Vischiosi
filamenti catturano
(colonna sonora: A
Dangerous Mind)
It’s in your eyes,
what’s
on your mind.
I fear your smile and the
promise inside.
«Questa sera siete molto carina, Lady Elizabeth».
Elizabeth arrossì e si sforzò di sorridere.
«Vi
ringrazio, conte, ma vi prego di scusarmi: stavo
cercando…»
Alois, tuttavia, le cinse la vita con un braccio e
intrecciò le dita alle sue. «Concedetemi perlomeno
un ballo, mia
cara: non vi ruberò molto tempo, lo prometto»
sorrise
velenosamente, prim’ancora che il nome di Ciel potesse
fiorire
sulle labbra della ragazzina.
Ad Elizabeth non piaceva il conte di Trancy. Quei
suoi occhi azzurri che la scrutavano con tanta intensità che
sembrava volessero spogliarla, quei sogghigni affilati e complici,
sin troppo intimi, che le donava ogni volta, spudoratamente, e quella
sua voce morbidamente affettata le si appiccicavano addosso e non si
staccavano più, come i fili vischiosi di una ragnatela.
Era così diverso da Ciel, quasi fossero due accordi
in stridente contrasto in un brano altrimenti del tutto armonioso: le
iridi del suo promesso, di un celeste tanto più scuro, a
malapena la
sfioravano, quasi avessero timore di farle del male, i suoi sorrisi
erano più rari, più distaccati, e tuttavia
avevano il gusto della
sincerità che quei ghigni non possedevano, e la sua voce era
fredda,
talvolta esasperata, eppure si limitava a scivolarle addosso come una
carezza, parimenti una soffice piuma.
«Mi piace il vostro costume, sapete?»
commentò
amabilmente Alois e la sua voce le pervenne ovattata attraverso
strati di pensieri e della musica che accompagnava i movimenti dei
danzatori. «Trovo che abbiate colto perfettamente lo spirito
del
party in maschera; inoltre,»
inaspettatamente baciò il dorso
della mano che stringeva nella propria «vi dona davvero
molto».
La ragazzina guardò la bocca del conte che
incontrava la sua pelle ed i contorni dei loro corpi che si fondevano
in quei due centimetri di labbra rosse, come mai le era accaduto con
Ciel, immobile, a metà tra l’imbarazzato e lo
sconvolto.
Il giovane rise, divertito – e per un istante
sembrò il bambino che avrebbe dovuto essere.
«Suvvia, Lady
Elizabeth, come possiamo ballare se voi rimanete così
rigida?» la
prese scherzosamente in giro nel costringerla con delicatezza a
riprendere a muovere i piedi a ritmo con i propri per farla
volteggiare con grazia tra le proprie braccia.
«Io… davvero… dovrei andare da
Ciel…»
farfugliò Elizabeth in un mormorio grondante pudore e
turbamento,
sebbene adesso fosse restia a far vagare gli occhi nella sala per
trovare quelli del suo fidanzato.
Ciel sarà arrabbiato con me?
Temeva di porsi quel quesito e ancor più di trovare
una risposta, sorda alla logica consapevolezza che Ciel non si
sarebbe sentito tradito per un contatto intimo che lei non aveva
richiesto – ma che nemmeno aveva scacciato, dopotutto.
Alois si avvide della sua inquietudine e si chinò
su di lei sin quasi a sfiorare la sua fronte con la propria per
poterle sussurrare: «Ciel vorrebbe vedervi in privato, Lady
Elizabeth: mi ha chiesto il favore di consentirgli di far uso
d’una
delle stanze per gli ospiti di questa magione e di scortarvi sino ad
essa, dove potrete attendere il suo arrivo. Volete seguirmi?»
Il volto della ragazzina si ravvivò d’una punta
di sollievo, anche se in cuor suo sapeva che il fatto che Alois
stesse facendo un piacere a Ciel non giustificava il suo invito a
ballare e che le avesse baciato una mano in quel modo così
profondo,
come se fosse la sua promessa sposa anziché quella del conte
di
Phantomhive.
Gli uomini ignorano ciò che non vorrebbero
vedere, ricordò che glielo aveva detto Sebastian,
una volta, con
quel suo strano modo di fare che alle volte lo discostava, quasi,
dagli esseri umani.
Elizabeth tuttavia era una bambina e i bambini,
dopotutto, sono capricciosi: pretese di poter fingere che nulla fosse
accaduto e si affrettò dietro il giovane travestito da
vampiro – e
che come tale si comportava, affondando voracemente i denti nel collo
della vittima designata dopo averla irretita con il proprio fascino
pericoloso e inevitabile.
