17_Is this the way it's gonna be_
Il sole era appena calato
oltre l’orizzonte e la volta celeste iniziava a scurirsi, per
lasciare il posto alla vera notte, quella dei vampiri.
L’infermeria era
illuminata debolmente solo attorno ad un letto, sul quale giaceva
inerte il corpo di una vampira, cerea e dall’uniforme coperta di
sangue.
Accanto a lei sedeva uno studente, il viso affondato nei palmi delle mani, le dita strette e affondate nei capelli.
Le spalle di Gilbert furono scosse da un violento tremito, un altro, mentre le lacrime riprendevano a scorrere tra i singhiozzi.
Non riusciva a credere che Fiamma... che Fiamma...
Non poteva neppure formulare quel pensiero: il suo cervello non riusciva neanche lontanamente a concepirlo.
Perché? Perché, di tutti, proprio lei?
Perché a distanza di così poco tempo dall’ultimo omicidio?
Quando Oz era andato a
chiamarlo, sbraitando sul sangue e Fiamma priva di sensi in giardino,
lui si era precipitato. Quando era arrivato sul luogo, suo fratello
Eliot gli aveva detto che l’aveva portata in infermeria.
Quando era arrivato là,
aveva trovato l’infermiere chino su di lei, intento ad aspirarle
qualcosa dal viso, con una mascherina, qualcosa che aveva tutta
l’aria di essere sangue.
In quel momento, era stato scacciato.
La notte dopo aveva avuto il
permesso di entrare, ma l’infermiere l’aveva avvertito
subito che ormai, anche se aveva aspirato tutto il sangue che le
ostruiva i polmoni e la gola, non c’era più pulsazione.
Il giovane Nightray
alzò gli occhi e li portò sul viso di Fiamma: era
così serena, le labbra semiaperte, l’espressione appena
sofferente.
Era bellissima, ma era immobile come una statua e fredda come il ghiaccio. Più fredda di qualsiasi vampiro.
Nell’osservarla in
quello stato, nella rigida freddezza della morte, una morsa
d’acciaio gli si chiuse attorno al cuore, minacciando di
spappolarglielo nonostante gli fosse ancora in petto. Il dolore sarebbe
certamente stato minore di quello che provava sapendola lì, a
così poca distanza da lui, completamente immobile.
Morta.
Gli occhi gli si riempirono di
nuovo di lacrime e affondò nuovamente il viso nelle mani,
cercando di placare i singhiozzi.
- Ehi, Gilbert -.
Una voce flebile ma sicura,
amichevole e confortante attirò la sua attenzione, facendogli
alzare il capo: Oz stava in piedi vicino a lui, nello sguardo uno
spettro di sofferenza.
In mano reggeva una bottiglietta dal contenuto vermiglio.
- Oh, Oz sei tu... -
commentò tristemente il moro, cercando di asciugarsi il viso e
rendersi presentabile, almeno un po’.
Non che gliene importasse più di tanto, ormai.
- Che cosa ci fai... qui? - chiese.
Il biondino si sedette sulla
sedia accanto alla sua, lasciata libera qualche ora prima da Emily, che
se ne era andata piangendo disperata.
- Tieni, ti ho portato da
bere. Hai un aspetto terribile... - disse, porgendogli la bottiglietta,
che l’altro prese di buon grado.
- Sono giorni che non mangi.
Non dovresti buttarti giù in questo modo... - esclamò Oz,
guardandolo mentre beveva avidamente: aveva sete ed era fortemente
disidratato.
Una bottiglietta sola riuscì solo in piccola parte a saziare il suo bisogno di sangue.
- Non ha senso continuare senza lei... -
- Sono certo che non vorrebbe che tu ti trascurassi in questa maniera. E lo sai anche tu -.
Gilbert tacque un istante.
- È così da una settimana, ormai... - disse infine, come se ciò lo giustificasse.
- L’infermiere ha detto che non ha più pulsazione, però continua a tenerla qui... - esclamò Oz.
- Domani ci sarà il
funerale. La seppelliranno in giardino - lo informò cupamente
Gilbert, distogliendo lo sguardo: gli faceva immensamente male dirlo.
