Formiche e ciliegie 4
Settembre 1795, Arras
Una piccola tavola di legno, sulla quale vi erano poggiati ogni genere
di alimenti, pareva essere la protagonista di quel pomeriggio di
metà Settembre, che non sembrava intenzionato ad abbandonare
l'estate appena trascorsa, al contrario, il cielo terso e l'aria calda
tenevano alla larga l'autunno ormai alle porte.
Un paio di mani, dalle dita lunghe e sottili, erano intente ad
aggiungere e mescolare, impastare e tirar pasta sulla piccola tavola
invasa dal cibo e suppellettili vari, mentre un altro paio di mani,
piccole e cicciottelle, arrancavano verso il bordo, allungandosi nel
tentativo di agguantare una grossa scodella bianca che sparì
di
lì a poco.
La porta di casa era aperta, una consuetudine che ci si poteva
concedere in campagna, un piacere cui non si poteva
rinunciare
quando il bel tempo lo permetteva, specie ora che il Terrore era
ufficialmente finito e ci si poteva permettere uno sguardo di speranza
al futuro; e fu proprio dall'uscio aperto che emerse una piccola
figura; una bambina dell'età approssimativa di cinque anni
correva a piedi scalzi fuori dalla casa senza produrre il
benché minimo rumore, le mani strette contro il petto e la
boccuccia rossa dischiusa, il chiaro segno dell'enorme sforzo che stava
affrontando per sfuggire da chissà chi... o cosa...
- Ceriselle! (1)
Una voce di uomo, dal tono forte e imperioso, immobilizzò la
fuga della bambina che si arrestò e con un accenno di
esitazione
si voltò, facendo ondeggiare nel medesimo istante la stoffa
leggera della vestina azzurra e gli innumerevoli boccoli scuri che le
incorniciavano il volto, bianco come il latte, e sul quale nacque un
enorme sorriso, un eloquente sorriso furbetto.
La bimba mise le mani dietro la schiena, in una posa deliberatamente
disinvolta che richiamava un atteggiamento militaresco, e
attese
in silenzio che l'uomo dinnanzi a lei parlasse ancora.
- Dove stai correndo? Non è
che per caso hai combinato qualche marachella?
- No, no.- rispose la bambina scuotendo
il capo.
- Mamma sa che sei uscita?- le chiese
André
guardandola dall'alto e notando qualcosa di strano in lei, un
rigonfiamento sospetto sul petto, là dove non vi sarebbe
dovuto
essere alcun accenno di seno, non ancora almeno...
- Si, sono in missione!
- Che missione? - domandò
l'uomo soffocando il riso e cercando di rimaner serio.
- Ho il compito di andare a prendere due
uova nel
pollaio! Posso andarci sai? Sono grande adesso e le galline non mi
fanno più paura!
- Mi accompagna zio Alain...- aggiunse,
menzognera, la bambina con fare autoritario, per dissipare i
dubbi chiaramente ancora leggibili sul volto del genitore.
- Va bene, guardiamo dove si è
cacciato
quel... aspetta qui un attimo, vado a chiamare lo zio così
poi
andrete al pollaio insieme. - disse André guardandosi
attorno
alla ricerca di Alain, azione che gli costò cara,
perché
proprio in quel momento, approfittando della distrazione del padre, la
bambina scappò via, il più velocemente possibile,
lasciando dietro di sé una scia di ciliegie scivolate lungo
il
vestitino e cadute a terra.
Alain giunse proprio in quel mentre nel cortile con la solita flemma,
le mani intrecciate dietro il capo e un pezzetto di legno tra i denti.
- Quella bambina mi ricorda qualcuno...
ogni giorno
di più...- disse Alain senza nemmeno tentare di trattenere
le
risa, al contrario, le risate si fecero così violente da
fargli
quasi andare di traverso il pezzetto di legno.
- Ceriselle! - urlò
André con tutto il
fiato che aveva in corpo e con un tono che avrebbe fatto gelare il
sangue a chiunque.
- Amico non ti arrabbiare è
una bambina, vado
a vedere dove si è cacciata, stai tranquillo adesso ci pensa
lo
zio Alain.
Affermazione che non calmò affatto André, al
contrario,
l'idea che l'amico potesse fare “comunella” con la
figlia
lo preoccupò ancor di più.
- Alain, mi raccomando, niente parolacce,
niente storielle sconce, niente...
- André, dici che è
ancora troppo piccola per raccontarle la storia della scrivania?
- Alain!
- Sto scherzando André, sto
scherzando...
magari tra qualche anno...- e si allontanò ignorando la
sequela
di insulti provenienti dall'amico.
