Dobbiamo
partire? Rimanere?
Rimani,
se puoi.
Parti,
se occorre.
Baudelaire,
Il viaggio.
When
the rain comes
down
Le gocce continuavano a
cadere dai
lembi della gonna della divisa.
Cadevano ritmiche, con un
suono che si
perdeva nella pioggia grigia di città.
Temari corrugò
le sopracciglia, in un
movimento quasi impercettibile.
Vagabondare senza ombrello
sotto la
pioggia non era stata una grande idea, ma in quel momento quello era
l'ultimo dei pensieri di Temari.
I palazzi si riflettevano
sull'asfalto
lucido di pioggia, come in un enorme specchio di petrolio.
Serrò
gli occhi,
talmente forte da farli lacrimare, le ciglia lunghe nelle quali si
impigliavano le gocce lorde di dolore.
Rialzò
la testa,
cercando di distrarsi seguendo gli odori della città.
Era un
gioco che
faceva spesso con...
-...
mamma.-
Stupida
Temari,
stupida.- si rimproverò per quel pensiero che
durava troppo poco
per non essere doloroso.
Nella
pioggia tutto
diventava più ovattato.
Si
appoggiò ad un
muro con dolcezza, quasi cercando di non rompere ciò che
restava del
suo corpo, un involucro inutile.
-Fai
attenzione.-
si raccomandò una voce femminile, vagamente seccata.
Seduta
accanto a
Temari era inginocchiata una ragazza con i capelli blu, che costruiva
origami floreali con una carta ormai bagnata e sporca di pioggia.
-Che
fai?- chiese
Temari, gli occhi beffardi ma il tono di una bambina curiosa.
-Vivo.-
rispose la
ragazza degli origami, con lo stesso tono impenetrabile.
Essere
ignorata,
ecco cosa odiava Temari.
Aveva
ricevuto
sempre solo indifferenza, e ora ne era stanca.
-Mi
chiamo Temari.-
era una sfida, stavolta. Fin dove poteva spingersi il suo cuore
stanco, fin dove poteva spingersi quella vita di carta.
Un
guizzo
incuriosito passò negli occhi della ragazza vicino.
-Konan.
Temari
sospirò, la
gola bruciata da un'arsione interna, di lacrime che non sparivano.
-Io non
penso che
quella carta sia vita. I fiori veri sono quelli che si possono
annaffiare ed amare, quelli che crescono grazie a delle cure attente
e continue.- forse era solo un bisogno di sfogo, un nascondersi
dietro parole che nessuno poteva comprendere.
-I miei
sono fiori
uccisi dal dolore, che sono stufi di guardare indietro. Sono fiori
che vivono nonostante il mondo, nonostante le persone che li
disprezzano. Non sono uguali a nessun altro, perchè io li
amo.-
Nessuno poteva comprendere.
Riesci
a non
guardarti indietro? Come fai?-avrebbe voluto chiedere Temari, avrebbe
voluto chiedere e vivere ancora, inebriarsi di quei sentimenti che si
intensificavano grazie alla giovinezza, al disperato bisogno di
amare.
-Tieni.
Le mani
di Konan
erano sottili e pallide, abituate a destreggiarsi tra fili sottili di
rimpianto.
Un
fiore di carta.
Temari
aveva sempre
amato i fiori, ma in quel momento quel foglio, debitamente piegato,
le sembrò più bello dei miliardi di altri petali
colorati che era
abituata ad amare.
Vivo.
Fragile.
Si
staccò dal muro
con una piccola spinta, quasi fluttuando per un breve momento, per
poi tornare in piedi, a camminare con un fiore di carta in mano.
-Ciao.
Si
girò, mentre la
figura della ragazza scompariva tra la folla.
Stupida Temari,
stupida.
La
KonaTema che
avevo promesso, eccola.
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