?
Posso ancora muovermi? E Bella? É ancora qui, vicino a me? E
il Mangiamorte?
Titubante, forzai le dita a perlustrare lentamente tutto attorno al
punto d'appoggio.
Sì,
posso ancora muoverle...
Appena toccarono la nota superficie levigata della mia bacchetta, poco
lontano da me, mi sentii rincuorato, come se all'improvviso fosse
ancora tutto possibile: insieme al tatto, poco dopo, mi
sembrò di riacquistare via via anche gli altri sensi e
presto compresi che non era solo una sensazione, mi stavo davvero
riprendendo, un poco alla volta, da quello strano senso di stordimento.
E che cos'è questa specie di mormorio poco lontano da me?
Serrai la bacchetta con quanta più forza riuscii a mettere
insieme e cercai di sollevarmi appena un po': no, non ero cieco, era
veramente buio, solo il cielo era ancora percorso da strane scie
rossastre, ma in basso, lì, sulla cima della torre, attorno
a me, la battaglia era finalmente conclusa. Nell'oscurità
compresi che quella specie di strano bisbiglìo proveniva da
qualcosa che si trovava poco distante, aguzzai la vista e alla fine mi
parve di intravvedere una specie di macchia, più scura della
notte che mi circondava, forse una figura piegata su se
stessa. Mi concentrai su quei sussurri e a poco a poco
compresi: erano parole, parole miste a lamenti, per la precisione una
sola parola intervallata da imprecazioni e lamenti. Conoscevo
quella parola, sì, la conoscevo, era un nome, un nome a me
ben noto.
“Bella... rispondi... Bella...
”
Che cosa significa? Mia nipote è morta? Il
Mangiamorte è proprio Rodolphus?
Quell'idiota mi ha lasciato in pace perché crede sia morto
anch'io, o c'è qualcun altro nell'ombra, qui vicino a me,
che mi tiene sotto tiro?
No, se ci fosse stato qualcun altro, a quest'ora si sarebbe accorto che
non ero morto: eravamo solo noi, noi tre, ed io avevo molto da fare, e
troppo poco tempo per farlo, dovevo approfittare del momento di
smarrimento di Lestrange, prima che arrivassero gli Aurors e i Maghi
del Nord. A mano a mano che recuperavo lucidità, ricordavo
che, viva o morta che fosse, non potevo permettere che trovassero mia
nipote lì, non solo per la vergogna che sarebbe ricaduta
sulla mia famiglia, ma perché gli Sherton non avrebbero mai
dovuto scoprire che a colpirli era stato un Black! E dovevo
scoprire se Lestrange aveva preso Meissa e dove l'aveva nascosta e per
fare questo, dovevo ritrovare l'anello di Fear e smaterializzarci tutti
lontano da lì, per non essere ricollegati alla carneficina
degli Aurors: dovevo sbrigarmi, sarebbero arrivati presto, molto
presto. Serrai la bacchetta e mi sollevai, senza far alcun
rumore, strisciando quasi, e mi avvicinai. Rodolphus Lestrange
dovette rendersi conto di qualcosa, perché si
voltò improvvisamente verso di me, la bacchetta sguainata,
ma era troppo tardi per lui e, stavolta, io ero disposto a tutto.
