IL SETTIMO ANNO DI JAMES POTTER
-Introduzione-
Un sole pallido e piuttosto infreddolito si era appena
alzato su Hogwarts, i comignoli delle cucine già fumavano e gli occupanti del
castello sonnecchiavano avvolti in spesse coperte di lana. Solo nel dormitorio
degli studenti del 7° anno del Grifondoro un ragazzo si agitava nel letto a
baldacchino dai pesanti drappeggi porpora che, prima di lui, aveva ospitato
chissà quanti giovani maghi. Aveva i capelli neri che, a seguito di una notte
irrequieta, erano più scompigliati del solito, portava gli occhiali, tondi, con
la montatura nera, che erano posati sul comodino; su una soffice poltrona
cremisi erano riposti la sua bacchetta, 11 pollici di mogano con anima di piume
di Golden Snidget, e il suo completo invernale a grandi falde, nero con lo
stemma della casa e una scritta a lettere d’oro che ne indicava il possessore:
James Potter.
James era un ragazzo di 17 anni, non molto alto e magro;
tutte dicevano che era affascinante: talentuoso, un asso con la bacchetta, brillante
e spavaldo, ma soprattutto un campione del Quidditch. Possedeva una nuovissima
Comet 260, le sue prodezze sul campo erano argomento di discussione per giorni
dopo ogni partita; giocava come cercatore ed era il capitano della squadra.
Quella mattina li attendeva lo scontro con i Serpeverde: era
agitatissimo.
Certo, ad impensierirlo non erano certo i componenti della
squadra avversaria: piccoli e viscidi alternati a grossi stupidi. Poteva già
immaginarsi la scena del trionfo: lui che sfrecciava raggiante stringendo
saldamente il boccino con i capelli scompigliati dal vento e passava davanti
alla tribuna dei Serpeverde accennando un sorriso beffardo, una volta a terra
Lily Evans, la sua ragazza sarebbe stata lì ad aspettarlo; stavano insieme da
due anni, era tutto per lui.
Questa volta però era diverso: alcuni osservatori delle
Montrose Magpies, la squadra più titolata del campionato di massima serie,
erano venuti apposta per vedere lui. Quel giorno doveva superarsi, non poteva
fallire, proprio no; e, nonostante questo non fosse mai successo, il solo
pensiero lo faceva star male.
Lo svegliò il brusio dei suoi compagni di stanza che erano
svegli già da un po’.
Sirius Black, il suo migliore amico, intelligente e acuto,
quando passava per i corridoi c’erano sospiri e svenimenti di gruppo: Sirius
era alto e muscoloso, aveva lunghi capelli corvini che gli ricadevano sugli
occhi, zigomi pronunciati e lo sguardo penetrante come una lama, eccelleva in
trasfigurazione e incantesimi; insieme a James era l’attrazione principale
della scuola.
Remus Lupin, un ragazzo serioso dall’aria un po’ malaticcia.
Era noto per la sua bravura in Difesa contro le arti oscure. Era più calmo
rispetto a James e Sirius, spesso doveva frenare il loro “entusiasmo”. Aveva un
gravissimo problema: una volta al mese si trasformava; era stato morso da
piccolo, mentre era in vacanza in Transilvania con i genitori, da un lupo
mannaro e, da quel giorno, ad ogni luna piena diventava una bestia feroce.
Peter Minus, basso e grasso, ottuso. Era succube di James e
Sirius e viveva di gloria riflessa. Balbettava ed emetteva spesso risolini
nervosi.
-
Ehilà Jamiuccio, ben svegliato! Sonno tranquillo eh! - Osservò
ironicamente Sirius lanciandogli la coperta raccolta da terra.
-
J-James, t-tieni la G-Gazzetta d-del p-profeta, p-parlano d-di
t-te e d-di o-oggi - Disse Peter porgendogli con riverenza il giornale.
-
Presto, o arriverai in ritardo per la colazione -Concluse
Remus abbozzando un sorriso.
James passava tutto il giorno con loro: erano grandi amici;
la maggior parte del tempo libero la occupavano per architettare scherzi ai
danni del giovane custode, il magonò Gazza.
-
Ciao Lily.. - Disse con uno sbadiglio James, mentre scendeva a
saltelli le scale del dormitorio.
-
Ciao Jamie.. - Rispose Lily schioccandogli un bacio.
Lily era del 7° anno, bassina, con i capelli rosso scuro
fino alle spalle, era dolce ma molto decisa, come strega era discreta. Stava
con Potter da molto, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe messa con quel
Potter, presuntuoso, egocentrico e prepotente, che aveva conosciuto. James,
infatti, prima di interessarsi seriamente a lei, era uno spaccone dei peggiori:
utilizzava la magia per umiliare chi gli stava antipatico; Severus Piton, un
ragazzo suo coetaneo di Serpeverde, era finito a testa in giù miliardi di
volte. Quando aveva realizzato che il suo comportamento lo penalizzava di
fronte a Lily era cambiato e, ora, nonostante la tentazione di pietrificare
Piton quando lo incontrava fosse forte, aveva una condotta più matura.
James entrò nella Sala grande con la scopa in mano, gli
altri studenti erano intenti a far colazione, ma appena lo videro si levò un
boato di applausi e urla.
-
Vai Potter! Stendili! - Gli gridò il cercatore dei Corvonero,
Bruce Dickinson.
-
Di qua! Gìrati, campione! - Civettò un gruppo di ragazze
Tassorosso.
Lily le guardò male, stava per scagliar loro qualche
incantesimo particolarmente cattivo, ma fu rassicurata da James che, strettala
a sé, la condusse fino al tavolo dei Grifondoro.
Il momento della partita si avvicinava..
Finita la colazione, i piatti sparirono e l’intera scuola,
vociando, si diresse attraversò il cortile e i prati ancora umidi di rugiada
fino al campo di Quidditch.
Gli studenti presero posto nelle tribune.. Sirius, Peter,
Remus e Lily si puntarono la bacchetta alla gola e - Sonorus - Cominciarono a
cantare - James James like fast flames! -
James negli spogliatoi giocherellava con la bacchetta; più
volte rischiò di ferire Adrian Smith, il portiere, con delle scintille che
sprizzavano di colpo.
Gli borbottava lo stomaco: non aveva neppure toccato cibo.
Arrivò il momento di entrare; mentre percorreva il tunnel che immetteva nel
campo, cercò di concentrarsi sul suo obbiettivo: boccino, Montrose Magpies. Era inutile, vedeva se stesso cadere,
la sua scopa spezzata e gli osservatori contrariati che scuotevano la testa. La
luce dell’esterno lo accecò per un istante; il tifo era impressionante,
qualcuno doveva aver stregato gli striscioni, che cambiavano continuamente
colore e forma e scandivano il suo nome.
Si mise a cavalcioni della scopa, strinse forte con ambedue
le mani e disse - Su! -
La scopa si sollevò da terra di scatto. James guardò verso
la tribuna d’onore e vide due maghi che chiacchieravano con il Preside, in
divisa bianconera con lo stemma della gazza sul petto: gli osservatori.
Un colpo secco con i piedi e sentì la fresca aria autunnale
scorrergli sul viso.