Alois l’accompagnò nei corridoi immersi nella
penombra delle lampade ad olio, che diffondevano la loro luce soffusa
tutt’attorno e lasciavano però
nell’oscurità alcuni sprazzi di
pavimento, laddove – o perlomeno così le parve
– si perdevano
più spesso le code della sfarzosa giacca viola del conte,
quasi che
la sua essenza stessa fosse impregnata di tenebre.
Infine il giovane si fermò a pochi passi da una
porta, al fianco della quale si trovava un uomo vestito
d’umili
abiti di servitore, che si inchinò a loro e aprì
il battente.
«Prego, Your
Highness» mormorò
in tono deferente. I suoi occhi dorati dardeggiarono per
un
lungo momento sulla ragazzina attraverso le lenti degli occhiali.
«My
Lady» soggiunse educatamente.
«Grazie, Claude». Alois gli parlò quasi
senza
guardarlo in faccia, con fare superbo, come se valesse poco
più di
una macchia sulle sue scarpe perfettamente lucidate; precedette
Elizabeth all’interno della camera per gli ospiti e si
voltò una
seconda volta in direzione del maggiordomo – la ragazzina
ebbe
l’impressione che lo stesse fulminando. «Adesso
vattene».
L’uomo assentì e la porta si chiuse
silenziosamente dietro di lui.
Elizabeth osservò il suo ospite per un istante,
prima di chiedere: «Come mai lo trattate così?
È stato gentile con
voi, non trovate?»
Si pentì d’aver posto una domanda simile,
tuttavia era rimasta sgomenta dal malgarbo – un odio
distorto, come
se vi fosse e al tempo stesso non esistesse, in un certo senso
–
che Alois aveva dimostrato nei confronti del reverente servitore.
Avvertì lo sguardo del conte tingersi di stupore e
se ne vergognò, voltando il capo a fingere di studiare la
stanza
lussuosa – le pareti rosse e d’oro dolcemente
avvolte dalla
luminosità del fuoco che scoppiettava nel caminetto, la
cassettiera
e il grande letto a baldacchino dalle lenzuola scarlatte e le tende
intessute di sottili filamenti dorati.
«Gentile?» le fece eco il giovane, calmo e
distaccato. «Dovete credermi, quell’uomo non
è affatto meritevole
del mio rispetto: non è niente di più che una
mosca infilatasi a
tradimento nel mio albero genealogico, tutto qui»
scrollò le
spalle, poi sorrise, conciliante, e le indicò il letto.
«Prego,
accomodatevi pure: Ciel dovrebbe raggiungerci a breve».
La ragazzina obbedì e si sedette sul bordo del
materasso, mentre Alois le si avvicinava con lentezza, quasi
casualmente, con quel modo di fare che agli occhi di bimba di
Elizabeth non poteva apparire così sfacciatamente allusivo
come
invero era.
Poi lo vide inginocchiarsi innanzi a lei e prenderle
una gamba tra le dita e fece per ritrarsi, ma il conte la stringeva
saldamente; le sorrise di quel sogghigno vizioso che
l’intimoriva e
attraeva ad un tempo, le sfilò lo stivale marrone e le
sottili calze
del medesimo colore, parte del suo costume da indiana, e depose un
bacio sulla sua caviglia. Con metodica placidità, prese a
risalire
il suo polpaccio con le labbra e in seguito la coscia, sollevandole
l’orlo della gonna.
Non le piaceva il conte di Trancy. Era Ciel a
piacerle: lei amava Ciel e lo ricopriva con devozione di quel suo
affetto di bambina e di quel suo amore adolescenziale, sebbene quasi
mai il conte di Phantomhive la ricambiasse adeguatamente e, se
accadeva, era con la goffaggine caratteristica dei ragazzi appena
iniziati all’amore.
Alois, al contrario, le ispirava la lussuria degli
adulti e la faceva sentire donna con il suo quasi effimero sfiorare
che non avrebbe dovuto essere ed il suo sottintendere con una malizia
che Ciel non possedeva.
La ragazzina sapeva che avrebbe dovuto indignarsi,
che avrebbe dovuto tentare una seconda volta di scacciare il conte e
disprezzare i suoi gesti, ma, mentre il giovane la stendeva sul
letto, sotto di sé, e le scioglieva i capelli, di modo che
ricadessero scompostamente attorno al suo volto, la sua
volontà
offuscata da quella nuova, inebriante sensazione la condusse a
malapena a poggiare i palmi sul suo petto e a mormorare:
«No… io…
Ciel…»
Alois le sfiorò le guance arrossate con la punta
delle dita ed incurvò gli angoli della bocca in un ghigno
che scoprì
i suoi falsi canini da vampiro. «Permettetemi, Lady
Elizabeth,»
rise, derisorio, le sottrasse il poncho ed
allungò le mani
sulla sua schiena, sulla chiusura del suo abito «di saggiare
la
presenza del mio Ciel su di voi».