André entrò in casa e trovò la moglie
intenta a
preparare quella che sembrava essere una torta. Sì, doveva
essere una torta, in fin dei conti era il compleanno di Ceriselle e
sicuramente Oscar voleva preparare qualcosa con le proprie mani.
Le si avvicinò con fare furtivo, lentamente, e senza farsi
sorprendere le arrivò alle spalle cingendole la vita con le
braccia e facendola sobbalzare.
- Oh... ma...?
- Hai visto quella ladruncola di tua
figlia? - le sussurrò André all'orecchio.
- No, non era con te? - rispose Oscar con
un pizzico
di sorpresa. - ...ladruncola? - aggiunse la donna, senza mai voltarsi
verso l'uomo.
- Oscar... Oscar... non sei capace di
tenere d'occhio
la ciurma. - le sussurrò André, con
tono di
rimprovero, mostrandole la ciotola delle ciliegie completamente vuota.
- Mi sembra di ricordare chiaramente di
non averla
concepita da sola, puoi seguirla anche tu! - rispose lei con fare
rabbioso continuando a pasticciare con l'impasto che, chissà
perché, non ricordava neppure lontanamente le soffici
composte
della cara Nanny.
L'uomo scostò di lato i lunghi capelli della donna,
avvicinò le labbra alla pelle del collo e lo
baciò,
alternando baci lenti ed estenuanti a baci più appassionati,
ma
Oscar sembrava essere impassibile a tale assalto, rimaneva immobile,
fredda, presa ancora dalla preparazione della torta.
- Hai bisogno d'aiuto? - le chiese
André in un
sussurro quando lei rovesciò parecchia farina sul piano
…
No …Troppa farina sul piano di lavoro!
- No. - fredda e lapidaria, lei.
- Sei sicura? - le domandò di
nuovo l'uomo,
accostandosi ancora di più contro il corpo della donna e
tirandole fuori dai pantaloni un lembo di stoffa della camicia , quel
tanto da permettergli di insinuare una mano al di sotto e carezzarle il
ventre, il seno...
Ad Oscar si piegarono le gambe, come fossero state di burro, e non
poté evitarsi di gettare il capo all'indietro e cercare, con
la
mano ancora sporca di farina, il capo di André e spingerselo
contro, invitandolo a perpetuare i baci che le tormentavano il collo.
- André...”
- Mmmmh...
- André... c'è la
porta aperta...
- Uhmm... sono andati al pollaio...
- Andati? Intendi che hai mandato Alain a
tener d’occhio “mia “ figlia?
- Ma … non era
“nostra” figlia fino a un attimo fa?
Oscar si girò e tentò di liberarsi per andare
dalla
piccola, ma Andrè iniziò a rassicurarla,
sorridendo
serenamente.
- Eddai, non succederà niente
… Lo sai che Ceriselle
è adulta abbastanza da poter badare ad Alain… -
sussurrò ironico.
Oscar si divincolò, seccata, ed uscì per andare
in cerca della bimba.
Nel frattempo la piccola generalessa stava prendendo per il naso lo zio
Alain, comandandolo a bacchetta.
- Tu vai a prendere due uova nel pollaio
zio Alain...
- Io cosa...? - chiese Alain alla piccola
impertinente, chiaramente intenzionata a mangiar ciliegie tutta da sola.
- Vai a prendere due uova, sei sordo zio
Alain? -
disse la bambina poggiando i palmi delle manine sulle terga dell'uomo,
nel tentativo di spingerlo via, impresa che risultò
piuttosto
ardua nonostante lo sforzo impiegato; ma la monella non
mollò la
presa, al contrario, puntò i piedi a terra e fece leva per
smuovere l'omone.
- Perché devo andarci io nel
pollaio? -
domandò l'uomo ormai prossimo al riso notando il viso
paonazzo
della bambina.
- Perché lo dico io!
- Ah, giusto! E tu chi saresti?
- Sono Ceriselle Victoire Grandier e... -
esordì con timbro autoritario, ma si interruppe per
concentrare
tutte le sue forze nello spingere nuovamente l'uomo, il quale,
ovviamente, non si mosse di un solo millimetro; al contrario i suoi
piedini scivolavano all'indietro.
- ...e tu devi fare quello che dico io!
– riprese, dopo aver preso fiato.
- Ah ah ah ah... degna figlia di tua
madre!”
Alain posò una mano contro la fronte della bambina per
allontanarla e arrestarne la corsa.
- Sei cattivo. - mugugnò
arresa Ceriselle dopo
vari tentativi e un evidente segno rosso sulla fronte (le cinque dita
di Alain).