“STUPEFICIUM... ”
Ripetei due volte l'incantesimo, mettendoci tutta la mia rabbia,
così che svenisse, ma anche tutta la mia attenzione:
benché desiderassi vendicarmi, morto non mi sarebbe servito
a niente. Una volta sicuro che Lestrange fosse privo di sensi,
gettai anche un bell'IMPEDIMENTA su entrambi, per legarli,
così che, anche se si fossero ripresi, non sarebbero stati
in grado di farmi nulla, inoltre requisii loro le bacchette: in questo
modo, se avessi fallito, se gli Aurors mi avessero scoperto, avrei
potuto fingere di averli catturati per consegnarli alla giustizia del
Ministero. Rapido mi allontanai da loro, tornai indietro,
guardai, con rinnovato disgusto, ciò che restava dell'Auror
vicino alla porta che dava sulle scale, gettai un incantesimo sul suo
corpo, così da far Evanescere i suoi miseri resti e pulire
la superficie di tutto quell'orrendo sangue, poi, tentoni, aiutandomi
con il Lumos della bacchetta, cercai l'anello di Fear tutto intorno,
sicuro che fosse lì. In effetti, era in un angolo,
a terra: lo presi, me lo infilai al dito e gli imposi un
“REDUCIO” per restringerlo, dopo di che, sentendo
le voci dei primi soccorritori risalire le scale, corsi di nuovo verso
Bella e suo marito, presi in braccio mia nipote e afferrai per una
gamba Rodolphus. Pensai intensamente alla piscina nel patio,
una delle zone del maniero che Alshain aveva sicuramente sigillato, per
evitare che gli invitati più giovani, e non solo loro, vi
s’imboscassero e creassero scandalo: di colpo mi ritrovai
lì, uno dei luoghi più suggestivi della
tenuta. Non avevo difficoltà a ricordare decine di
momenti meravigliosi della mia giovinezza e persino della mia vita
adulta, passati lì, a parlare e a divertirmi con il mio
amico più caro, e ora mi pareva quasi un sacrilegio
profanare quel piccolo paradiso portandoci quei due disgraziati. La
verità, la triste verità, era proprio quella:
anche se tutto fosse finito bene, anche se, miracolosamente, ci fossimo
risvegliati tutti sani e salvi, saremmo usciti tutti profondamente
cambiati da quella notte; io stesso che, in tanti anni, dopo la vicenda
di Elizabeth, non avevo mai più avuto segreti per Alshain e
mi ero sempre guardato dal mentirgli, mi trovavo già nelle
condizioni di doverlo fare, nella maniera più vergognosa,
perché non potevo lasciare che lui e la sua famiglia
conoscessero certe verità di quella notte, no, per il bene
della mia famiglia, non potevo... Ero di nuovo a un bivio: guardai i
miei prigionieri e, dopo un attimo di esitazione, durante il quale la
parte migliore di me cercò, per l'ultima volta, di farmi
compiere la scelta più onesta e giusta, quella che forse
avrebbe cambiato il destino di noi tutti, puntai la bacchetta su
Lestrange.
“INNERVA!”
Con un grugnito, Lestrange sembrò reagire, non Bellatrix: mi
avvicinai tenendomi sempre a distanza di sicurezza, la mossi con la
punta di un piede, come si fa con una belva feroce stesa a terra che si
teme possa fingere, pronta a saltare addosso e sbranare l'ingenua
vittima. No, mia nipote non reagiva. Con la bacchetta
sollevai un po’ d'acqua dalla vasca al mio fianco e la feci
cadere abbondante su entrambi: di nuovo, Bella non reagì,
Rodolphus, invece, ruggì di sorpresa, divincolandosi
rabbioso, probabilmente era persino spaventato, confuso e immobilizzato
com'era.
“LASCIATEMI! LASCIATEMI
MALEDETTI!”
“Ti conviene star buono,
Lestrange, più ti agiti e più i legacci ti
stringono!”
“Black? Che cosa... che
diavolo... LIBERAMI IMMEDIATAMENTE! Bella...”
“Dov'è Meissa
Sherton?”
“... Bella ha bisogno...
”
“Dove si trova Meissa Sherton?
Rispondi!”
“Che... Tu? SEI STATO
TU? No, non può essere... non puoi essere
così folle da aver... ”
Gli scagliai addosso una fattura che lo colpì dolorosamente
ai piedi, per recuperare la sua attenzione e perché si
decidesse a prendermi sul serio: non avevo tempo da perdere, dovevo
riuscire a ritrovare Meissa prima di tutti gli altri e far uscire lui e
Bella da Herrengton senza problemi.
“SEI IMPAZZITO! COSA VUOI DA
ME, STUPIDO VECCHIO? BELLA È FERITA!”
“La mia pazienza è
al limite, Lestrange... Se vuoi salvare tua moglie, e portare a casa la
pelle, dimmi dov'è la bambina... o la prossima volta
sarà una Cruciatus... ”
“TROVATELA!”
