Tanti auguri
di buon compleanno,
sweety
Spero che
tutti i tuoi sogni si
avverino.
A little gift
from a bored prince
Strofinava
la pelle lavorata con meticolosità, cercando di eliminare
anche la più piccola
traccia di fango dallo stivale. Arthur era già abbastanza
nervoso, non voleva
offrirgli innocentemente altri motivi per sfogare su di lui il suo
stato
d’animo.
Sollevò
per un istante gli occhi dalla spazzola all’ennesimo sbuffo
spazientito
dell’erede al trono. Nevicava dalla sera precedente, ma
Arthur sarebbe stato
abbastanza pazzo per avventurarsi nei boschi anche in mezzo alla
bufera, se
solo le scorte di selvaggina non fossero già state
ampiamente rifornite. Le
guardie sorvegliavano diligentemente le mura del castello, la piazza
d’armi
dove solitamente si allenavano i cavalieri era resa inagibile da uno
spesso
strato di ghiaccio e neve. Perfino le solite risse nella locanda
sembravano
essere state anestetizzate dal maltempo, il che significava che il
principe non
aveva niente da fare.
E, come
direbbe il più saggio dei saggi, un principe inoperoso
è un principe
fastidioso.
Merlin lo guardò misurare la stanza ad ampie falcate,
torturandosi il labbro
inferiore con le dita. Se non avesse smesso di andare da una finestra
all’altra, controllando se miracolosamente aveva smesso di
nevicare, avrebbe
creato un solco nel pavimento di pietra.
“Potreste…
leggere un libro” buttò lì il giovane
mago, guadagnandosi un’occhiataccia del
tutto meritata. “O forse no” borbottò,
espirando profondamente.
Arthur a
volte sembrava un grosso cane irrequieto, che aveva bisogno di campi in
cui
correre e sfogarsi per poi acciambellarsi satollo accanto al fuoco,
dopo una
cena particolarmente succulenta. Merlin adorava quando succedeva.
Arthur pareva
così mansueto e incredibilmente gentile.
“Non
ho
voglia di leggere uno stupido libro”
Sì,
l’aveva intuito. Niente libro. I libri erano banditi. Sciò sciò libri
cattivi.
Si
umettò
le labbra, cercando di ignorare l’ennesimo sbuffo.
Posò lo stivale a terra e
prese il suo compagno, esaminandolo con occhio critico.
Arthur
aveva quest’innata capacità di sporcare
sistematicamente tutto ciò che aveva
addosso. A volte sospettava che lo facesse solo per poter cambiarsi
tutti i
giorni. Era così assurdamente vanitoso, probabilmente
più della maggior parte
delle dame di corte.
“Potreste…”
disse Merlin, cercando qualcosa che lo acquietasse
“esercitarvi un po’ con la
spada”
“Mi
sono
già esercitato con la spada”
Sì
e
Merlin aveva un’artistica costellazione di lividi e i cocci
di un vaso che si
era sacrificato per la causa a dimostrarlo. Passò le setole
ruvide della
spazzola sullo stivale, maledicendo una macchia particolarmente
ostinata.
Magari avrebbe potuto proporgli di aiutarlo con le sue faccende.
C’erano gli
stivali da pulire, la camera da rassettare, le erbe da sminuzzare e poi
far
bollire per preparare dei decotti, le stalle da pulire…
ecco, le stalle non
erano una cattiva idea. Per lo meno aveva il vago sentore che Arthur
non
l’avrebbe picchiato per averglielo proposto.
“Perché
non andate a strigliare il vostro cavallo?” disse, guardando
il suo profilo
riempire la finestra. “Sono sicuro che…”
Era
sicuro che il cavallo avesse più pazienza di lui nel
sopportarlo. Senza contare
che Arthur era sempre amorevole e gentile con il suo stallone da
guerra. Stava
lì ore e ore a spupazzarlo.
“L’ho
già
fatto questa mattina”
“Giusto”
sospirò Merlin rassegnato.
Arthur
aveva spazzolato il suo cavallo, sussurrandogli parole a dir poco
svenevoli,
mentre lui era impegnato nella ben più nobile
attività di spalare il letame. Si
concentrò nuovamente sullo stivale, quando Arthur si
abbandonò sulla sedia con
un lamento, passandosi le mani sulla faccia.
“Mi
annoio” disse con voce lagnosa.
Merlin
arricciò un po’ le labbra, continuando a sfregare
il cuoio. Lo sapeva che si
stava annoiando, visto che continuava a ronzargli intorno,
ripetendoglielo a
intermittenza.
