IMPERIO
Causes the victim to be completely under the
command
of the caster, who can make the victim do anything the caster wishes.
Giugno
“Credevi
che non sarei venuto?”
Lo
guardo per un momento, e scuoto la testa. No, neanche
per un attimo ho creduto che non avrebbe mantenuto la sua promessa.
“No, mio
Signore,” dico, piegando la testa in un piccolo inchino. A volte non mi
sento
degna di guardarlo, di essere alla sua presenza.
Eppure,
in mille modi ha cercato di dirmi che lo sono,
anzi, che sono forse la più degna di tutti. Non è forse per quello che
siamo
qui, su questa scogliera? Non cerca di allontanarmi, al contrario:
cerca di
attirarmi così vicina che non so se potrò mai più allontanarmi.
“Questa
è la tua prima Estate da persona libera,
Bellatrix,” lo sento dire. All’inizio non capisco a cosa si riferisca,
perché
sono sempre stata libera. Sono una Black: sono libera di fare quello
che voglio
perché ne ho la possibilità. Vedo il mio padrone che mi scruta,
attendendo una risposta
che non ho. Poi, come se fosse deluso dal mio silenzio, si volta, mi dà
le
spalle e guarda in lontananza, verso il mare che si stende davanti a
noi.
Quando
il Signore Oscuro mi ha annunciato che mi avrebbe
presa come allieva, in senso lato, ho pensato immediatamente a
maledizioni
potenti, non minuti filosofici passati a perdersi nel nulla.
“Mio
Signore?” cerco di attirare la sua attenzione,
facendo qualche passo avanti per avvicinarmi. Quando gli sono affianco,
mi
guarda per un secondo brevissimo. “Mio Signore, cosa intendete per
libera?”
“Libera
dalla morale, Bellatrix.”
E
poi capisco. Con il termine dei miei anni accademici,
non sono più sotto lo scrutinio della comunità; la società continuerà a
guardarmi, sì, ma non la comunità. E non c’è differenza più grande.
“Ti
ho osservata, Bellatrix, negli ultimi mesi. Ed ho
deciso di istruirti solo ora, perché finché la tua mente fosse stata
oppressa
dalla morale non avresti potuto essere pronta. Ma ora lo sei, se lo
vuoi.” Si
gira verso di me e mi consegna la mia bacchetta. “Devi scegliere, ora,
se agire
seguendo ciò che il tuo istinto ti dice, o se seguire quei precetti che
sono
maestri ad Hogwarts.”
“Ho
già fatto la mia scelta,” dico, decisa, voltandomi
verso di lui. “Mio Signore, sono fedele a voi e lo sarò fino al mio
ultimo
giorno.”
Annuisce
e anche lui si volta finalmente verso di me.
“Cosa sai delle Maledizioni senza Perdono, Bellatrix?”
“Tutto
ciò che c’è da sapere,” rispondo. “Ma non ho mai
avuto occasione di usarne una.”
Lui
annuisce e comincia a girarmi attorno. All’inizio lo
seguo con lo sguardo, poi decido di guardare di fronte a me,
mascherando
qualsiasi incertezza.
“Il
regime che vado ad instaurare, Bellatrix, riporterà
la magia alla luce del sole, e i Babbani al posto che spetta loro. Ma
per
farlo…” Una pausa, e lo sento che si ferma alle mie spalle. “…Per farlo
ci sarà
bisogno di fermezza. Severità. Durezza. Sei all’altezza?”
“Lo
sono, mio Signore.”
Sento
le sue mani fredde che mi si posano sulle spalle,
mentre con forza mi costringe a voltarmi, non verso di lui ma verso un
punto
alla nostra sinistra. Schiocca le dita e dai cespugli poco lontani vedo
arrivare una piccola volpe. Un cucciolo.
È
spaesato, e alla vista di noi due sembra stia per
scappare, ma il Signore Oscuro è più veloce. Gli punta la bacchetta
contro e,
senza che pronunci una parola, so cosa è successo. Il cucciolo di volpe
è
immobile, davanti a noi, ci guarda come se aspettasse ordini. Non posso
vedere
il Signore Oscuro in volto, ma ne vedo il braccio, e vedo il movimento
circolare del suo posto. Il cucciolo comincia a rotolarsi davanti a noi.