La baciò sulle labbra, la baciò e la sua lingua
invitò a danzare quella di lei, così inesperta,
la baciò e la
spogliò del vestito, e le teneva i polsi incatenati ai lati
della
testa, la teneva immobile sotto la sua figura, tra le sue gambe ed il
suo bacino, che premeva insistentemente contro quello di lei
attraverso la stoffa dei pantaloni, porpora al pari delle gote di
Elizabeth.
Ella adesso si divincolava ad occhi sgranati ed il
conte fu costretto a stringerle entrambi i polsi con un’unica
mano
per potersi sbottonare i calzoni, poiché altrimenti la
ragazzina
avrebbe tentato di fuggire da quel piacere, troppo maturo per una
bambina, da quella lussuria e da quella sensazione che fosse tutto
sbagliato, troppo acerbo, troppo, malgrado una
parte di lei
desiderasse al contrario continuare – quella che, preda della
superbia propria della pubertà, si credeva già
grande a
sufficienza.
Ciel, si sforzava di ripetersi mentalmente,
perché quell’infima parte di sé non
prevalesse. Io sono
innamorata di Ciel Phantomhive.
E le salivano agli occhi lacrime patetiche, perché
non era abbastanza forte per allontanare il giovane e preservare
incontaminato il suo amore nei confronti di Ciel.
D’improvviso Alois le lasciò andare i polsi e le
accarezzò il viso con una tenerezza che Elizabeth non gli
riconobbe.
«Non piangete, Lady Elizabeth,»
l’implorò, quasi, e ora si
muoveva con più lentezza, con più delicatezza su
di lei «non vi
farò del male, non sono così meschino da
infliggervi l’orrida
tortura che è stata imposta a me: più
d’ogni altro so quanto sia
vergognoso. Fingete che io sia Ciel, ve ne prego, e ne trarrete
piacere e persino gioia, forse».
La ragazzina lo guardò attraverso il velo di pianto
e vide un bambino ferito, un bambino segnato dalla sofferenza e dalla
solitudine, che a sua volta la scrutava e con lo sguardo supplicava
il suo perdono.
«Ma tu non sei davvero Ciel» obiettò ed
incrociò
le braccia sui piccoli seni nudi, abbassando lo sguardo «ed
io… io
amo lui. Non voglio tradirlo. Per favore».
Il bambino però era stato ricacciato nell’angolo
più intimo del cuore del conte ed un nuovo sorriso
sostituì
l’espressione tormentata.
«Oh, suvvia, my Lady, non vorrete mentire a voi
stessa?» la sbeffeggiò il giovane:
insinuò un indice sotto l’orlo
della sua biancheria e la tirò giù lentamente
lungo le gambe di
Elizabeth, che suo malgrado si contorse sotto la lieve carezza di
quel dito rovente.
«Lizzy ti sta pregando» osservò una voce
gelida
alle spalle di Alois, mentre un braccio gli cingeva il collo e
stringeva. «Dovresti vergognarti, Alois Trancy».
Il conte di Trancy gettò indietro la testa,
incontrò lo sguardo di colui che lo stava soffocando e
scoppiò a
ridere di gusto. «Oh, ciao, Ciel!» lo
salutò con indisponente
dolcezza. «È un peccato che tu mi abbia
interrotto, ero quasi
riuscito a fare mia la tua fidanzatina: e, sai, se lei mi fosse
appartenuta, anche tu a breve saresti divenuto mio».
«Tu sei malato» scandì il conte di
Phantomhive
con la voce bassa ed arrochita da una collera che la ragazzina non
gli aveva mai visto esprimere. «Ti uccido. Ti uccido,
Trancy».
«Non ci credo» ribatté il giovane,
inaspettatamente serio. «Tu non uccidi mai, Ciel, non ne sei
capace:
preferisci lasciare questo sporco compito al tuo maggiordomo. E, la
prima volta che lui non è con te, tu sei totalmente
indifeso. E ti
ammazzo io» concluse in tono quasi solenne.
«Ciel, no» squittì Elizabeth.
«Non oggi, temo, Lord Alois» commentò
Sebastian
in tono placido, in piedi sulla porta, alle spalle di Claude, che
teneva per il collo con una mano e con la gemella gli puntava un
coltello al petto, proprio sotto la rosa viola, simbolo del patto che
di recente avevano stretto. «Come potete vedere, è
palese che il
signor Faustus abbia altre incombenze, al momento». Sorrise,
affabile, agli occhi di Alois che si sgranavano per lo stupore, la
paura e l’ira.
«Claude!» gridò, afferrando il braccio
di Ciel
che lo stava strangolando. «Cla… u… de,
è un ordine! Portami
via di qui, ora!»
