teach me
fragolottina's time
lo
so, questo è un argomento trito e ritrito, sono sicura che se
dessi un'occhiata in giro troverei un centinaio di fiction che ne
parlano...ma io volvo talmente tanto dire la mia!
il fatto che il mio prof di
letteratura inglese - no, con mio grande disappunto non è bello
come Cameron Wilde, ma è innegabilmente eccitante sentirlo
parlare...censuratemi! - sia fantastico e che io esca dalle sue lezioni
con gli occhioni a forma di cuore è puuuuuuuramente casuale!
che dire ulteriormente...
non ho intenzione di plagiare nessuno...se qualcuno si sente chiamato in causa mi scuso già...
spero di cuore che nonostante la banalità dell'argomento vi possa divertire almeno per il tempo della lettura!
poi se porprio vi fa schifo ditemlo che lo elimino.
baci&abbracci
ps. prof. la amo! ehm...pardon vi lascio alla storia...
PROLOGO
Sono sempre stata una ragazza brava a scuola. Non secchiona, ma brava.
Una di quelle a sui basta il minimo studio indispensabile per arrivare
ad un buon voto e per le quali basta un piccolo sforzo in più
per arrivare all’eccellenza. I miei voti non riservavano
sorprese, né a me, né tanto meno ai miei genitori, si
aggiravano attorno al sette e mezzo o all’otto, senza grandi
variazioni.
Mi accontentavo, mi bastava. In tutte le materie
tranne che in letteratura inglese, lì pretendevo il massimo,
lì volevo il massimo e la ragione era semplice. Amavo da morire
la letteratura inglese. Ed adoravo le lezioni della professoressa
Tutcher. La guardavo ed era talmente evidente che le piacesse quello
che insegnava che riusciva a trasmettere la sua passione quasi a tutti
gli studenti. Non avevo nemmeno bisogno di prendere appunti alle sue
lezioni, mi limitavo ad appoggiarmi al banco con i gomiti, sostenendomi
la testa con le mani ed assorbivo come una spugna tutto quello che ci
raccontava, come un bambino faceva con le favole: quelle che ci
raccontava lei erano favole bellissime.
C’erano principesse bellissime, c’erano
principi, storie d’amore travolgenti, orrori inimmaginabile,
mondi inesplorati… Fu proprio Mrs. Tutcher a spingermi tra le
braccia della lettura, con i libri che ci consigliava tra la
bibliografia di ogni autore che studiavamo. A volte le parole che
trovavo stampate su una pagina mi facevano più compagnia di
Seline o Carole, le mie migliori amiche, e mi coccolavano più di
Andrew, il mio ex fidanzato.
Quindi nel vedere che al posto della professoressa
Tutcher sta entrando un ragazzo, nemmeno un uomo, proprio un ragazzo,
davanti ai miei occhi si presentano soltanto tre alternative possibili:
urlare, piangere, scrivere una lettera di lamentele al direttore di
istituto perché, cielo, quello ‘Shakespeare’ non lo
saprebbe nemmeno sillabare.
Lo squadro con aria critica, sicura che non arrivi
ai trent’anni, neanche per sogno: ha una borsa della Converse,
quale professore che voglia risultare credibile si presenta a lezione
con appesa alla spalla una tracolla della Converse bianca? Ma per
favore. Indossa una camicia bianca, una giacca scura ed una cravatta
annodata male, ma che comunque nell’insieme lo avrebbero potuto
far apparire professionale se non avesse deciso di impiccare tutta la
sua improbabile credibilità con un paio di jeans.
Sembra…bah…mi appoggio sul banco sostenendomi la testa
con la mano, persa nel match rabbioso che si sta svolgendo nella mia
testa. Si, è bello da guardare e si, se pubblicizzasse qualcosa,
qualsiasi cosa probabilmente la comprerei, ma, dio, deve insegnarmi
letteratura inglese! Deve istruirmi in modo che quando l’anno
prossimo farò domanda per entrare alla facoltà di lettere
di Harvard mi accoglieranno a braccia aperte!
Sempre che io riesca a smuovere i miei genitori.
Perché mi hanno messo nelle mani di questo
incompetente? Che ne è stato della mia adorata Mrs. Tutcher?
«Buongiorno.» automaticamente da bravi
studenti rispettosi dell’autorità vigente – il
professore – ci alziamo tutti insieme in un fracasso di sedie che
strusciano sul pavimento. Nel trovarsi davanti venti ragazzi in piedi
come un esercito in attesa di ordini il ragazzo aggrotta le
sopracciglia e ci fa cenno con le mani di sederci. «Ok, per prima
cosa non alzatevi tutte le volte che entro ed esco, fatelo con gli
altri insegnanti.» si gratta la testa, ricoperta di capelli neri
con un taglio talmente da ‘giovane’, che niente, proprio
niente gli impedirebbe di sedersi accanto a noi ed iniziare a prendere
appunti.
Ci risediamo, mentre lui appoggia la borsa sulla
sedia e fa forza sulle braccia per accomodarsi sulla cattedra con i
piedi ciondoloni. «Mi chiamo Cameron Wilde e sono qui per
sostituire Mrs. Tutcher.»