“Controllo
totale,” dice. “Se volessi, potrei
costringerlo a mangiarsi la coda.”
Con
un ulteriore movimento, rapido e impercettibile, la
volpe comincia a correre in circolo.
“Saresti
in grado di controllare questo animale,
Bellatrix?”
“Sì,
mio Signore.”
“Quando
solleverò la maledizione, voglio che tu scagli la
stessa. Ricorda Bellatrix, devi materializzare, nella tua mente, il
collegamento fra te e ciò che comandi. Devi volerlo.” Sollevo la
bacchetta e
fisso l’animale, ancora impegnato a correre su se stesso come il mio
maestro
gli sta ordinando. Annuisco. “Pronta? Ora.”
Vedo
la punta della sua bacchetta abbassarsi, e l’animale
si guarda intorno, tornando alla realtà. Sono attimi prima che cominci
ad
indietreggiare.
“IMPERIO!”
grido, puntando la bacchetta.
Non
succede nulla. L’animale si volta e comincia a
correre lungo la distesa verde, sotto il caldo sole estivo. Lo vedo
allontanarsi, e sento una sensazione di fallimento pervadermi.
“Di
nuovo!” esclama l’uomo accanto a me.
Non
me lo faccio ripetere e balzò in avanti, puntando
nuovamente la bacchetta. Non voglio deluderlo. Voglio che sia
soddisfatto,
voglio che non si penta di aver scelto me fra tutti. Ancor prima di
scagliare
la Maledizione so che funzionerà, perché riesco già a sentire un certo
formicolio nel braccio. “IMPERIO!” grido, con più decisione,fissando il
puntino
rosso che si allontana.
Dal
nulla, sento il calore espandersi dalla punta della
bacchetta lungo tutto il mio braccio, un calore che mia avvolge la
spalla e mi
galleggia nel petto, e rimane lì, agganciato a me, proprio mentre la
macchia
rossa in lontananza si ferma, smette di scappare, e mi guarda.
“Fallo
tornare.”
So
che non vuole che lo chiami, vuole che gli ordini di
tornare, che lo faccia tornare per mio volere. E quindi, come se
tirassi
l’estremità di uno yoyo, con un piccolo movimento sollevo leggermente
la punta
della bacchetta, e l’animale comincia a correre verso di noi, veloce e
disperato,
come se ne andasse della propria vita.
Probabilmente
era così.
“Fallo
rotolare,” mi ordina Lord Voldemort, e per un
momento ho l’impressione di avere una maledizione nella maledizione,
perché
come può essere che senta il bisogno fisico di ubbidire ad ogni cosa
che dice?
Lo
faccio, imitando il movimento rotatorio del polso che
avevo visto fare a lui pochi minuti prima. La volpe obbedisce ancora.
Sono
euforica, sento un tumulto dentro di me, una mescolanza di furore e
soddisfazione che mi porta a nuovi livelli.
“Fallo
saltare.”
Ubbidisco
ancora, e la volpe comincia a saltare
stupidamente sul posto.
“No,
Bella.”
Mi
volto verso di lui, senza abbassare la bacchetta o
interrompere il collegamento con la maledizione, e vedo che sta
guardando in
direzione opposta verso il mare.
“Fallo
saltare,” ripete. “Dalla scogliera.”
La volpe
è saltata. E noi
l’abbiamo guardata cadere, rovinosamente verso il mare, il corpo
sballottato
dagli scogli. Avevano sentito i guaiti di dolore e di paura, ed un
sorriso si
era allargato sul mio viso mentre guardava l’animale colpire l’acqua,
increspano la superficie cristallina, ed affondare nelle profondità del
Mar
Baltico.
Ed ora
sono qui, nella
mia camera, a Villa Black, seduta, impassibile, davanti allo specchio, e guardo il mio riflesso,
cercando di individuare il minimo cambiamento nella mia persona. Lo
faccio
perché una volta, ad Hogwarts, mi hanno detto che l’uso delle
Maledizioni Senza
Perdono ti entra sotto la pelle e ti cambia, dentro e fuori.