Vidi gli occhi pieni di derisione di Rodolphus fissarsi nei miei in
segno di sfida: credeva davvero che non ne sarei stato capace? Ricordai
innumerevoli occasioni, da ragazzino, quando tra le risate degli altri,
di fronte a suo padre, non ero stato capace di attaccare degli insulsi
Sanguesporco di Tassorosso: da allora per colpa di Lestrange, di suo
padre, mi era stato appiccicato addosso il titolo di “Cuor di
Coniglio Black”, anche quando, cresciuto, avevo fatto di
tutto, per superare ampiamente quei miei limiti... Ora puntavo
la bacchetta su di lui, tra quegli occhi che mi deridevano, e di colpo
ebbi un'intuizione: non credevo fosse innamorato, ma aveva di certo un
motivo dinastico e patrimoniale per preoccuparsi tanto di mia nipote,
così spostai rapido la mira su di lei e lo guardai, maligno.
“CR...”
“NO! NO, ASPETTA...”
“Più del dolore
poté la paura, Lestrange... Quanto dovresti pagare a Cygnus,
se venissi meno alla promessa di proteggerla, prima di aver dato alle
famiglie il sospirato erede? Dovresti pensare alle
responsabilità che ti sei voluto prendere con noi, invece di
mascherarti come un buffone!”
“IDIOTA! MI FAI LA PATERNALE,
MENTRE BELLA STA MORENDO! Se le
capiterà…”
“Dimmi di Meissa e vi lascio
andare...”
La guardò, ed io seguii il suo sguardo, Bella era pallida,
le labbra livide e gli occhi chiusi, i capelli corvini scarmigliati, le
vesti in parte strappate, lo sguardo di Lestrange, su di lei, era
indecifrabile, poi lo puntò su di me, senza più
l’ironia che lo caratterizzava da sempre.
“E va bene! Tanto sai
già che l'avevo presa io e… Sta su, al penultimo
piano della torre, stesa su un divano, sta dormendo. Ora lasciami...
non per me, Bella ha bisogno di un Medimago...”
“E se mentissi? Ora controllo,
e tu resti qui... Se non trovo la bambina, torno e ti
ammazzo!”
“NO! NON C'È TEMPO,
BLACK! Devo farla curare, subito! Ha un'emorragia interna!”
“Che cosa? CRUCIO!”
Lo colpii con una Cruciatus, senza nemmeno riflettere, godendo solo
profondamente nel vederlo contorcersi a terra, pazzo di dolore e di
stupore: non si aspettava più di essere colpito, non
così, a tradimento, quando ormai credeva di essere salvo. Ma
io… io sapevo: lui aveva appena confessato, doveva essere
stato lui a colpire Rigel, lui a portare quasi alla morte quel povero
ragazzino; ci aveva provato anche con me, colpendo Bella.
“PAZZO! SEI PAZZO, BLACK! CHE
DIAVOLO HAI IN MENTE? AHHHHHHHHHH...”
Di nuovo… e ancora… e ancora… e
più forte… Non riuscivo più a
fermarmi, lo volevo morto, non riuscivo a cancellare dagli occhi
l'immagine di Rigel, della sua sofferenza, il pensiero del dolore di
Deidra quando l'avesse trovato; volevo che Lestrange morisse, per lei,
non capivo più niente, volevo che soffrisse, che bruciasse...
“ASSASSINO! CRUCIO! QUESTO
È PER IL MALE CHE HAI FATTO A RIGEL, MALEDETTO! HAI COLPITO
UN RAGAZZINO INERME! MERITI SOLO DI MORIRE, BASTARDO! CRUCIO! CRUCIO!
MALEDETTO! MALEDETTO! ME LI HAI AMMAZZATI TUTTI... ME LI HAI AMMAZZATI
TUTTI... CRU...”
Caddi in ginocchio, folle, devastato dalla fatica, dalle lacrime, dalla
tensione, mentre Lestrange si contorceva a terra preda delle
convulsioni: sarebbe bastato pochissimo, ancora pochissimo, e sarebbe
morto, in ginocchio, accanto a lui, lo guardai con odio, puntai la
bacchetta…
“No...
pietà… ba... basta, ti... ti... prego! Ba -
sta... io... Io te … te lo giu.. ro... Io non... non ho...
fatto quello che... io... l'anello... io non... io...
nient'altro!”