- Perché non vuoi andare nel
pollaio? Hai ancora paura delle galline?
Alain si abbassò portandosi alla stesse altezza della
bambina che gli puntò addosso i suoi occhioni azzurri.
- No! - disse decisa.
- Bene, allora vai tu a prendere le uova,
io ti aspetto qui.
Ceriselle lo guardò esitante, mordicchiandosi il labbro
inferiore. Evidentemente, la paura dei volatili e del loro tremendo
becco era ancora ben presente nella sua testolina e lei aveva cercato
di bleffare ma con la persona sbagliata.
- Su!… – disse il
gigante dal cuore
d’oro, alzandosi e porgendole la mano – Andiamoci
insieme
nel pollaio. Io prenderò le uova, ma tu dovrai
proteggermi… Come
si dice
nell’esercito?
- Guardarsi le spalle, si dice zio Alain!
–
rispose prontamente riprendendo il tono da gran ufficiale,
stringendogli le grandi dita con la piccola mano.
***
Andrè seguì l’apprensiva moglie
leggermente di
malavoglia, visto l’appetito che le mani in pasta di lei gli
avevano suscitato, quel genere di appetito per lei che con gli anni
cresceva invece di scemare come accadeva a tante coppie. Ma poteva
consolarsi aspettando la notte e fantasticando su quel corpo diventato
ancor più bello dopo la gravidanza. Più morbido,
accogliente e terribilmente eccitante.
Oscar cercava all’orizzonte tracce della piccola peste, con
la
mano posta sopra gli occhi a mo’ di visiera per ripararsi dal
sole, ma riuscì solo a vedere quel carro arrivare tranquillo
lungo il viale.
Sapeva chi erano quegli ospiti, erano attesi, anche se erano in ritardo
sulle previsioni, ma la donna che si sbracciava vistosamente, non
lasciava dubbi se mai ce ne fossero stati.
Il sorriso illuminò il viso di Oscar perché tra
poco
avrebbe finalmente rivisto colei che ormai considerava una sorella.
Colei che l’aveva accolta dopo la loro fuga da palazzo
Jarjaies,
da quel generale furioso per il doppio tradimento della figlia:
perché aveva sposato Andrè in segreto,
perché
aveva sposato la rivoluzione pubblicamente.
Con lei c’era il marito, che tanto male aveva recato ad
Andrè, ma che aveva saputo farsi perdonare e che si era
ampiamente sdebitato, proteggendoli e permettendo ad Oscar di
conservare quella proprietà ad Arras, che altrimenti sarebbe
finita tra i beni dell’Assemblea.
Il carro fermò a pochi passi da loro.
Come immaginato, Rosalie piangeva.
- Madamigella Oscar ….
– mormorò.
- Cittadina Grandier! – la
corresse la donna, allargando le braccia in segno di benvenuto.
Bernard balzò a terra e girò dietro il carro per
andare ad aiutare la moglie a scendere.
- Ben arrivati! –
esclamò Andrè – eravamo quasi in
pensiero per il vostro ritardo!
- Colpa del carro – si
giustificò
Bernard – con una carrozza saremmo andati più
veloci
…
- … e saremmo stati
più comodi! –
si lamentò la moglie stiracchiando la schiena, ponendo in
evidenza una pancetta che non lasciava dubbi.
Bernard l’aiutò a scendere mentre due bambini
identici cominciavano a far chiasso dal retro.
Andrè andò a farli scendere e quelli cominciarono
a rincorrersi.
- Così il n. 3 si fa sentire,
eh?
– disse Andrè strizzando
l’occhio ad una
sbuffante Rosalie.
- Dovresti portarne in giro uno prima di
fare lo
spiritoso. Anzi, l’Assemblea dovrebbe metterlo per legge:
tutti i
cittadini maschi sono obbligati a restare incinti
almeno una volta nella vita! - esclamò,
sorreggendosi la
schiena con la mano ed agitando minacciosamente un dito verso i due
uomini.
- Ehi! Siete arrivati! –
gridò il vocione di Alain.
- Eccolo, lui dovrebbero essere il
primo!… - mormorò ghignando Rosalie.
Oscar le si fece appressò, l’abbracciò
caldamente e la guidò verso una delle poltrone nel portico.
Gli uomini si scambiarono energiche pacche sulle spalle, gesto che
indicava il massimo dell’espansività virile.
Bernard scoppiò a ridere ad una battuta di Alain;
Andrè
scosse il capo con una smorfia, espressione che indicava che la battuta
era a sue spese.
Nel mezzo del caos, la bimbetta se ne stava là, col suo
abitino azzurro chiazzato di rosso ciliegia.