Eppure
non vedo niente di
diverso in me, non in negativo. Sono sempre io, sempre Bellatrix, se
non altro
un po’ più felice di quanto non sia mai stata. L’unica cosa che posso
vedere, e
non ho dubbi, è la scintilla nei miei occhi, la scintilla del potere.
Il
Signore Oscuro ha
detto che non vuole più vedermi con i capelli raccolti. Gli ho chiesto
perché,
e mi ha dato una spiegazione strana ma assolutamente sensata. Ha detto
che da
oggi devo liberarmi degli ordini della società in cui vivo, dal decoro
e dalla
rispettabilità. Da oggi sono io che comando, non sono più quella
obbligata a
sottostare alle regole.
Una volta
che impari a
comandare gli altri, non ubbidisci più.
Quindi,
senza distogliere
lo sguardo da quello specchio, sollevo le braccia verso lo chignon che
ho
portato per tutta una vita, e con deliberata lentezza, ciocca dopo
ciocca, mi
libero dalle costrizioni. Ciocca dopo ciocca, lascio andare ciò che
sono stata
e finalmente vedo quello che intendevano, quando dicevano che le
Maledizioni ti
cambiano. Con ogni ciocca di capelli che ricade sulle spalle, vedo un
soffio di
me sparire, uscire da me e fluttuare nell’aria fino a sparire.
Quando
finisco, i capelli
sono ricci come sempre, un po’ spettinati, selvaggi come lui vuole che
io sia.
Sposto gli occhi sulla finestra e vedo la chioma del ciliegio che
risplende
sotto i raggi del sole. Tra i piccoli fiori rosa, ce n’è uno più scuro
di
tutti.
~
CRUCIO
Causes the victim to suffer almost intolerable
pain.
Luglio
Il
Signore Oscuro, dopo
un mese di esercitazione sulla Maledizione Imperius, ha confessato di
essere
soddisfatto. Sono riuscita a controllare con successo tutto ciò che lui
mi ha
posto davanti, inclusi esseri umani, Babbani e maghi potenti. Anche
alcuni dei
suoi Mangiamorte, a loro insaputa.
Sono
il suo progetto, me
lo ha detto l’ultima volta che ci siamo visti, e mi ha detto che sono
pronta
per il passo successivo. So già quale sarà, e non sto nella pelle,
perché è
forse quello che più mi ha affascinato, da sempre.
Qui,
sulla scogliera
dove mi portò la prima volta, sotto il sole cocente, aspetto solo un
suo
ordine, e riesco a stento a trattenermi dall’implorare di cominciare,
come una
bambina impaziente. Lui non dà segno di volerlo, non mi guarda negli
occhi, è
di nuovo rivolto al mare e attende qualcosa.
“Mio
Signore?” chiedo,
come è mia abitudine, nel tentativo di spezzare l’attesa, riempire il
silenzio
per passare all’azione. Voglio farlo, voglio fargli vedere le mie
capacità.
Sono sicura di poterlo fare, questo più di ogni altra cosa.
“Hai
sciolto i capelli,”
dice. “Brava. Ti si addice molto di più di quella pettinatura da moglie
dell’alta società.”
Abbasso
lo sguardo,
forse per nascondere il sorriso, forse semplicemente perché ancora una
volta
non mi sento all’altezza delle sue aspettative. “Grazie, mio Signore.”
“La
prossima volta,
vorrei che levassi tutto quel trucco,” continua. “Capirai perché, ne
sono
sicuro. Sei perspicace.”
“Tutto
ciò che il mio
Signore richiede,” sussurro, incapace di fare altrimenti.
“Bene
Bellatrix, sei
riuscita a gestire la Maledizione Imperius con grande abilità, te lo
riconosco.
Ma pensi di essere in grado di dimostrare altrettanta bravura in quello
in cui
ci imbarchiamo oggi?” Me lo chiede con asprezza, quasi come se cercasse
di
irritarmi, di sminuirmi.
“Mio
Signore, se posso
causare dolore alle persone che hanno illegittimamente usurpato la
dominazione
ai maghi, sarò più che onorata.”