“Certo, Alshain si
è avvelenato da solo, vero? E Rigel…
CRU...”
“Co- cosa? Alshain... cosa?
Lui... non doveva … non... avvelenato non lui...
dovevamo...”
“Dovevate? Avanti Lestrange,
dovevate cosa? Liberati la coscienza… poi resta qui a
morire!”
“Ammazzare... il Ministro...
rapire... Mei... per l'anello... di... Sherton... Non sono riuscito...
a fuggire... con Mei... stavo andando a chiamare... gli altri quando...
quando ti ho visto... nella torre... ti ho... seguito... Te
lo giuro! … Ho preso… la bambina...
giù… nei corridoi... durante i…
fuochi... sono salito sul… la torre... per scappare... con
lei... c'è un percorso... segreto…
che...”
Salazar... Allora… No, non è
stato lui a colpire Rigel, non poteva essere sulla torre a duellare con
gli Aurors e insieme di sotto a rapire Meissa! Logico... lo sapevo
già che dovevano essere in due... che... Salazar...
è stata Bella... è stata Bella a…
è stata lei a... Rodolphus sta dicendo
la verità... ma...
“Perché abbiamo
trovato tutto quel sangue, Lestrange? Che cosa hai fatto alla
bambina... ”
“È caduta, si
è rotta il naso, ma... gliel'ho già aggiustato...
te lo giuro! Non l'ho toccata, l'ho solo confusa, volevo rapirla... per
un riscatto... Ora sta bene, te lo giuro... Liberami!”
“No... non puoi
andartene!”:
“TI HO DETTO LA
VERITÀ, CHE CAZZO VUOI ANCORA DA ME?”
Gli puntai la bacchetta di nuovo addosso, Rodolphus si
sbiancò dalla paura ed io mi godetti
quell’istante, sicuro che, se ne fossimo usciti vivi, non
l’avrebbe più dimenticato: avrei dovuto guardarmi
le spalle, certo si sarebbe vendicato, ma quell’istante in
cui i ruoli si erano invertiti…
“È pieno di Aurors
e di Maghi inferociti, Lestrange, i tuoi complici non potranno mai
entrare, tu sei solo, tua moglie è ferita e la bacchetta te
l'ho presa io... Puoi contare solo su di me e hai appena visto che non
ti conviene farmi arrabbiare... perciò te lo
ripeto… sei sicuro che Meissa sia dove mi hai detto?
Perché se hai mentito, torno qui a ucciderti e nessuno ne
saprebbe mai niente...”
“Te lo giuro... è
lì, al sicuro, che dorme... Se mi lasci andare, ti
darò tutto quello che vuoi...”
“Vedo che hai compreso: voglio
che tu faccia ciò che sai fare meglio: fingere e
mentire…”
“Non capisco...”
“Se Meissa non c'è,
io torno qui e ti ammazzo... Se invece è dove mi hai
detto... tra dieci minuti le corde si scioglieranno da sole e tu
uscirai da qui, con Bellatrix in braccio e chiederai aiuto: dirai che
siete stati attaccati dai Mangiamorte nel patio, mentre stavate...
svolgendo i vostri doveri coniugali... Siete stati colpiti, siete
svenuti, al risveglio non hai trovato più le vostre
bacchette... la vergogna sarà la tua punizione…
C'è un solo problema: come ti maschero il Marchio
Nero?”
“Io non maschererò
mai il marchio del mio Signore!”
“Allora se non ti
ammazzerò prima io, finirai ad Azkaban, stupido idiota!
Dimmi come mascherate quel dannato marchio, o non riuscirai a scappare
e far curare tua moglie!”
