Titolo:
I, Me, Myself and the Bottle
Personaggi:
Prussia (Gilbert Beilschmidt)
Genere:
Introspettivo
Rating:
Arancione, dovuto in
particolare al linguaggio leggermente scurrile
Avvertimenti:
Oneshot, consumo incontrollato
di alcol
Conteggio Parole:
1425 parole
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I,
Me, Myself and the Bottle
Fissi la
sua forma
sinuosa, seguendo con gli occhi la linea curva disegnata dal vetro
liscio. E’
alta, lunga, splendida e perfetta, non ancora stappata. Appena tirata
fuori da
una cantina in cui ha giaciuto per anni, forse, in attesa che arrivasse
il suo
momento. La trovi particolarmente attraente, così bella nel
suo essere ancora
una bottiglia incontaminata e piena.
La guardi
con
interesse, mentre state da soli in quella stanza, lei eretta sulla
superficie
di legno, tu accasciato sul tavolo con la testa tra le braccia
incrociate.
«
Ehi.» cerchi di
attirare la sua attenzione, con un gesto del capo « Sai che
giorno è oggi?»
Ma la
bottiglia,
sgarbatamente, non si degna di risponderti. Continua semplicemente a
riflettere
la tua immagine leggermente deformata sul proprio collo affusolato,
come uno
specchio liquido. Non sai se sentirti offeso o semplicemente deluso.
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La
seconda volta
che provi a parlarle, ti accorgi distrattamente di come sia
più leggera, di
come all’interno lo sciabordio del liquore bollente e scuro
sia appena meno
impetuoso. Forse è proprio la consapevolezza di essere ormai
mezza vuota che la
spinge a diventare leggermente meno timida. E questa volta, infatti, la
bottiglia risponde.
«
Cosa vuoi che mi
importi di che giorno è oggi, razza di
sciocco?»
Alzi gli
occhi
appesantiti ed incontri quelli sprezzanti ed altezzosi di Roderich
Edelstein.
Lo riconosci immediatamente, anche se non ricordavi affatto la
tonalità rosso
vinaccia che colora le sue iridi. Forse è da troppo tempo
che non lo vedi, e la
tua memoria ha iniziato a diventare confusa. O forse magari
è solo colpa della
bottiglia mezzo vuota?
«
Tutti dovrebbero
ricordare che giorno è oggi, damerino del cazzo.»
sei quasi sul punto di
sputargli in faccia, mentre stai accasciato sul tavolo « E
soprattutto tu,
soprattutto tu dovresti ricordarlo, sai? Perché dovresti
ricordare tutto di me,
sempre e comunque.»
Vedi le
sopracciglia di Austria inarcarsi e le sue labbra muoversi in un
sorriso
stiracchiato dalla compassione. E ti fa rabbia che anche in quel
momento, anche
se ti sta facendo sentire una vera e propria merda, quel maledetto
aristocratico insopportabile continui a sembrarti bellissimo e irraggiungibile.
«
Ricordare tutto
di te?»
la voce morbida di Roderich
scivola piano e plasma una risata melodiosa « Da quando la
Prussia ha cessato
di esistere, tu
hai perso importanza
per chiunque.»
E di
colpo ti senti
invaso dall’ira, una furia incontenibile accesa ed alimentata
dallo sguardo
liquido di Roderich e dalla consapevolezza dolorosa di quel rifiuto
secco –
afferri il collo di Austria e ti avventi sulla sua bocca, su quella
bocca che
non hai mai raggiunto, ti avventi su di lui per morderlo, e fargli
qualsiasi
altra cosa. Per vendicarti perché non ha fatto altro che
essere migliore di te,
perché ti ha sorpassato, nonostante fosse più
debole.
Ma poi
dischiudi
gli occhi e ti rendi conto, frustrato, di avere semplicemente il collo
sottile
e freddo di una bottiglia sempre più vuota tra le dita. E
che le tue labbra
sono premute sull’apertura bollente di alcol.
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La terza
volta che
ti rivolgi alla bottiglia, forse non è più la
stessa bottiglia, ma la cosa non
ti importa granché. Forse non stai più tanto
bene, perché dovrebbe essere una
sola, e invece, inspiegabilmente, ti ritrovi a fissarne due,
leggermente
sovrapposte. Ed entrambe, quando ti rivolgi a loro – ponendo
sempre la stessa domanda – hanno le decenza educata di
risponderti con addirittura un leggero entusiasmo.
«
Che giorno è
oggi, mon ami?»
« Hola,
amigo, como estas?»
Francis
e Antonio stanno seduti sul tavolo, spalla contro spalla, ti mostrano
due tipi
diversi di sorriso mentre li fissi con gli occhi appannati e te ne stai
con la
fronte premuta sul ripiano di legno. Hanno anche loro un colore strano
nelle
iridi, ma la cosa non ti riguarda, perché improvvisamente la
tua priorità
assoluta è ottenere da loro quella che sembra la
più semplice delle
informazioni.
«
Siamo a Gennaio, non è vero?» Francia si gratta il
mento, pensoso.
«
Devo aver dimenticato
qualcosa, amigo, lo
siento.» Spagna
si scompiglia i capelli con aria colpevole, senza abbandonare un
istante il
sorriso.
«
Dovreste sapere che giorno è oggi, brutti stronzi
ingrati.» biascichi, cercando
di colpirli con dei pugni flebili.
«
Avevamo un appuntamento?» Francis solleva un sopracciglio.
Antonio ridacchia con aria
spensierata come se bastasse a porre rimedio alla sua mancanza.