Un Arthur
annoiato era molto peggio di un Arthur triste, furioso o in pericolo.
Un Arthur
annoiato era una bestiaccia molesta, che seguitava a lamentarsi,
mettendo su il
broncio, e che rifiutava sistematicamente qualsiasi tipo di passatempo
che
Merlin riusciva a pensare.
Lamento.
Passatempo. Rifiuto. Lamento. Passatempo. Rifiuto.. e così
via.
E non
solo si lamentava, ma le rimostranze e le rispostacce aumentavano
proporzionalmente
alla noia di Arthur. Più il tempo passava, più
lui si annoiava. Più lui si
annoiava e più gli rendeva la vita impossibile.
“Vi
preparo un bagno caldo?”
I bagni
caldi gli piacevano. Stava ore lì a mollo, pretendendo che
lui continuasse ad
aggiungere acqua bollente, che gli strofinasse la schiena, gli lavasse
i
capelli come la più amorevole e devota delle balie.
“No”
Okay,
niente bagno caldo. Roteò gli occhi all’ennesimo
sospirone e poi al rumore dei
piedi della sedia che strisciavano sul pavimento. Continuò a
guardare lo
stivale, percependo Arthur riprendere a camminare avanti e indietro per
la
stanza.
Doveva
fare qualcosa. Per la sua sanità mentale doveva
assolutamente distrarre Arthur
in qualche modo.
“Perché
non andate da Gwen?” propose colto da
un’illuminazione.
Toglierselo dai piedi. Ecco la soluzione. Come aveva potuto non
pensarci prim…
“No”
Merlin
sollevò lo sguardo, puntando gli occhi sulla sua schiena e
dischiudendo le
labbra oltraggiato. Perché non poteva andare da Gwen?
Perché non poteva
tormentare un po’ lei?
Perché Arthur lo tallonava senza sosta quando era di
quell’umore, sperando che
lui avesse la soluzione per fargli passare la noia?
Merlin si
umettò le labbra, tornando al lavoro, mentre Arthur estraeva
un pugnale dal
fodero e ne verificava l’affilatura. Sapeva che comunque
quell’attività non
l’avrebbe impegnato più di una manciata di
secondi. Un minuto se era
particolarmente fortunato.
“Domani
è
il mio compleanno” disse inaspettatamente. Si costrinse a
continuare a
strofinare il cuoio con la spazzola, avvertendo lo sguardo di Arthur su
di sé.
Non sapeva perché l’avesse detto. Non che ci
pensasse o che gli importasse.
Quando
era piccolo lui e sua madre organizzavano sempre qualcosa di speciale.
Invitavano qualche vicino, mangiavano tutti insieme, stretti accanto al
fuoco.
Niente di particolarmente sfarzoso o memorabile come le feste che
venivano date
al castello…
La
tradizione non si era interrotta quando era giunto a Camelot, solo che
il
numero di partecipanti alla sua festa di compleanno si era ridotto a
due: lui e
Gaius.
“Domani…
è il giorno dopo il solstizio d’inverno”
gli fece notare Arthur, andando a
sedersi vicino a lui. Merlin annuì. Per lo meno aveva smesso
di sbuffare.
“Sono
sempre stato contento di…” mormorò,
mordendosi l’interno di una guancia.
“Cosa?”
“Sai,
essere nato il giorno dopo il solstizio
d’inverno…”
Si
sentiva stupido a dire quelle cose, non sapeva nemmeno da dove
provenissero.
Insomma non è che fosse un giorno importante o altro. E lui
si sentiva un idiota
ad ammettere che aveva riflettuto a lungo sul suo compleanno e che in
qualche
modo.. beh per lui non era un giorno come un altro.
“Perché?”
chiese Arthur.
Gli era
seduto così vicino che le loro spalle si sfioravano. Merlin
riusciva a
percepire con facilità il calore della sua pelle attraverso
la casacca.
Scrollò
le spalle, continuando a mordicchiarsi il labbro inferiore.
“Merlin”
lo incalzò il principe, ficcandogli un dito infernale tra le
costole e
facendolo sobbalzare.
Gli
rivolse la sua peggior occhiata indignata, che risultò
essere totalmente
inefficace, prima di riportare la sua attenzione allo stivale.
“Il
solstizio d’inverno è il giorno più
corto dell’anno. La notte sembra…”
mormorò,
sentendo le sue guance bruciare leggermente. Si aspettava che Arthur lo
falciasse con una delle sue pessime battute da un secondo
all’altro.
