opium 1
Intro
cap 1. The
chosen ones
...or
maybe not
“La morfina è
un alcaloide di natura fenantrenica. Costituisce circa il 10%
dell'oppio. Altri alcaloidi fenantrenici sono la tebaina, non
disponibile in commercio, e la codeina, che voi trovate
disponibile come farmaco sia da solo che in associazione con
paracetamolo. L'altro tipo di alcaloidi estraibili dal papaver
somniferum sono i derivati benzilisochinolinici,
ovvero la papaverina e la noscapina. La papaverina ha
scarsa utilità farmacologica: è un vasodilatatore ed un inibitore
delle fosfodiesterasi...”
La ragazza leggeva il
foglio assorta, con una penna in mano e portando il segno con il
polpastrello blù. Il rumore continuo e regolare della metropolitana
e le lievi scosse del vagone non sembravano darle alcun fastidio. Una
lieve ruga a deformarle il sopracciglio denotava quanto fosse
concentrata. Ad intervalli regolari la mano scattava nervosa a
riportare dietro l'orecchio qualche lunga ciocca scura che,
dispettosa, le scivolava davanti agli occhi.
Alzò lo sguardo dal
libro che teneva appoggiato sulle ginocchia per contare quante
fermate mancassero alla sua destinazione.
Una, due , tre,
quattro...
Chissà per quale assurdo
motivo aveva sempre il vizio di contare. Lo aveva da qunado aveva
scoperto i numeri probabilmente. Contava quante persone ci fossero
sull'autobus al mattino, quante lettere nel nome Henry Charles
Bukowski e quanti centimentri sulla cartina tra Savannah e Vancouver.
Poi faceva sempre molto caso al fatto che i numeri fossero pari o
dispari, e se il numero era pari...beh le piaceva di più, le
sembrava sposarsi meglio coll'astratto concetto di armonia che aveva
in testa.
In metropolitana contava
moltissimo: cominciava con le fermate, poi continuava con quanti
posti a sedere fossero liberi, quanti bambini in braccio alle mamme …
In metropolitana faceva
anche un'altra cosa: osservava le scarpe delle persone che aveva
davanti. Si capivano tante cose dalle scarpe: se il vecchio
impomatato dritto sul sedile fosse schifosamente ricco di famiglia o
un parvenue, se Susie dovesse andare a scuola e Dave a
giocare a calcio, se la signora col
cappello fosse una turista o se il tizio imbronciato si
recasse al lavoro. E poi non poteva certo guardare la gente in faccia
senza che qualcuno si infastidisse: lei quindi guardava i piedi.
A quell'ora serale di un
piovoso e grigio Mercoledì il vagone era quasi vuoto, esclusa lei ed
un ragazzo seduto di fronte. Solo in quel momento si accorse che lui
la stava fissando. Distolse immediatamente lo sguardo e ringraziò
mentalmente la natura per averle dato il dono di non arrossire mai
quando era imbarazzata. Avrebbe preferito senz'altro avere un dono
più utile, ma bisognava accontentarsi.
In quel momento ricordò
che non era certo il tipo di ragazza che gli esponenti dell'altro
sesso fissavano spesso per strada: anonima, altezza media, piuttosto
magra e indiscutibilmente sciatta. A conferma dei suoi dubbi, sul
viso del ragazzo si allargò un sorrisetto. E non era un sorriso di
ammirazione, piuttosto quello di chi sia sul punto di scoppiare in
una fragorosa risata ma non possa assolutamente farlo.
Ok, appurato che non era
il tipo a cui gli uomini non toglievano gli occhi di dosso, non
era nemmeno il tipo da suscitare l'altrui ilarità semplicemente
trasformando l'ossigeno in anidride carbonica.... Fissò per un
istante il ragazzo chiedendosi se fosse impazzito e poi l'assalì
l'atroce sospetto di essersi messa a parlare ad alta voce. Da sola. In effetti
quando preparava un esame le era capitato spesso di ripetere a se stessa,
persino per strada.
In definitiva quindi
probabilmente la pazza era lei.
Abbassò di nuovo gli
occhi e ripose nello zaino tutto ciò che aveva disseminato sul
sedile di fianco cercando di non schiacciare e distruggere nulla.
Prese mentalmente nota di leggere solo il giornale sulla metro da
quel momento in avanti: era più sicuro, e poi lo distribuivano gratis.