Ceriselle, vieni a conoscere zia Rosalie – la
chiamò Oscar.
La bimba, fingendo indifferenza nei confronti dei due maschietti
urlanti che parevano avere suppergiù la sua età,
si
diresse nel portico ad incontrare la signora che mamma aveva definito
“zia”.
Oscar la guardò malamente, vedendo come si era conciata
l’abitino, ma non disse una parola.
Ceriselle resse lo sguardo della madre, e tirando su bene le spalle,
sorrise alla grossa signora bionda piangente.
- Oh…. Ma è un
amore questa bimba!!!
- Solo quando vuole … -
rimarcò Oscar
con tono duro - Come mai non siete venuti in carrozza? Nelle tue
condizioni, poi…
- Abbiamo una “cosa”
da consegnarvi… - ridacchiò Rosalie.
Oscar ne fu sorpresa. Ormai mancavano da un bel po’ da
Parigi.
Dall’inizio del 1790. Chi poteva mandarle qualcosa
dalla
capitale?
Dopo la presa della Bastiglia, le cose si erano complicate.
Rosalie e Bernard li avevano ospitati volentieri e loro avevano preso
posto accanto a Lafayette nella Guardia Nazionale.
Ma i dubbi su Oscar e la sua fedeltà alla causa
rivoluzionaria
erano lì, serpeggiavano fra le fila dei rivoluzionari,
strisciavano nell’ombra, bisbigliati alle sue spalle; specie
perché suo padre, il generale Jarjaies, si era rivelato un
fedele realista, che col tempo aveva dovuto darsi alla macchia. Tutta
la famiglia era espatriata, portandosi dietro Nanny. Le notizie si
erano fatte sempre più rade, fino ad azzerarsi durante quel
lungo incubo che era stato chiamato “il terrore”,
che
fortunatamente sembrava finito.
Inoltre, complice il freddo inverno del 1789, le effusioni represse
troppo a lungo avevano finito col mettere in cantiere ciò
che
non era in programma. Andrè non aveva voluto sentir storie.
Parigi era troppo pericolosa ora che Oscar non era più solo
un
soldato, ma la madre del loro bambino.
Così avevano raggiunto un accordo: niente situazioni
pericolose. Ed era saltata fuori Arras.
Con tutto quello che era seguito, gli orrori e le violenze di una
rivoluzione indecisa sul cammino da percorrere, nessuno dei due aveva
rimpianti per non aver partecipato in prima linea
all’evolversi
del conflitto.
Avevano ciò che mai avrebbero sperato: una famiglia, una
vita relativamente serena in campagna.
Rosalie le allungò una busta.
Oscar impallidì riconoscendo nella lettera la calligrafia
del genitore.
Il tono era stranamente cordiale e … paterno, sì.
La informava su quanto accaduto negli ultimi anni.
Madre, sorelle e relative famiglie, fortunatamente stavano bene, in
salvo all’estero.
Nanny, purtroppo, se ne era andata l’inverno prima, ma
serenamente, felice di sapere che i suoi bambini erano sicuri e
finalmente felici ad Arras.
E anche lui, sì, incredibile, anche lui era felice di
saperli
insieme. Aveva sempre pensato ad Andrè come
all’uomo
perfetto per lei, se solo … Beh, la Rivoluzione aveva
annullato
quel “se”.
La sola cosa positiva di quella catastrofe e di tutto quel sangue, per
il generale, era saperli insieme.
“Incredibile …”, pensava
Oscar… Ma, quindi, cosa poteva esserci sul carro?
Alzò lo sguardo proprio nel momento in cui Andrè
levava
il telo che copriva l’oggetto e uno sguardo di sorpresa corse
tra
di loro, mentre le guance di Oscar si arrossavano.
“Sono padre di sei figlie, Oscar… Non sono tanto
ottuso
quanto credi”, terminava la lettera del generale.
“Spero
che potrete utilizzarla al meglio. Porgo ad entrambi i miei migliori
auguri, un bacio a mia nipote, con la speranza di poterci rivedere
tutti in tempi migliori”
***
Era una sera splendida.
L’aria era ancora tiepida, così la tavolata era
stata preparata nel cortile, illuminato da torce.
Rosalie continuava ad offrirsi per servire in tavola e Oscar continuava
a farla sedere a forza.
La Francia era ancora in miseria, ma la fame non era un
problema
che toccava la loro tenuta. Riuscivano a produrre quanto bastava alla
loro famiglia e ai lavoranti; alla fine, questo era
l’importante.
