L’ultima erede
Capitolo uno: Smistamento
Il contesto di questa fan fiction non
è farina del mio sacco ( purtroppo XD), ma è opera di quel genio di J.K.Rowling :D
Salve, io sono Isabella Serpeverde,
sono un fantasma e vivo nascosta nella Camera dei Segreti. Nessuno di voi sa chi sono, ma al contrario avrete
sentito il mio cognome. Si tratta proprio di questo: il mio cognome. La causa
dei costanti guai della mia vita passata.
Per raccontarvi la mia storia, mi sembra giusto cominciare
dall’inizio. No, non dalla mia nascita. Bensì dalla mia condanna a morte: lo
Smistamento al primo anno. Era il 1930. Ero un’undicenne aristocratica,
proveniente da una ricchissima famiglia di maghi Purosangue. Vivevo in una
suntuosa villa a Little Hangleton con la mia
matrigna, Mathilda Malfoy.
Mio padre, Maximilian Serpeverde,
morì quando ero molto piccola e di
conseguenza non lo conobbi mai. Si risposò molte volte, dopo la morte della mia
vera madre, Alexandra Nott, avvenuta a causa del
parto. Non conobbi mai nemmeno lei. Mathilda fu
l’ultima moglie di mio padre, di conseguenza fu lei a crescermi e a educarmi.
Ero una bambina fredda e cinica, e grazie agli insegnamenti della mia matrigna,
avevo un odio spudorato per i Mezzosangue e i Nati Babbani.
Molte persone ritenevano che assomigliassi a mi madre. I tratti del viso dolci
e armoniosi, la pelle pallida come la neve, i capelli del colore del fango e i
grandi occhi verde palude. Si, ero davvero una bambina incantevole agli occhi
di tutti.
Un giorno di fine
agosto, non ricordo con precisione quale, un grande allocco grigio atterrò sul
tavolo in marmo pregiato della sala d’ingresso. Portava una lettera. Quella
lettera… la stessa che avevo aspettato
per ben undici anni. Quella mattina ero chiusa in camera mia, Mathilda mi aveva punito severamente per lo scherzo che le
avevo fatto. Niente di che, le avevo solo trasformato la sua beneamata maschera
per il viso in vomito di drago, così che la sua faccia aveva assunto una strana
sfumatura verdognola. Vidi l’allocco dalla finestra e mi fiondai di nascosto
giù per le scale. Sapevo cosa significava. Era arrivato il momento in cui io,
Isabella Serpeverde, avrei fatto il mio ingresso a Hogwarts , nella Casa di Serpeverde.
Perché c’è qualcosa che non vi ho detto. Ero, e sono tutt’ora, l’unica erede di
Salazar Serpeverde. Il mio destino era
inevitabilmente tracciato.
Arrivai in cucina ansate, con il cuore che sbatteva impetuoso
contro le costole. Nella corsa ero inciampata in una delle tende di velluto
scuro del corridoio. Il mio grazioso vestitino si era sgualcito. Guardai
sprezzante quell’indumento. Non mi piaceva. Non mi era mai piaciuto ciò che Mathilda mi costringeva a indossare. “È per mantenere alto
il prestigio di famiglia. Non puoi continuare ad andare in giro con i tuoi
stracci da cavallerizza. Cosa penserà la gente di me?” mi aveva detto. Era
vero. Ero solita indossare i miei abiti da equitazione: semplici camice e
pantaloni scuri. Ero sudata. Mi portai una mano alla fronte. Sciolsi quelle
odiose trecce che mi facevano assomigliare ad una bambinetta e lasciai i miei
capelli scuri fluire sulle spalle. Facendo attenzione, camminai verso la
lettera e la aprii.
Cara signorina Serpeverde,
siamo lieti di
informarla che è stata accettata come studentessa alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
È pregata di presentarsi al binario 9 e 3\4 della stazione di King’s Cross il primo di Settembre con l’elenco di
materiale elencato nella pergamena allegata.
Cordiali saluti,
il Preside
Armando Dippet.