«
Abbiamo passato insieme questo giorno per almeno sette anni, e non lo
avete
dimenticato mai.»
ti lamenti,
maledicendoli « E ora non sapete neppure di cosa sto
parlando.»
«
E’ passato molto tempo, Gil.» Francis accavalla la
gamba destra alla sinistra,
sospirando.
« Ay!
Di sicuro lo ricorderò entro la fine dell’anno,
non preoccuparti.» Antonio
sembra sempre la persona più sincera e ingenua del mondo, ma
non ha idea di
quanto le sue parole sappiano far male.
«
Vi odio.» farfugli, allungando le mani per raggiungerli e
sentire che sono
vivi, e che in fin dei conti non sei rimasto solo, perché
almeno loro – forse
non ricorderanno che giorno è oggi, ma almeno sono
lì, e ti chiamano ancora “amico”.
Ma
quando li raggiungi, ti ritrovi a stringere ancora una volta il collo
lungo di
una bottiglia. Anche se l’altra è proprio
lì, ondeggia ogni volta che sbatti le
palpebre, ma sembra proprio non voler farsi prendere.
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La
quarta volta che ti rivolgi alla bottiglia, sei talmente confuso e
disorientato
che lei ti risponde addirittura prima che tu possa parlarle.
E
incontri gli occhi limpidi di Ludwig, il tuo
Ludwig. Ti aveva detto che non sarebbe tornato a casa quella notte,
perché
aveva delle faccende da sbrigare – ma forse era solo uno
scherzo, un modo
timido per farti una sorpresa. Gli sorridi appena, mentre lo senti
alzare la
voce:
«
Non dovresti bere tanto da ubriacarti.» incrocia le braccia e
assume
quell’espressione tesa e preoccupata che ti fa sentire amato.
«
Ehi, Lud, non cambiare argomento.» lo punzecchi, tirandogli
le guance, beandoti
del tuo essere fastidioso che non suscita alcuna reazione in tuo
fratello –
perché almeno lui
ti rispetta « Che
giorno è oggi, Lud? Te lo ricordi, vero?»
Germania
annuisce, risponde immediatamente, con decisione:
«
Il 18 Gennaio. E tu stai bevendo troppo.»
Ti
distendi nuovamente sul tavolo, guardandolo di sottecchi, fingendo di
non provare
la speranza disperata che ti sta lacerando dall’interno:
«
Ehi Lud, che giorno è oggi?» ripeti, come in una
sorta di filastrocca
ripetitiva. E Ludwig risponde di nuovo:
«
Il 18 Gennaio. »
Il
18
Gennaio.
Il 18 Gennaio.
Germania
continua a ripetere sempre le stesse parole senza aggiungere
nient’altro,
inarcando le sopracciglia in un moto di perplessità quando
la tua insistenza
comincia ad infastidirlo appena. Ma dentro di te sai che potresti
continuare a
chiederglielo all’infinto, perché il fratellino
che ami con tutto te stesso è
un uomo troppo impegnato per ricordare cosa significhi una data tanto
inutile
come il 18 Gennaio.
Finisci
per piangere, in maniera ridicola ed indecorosa, la fronte e le guance
premute
sul tavolo. Il vero Ludwig si sarebbe alzato e ti avrebbe raggiunto in
solo
passo, chiedendoti allarmato cosa ti stia succedendo. Ti avrebbe anche
abbracciato forse. Ma stai parlando con una bottiglia
d’altronde, stai
stringendo il collo di vetro e non la guancia di tuo fratello
– e non c’è
nessuno che possa consolarti.
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La
quinta volta che provi a parlarle, la bottiglia è troppo
vuota e stanca per
riuscire a risponderti. Si limita pigramente a restituirti la tua
immagine
riflessa sul suo profilo curvo e rimane in silenzio. E’ un
silenzio quasi
religioso, perché qualsiasi rumore potrebbe farti esplodere
la testa da un
momento all’altro. Anche così, ti sembra di avere
dei paletti conficcati nel
cervello.
Tuttavia,
ti passi una mano sugli occhi bagnati, strofinando le guance inaridite
e salate
dalle lacrime. Distingui i tuoi occhi rossi che ti restituiscono lo
sguardo, è
l’unica cosa che riesci a riconoscere con immediatezza, in
quel caos completo
che ti avvolge da quando hai esaurito completamente la virtù
di quella
bottiglia.
Ti
scappa una risatina roca, sibilante e gutturale al tempo stesso, risale
la tua
gola dal profondo. Poggi il dito indice sulla superficie stondata del
vetro
leggero e vuoto – la bottiglia si sbilancia contro la tua
spinta.
«
Oggi, domani, dopodomani, per sempre.» ti ripeti, guardandoti
negli occhi « Che
sia Gennaio o la fine del mondo.» ridacchi ancora prima di
abbassare le
palpebre « Sto benissimo anche da solo.»
Continui
a premere con il dito sul vetro, finché la bottiglia non
cade distesa, rotola
fino al bordo e precipita per terra, frantumandosi, dicendoti addio,
definitivamente.
(xxx)
Note dell'Autrice:
1) L'autrice
si sta ufficialmente odiando da sola (sta scrivendo troppo e dovrebbe
smetterla.)
2) Il 18 Gennaio.
Compleanno di Gilbert.
3) Scritta
di getto per la Maritombola, indetta dalla
community Maridichallenge <3 Prompt
3, “Bottiglia”. L'ho detto, questa roba
è la mia rovina. Davvero.
4) Se non
c'è Austria, non sono contenta 8D
5) Credo
che ne arriveranno altre. Temetemi.
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