“Buona
risposta,” dice,
colpito. “Per questa Maledizione, Bellatrix, non basta una rabbia
giustificata,
non causerai mai vero dolore a meno che tu non voglia farlo davvero, e
non
tragga piacere dal farlo.”
Sorrido.
“Le urla di
terrore di un Babbano in preda alla peggiore delle torture saranno
l’aria che
respiro. Non posso pensare a qualcosa di più piacevole.”
Mi
osserva per un
minuto, mi studia, probabilmente mi legge dentro per capire se quello
che dico
è vero o è solo un tentativo di accattivarmelo. Ma non ho paura, perché
so che
è vero, è sempre stato così.
Senza
proferire
ulteriore parola, volta le spalle al mare ed io faccio lo stesso, e
proprio
come aveva fatto la prima volta, schiocca le dita. Mi aspetto di vedere
arrivare un animale, il primo gradino di una salita graduale verso
obiettivi
migliori, ma rimango sorpresa perché dal nulla vedo comparire un
bambino che, a
prima vista, non dimostra più di dieci anni, come legato da lacci
invisibili.
Gli occhi sono chiusi, sembra che dorma.
“Questa
creatura è il
figlio di un dipendente del Ministero che mi ha recentemente dato delle
grane,”mi spiega il Signore Oscuro, gli occhi fissi sul corpicino che
giace
sull’erba, illuminato dal sole. “A Settembre riceverà la lettera da
Hogwarts.”
“È
il figlio di Amynthus
Habbott,”dico io, riconoscendolo. “Ho letto della sua scomparsa sulla
Gazzetta
del Profeta. Signore, pensate che sappiano che siete stato voi?”
“Oh,
son sicuro che
sappiano,” esclama lui, con una risata fredda, di scherno. “Hanno solo
troppa
paura per ammetterlo, perché farlo significherebbe che dovranno
accettare il
fatto di averlo perso per sempre.”
Annuisco.
“Lo
ucciderete?”
“È
pietà quella che
avverto, Bellatrix?” mi chiede, voltandosi verso di me con uno sguardo
duro, di
rimprovero.
“No,
mio Signore, pietà
mai, non per coloro che si oppongono alla nostra missione,” rispondo
onestamente.
“Solo preoccupazione per Voi,e per
quello che ne deriverebbe per la Vostra persona.”
Lord
Voldemort sorride
ed annuisce. “Forse lo farò, o forse farò qualcosa di diverso.” Il suo
sguardo
si posò nuovamente sul bambino. “O ancora più probabilmente, tu farai
qualcosa
per me. Qualcosa che ricorderà a tutti quanti di non mettere i bastoni
fra le
ruote a Lord Voldemort ed ai suoi discepoli.”
Guardo
il bambino e
faccio qualche passo fino a che gli sono vicina, e lo guardo dall’alto
verso il
basso. Il mio corpo getta un’ombra lunga su di lui, e il cambiamento lo
tocca,
vedo che i muscoli danno cenno di vita, e le palpebre si muovono,
indicando uno
stato di semi-veglia.
Il
bambino apre gli
occhi di scatto e non parla, guardando in alto verso di me. Per un
momento,
ricambiando il suo sguardo, ho l’impressione che pensi che sia lì per
salvarlo,
forse perché sono una donna.
“Torturalo,
Bellatrix.”
Il
bambino ascolta e si
rende conto di quello che sta per succedere. Comincia a tremare, il
corpo si
dimena contro i legacci invisibile che lo tengono fermo sull’erba,
incapace di
correre, incapace di fare nulla. Solo la bocca può muoversi, e
lentamente ma
sicuramente, approfittando dell’attimo prima che alzi la bacchetta, la
apre e
comincia a piangere, a gridare, ad invocare la madre, a pregarmi di non
farlo.
Gli
sorrido. “Non
dimenarti, tesoro,” gli sussurro, piegando la testa di lato. “Forse non
farà
male come dicono.” E poi rido, perché so cosa sto per fare e so che lo
farò
bene, ancor prima di usarla so che sarà la mia arma di prima scelta, so
che
diventerò temuta per quello che posso infliggere. Lo so, e a giudicare
dal
sorriso compiaciuto sul viso del mio Signore, lo sa anche lui.