Alain li aveva raggiunti da un paio d’anni, dopo che,
schifato
dal clima creatosi a Parigi, dalle pugnalate alle spalle tra fratelli,
dalla delazione come quotidianità, aveva mollato
il suo
posto da ufficiale della Guardia Nazionale ed aveva accettato la
proposta di Andrè di aiutarlo nella conduzione della
fattoria.
Inutile precisare che, dopo l’arrivo di Alain, il consumo di
vino era sensibilmente aumentato.
Ma anche l’allegria.
Ceriselle poi adorava il gigante e, purtroppo, aveva cominciato ad
assorbirne qualche lato negativo.
Ma nell’insieme, nessuno poteva lamentarsi.
- Come è possibile che tutti
sappiate della
faccenda della scrivania! – esplose Oscar dopo
l’ennesima
battuta piccante sul dono del generale.
- Io l’ho detto solo ad Alain,
perché me lo ha estorto … - ammise
Andrè ridendo.
- E lui ha fatto le pubblicazioni!
– esclamò Rosalie, dando voce al pensiero comune.
- Ehi, di sicuro non l’ho
spifferato io il
“grande segreto” al signor generale! – si
difese
Alain.
- No, mi ha confidato di essersene
accorto da solo
vedendo Oscar chiedere ad Andrè di riporre la polvere di
piretro
che “lui sapeva dove”… Ha solo fatto
due più due …
O, meglio … uno più uno … - rise
Rosalie.
- Però …
è stato un bel pensiero, no… - azzardò
Bernard.
- Sì, davvero …
divertente… -
ringhiò Oscar. – Ma, come … - chiese a
Rosalie,
diventando seria.
La donna volse il capo, perdendo lo sguardo nel buio della notte che
ormai era calata.
- Sapete che mi sono occupata di Sua
Maestà La Regina alla Conciergerie, vero?
Oscar annuì. Sì, glielo aveva scritto.
- Vostro padre era l’unico che
riusciva a farle
faceva visita. Ovviamente, con generalità false e mettendo a
serio rischio la sua vita. Naturalmente, mi ha
riconosciuta e l’ho aiutato
per quel che potevo. Non ho mai digerito come trattarono Maria
Antonietta. Bernard sa come la penso e non ne discutiamo
neppure. Un
giorno vostro padre mi chiese di voi ed Andrè. Io gli
raccontai
tutto, perché nel suo sguardo, nella sua voce, nei suoi
gesti,
non v’era altro che
amore per
voi. Ha sempre cercato di tenersi in contatto con me. Bernard lo ha
saputo solo quando ci siamo visti recapitare quella scrivania,
altrimenti mi
avrebbe impedito di mettere a rischio la mia vita a quel modo.
–
lanciò uno sguardo affettuoso al marito – Voleva
solo la
mia sicurezza …- precisò.
Allungò una mano verso la sua borsa e ne tirò
fuori una rosa di tela.
- Oscar … non ve ne ho mai
accenato nelle
nostre lettere ma,… Maria Antonietta mi chiese di portarvi
questa rosa fatta da lei e di augurarvi ogni bene.
Oscar la prese e non potè trattenere una lacrima. Era
d’accordo con Rosalie, ma il tribunale rivoluzionario aveva
deciso diversamente; e lei ormai non contava nulla a Parigi.
Il botto di una bottiglia stappata le riportò alla
realtà: basta, quella non doveva essere serata di malinconie
e
dolori!
Una forchettata dopo l’altra e parecchi brindisi dopo, Alain
aveva sfidato Bernard a braccio di ferro ed Andrè scuoteva
il
capo, constatando quanto fosse facile menare per il naso l’ex
cavaliere nero, quando un paio di bicchieri ne allentavano la
vigilanza.
Averlo saputo anni prima, avrebbe potuto offrirgli da bere, invece di
battersi e farsi cavare un occhio.
Oscar portò in tavola la torta alle ciliegie, terminata nel
pomeriggio grazie all’intervento di Rosalie.
Seguirono auguri alla piccola festeggiata ed un generale battimani.
I bambini si avventarono sulla torta, divorandola fino
all’ultima
briciola, quindi, con la pancia ben piena e gli occhi assai pesanti,
vennero accompagnati alle loro stanze dalle madri esauste, che ne
approfittarono per ritirarsi, lasciando gli uomini a finire gli ultimi
fondi di bottiglia ed a raccontarsele pesanti.
***
Andrè entrò traballando impercettibilmente nella
camera da letto e, appena a tiro, si sedette sul bordo del letto.
- Hai bevuto troppo –
mormorò la moglie
con voce un po’ impastata, ma evidentemente ancora sveglia,
mentre lui si spogliava di stivali e pantaloni.