“Interminabile”
finì per lui la frase l’erede al trono. Il tono
della sua voce era privo di
divertimento o di scherno.
Merlin annuì, scoccandogli un’occhiata veloce.
Rimase in silenzio per qualche
istante, combattendo l’impulso di spostarsi un po’.
Non amava avere Arthur così
vicino. Era ingombrante. E fastidioso.
“Mi
piace
essere nato il giorno dopo la notte più lunga
dell’anno perché… beh perché
la
notte più lunga è ormai… andata, no?
Quindi le cose da quel momento in avanti
non possono che migliorare” disse tutto d’un fiato.
Riprese a strofinare lo
stivale, fingendosi molto impegnato. “E’ una
stupidaggine”
Arthur
fece un cenno affermativo con il capo. “Lo
è” confermò, appoggiando le braccia
sulle ginocchia. Merlin storse le labbra in una smorfia, riprendendo il
suo
lavoro. Se aveva le mani impegnate non poteva cedere
all’impulso di spaccare
qualcosa sulla testaccia di Arthur.
“Quindi…”
disse l’erede al trono. Il suo sguardo era ancora puntato su
di lui, così
intenso da sembrar voler memorizzare ogni più piccolo
dettaglio del suo viso.
“Quindi
cosa?” replicò il giovane mago quando Arthur non
completò la frase.
“Che
cosa
vuoi come regalo?”
Merlin
scosse la testa, tornando a guardarlo. Regalo? Perché Arthur
avrebbe mai dovuto
fargli un regalo? E poi che regalo era se veniva annunciato con ampio
anticipo?
L’effetto sorpresa era del tutto rovinato.
“Non
hai
esattamente un ottimo gusto in fatto di regali”
ribatté, ricordando l’orrido
pugnale che il principe aveva avuto intenzione di rifilare a sua
sorella per il
suo compleanno. “Ahi” mugugnò, quando
Arthur lo colpì sulla spalla con la sua
solita grazia ed eleganza. Si massaggiò la parte lesa tutto
offeso, raggrumando
le labbra in una smorfia.
“Allora?”
lo incalzò Arthur, per nulla sedato. “Che cosa
vuoi per il tuo compleanno?”
Merlin
assottigliò un po’ lo sguardo, prima di umettarsi
le labbra. Forse Arthur era
animato davvero dalle migliori intenzioni, forse voleva davvero fargli
un
regalo che potesse apprezzare. “Una giornata di
riposo” disse. Gaius gli aveva
regalato un nuovo libro di magia alcune settimane prima,
l’aveva recuperato da
un mercante di passaggio, suo amico di vecchia data. Non vedeva
l’ora di avere
un po’ di tempo per leggerlo, tempo che si era dissolto visto
che Arthur lo
privava della sua appagante compagnia solo quando si coricava
misericordiosamente nel letto pronto a dormire. Era come avere una
zecca, che
non voleva saperne di staccarsi.
“No,
domani andiamo a caccia” replicò l’erede
al trono, senza nemmeno prendere in
considerazione di andarci senza di lui. Aveva frotte di guardie e
cavalieri che
smaniavano dalla voglia di accompagnarlo per dirgli quanto era bravo,
quanto
era abile, quanto fosse incredibile la sua mira…
perché doveva sempre portarsi
lui dietro, che inciampava in continuazione e faceva scappare via le
prede con
i suoi goffi tentativi di non spezzarsi l’osso del collo
giù da una scarpata?
“Dei
vestiti nuovi” azzardò, venendo subito premiato da
una sonora risata da parte
di Arthur. Perché rideva? Erano ben tre serie che indossava
sempre i soliti
stracci! Per l’amor di Dio, che cosa c’era di tanto
divertente se desiderava
rinnovare un po’ il suo patetico guardaroba?
”Cosa sei? Una ragazza?”
Disse quello che si cambiava una volta al giorno.
“Un…”
mormorò Merlin a corto di idee.
“Un
pugnale?”
Eccolo
lì
che cercava di propinargli il pugnale. Ormai era diventato il regalo
riciclato
per eccellenza. Sospettava che l’avrebbe ritirato fuori anche
per il compleanno
di Uther…
“Non
voglio un pugnale come regalo di compleanno”
sbottò un po’ acuto.
“E’
un
regalo utile! Ti regalerei un bel pugnale, ben bilanciato. E con un
fodero di
cuoio abbastanza spesso da essere sicuro che non te lo conficcherai
inavvertitamente in una gamba quando lo avrai assicurato alla
cintura”
“Non
voglio un pugnale” ripeté Merlin con decisione.