Era come una pugnalata al cuore, con l’unica differenza che se la
stava consapevolmente autoinfliggendo.
Oz gli posò una mano su una spalla.
- Forse è meglio se vai. Devi riposarti -
- No, non voglio... -
- Allora posso rimanere a farti compagnia? -
- Se vuoi... -.
Fiamma... svegliati cara.
Si scosse, scoprendo che non
era in piedi, come pensava, ma sollevata nel niente: i suoi piedi non
poggiavano su alcuna superficie.
Sentiva le palpebre immensamente pesanti, ma con un adeguato sforzo di volontà riuscì ad aprirle.
Si guardò intorno e
addosso: si trovava sospesa in uno spazio completamente nero, con il
pavimento ricoperto di un liquido nero, probabilmente acqua. In
più, era completamente nuda.
Fiamma...
Di nuovo quella voce.
Davanti a lei apparve un globo
di luce bianca dalla quale prese forma la donna sconosciuta che aveva
già avuto modo di incontrare per ben due volte.
Quella terza, però, i
suoi occhi esprimevano tranquillità e serenità. Non
c’era la minima traccia di dolore.
La sua voce era calda e affettuosa, rasserenante in un certo senso.
- Cosa ci faccio io qui? Sono... morta? -.
No, non è ancora arrivata: la tua scuola ha bisogno di te.
- Allora... perché sono qui? -
Perché... devo metterti in guardia.
Il suo tono di voce si era fatto leggermente più serio.
Quella donna che hai visto... è come me, in parte. Devi guardarti da lei... e dal tuo insegnante.
- Cosa? Quale insegnante? -
Tutto a suo tempo, mia cara. Adesso devi tornare.
Fiamma si sporse verso di lei, come per correre, ritrovandosi semplicemente ad annaspare nell’aria, protendendosi e basta.
- Aspetta! Come posso ritrovarti?! - gridò.
La sconosciuta sorrise.
Sarò io a cercarti, presto.
Sentiva che stava per
scomparire: era la stessa sensazione che aveva provato quando era stata
risucchiata dalle tenebre, nel giardino.
Ma quella non era
l’impressione di stare andando incontro all’ignoto,
bensì di star per fare ritorno alla luce.
Mentre stava per svanire, un’ultima domanda le balenò nella mente.
- Come ti chiami...? - domandò, l’attimo prima di scomparire.
Lilianne...
La risposta le
riecheggiò nella testa mentre apriva lentissimamente le palpebre
e le spostava di lato, incrociando immediatamente il profilo di due
studenti a lei ben noti.
- Gil... bert? - chiamò labilmente.
Il moro alzò di scatto
la testa, gli occhi esageratamente grandi, cerchiati in modo
spaventoso, le guance solcate di lacrime.
- F-Fiamma...? - sussurrò, incredulo - FIAMMA! - gridò l’istante dopo.
- Sei sveglia! Si è
svegliata, si è svegliata!!! - urlò Oz, saltando in piedi
e iniziando a saltellare qua e là per la stanza, battendo le
mani.
Il giovane Nightray le allungò una mano, che lei strinse.
- Sei così... stanco. Cosa ti è successo, Gilbert? - chiese la ragazza con voce fioca.
- Devo dirlo all’infermiere! - la interruppe Oz, defilandosi.
I due lo ignorarono e il moro si chinò sulla vampira.
- Credevo fossi morta... -
- Anch’io... però ora sono di nuovo qui -.
Gli rivolse un pallido sorriso, al quale lui rispose con un altrettanto orribile sorriso carico di stanchezza.
Lei lo attirò verso il
suo petto e lo costrinse a poggiarvi sopra la testa, che prese a
carezzare con dolcezza infinita, passando di tanto in tanto le dita tra
i suoi capelli corvini, mentre lui le stringeva convulsamente
l’altra mano.
- Quanto sono rimasta così? - chiese all’improvviso la vampira.
- Una settimana - rispose lui.
- Una settimana... - ripeté tra sé la rossa, socchiudendo le palpebre.