Lessi
la lettera più volte. Ero incredula. Nessuno si era mai rivolto a me con un
tono tanto formale. Sorrisi , fiera di me. Dopotutto provenivo da una famiglia
molto ricca, ero d’alta società. Con questi pensieri, piegai la lettera in malo
modo e la infilai sotto la veste. Tornai in camera mia e mi stesi sul letto a
baldacchino. Già mi vedevo con indosso la divisa dei Serpeverde.
Eppure c’era qualcosa che mi turbava. Gli altri ragazzini non sapevano a quale
Casa sarebbero stati assegnati. In un certo senso per loro sarebbe stata una
specie di sorpresa. Per me invece era stato tutto programmato.
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Agosto
passò in fretta. Non c’era giorno in cui Mathilda non
mi impartisse ordini su come comportarmi a scuola. Fino ad allora non avevo mai
studiato con altri ragazzi. Avevo sempre preso lezione da insegnanti privati,
fin da piccola. Ero eccitata all’idea. L’ultimo giorno del mese la mia
matrigna, scortata da due valletti, mi portò contro voglia da Madama McClan per comprare una divisa.
“ Come ho fatto a non pensarci prima? Stupida
ragazzina, quando credevi di dirmi che ne hai bisogno entro domani?” mi urlò
contro quel pomeriggio. Io la guardai torva. Sapeva bene il perché di ciò che
avevo fatto. Era da quando avevo nove anni che desideravo andare ad Hogwarts con la vecchia divisa di mia madre.
“ Mathilda lei sa
bene il perché, ho intenzione di indossare la divisa di mia madre!” le risposi,
cercando di mantenere la calma. Il suo
viso, già naturalmente arcigno, si deformò ulteriormente in una smorfia
canzonatoria.
“ Tua madre era una sporca Corvonero!
Dovresti vergognarti di ciò che hai detto!” mi rispose in tono duro, con un
sorriso sadico. Ebbene, io non ero una ragazzina da lacrime. Ma in quel momento
non riuscii a trattenerne una, mentre mi spingeva verso il camino per prendere
la Metro Polvere.
Comprata
quella maledetta divisa, tornai a casa stremata e mi chiusi in camera. Restai a
fissare il soffitto in preda al panico, con i più assurdi pensieri che mi
frullavano per la testa. La verità era che senza la vecchia divisa di mia
madre, mi sentivo maledettamente vulnerabile. Non riuscii a dormire e verso
mezzanotte mi alzai e aprii l’armadio. Tirai fuori la toga polverosa
appartenuta ad Alexandra Nott e la stesi sul mio
letto. Staccai la spilla da Caposcuola e la legai a un cordone blu. Lo
allacciai intorno al mio sottile collo e mi addormentai.
La
mattina dopo fui svegliata da un paio di servitori , che mi buttarono giù dal
letto in malo modo e mi intimarono di recarmi in bagno. Assonnata, mi
abbandonai nella vasca piena di bolle e mi lasciai pettinare i capelli. Dopo
un’ora ero già pronta e zampettavo per la villa, controllando che non avessi
scordato niente. Arrivai a King’s Cross in perfetto
orario. I miei bagagli erano stati già caricati dai valletti. Guardai Mathilda, era arrivato il momento dei saluti. Il suo volto
era impassibile e freddo. Non ci feci caso. Il mio sguardo scivolò sulla
moltitudine di famigliole impegnate in smancerie: c’era chi si sbracciava per
richiamare l’attenzione di un amico, chi piangeva per dover lasciare i
genitori, chi si abbracciava. Il treno fischiò e feci un cenno alla mia
matrigna.
“Arrivederci,
Mathilda. Avviserò prima di tornare per le vacanze di
Natale” le dissi in tono formale. Era tutto così strano. Ero l’unica che non
sorrideva, tra quella folla. Mathilda abbassò lo
sguardo gelido e mi fece un cenno d’assenso. Capii che era il massimo che
potevo ottenere e mi avviai sola verso un vagone. Tuttavia non riuscii a fare a
meno di notare un ragazzino. A quanto pare non ero l’unica senza genitori. Si
avviava anche lui allo stesso vagone. Sembrava un giovinetto di buona
famiglia:aveva un’espressione fiera, quasi arrogante e camminava a testa alta
guardando tutto con freddezza. Non so perché, ma decisi che potevamo essere
amici. Sembrava cos’ simile a me. O almeno, simile a ciò che dovevo essere.