- Non così tanto, stai
tranquilla… -
ridacchiò lui, sdraiandosi e facendolesi appresso,
chiaramente
intenzionato a riprendere il “discorso” interrotto
in
cucina quel pomeriggio.
- Ci avete dato dentro col rosso, eh?
– lo
canzonò lei sopportando pazientemente baci e palpeggi
elargiti
in ordine sparso e un po’ confuso.
- Mhmmm… Bernard non lo regge
proprio…
- Tu invece sì? – lo
canzonò.
- Vieni qua che te lo
dimostro… - disse tirando sul loro capo le lenzuola,
stringendola a sé.
- Andréee… -
sospirò lei, sulla via del cedimento.
- … mhmmm…Profumi
ancora di torta …Sai di buono…
- Sei determinato oggi, Grandier
– constatò lei, iniziando a ricambiare le carezze
ed i baci.
- … mhmm… Il
pensiero di quella
scrivania, poi … - sospirò ammiccando -
Non mi
sarei aspettato tanto umorismo da parte del generale - ammise
sbirciandole con soddisfazione nello scollo della camicia, prima di
ritornare a succhiarle il collo.
In quel mentre, senza che i due se ne accorgessero poiché in
faccende affaccendati, la porta si dischiuse piano e un esserino scalzo
guadagnò il centro della stanza; come una talpina
scavò
il suo tunnel partendo dai piedi verso la cima del letto dei genitori
e, con una spinta decisa e forte, per la ranocchietta che era, si
infilò tra loro separandoli.
- Basta! Basta baciare la mamma,
Andrè!!!
- Oh.. cosa sono queste confidenze?
– chiese lui tra il seccato e lo sbalordito.
- Sei noioso! Non lasci mai stare la
mamma! La mamma
è mia! Ho il mal di pancia e lei me lo fa passare, tu invece
no!
– esclamò secca, aggrappandosi al collo di Oscar.
- Come sarebbe?!
- Caspita! – esclamò
la bionda –
Pare che tu abbia perso il tuo primato come guaritore, mio caro! Ma, in
fondo, io ti ho sempre battuto, su tutto!
Andrè si abbandonò sulla schiena, sbuffando.
- Solo perché
baravo… - mormorò.
Oscar cominciò a massaggiare la pancia della bimba,
comodamente allargata fra di loro.
- Hai capito perché ti diciamo
sempre di non
mangiare troppe ciliegie? Poi ti fa male la pancia e non
riesci a
dormire…
- … e
papà…
- Andrè! – lo
zittì in tempo.
Nella stanza calò il silenzio.
- Si è già
addormentata? – chiese in un sussurro lui, dopo pochi minuti.
- Sembra di sì…
- Questa bimba è troppo lunga
… -
constatò lui in un bisbiglio, cercando di raddrizzare
Ceriselle
che aveva preso una bizzarra posizione diagonale, puntando i piedini
nelle sue costole, ed allontanandoli ancor di più.
- Sì, è decisamente
figlia nostra. – convenne Oscar, sorridendo.
In quel momento si udì un tremendo colpo provenire dal
cortile.
Velocemente, Andrè corse alla finestra.
- Ma, cavolo … -
ringhiò vedendo la
causa del rumore rialzarsi dal ghiaietto e raddrizzare la carriola
capovolta.
Aprì la finestra.
- Alain! – esclamò
con tono il
più possibile contenuto. – Hai deciso di svegliare
tutti!
Stai attendo a dove cammini!
L’amico, gli fece un cenno scoordinato con la mano e si
portò davanti ad un albero per orinare.
- Alain! – ringhiò
ancora Andrè – Ti costa così tanto
andare alla latrina?
- Sai qual è il bello della
campagna? Che
è una latrina gigante! (2) – biascicò
il gigante.
Andrè si arrese e richiuse la finestra.
Si volto di nuovo verso il letto.
Oscar pareva quasi assopita ed era indicibilmente bella,
così scomposta.
La debole luce della candela ancora accesa la illuminava quel tanto che
bastava da creare ombre intriganti fra le pieghe della sua camicia.
Si avvicinò e le si sdraiò alle spalle, seguendo
la sua posizione.
- Cos’ è?
- Cos’ è cosa?
- Quello che stai facendo?
- Non ti sembra chiaro?
- Non scherzare! – e
indicò la bimba,
ricordandogli la sua presenza - Piuttosto…Vai
giù, che
sicuramente Alain dimenticherà di chiudere col catenaccio la
porta.
Poi riporterai la piccola
nella sua cameretta.