Ora si, che posso scoppiare a piangere, ma alzo la
mano, invece, speranzosa che il destino non mi riservi un tale colpo.
Cameron Wilde mi guarda probabilmente stupito che qualcuno abbia
già una domanda. «Prego, parli.»
...cioè, ha intenzione di dare del lei ad un alunna?
Fingo di aver capito male e lascio correre.
«Si sa niente del suo rientro?» perché si,
già mi manca, da morire.
Scuote la testa stringendosi nelle spalle, mentre io
mi lascio andare ad un lungo sospiro sconsolato. «Lei
è?»
«Morgan Williams.» mormoro senza
guardarlo, troppo concentrata sulla mia piccola tragedia personale per
pensare ad altro.
«Quanti siete in questa classe?» continua lui.
Qualcuno dal fondo gli risponde ventitré e
lui fa una smorfia. «Questo è un bel problema…come
faccio a ricordare i vostri nomi?» nessuno parla e lui li fissa
spazientito. «Non era una domanda retorica, ogni consiglio
è ben accetto.»
Dio, ma chi ci hanno mandato? Si allunga sulla
scrivania, praticamente ci si sdraia sopra, cosa da cui posso intuire
che non ha nemmeno la camicia dei pantaloni visto che gli sto guardando
l’orlo delle mutande…dio, gli sto guardando l’orlo
delle mutande! La lettera di ammissione ad Harvard mi svolazza davanti
per poi uscire dalla finestra sulle ali del vento.
Estrae un pennarello nero ed un blocco di post-it
dalla borsa, porgendoli alla ragazza appiccicata alla scrivania, Tanya,
la secchiona di turno. «Fateli girare e scriveteci sopra il
vostro nome e cognome, poi appiccicatelo sul banco verso di me.
Scrivete in stampatello grande.» ci osserva alcuni secondi,
mentre i foglietti iniziano a girare, poi riprende. «Il direttore
pretende che voi mi diate del lei e visto che non sono molto più
grande di voi mi pare una cosa davvero ridicola, quindi il minimo che
possa fare è darvi del voi a mia volta…»
Che grandissimo idiota.
«Non chiamatemi signor Wilde, mi fareste
sentire tristemente vecchio, professor Wilde è già
meglio!»
Strappo rabbiosamente il blocco di post-it dalle
mani di Seline che mi guarda sorpresa e fieramente scrivo sul mio
‘Miss Williams’, giacché siamo in vena di idiozie.
«Che stavate facendo con…» si
interrompe ed io alzo gli occhi con il cuore spezzato all’idea
che quel…quel…umpf…professore, non sappia nemmeno
come si chiama la meravigliosa insegnante che si appresta a sostituire.
«Mrs. Tutcher?»
«Chieda a lei.»
Mi sento scomodamente tirata in ballo, così
sollevo lo sguardo per fulminare Alex Turner che sta abbassando la mano
dopo avermi indicato; quando mi volto Cameron Wilde mi sta fissando
divertito. «Era la lecca piedi dalla prof?» chiede ridendo.
Ma come si permette?!
Incrocio le braccia sul petto e volto il lato di
scatto oltraggiata. «No, ma mi piacevano le sue lezioni.» e
con questo spero di aver concluso il discorso.
E invece no.
«Bene, quindi saprà dirmi quale argomento stavate affrontando…»
«Dovevamo leggere un’opera di
Shakespeare e farne un commento.» rispondo acidamente
controvoglia.
Annuisce, poi si morde le labbra – belle
labbra, di un rosa acceso, liscie…cosa ca… –
colpevole. «Lei era…Mar…»
«Morgan.» lo interrompo indispettita che
abbia già dimenticato il mio nome, cos’ha al posto del
cervello, un colabrodo?
«Grazie, Morgan.» dice con più
enfasi del necessario tornando alla cattedra. «Per me possiamo
anche farlo orale, che ne dite?»
Alzo gli occhi al cielo sconsolata, ovviamente tutta
la classe esplode in un sonoro ‘si’, ci ha appena
giustificati a non fare niente!
«Se non li leggete me ne accorgo, quindi
niente wikipedia.» ci lancia un’occhiata in tralice.
«Se cercate di fregarmi mi commentate tutto Shakespeare, un bel
quaderno di riflessioni sui suoi scritti e credetemi…» si
interrompe ed annuisce. «Shakespeare ha scritto davvero
tanto.»
Una folla di studenti obbedienti come soldatini,
prende il diario, io non ne ho bisogno, ho già letto e
commentato l’Otello, così mi metto a sfogliare il libro di
testo, tanto per curiosare quale sarà l’argomento che non
sentirò spiegare dalla professoressa Tutcher, ma delle dita che
tamburellano sul mio banco deviano la mia attenzione. Cameron Wilde
è di nuovo davanti a me in attesa.
«Giacchè è stata indicata come
‘la più brava’, mi fa un elenco di tutti gli alunni
con accanto l’opera che hanno scelto?»
Forse è perché ha gli occhi più
incredibilmente azzurri che io abbia mai visto, sembrano geneticamente
modificati, o più probabilmente mi arrendo all’idea che
volente o nolente quello è il mio professore. Ma annuisco
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