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L’Espresso
per Hogwarts era completamente pieno. In tutti i
vagoni c’erano ragazzi impegnati nelle attività più strane. Avevo timore, così
strinsi più forte la spilla di mia madre. Il misterioso ragazzino mi seguiva,
neanche lui era riuscito a trovare un posto. Infine mi sedetti con lui in uno
scompartimento occupato da alcuni del primo anno. Appena mi fui sistemata,
pensai bene di presentarmi.
“
Ciao, io sono Isabella Serpeverde. Tu come ti
chiami?” gli chiesi. Al solo sentir del mio cognome, tutto lo scompartimento si
girò verso di me e gli occhi smeraldini del ragazzino scintillarono.
“Io
sono Tom Orvoloson…Riddle”
rispose freddo, insicuro se pronunciare il suo cognome. Probabilmente non
doveva sembrargli poi così importante in confronto al mio. Sorrisi dentro di
me.
Per
tutto il viaggio parlammo ininterrottamente. Scoprii che non aveva genitori e
che il professor Silente lo aveva convocato personalmente, porgendogli l’invito
a partecipare alle lezioni. Mi disse che era un Purosangue discendente di una
famiglia molto prestigiosa. Strano,non avevo mai sentito il suo cognome.
Arrivammo
ad Hogwarts verso sera e non appena scendemmo dal
treno, fummo guidati da un vecchio guardiano. Appena entrati nel castello, una
giovane professoressa dall’aria severa ci fece mettere in fila , in attesa di essere
Smistati. Io ero una delle ultime. Prima di me Tom fu chiamato e fu smistato a Serpeverde. Almeno avrei avuto un compagno.
“Isabella
Serpeverde!” tuonò la professoressa McGrannit. Tutta la Sala Grande ammutolì. Ero abituata a
queste reazioni, ma mi sentii lo stesso a disagio. Mi avviai verso lo sgabello
dove era poggiato un cappello consunto. Mi sedetti e aspettai che la
professoressa me lo posasse in capo.
Faceva
una strana sensazione indossarlo. Era come se lui ti entrasse in testa e riuscisse
a leggerei tuoi pensieri.
“Oh,
si bambina… riesco a leggerti nel pensiero!” sentii nella mia testa. Mi lasciai
sfuggire un singhiozzo spaventato. Era davvero inquietante.
“
Bene, vediamo… Isabella Serpeverde. Dal tuo cognome
non c’è bisogno di applicarsi molto per capire dove smistarti. Saresti una
perfetta Serpe. Sei fredda, determinata e ambiziosa. Ma cosa vedo nella tua
testa? Mmm… Staresti bene anche tra i Corvovero. Hai un’intelligenza particolarmente sviluppata e
un forte amore per la cultura…” mi sussurrò. Per un attimo fui pervasa da
speranze irraggiungibili. Sarei stata nella stessa Casa di mia madre! Ma il
Cappello Parlante continuò a riflettere.
“
Ma sarebbe uno scandalo mandare a Corvonero l’unica
erede di Salazar Serpeverde! Sarebbe un disonore per
la tua famiglia! Ahimè , bambina… per il tuo stesso bene mi vedo costretto a
affidarti a Serpeverde”. Così spalancò la piega che
fungeva da bocca e urlò ciò che mi avrebbe marchiato a vita.
“SERPEVERDE!”.
A malapena sentii le urla di giubilo della tavolata verde-argento. Scesi dallo
sgabello e mi avviai verso i miei nuovi compagni. Ostentai un sorriso
impeccabile per tutta la sera. In fondo, cosa credevo? Di poter essere
un’anonima Corvonero? Non era da me abbassarmi a
certi livelli. “ Pensa a cosa direbbe tuo padre!” mi dissi. Ripetei questa
frase come un mantra per tutta la notte, mentre dormivo in quello che sarebbe
stato il mio letto per i prossimi sette anni.
Cari
lettori, questo è il primo capitolo di una fan fiction che intendo continuare(
a meno che non sia a corto di ispirazione!
XD)
Spero vi
sia piaciuto, e sarei molto felice se lasciaste qualche recensione giusto per
esprimere la vostra opinione. E perché no, anche per criticare ;D
Al
prossimo capitolo!
Hayley J