Si alzò in piedi e all'apertura delle porte scese finalmente alla
sua fermata: era mostruosamente in ritardo e le sue coinquiline
l'avrebbero a breve data per dispersa facendo mille raccapriccianti
supposizioni su maniaci, stupratori e killer seriali che l'avevano
certamente rapita. Si avviò rapidamente alle scale per l'uscita insieme allo sparuto gruppo di persone che aveva preso,
come lei, l'ultima corsa della giornata. Era quasi giunta alla meta
quando uno specchio di quelli sporchi e vecchi che si trovano ogni
tanto nelle stazioni, le restituì il suo riflesso.
Oh cazzo!!!
La sua faccia era blù!!!
Beh, non proprio Tutta
blù ma blù quanto bastava per far ridere il ragazzo di prima.
Si precipitò
immediatamente in bagno.
***
Una lunga linea di colore
le scendeva dall'occhio destro al mento e varie macchie rendevano la
guancia a pois, un segno più scuro faceva bella mostra di sé sulla
fronte, e a completare l'opera c'era anche una macchia un po' sbiadita
sul naso.
Fantastico.
Se per
fantastico si intendeva assomigliare vagamente ad un'opera di Mirò.
Osservò i polpastrelli
della mano destra. La penna li aveva macchiati e lei non avava fatto
altro che toccarsi la faccia, esattamente come alle elementari.
Ok, come all'asilo.
Aprì il rubinetto e
prese a sfregare con forza il viso, ma senza sapone le chances di
liberarsi del blù in breve tempo erano ridotte al minimo. In
compensò però tutto quello sfregare le stava lasciando delle
graziose macchie rosse.
In effetti lei
preferiva Kandinskij...
Dopo un quarto d'ora di
estenuanti fatiche, i polpastrelli ghiacciati (quei
bagni non avevano mai conosciuto gli erogatori di sapone figurarsi la mitica
acqua calda) e aver irrimediabilmente perso, nell'ordine, la sensibilità
tattile, dolorifica e termica del viso, senza peraltro raggiungere un
risultato quantomeno soddisfacente, si arrese all'evidenza dei fatti:
disfatta totale.
Con qualche alone di
colore dubbio ad effimero monito dell' impresa aprì la porta del
bagno e s'incamminò finalmente verso i gradini che la separavano dall'esterno.
***
La stazione era ormai
vuota e poteva sentire il rumore cadenzato dei piedi contro le
piastrelle. Le metteva tristezza.
Ritardo per ritardo decise di prendersela comoda, tanto
ormai dovevano aver già cenato da un pezzo a casa, e decise di
riesumare il lettore mp3 dalla tasca anteriore dello zaino. Era lì,
sotto strati di ciarpame di dubbia provenienza accumulato dalla notte
dei tempi in quello zaino.
Wow.Tutto in perfetto accordo con il secondo
principio della termodinamica: l' entropia tende a salire nel
tempo.
Infilò le cuffie a
stanca trascinò i piedi verso quei gradini, sempre, maledettamente,
più lontani.
La musica nelle orecchie
ad allontanare il mondo, il ritmo a scacciare ogni pensiero e il suono a coprire ogni posibile rumore .
Di colpo, da dietro una colonna, ad un passo dal suo viso, un'ombra
scura. Una figura incappucciata, e poi un ragazzo che si lanciava
contro questa e lo scintillante riflesso di una lama.
Un attimo.
E al di là di ogni
logica ,
di ogni pensiero
razionale,
dell'istinto di
autoconservazione
la ragazza protese una
mano e sfiorò il braccio del ragazzo.
Ebbe solo il tempo di
registrare che quello che toccava non era della consistenza che si
sarebbe aspettata. Poi una sensazione dolorosa le fece sentire tutti
i muscoli contrarsi e bruscamente venire tesi come se qualcuno stesse
allungando con forza il suo corpo.
In quel passaggio
grigio e freddo, quasi davanti ai gradini dell'uscita, non c'era più
nessuno.
MC
per la cronaca :
-gli oppioidi sono una
classe di farmaci analgesici-stupefacenti. Di questa classe di
farmaci fanno parte ad esempio il metadone e la morfina.
-avevo messo un'immagine
con un famoso quadro di Kandinskij...ma
non sono riuscita ad inserirla
...sono assolutamente tecnolesa!!!
-il
titolo è una canzone dei dream evil...io in verità non li conosco
ad eccezione di questa canzone...sono bravi???
Lo stile che uso
in questo cap. rispecchia il carattere del personaggio che qui
introduco. La protagonista ( i protagonisti sono due ) ha un
carattere particolare e tende a perdersi molto nei propri pensieri...
è la mia prima
fic...chiedo clemenza...
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