Lo guardai, mi osservava dubbioso, forse si domandava se poteva fidarsi
di me, così come io mi chiedevo se fosse una buona idea
sciogliere i legacci che lo tenevano, se facessi bene a lasciarlo
andare, se non dovessi invece ucciderlo subito e finirla lì:
tanto chi mi avrebbe mai scoperto? Era suo interesse tacere su
quell'episodio, ma poteva sempre smascherarmi, all’interno
della sua cerchia, o peggio ancora vendicarsi, dicendo agli Sherton che
l'avevo aiutato io ed era un rischio che non potevo correre; d'altra
parte, se non avessi trovato Meissa e avessi ucciso il suo
carceriere... Mentre riflettevo su cosa fosse più
conveniente per me, Lestrange mi fece cenno di ascoltare con
attenzione: io afferrai la bacchetta e con il movimento suggerito e con
la cadenza della voce che mi era stata appena insegnata, toccai gli
avambracci di entrambi, vedendo così il disgustoso marchio
del Lord rimpicciolire fino a trasformarsi in un microscopico neo sotto
i miei occhi.
“Spero di non rivederti tanto
presto, Lestrange, speralo anche tu, perché verrei a
strapparti la tua misera vita! E per il futuro... nulla mi
farà mai dimenticare che con la tua follia hai messo a
repentaglio anche la mia famiglia, questa notte... Nulla
placherà mai il disprezzo che nutro per te!”
“Sei un povero pazzo,
Black… prima cerchi di uccidermi, poi mi salvi…
perché?”
“La vostra follia, non deve
intaccare il buon nome della mia famiglia, né ora
né mai!”
“Già... La famiglia
che viene sempre prima di tutto... Ci sono valori ben più
grandi, Black! Non si può restare chiusi a coltivare il
proprio piccolo orto, mentre il Mondo Magico soffre...”
“Certo, è
l'altruismo, adesso, a muovere i tuoi passi! Sei solo un illuso,
Rodolphus, se credi di combattere per questo, non è il bene
del mondo magico, il valore che stai difendendo... “
Alzai la bacchetta su di loro, pronunciando “DIFFINDO IN
TEMPORA”, senza aspettare la sua replica, mi smaterializzai
immediatamente davanti ai suoi occhi, nonostante la promessa fatta a
Fear di non farmi vedere mentre usavo l'anello, lasciando Lestrange
inerme e sorpreso, perché, come tutti, anche lui credeva
impossibile smaterializzarsi nel castello. Immediatamente mi
ritrovai al penultimo piano della torre, sopra di me sentivo lo
scalpiccio pesante degli Auror e dei Maghi che stavano perlustrando la
terrazza, sicuramente si erano già accorti dei corpi dei due
Aurors che non avevo fatto in tempo a far sparire. Di corsa, mentre
dalle finestre scorsi, nel cortile, un nutrito gruppo stringersi
attorno al braciere, con il cuore più leggero e pieno si
speranza, iniziai a cercare per il corridoio il divano indicato da
Lestrange: se ricordavo bene, mi sembrava di averne intravisto la
sagoma dietro di me, quando mi ero voltato, prima di raggiungere la
stanza in cui erano nascosti i figli di Alshain. Appena
l'avessi ritrovata, avrei preso Meissa e mi sarei nascosto nella stanza
dei bambini con lei, aspettando lì l'arrivo di Deidra e
degli altri: infondo era questo che mi aveva ordinato di fare Fear, e
nessuno doveva sospettare che avessi fatto qualcos'altro nel
frattempo. Dovevo solo trovare Mei e nascondere in qualche
modo le bacchette dei due disgraziati. Sentii per le scale
arrivare la seconda ondata di soccorsi, contemporaneamente vidi nella
penombra la sagoma del divanetto: corsi a perdifiato, mentre dietro di
me già rilucevano i Lumos dei soccorritori che si
affacciavano dal pianerottolo sul corridoio e, finalmente, quando
iniziai a distinguerne le prime parole, raggiunsi il
mobile. Era proprio come aveva detto Lestrange: un divanetto
di foggia settecentesca, con le dorature e i velluti rossi, disposto di
fronte a una finestra che dava sul cortile, a breve distanza dalla
porta che conduceva alla scala secondaria, usata per riemergere dai
depositi delle derrate. Vittorioso, notai un lembo di stoffa
far capolino da uno dei braccioli, puntai la bacchetta e mi sporsi, per
fare luce e vedere finalmente la figuretta, addormentata, di Meissa.