Andrè sospirò rassegnato. Non era giornata,
decisamente..
Non solo Oscar aveva ripreso a comandarlo peggio di quando era il suo
attendente
Doveva pure rassegnarsi a finire in bianco!
Lo aveva fatto per venti anni, una notte in più…,
pensò reinfilandosi i pantaloni.
Andrè scese da basso e trovò, ancor prima di
Alain, il rumore che lo precedeva.
- Dov’eri finito?
- In paese, avevo un appuntamento
– rispose
quello prontamente, grattandosi la nuca e strizzando l’occhio.
Andrè si avvicinò al portone che ovviamente Alain
non aveva chiuso.
- Sta attento a non far chiasso.
Ceriselle si
è appena riaddormentata e vorrei avere un
“appuntamento” con mia moglie, se non ti
spiace.
Alain si diresse verso la cucina farfugliando qualcosa sulle pietanze
troppo saporite cucinate da Rosalie e sulla sete tremenda che non
riusciva a placare.
André ignorò le parole dell'amico: era difficile
stare ad
ascoltarlo di giorno, figuriamoci in piena notte, così si
affrettò a chiudere il portone che però aveva
deciso di
dargli contro come ogni cosa quel giorno.
Forzò il catenaccio, spinse i battenti, colpì i
cardini,
tentò il tutto e per tutto pur di riuscire a chiudere il
prima
possibile quella maledetta porta; tanto era preso nel compiere tale
impresa che non si accorse dell'arrivo della moglie.
Oscar si fermò sulla soglia, lanciò uno sguardo
divertito
nella direzione di André e trattenne una risata, si
guardò attorno e vide il regalo di suo padre, quella
scrivania
che anni addietro era stata la causa di tutto, di tutto quello che
possedeva ora: un marito, una figlia, un'esistenza finalmente libera.
In un attimo si avvicinò al mobile carezzandolo come fosse
stato
vivo, le dita scorrevano delicate sugli intagli che ne adornavano i
bordi, e la mente volse al passato, quando il padre vi sedeva al di
là concentrato a scrivere qualche rapporto, o pieno di
rabbia vi
sbatteva i pugni al di sopra. Quante volte aveva toccato quel legno?
Legno che le era sempre sembrato freddo come ghiaccio, fino al giorno
in cui lei e André... Oh, no quel giorno il legno era caldo,
complice di quel fuoco che sarebbe divampato di li a poco, e che ancora
oggi, dopo tanti anni, non dava segno di volersi estinguere.
Un rumore improvviso distolse Oscar dai propri pensieri, giusto il
tempo di capire che quel suono sordo, ovattato, proveniva da una
calzata e la donna di ritrovò a ridosso della scrivania,
spinta
dal peso di un corpo che ormai riconosceva senza bisogno di alcun
sguardo.
- André... - tentò
di pronunciare, ma
lui le premette una mano sulle labbra, impedendole qualsiasi
possibilità di replica, spingendosi ancora di più
contro
il suo corpo, con una tale forza che Oscar dovette puntare le mani sul
mobile per non cadere, e quando sentì le gambe di
André
dischiudere le proprie e la mano libera di lui farsi strada al di sotto
della camicia da notte, ringraziò dio d'avere la bocca
serrata.
L'uomo si fece sempre più vicino, poggiandosi sulla schiena
di
lei mentre le dita avevano ormai scoperto le lunghe cosce della donna,
le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio.
- Non fiatare... non dire una parola
Oscar... -
sussurrò André al suo orecchio poco prima di
liberarle la
bocca dalla morsa della sua mano, e ancor prima che lei potesse anche
solo respirare la voltò verso di lui; la guardò
per
qualche istante, come fosse la prima volta e senza proferir parola mise
le mani al di sotto delle cosce sollevandola a sedere sulla scrivania.
- And...
Oscar non riuscì a portare a termine ciò che la
lingua
aveva cominciato a pronunciare, le mani di lui erano state
più
veloci: una si posò, con un moto di violenta passione, sulla
sua
bocca, l'altra si insinuò al di sotto del ginocchio e la
trascinò verso si sé, sul bordo del mobile.
In un attimo André sciolse il suo essere uomo, denudando
quell'eccitazione che ormai era più che palese, e non vi fu
ostacolo alla lussuria; al contrario, le gambe di Oscar si schiusero
dinnanzi all'uomo, accogliendolo con la medesima voglia che
accompagnava le spinte decise dei fianchi di lui.