«Lo devo tenere fermo ancora a lungo, my Lord?»
volle sapere Sebastian.
Il conte di Phantomhive non rispose e liberò la
gola del conte di Trancy nel momento esatto in cui Claude prendeva il
suo padrone tra le braccia e fuggiva oltre la porta aperta.
«Adesso va’, fai in modo che non ci intralcino
mentre porto via Lizzy di qui» ordinò
distrattamente Ciel, senza
guardare il servitore: studiava Elizabeth. Le si sedette accanto e
non disse più nulla, ed il maggiordomo li lasciò
soli.
La ragazzina si raddrizzò a sedere e tirò il
lenzuolo sul proprio corpo, vergognandosi come mai prima delle
proprie nudità – nudità che aveva quasi
permesso ad Alois Trancy
di rovinare.
«Ciel… perdonami» sussurrò,
pur consapevole che
non esisteva perdono per ciò che era quasi avvenuto quella
notte.
Che non poteva esistere.
Il ragazzino si sporse verso di lei e l’abbracciò.
La coperta scivolò giù dalle spalle di Elizabeth
a
causa dell’impeto di Ciel e, sebbene i seni nudi adesso
fossero
schiacciati contro il petto del conte, egli si limitò ad
abbracciarla, a stringerla, ad infilare le dita tra i suoi capelli
sciolti in quel contatto puro di bambino che la ragazzina non avrebbe
mai trovato da nessun’altra parte.
Semplicemente pelle su pelle, calore contro calore,
senza desideri immondi, senza errore alcuno – perché
che cosa
c’è di più alto e perfetto di questo?
Elizabeth, dopotutto, desiderava l’amore, non il
sesso; Ciel, non Alois, anche se i sentimenti del conte di
Phantomhive erano come castelli di carta: effimeri ed intoccabili,
tanto erano delicati, prima o dopo sarebbero ugualmente crollati,
sebbene lei ancora non potesse saperlo. E seguitava a crogiolarsi
nell’amore che nutriva e che, al contrario, si sarebbe
perpetuato
per tanto tempo ancora, e si illudeva che potesse essere sufficiente
per entrambi.
«Ucciderò Alois Trancy» le promise
all’orecchio
il ragazzino e lei ebbe la sensazione che l’occhio nascosto
stesse
fremendo dietro la benda – ne ebbe timore, gli cinse il collo
con
le braccia.
«Ti amo, Ciel. Per sempre».
Come se quella dichiarazione potesse salvare il suo
promesso dall’abisso di dannazione e sangue nel quale lo
sentiva
sprofondare ogni giorno di più, malgrado l’immenso
amore e
l’innocenza che al contrario riverberavano in quel loro
abbraccio.
Ciel, non scivolare via da me.
It’s
in your eyes, what’s
on your mind.
There
is no mercy, just anger
I find.
Dunque,
innanzitutto…
Alois
non è fuggito con Claude in mutande. XD Aveva i pantaloni
semplicemente sbottonati, quindi diciamo che li ha riabbottonati
mentre il maggiordomo lo portava via.
Inoltre,
da come Elizabeth e Alois si parlano nel sesto episodio si
può
estrapolare che si conoscano, perlomeno di vista, quindi mi sembra
realistico che Elizabeth possa in qualche modo sentirsi attratta da
Alois (non lo sarebbe stato se dal sesto episodio si fosse compreso
che non si erano mai visti prima – Alois la chiama persino
per
nome…).
È
stato davvero complicato scrivere questa fanfiction (piccolo missing
moment dell’episodio sesto della seconda serie, ovvero:
quello che
la mia fantasia ha immaginato Alois abbia cercato di fare ad
Elizabeth dopo averla invitata a ballare – ricordo che
l’episodio
termina mentre loro stanno ancora danzando).
Quanto alla posizione ottenuta nel concorso, be', uaoh.
Sono rimasta stupefatta e felice del risultato ottenuto, considerato
che questo è un esperimento, il primissimo su una threesome
e sulla coppia Alois/Elizabeth.
Mi ritiro; ringrazio ancora una volta la giudice, mi complimento con
gli altri partecipanti, e ringrazio tanto anche chi arriverà
fin qui e deciderà che lasciare un commento è una
cosa carina (per coloro che faranno così, i biscotti sono
nell'angolo recensioni (?) <3).
... cioè, ma l'avete visto il banner del premio per lo
stile? °ç°
... e vorrei una Druitt/Ciel. La sto scrivendo, ma vorrei anche
leggerne una. ,__ , *messaggi subliminali XD*
;bows
credits: Kuroshitsuji ©
Yana Toboso
Citazioni da A
Dangerous Mind © Within Temptation
Fanfiction © Klaus (la sottoscritta)
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