“Chi è
là? Alzate le mani lentamente e tenete la bacchetta bene in
vista, Milord...”
Immobile, paralizzato dalla voce imperiosa e dalla luce puntate
entrambe contro di me, mi voltai lentamente verso gli Aurors, accorsi
alle mie spalle, il volto trasformato in una maschera di paura,
disperazione e delusione: sul divano, di Meissa, era rimasto solo il
mantello.
***
Deidra Sherton
Herrengton Hill, Highlands - 21/22 dicembre 1971
Quel corridoio sembrava interminabile... Proprio come la prima volta
che l'avevo percorso, ventuno anni prima. Ero stata invitata a
Herrengton, per la prima volta, alcune settimane dopo la nascita di
Mirzam, in una piovosa giornata di metà giugno: con Alshain,
c’eravamo materializzati nel Cortile delle Rose, con una
delle passaporte illegali usate abitualmente dalla Confraternita. Avevo
ammirato il tripudio di fiori, le rose dai colori tenui e dal profumo
intenso che vivificavano un'atmosfera tanto austera, che mi aveva messo
subito in soggezione: Alshain mi aveva stretto a sé e mi
aveva sorriso, incoraggiante, i nostri occhi erano scesi a osservare le
fedi lucenti sulle nostre dita, mentre Mirzam, da bravo Sherton, invece
di piangere come ogni volta che l’avevo portato all'aperto,
stava muto e composto tra le mie braccia, pronto a conoscere il nonno.
Poco dopo, annunciato dall'arrivo di Doimòs, un vecchio Elfo
che sembrava morire di ammirazione per Alshain, era apparso in fondo al
corridoio, immobile, il signore di Herrengton, un uomo che sembrava
più anziano di quanto fosse realmente, perché la
vita aveva aggiunto, col dolore, altro peso agli anni: c'era molto di
mio marito in lui, soprattutto negli occhi chiari, ma così
magro e alto, con quella criniera di capelli bianchi che arrivavano a
metà schiena e i baffi fluenti, vestito alla maniera del
Nord, con un'ampia tunica cinta ai fianchi da una catena di argento e
pietre, e il medaglione antico sul petto, quell'aria distaccata e
imperiosa, sembrava l'incarnazione di Salazar. Mi sondò
già da lontano, con occhi che sembravano scrutare nel cuore
e nella mente, ed io mi ero fermata, interdetta, mentre Alshain si era
affrettato, si era inchinato di fronte a lui e aveva baciato le sue
mani; il vecchio non l'aveva nemmeno guardato, come non aveva guardato
realmente neanche me: era preso solo dalla creatura che tenevo tra le
mie braccia. Alshain non se ne rendeva conto, o forse sì ma
ne soffriva troppo per ammetterlo: noi non eravamo niente per
quell'uomo, forse un tempo non era stato così, ma in quel
momento, nell'istante esatto in cui lo vedevo per la prima volta, mi fu
chiaro che il nostro unico valore per lui era la nostra
capacità di dare un seguito a quella millenaria famiglia. Il
futuro degli Sherton era lì, tra le mie braccia, era
diventato carne: solo per quel bimbo innocente il vecchio aveva
accettato di riaccogliere suo figlio, un figlio che sembrava non
riconoscere, un figlio che, da parte sua, a modo suo, lo amava invece,
ancora, fino alla disperazione. Avevo sentito le gambe pesanti,
incapaci di sorreggermi, mentre mi avvicinavo a lui, una parte di me
diceva che non dovevo farlo, che dovevo dire ad Alshain “Andiamocene, a Mirzam
bastiamo noi, è importante solo il nostro amore...
” ma il vecchio mi aveva fissato e le gambe mi
avevano condotto a lui, lungo quel corridoio interminabile, quasi
contro la mia volontà. Poi, senza nemmeno un cenno di
benvenuto, le mani gelide del vecchio, che mi aveva rifiutata senza
nemmeno conoscermi, mi avevano preso dalle braccia il mio bambino.