***
Alain trangugiò un bel bicchiere d'acqua per placare
l’arsura dovuta alla sostanziosa cena,
all’abbondante vino
e … sì, beh, anche ai baci della moglie del
falegname,
già! …
Prese la candela con la quale si era accompagnato in cucina, quindi si
diresse strascicando i piedi stanchi fino alle scale che lo avrebbero
condotto alla sua stanza, senza far caso ai rumori provenienti dal
salottino a lato dell'ingresso.
Ma ancora prima di "pestare" il quinto scalino, incrociò una
figurina tremante.
- Hey, formichina, cosa ci fai ancora
sveglia?
- Non trovo più la mamma e il
papà
– balbettò la piccola con il labbro inferiore
tremolante
ed il tono di una che non voleva piangere.
“Proprio figlia di Oscar”, pensò Alain,
“doveva far la dura a tutti i costi…”
- Oh, accidenti, dove saranno mai finiti?
bisogna sempre sorvegliarli, eh?
La bimba annuì.
- Vieni qui, dai la manina a zio Alain
che andiamo a
cercarli – disse per tranquillizzarla porgendole la mano.-
Sicura
non siano saliti?
La piccola lasciò che l’uomo chiudesse nella sua
la piccola mano e scosse il capo, con decisione.
- Suvvia… saranno qui
vicino… Ho
parlato col tuo papà pochi minuti fa … Vediamo se
sono
qui … - disse affacciandosi al salottino del pianterreno.
E…
- Oh, porc…!
- Mamma…? –
mormorò Ceriselle,
perplessa più che altro perché a lei era sempre
stato
vietato sedersi sui mobili.
- Caspita, non c’è
stato bisogno di
raccontarle della scrivania! – esclamò fra
sè
Alain, in un sussurro, dalla porta che provvedeva velocemente
a
chiudere, prendendo nel contempo in braccio la piccola, inconsapevole,
dall’aria solo seccata perché i genitori neppure
si erano
accorti di lei.
Ma lei oh, sì, Ceriselle Victoire Grandier glielo avrebbe
fatto notare che il regolamento non poteva valere solo per lei!
“Bravo, Grandier! hai fatto la tipica figuraccia da genitore
e
tocca a me mettere una pezza perchè tu sei troppo
impegnato”, pensò Alain cominciando a salire le
scale con
la piccola al collo.
- Andiamo, Ceriselle, vieni con zio Alain
che mamma e
papà devono controllare se il regalo del nonno
può ancora
essere utile…- le disse - Tu intanto,
comincia a cercare
un nome per il fratellino…
- Fratellino!? –
esclamò la piccola,
inarcando un sopracciglio, mentre meditava se la cosa potesse essere
positiva o no per lei..
- Sì, credo che tra un
po’ ne avrai uno
… Sai, penso che il fratellino verrà chiamato
Auguste,
come il nonno… Già, ho paura che stavolta la
responsabilità sia
anche sua,
formichina …
EPILOGO
Le autrici vogliono tranquillizzare le gentili lettrici su un paio di
punti: innanzitutto, Andrè non avrebbe fatto
“cose”
con la piccola nel lettone, voleva soltanto provocare la moglie;
inoltre, Ceriselle non riportò traumi per il fatto cui
assistette, poiché non capì neppure velatamente
la
situazione.
A confonderla ulteriormente contribuirono poi le roboanti spiegazioni
di zio Alain.
Il giorno seguente, i suoi genitori dovettero subire in silenzio la
ramanzina sul fatto che se lei non poteva sedersi sui mobili, neppure
loro potevano, perché in Francia c’erano
“liberté”, ma anche
“égalité” e solo per il fatto
che era piccola
non dovevano prenderla in giro (ebbene sì, questa era
un’
arringa imparata da zio Bernard!).
Naturalmente, Ceriselle ebbe un fratellino che venne chiamato Auguste
Alain e che lei adorò, specialmente quando poteva
maltrattarlo e
schiavizzarlo.
Rosalie ebbe un altro maschio, così Ceriselle
restò
l’unica reginetta incontrastata tra tutti quei maschietti.
Una volta cresciuta, entrambi i gemelli di Rosalie si innamorarono di
lei. Dopo averli sapientemente messi uno contro l’altro,
Ceriselle scelse un ragazzo di Arras, che piaceva tanto anche a
papà (e pure al nonno!), e si dedicò con lui a
coltivare
mele e, ovviamente, ciliegie.
Che altro … Oh, sì! Alain sta ancora con la
moglie del
falegname, che però è scappato in America con una
fanciulla molto più giovane e perfino più
disinibita
della moglie…
fine –
note:
1) Ceriselle, da cerise=ciliegia
2) “E’ una latrina
gigante” : Frase
“rubata” al film “Il grande
freddo”
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