Sostenne l’espressione
vagamente offesa di Arthur sollevando un po’ il mento. Se
pensava che avrebbe
ceduto…
“Allora
che ne dici un mantello? Potrei regalarti un mantello con i colori di
Camelot”
”Un mantello è un indumento” gli fece
presente.
Com’è
che
se proponeva lui di regalargli degli abiti veniva tacciato di essere
una
femmina, mentre se lo suggeriva Arthur improvvisamente i vestiti
diventavano un
dono molto virile e mascolino?
“Allora
una balestra”
Seriamente?
Possibile che Arthur lo conoscesse così poco? Credeva
davvero che smaniasse per
avere una balestra? Gli bastavano quelle in legno di tasso che facevano
parte
della sterminata collezione di Arthur e che doveva lucidare ogni tre
giorni,
tante grazie.
“Dei
nuovi ferri per il tuo cavallo?”
”Dovrebbe essere un regalo per me, non per il mio
cavallo” gli fece presente.
“Una
ramazza nuova? Di saggina morbida morbida…”
“Sei
stai
cercando di essere spiritoso, ti comunico che non lo sei”
“Allora
cos…”
”Un bacio?” disse Merlin improvvisamente. Si
bloccò, sbattendo le palpebre un
paio di volte. Doveva esserci qualcosa di profondamente sbagliato in
lui quel
giorno. O forse tutte quelle ore in cattività, chiuso in una
stanza insieme ad
Arthur avevano infine procurato dei danni irreparabili alla sua mente.
Si
inumidì nervosamente le labbra, guardando l’erede
al trono.
Non era
ben sicuro di quando avesse smesso di respirare.
“D-da
me?” balbettò il principe con un tono di voce
sospettosamente strano.
“Da
te
cosa?” ribattè Merlin, sperando che Nimueh facesse
irruzione nella stanza e lo
polverizzasse. Non sarebbe stata una cosa insolita, giusto? Era
plausibile che
la strega tornasse nel mondo dei morti per vendicarsi di lui.
“Quello
che hai detto prima”
Merlin si
morse il labbro inferiore. Che cosa aveva detto prima?
Niente, non aveva detto niente. Lui era rimasto ai ferri nuovi per il
suo
ronzino.
A ben
pensarci erano un bel regalo. Utile. Il suo cavallo ne sarebbe stato
molto
contento.
“Il
bacio, Merlin! Mi hai chiesto di baciarti!” sbottò
Arthur, le sue guance erano
di un rosso preoccupante.
“No,
tecnicamente io non ho det-…” disse prima che le
sue parole fossero soffocate
dalla bocca di Arthur premuta sulla sua.
Prima che
le sue funzioni cerebrali fossero attivate nuovamente, si
ritrovò a muovere le
labbra sotto quelle di Arthur, immergendo le dita tra i suoi capelli.
Lasciò
che le braccia del principe lo avvolgessero e che la sua lingua
depredasse la
sua bocca in un bacio umido e caldo. Dio, usava meglio la lingua di
quanto
usasse la spada.
Soffocò
un gemito contro le labbra di Arthur, stringendosi maggiormente contro
di lui.
Quando il principe si scostò per riprende fiato, Merlin si
accorse di avere la
testa che vorticava in preda alle vertigini. Era piuttosto sicuro che
se solo
fosse stato in piedi, sarebbe stramazzato al suo.
“Mi
sono
ricordato di dover…” bofonchiò Arthur,
alzandosi come se il pavimento fosse
improvvisamente diventato rovente.
“…
strigliare il cavallo” gli venne in soccorso Merlin,
umettandosi le labbra e
accorgendosi che conservavano ancora il sapore di quelle del principe.
Maledetto vizio di inumidirle continuamente. Avrebbe dovuto smettere di
farlo.
Era davvero una pessima, pessima abitudine.
“Il
cavallo. Esattamente. Il cavallo. Devo andare” disse in
fretta il principe,
raggiungendo la porta a passi malfermi.
Merlin
osservò la sua schiena, mordendosi agitato
l’interno della guancia.
“Arthur”
lo richiamò, quando ormai aveva già la mano
posata sulla maniglia. “Il mio
compleanno è domani. Questo non… è
valido come regalo. Non si danno i regali in
anticipo, è auspicio di cattiva sorte”
Arthur
sorrise appena di quel suo sorriso che gli faceva sempre aggrovigliare
lo
stomaco.
“Allora
ti darò il tuo regalo domani” disse prima di
uscire, lasciandolo lì con
un’espressione felicemente ebete impressa sulla faccia.
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