Mille volte, nel corso degli anni, vegliando Mirzam su un letto di
ospedale, mi ero chiesta se non fosse per colpa mia, per aver mancato
al mio dovere di madre, per aver permesso a quell'uomo di toccare il
mio bambino; a volte temevo che quel vecchio fosse riuscito a stregare,
a rubare un pezzetto di anima a mio figlio, quando l’aveva
preso e l'aveva stretto a sé. Quando l’aveva
guardato, Mirzam aveva pianto e gli occhi del vecchio avevano preso
vita.
Il corridoio, quella notte, mi sembrava di nuovo interminabile come
quel giorno ed io mi sentivo altrettanto smarrita, confusa, incapace di
difendere me stessa e coloro che amavo, trascinata quasi dal destino
lungo una rotta che non sapevo dove mi avrebbe portata. Nella mente mi
risuonavano le parole del Patronus di Orion, mi sembrava di galleggiare
in un turbinio di sensazioni opposte, fatte di timore misto a
speranza. Istintivamente, guardai alla mia sinistra, lui era
sempre alla mia sinistra, ma Alshain in quel momento non c'era, non
poteva esserci: con sgomento, ricordai che era successo solo un'unica
volta, nella mia vita, che mi fossi voltata a cercarlo senza trovarlo
accanto a me, il giorno terribile in cui Mirzam ed io eravamo stati
attaccati a Londra. Un brivido di paura mi percorse ancora
più gelido la schiena, di colpo mi chiesi che cosa avrei
davvero trovato nel cortile e se avrei avuto la forza di affrontare, da
sola, quella verità: sapevo che non mi aspettavano buone
notizie, il Patronus di Orion aveva parlato di necessità, di
pericolo, eppure, l’idea che almeno uno dei miei figli fosse
tornato in qualche modo da me, mi dava l'illusione che tutte le tessere
stessero andando al loro posto. Quale sarebbe stata, però,
la scena raffigurata alla fine?
“Va tutto bene Dei?”
Annuii a Walburga e continuai ad avanzare, muta, finché il
calore e i profumi della festa lasciarono spazio al rigore della notte,
all'aria salmastra che saliva dal mare e di fronte a me si
dispiegò la teoria di colonne di pietra chiara che
circondavano il cortile, l'oscurità vivificata dalla luce
azzurra della fiamma del braciere, il brusio dei Maghi e delle Streghe
che ci avevano preceduto.
“Deidra, finalmente!”
Jarvis Warrington mi venne incontro, lo guardai, cercai, ammutolita,
quasi con il respiro sospeso, di sondare il suo sguardo, ma la sua
espressione era indecifrabile, mi feci condurre da lui attraverso la
folla che si era assiepata intorno al braciere, senza capire. Tutti
sembravano in preghiera, muti e immobili, nessuno piangeva, nessuno era
preda dello sconforto, non c'era nessuna battaglia, nessuno sembrava
ferito, continuai ad avanzare, finché i miei occhi furono
attratti dalla Fiamma che alta, enorme, si levava dal braciere, molto
diversa da come l'avevo vista al mattino: Fear stava personalmente
gettando le erbe magiche per alimentarla. Non capivo. Poi gli
occhi scesero in basso e quasi gettai un urlo di orrore: Rigel era
sdraiato a terra, ai piedi di Fear, due Medimaghi, istruiti da un
Aurors, gli stavano applicando degli strani unguenti e delle erbe sul
petto e sulle gambe, mentre il suo braccio era quasi completamente
avvolto da alcune bende, su, fino al collo, il volto, pallido, aveva
un’espressione di profondo dolore.
“RIGEL! OH SALAZAR!”
Cercai di lanciarmi su di lui, ma Jarvis mi trattenne in
tempo. Fear raggelò tutti con la sua voce imperiosa.