Si passò la lingua sulle labbra secche, sfiorandosi le punte dei canini quasi con nostalgia.
- Ecco, guardi! -.
Oz e l’infermiere si avvicinarono a passi rapidi e quest’ultimo si fermò al vedere la vampira sveglia.
- Come ti senti? - chiese, chinandosi su di lei, strappandole la mano impigliata nei capelli di Gilbert e tastandole il polso.
Era regolare, incredibilmente.
- Bene - rispose lei semplicemente, mettendosi seduta.
Il vampiro rimase ad
osservarla, accigliato: fino al giorno prima era stesa, fredda e
immobile, su quel letto, completamente priva di pulsazioni, e adesso
era lì che carezzava i capelli del suo compagno, sorridendogli
calorosamente e con delle pulsazioni regolari.
Tutto ciò non era assolutamente normale.
- Ne sei sicura? -
- Sicurissima - confermò.
- In questo caso... sei libera di andare -.
- Aaah, Fiamma! Presto,
dobbiamo andare a dirlo agli altri! Emily sarà così
contenta, e anche Amethyst, e Edward e...! - esclamò Oz, ma
s’interruppe ad un cenno della mano di lei.
- Oz... perché non ci
incontriamo in mensa tra poco? Così intanto vai a chiamarli... e
noi potremo mangiare qualcosa -.
- Sì, certo! Ci si vede dopo! -.
Il biondo si dileguò a velocità supersonica.
Fiamma si sedette sul bordo del letto e scese, quindi si avviò mano nella mano con il Nightray verso la porta.
- Ohoh, signorina Dra~kon! Dunque, dunque... è resuscitata ♥! -.
La delicatezza di Xerxes
Break, in certi momenti, raggiungeva apici talmente elevati da
suggerirle fortemente una rigida presa di posizione, come poteva
esserlo il prenderlo a schiaffi. Purtroppo, la sua condizione di
studentessa glielo vietava.
Il docente era in piedi in
mezzo alla porta e la osservava con l’occhio visibile mezzo
coperto dalla palpebra, che gli conferiva un’espressione ilare,
ma anche vagamente minacciosa.
- Sì. Mi sento benissimo, adesso! - esclamò lei, rivolgendogli un sorriso palesemente fasullo.
- Ne sono più che
sicuro! - commentò l’albino, poi spostò lo sguardo
sul moro - Lei, piuttosto, signor Nightray... mi pare stanco -.
- Ha solo bisogno di mangiare. Niente di che, non si preoccupi - intervenne la vampira.
- Ah~ah, certo, certo!
Be’, signorina... - replicò Xerxes, quindi le si
avvicinò e si inchinò, prendendole la mano libera e
baciandola in modo molto galante - ... che ne dice di venire a parlare
con me, più tardi, nelle mie stanze? Primo piano, in fondo a
sinistra. L’aspetto... -.
Quel sussurro aveva ben poco di rassicurante, tuttavia Fiamma si lasciò sfuggire in un soffio un “sì”.
- Bene, allora divertitevi ♥! - li salutò Break, d’un tratto allegro, prima di andarsene.
- Quel professore diventa sempre più strano... - commentò Gilbert in tono allegramente scettico.
A quanto sembrava aveva recuperato il buonumore.
- Già... - si limitò ad osservare lei - Andiamo -.
La comparsa improvvisa di un professore le fece ritornare in mente quella frase detta da Lilianne: “Devi guardarti da lei... e dal tuo insegnante”.
No, in quel momento non voleva
pensarci: si era appena risvegliata. Si sarebbe concessa a quelle tetre
elucubrazioni più tardi.
Con Break o dopo.
Angolino autrice
Eccomi, come promesso, con gli "aggiornamenti flash" XD
Il titolo del capitolo è una frase della canzone che ho usato
come "base" per l'atmosfera (e la mia personale Ispirazione) del
capitolo ^^''
La suddetta è "Dear Agony" dei Breaking Benjamin (la metto per non far torti a nessuno ù-ù).
Ringrazio sentitamente Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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