“Calmati, Deidra! Non possiamo
muoverlo da lì, per ora, ma ti assicuro che sembra molto
peggio di quanto sia realmente! Con Warrington c'erano due Aurors che
hanno già sperimentato di persona questa nuova Maledizione
dei Mangiamorte, e hanno detto ai Medimaghi come sono stati curati al
San Mungo: gli hanno fermato alcune delle emorragie che aveva e, in
attesa che si possa spostarlo, ora gli serve solo un po' del tuo
sangue... Gli hanno somministrato un po' di pozione RimpolpaSangue, ma
dicono che con il tuo potrebbe riprendersi più
rapidamente... ”
Annuii e mi sedetti, arrotolai la manica della tunica sul mio braccio e
lo esposi a uno dei Medimaghi, la mente che correva già a
rielaborare la situazione: se Rigel stava così male, non era
possibile prendere il suo sangue per Alshain... ed io... io di nuovo
non sapevo che cosa dovessi fare.
“Perché la Fiamma
è così... grande? ”
“Era così quando
sono arrivato con Orion, perché si stava nutrendo di lui, ma
ora... Sono riuscito a sostituire il sangue di Rigel con le piante
magiche, ora è tutto come prima... ”
“Non mi sembra per niente che
sia tutto come prima!”
“Poco prima che tu arrivassi,
c'è stata un'improvvisa fiammata, poi la fiamma per alcuni
secondi si è spenta, in tanti anni che frequento questa
dimora, non ho mai visto una cosa simile... abbiamo approfittato di
quell'attimo per sottrarre Rigel alla prigionia della Fiamma e
l'abbiamo trascinato dove lo vedi ora, ma come per suo padre, non
è possibile portarlo più lontano, non
finché le sue condizioni non si saranno stabilizzate...
”
“E che cosa gli servirebbe per
stabilizzarsi?”
“Sangue Sherton, proprio come
a suo padre: se avesse sangue Sherton sano, potrei bruciarlo nella
Fiamma eseguendo alcuni riti... particolari... A quel punto potrebbero
portarlo a Doire... ”
“I bambini... posso salire a
prendere... ”
“Sono troppo piccoli, nessuno
dei due ha le Rune... Servirebbe Mirzam, ma non sa che siamo in
pericolo, o Meissa, sperando che almeno lei non sia ferita, ma non ci
credo a questo punto.”
“Meissa è con me,
sta bene!”
Mi voltai, tutti ci voltammo, mentre una figura avvolta in un mantello
scuro, uscita in quel momento dalle scale che portavano alle cucine, si
avvicinava.
“L'ho trovata sulla torre, al
penultimo piano, credo che dorma, ho cercato di non
svegliarla...”
La figura si avvicinò ancora, dai drappeggi del suo mantello
vidi spuntare il capo di mia figlia: mi alzai, corsi verso lo
sconosciuto, mentre tutti attorno a me restarono immobili, con il fiato
sospeso, increduli; mi ci volle poco a capire, dalla figura ancora
acerba, che avevo di fronte solo un ragazzo, ma era un ragazzo vero,
non il parto della mia fantasia e delle mie vane speranze. Tesi le
braccia e lui, avvicinatosi ancora un po’, me la
consegnò, io nemmeno lo guardai, non riuscii a dirgli
nemmeno grazie, non cercai di riconoscere la sua identità,
nascosto, avvolto com’era in cappuccio e mantello, per il
freddo della notte. Mentre il giovane si ritraeva, mi accoccolai quasi
a terra, con Meissa tra le braccia, per indugiare ad accarezzarle
finalmente il viso, meravigliata e grata per quel miracolo nel quale
ormai iniziavo a disperare: infine, Meissa aprì gli occhi e
con l’espressione stranita di chi è colto nel
sonno, mi sorrise e mi chiamò per nome.
“Salazar, ti
ringrazio… Meissa… Meissa…”
“Sta bene, vero? E Rigel si
salverà grazie a lei, vero?”
Riconobbi la voce e lo guardai, sorpresa eppure grata, mentre il
giovane si scopriva infine il capo e andava a sincerarsi con Fear delle
condizioni di Rigel.
“Sì,
Rabastan... Rigel Sherton si salverà, grazie a
te...”
*continua*
NdA:
Ringrazio
al solito chi ha letto, seguito, aggiunto, preferito, recensito, ecc
ecc... ringrazio inoltre coloro che hanno votato la ff all’Harry
Potter Final Contest.
A presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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