Il
bambino continua a
urlare, si dimena di più, cerca di divincolarsi dell’incantesimo di
Impedimento, ma è tutto inutile. Alzo la bacchetta, e lui smette di
urlare. Mi
guarda, gli occhi pieni di lacrime, le labbra gli tremano e il respiro
è
affannato. Riconosco i sintomi del panico.
“Crucio,”
dico, ma non
lo urlo, non ce n’è bisogno. È già dentro di me, lo sento, lo avverto,
basta
sussurrarlo e la Maledizione scoppia dalla punta della mia bacchetta
con la
forza del sadismo che ho in me.
Le
urla ricominciano, ma
sono diverse. Sono gutturali, spietate, come se provenissero da un
luogo oscuro
all’interno di un corpo così piccolo. Delle urla più grandi di lui. Più
urla,
più la Maledizione sembra rafforzarsi, perché io, con quelle urla,
divento più
forte. Le urla aumentano, fino all’inverosimile, ed io non sollevo la
Maledizione perché non ho mai provato nulla di simile e vorrei che non
finisse
mai.
“Basta.”
La
voce del mio Signore
interrompe il filo dei miei pensieri, ed interrompo immediatamente
l’incantesimo, voltandomi verso di lui. Ho il respiro profondo, sono
scossa da
brividi di eccitazione e lui lo vede e mi sorride. Nel frattempo il
bambino ha
ricominciato a piangere.
“Hai
un dono,” mi dice,
annuendo compiaciuto. “Non avrei mai creduto che una donna potesse
essere
capace di una Maledizione Cruciatus così potente. Mi sorprendi ogni
giorno di
più, Bella.” Le labbra si stirano in un piccolissimo sorriso. “È solo
un
bambino. Non provi il minimo rimorso?”
“Non
so cosa sia il
rimorso, mio Signore,” rispondo, cercando di calmare il respiro.
“Mezzosangue,
Babbani… Non importa l’età, non importa la razza, il sesso. Sono tutti
uguali,
tutti la stessa feccia. Ed in quanto tali, devono essere puniti. Tutti.”
Poi
lui fa qualcosa di
strano, qualcosa che non gli appartiene, qualcosa che mi fa capire come
sia
soddisfatto della lezione. Si siede per terra, sull’erba fresca e mi
guarda.
Poi indica nuovamente il bambino e, con un cenno della testa, mi dice:
“Divertiti pure.”
Mi
ero divertita come non mai. Avevo torturato il bambino, avevo alternato
periodi di dolore lunghi a periodi brevi, in modo che non si abituasse
al
dolore, in modo che ogni fitta fosse inaspettata, peggiore dell’altra,
in modo
che perfino la morte sarebbe stata un sollievo.
Già
dopo le prime tre scariche, era chiaro che quel bambino non avrebbe mai
frequentato Hogwarts. Quel bambino non avrebbe mai più visto niente, o
almeno
non l’avrebbe riconosciuto; dopo aver raggiunto l’apice, le urla
avevano
cominciato ad affievolirsi e lo sguardo era diventato vacuo, gli occhi
rigirati
sotto le palpebre. Fino alla fine, quando solo i muscoli delle gambe
continuavano a contrarsi, mentre il torso giaceva come pietrificato.
Era un
effetto strano, divertente ai miei occhi, perché sembrava un burattino
a cui
avessero tagliato i fili delle braccia, mentre un burattinaio macabro
continuava a muovere con furore quelli delle gambe, incurante dello
spettacolo.
Ed
ora, proprio come un mese fa, sono di nuovo qui, in camera mia, seduta
di fronte allo specchio. Ed ora sì, la vedo la differenza. Ho tolto
tutto il
trucco, come il mio signore mi aveva detto, ed ho i capelli sciolti.
Non sembro
quasi più io, ma quello che vedo mi piace molto di più di quel
fantoccio
imbalsamato che avevano fatto di me. Vedo una donna che ha fatto le sue
scelte,
e che ne è soddisfatta.
Vedo
i cerchi scuri sotto gli occhi, vedo le imperfezioni della mia pelle,
vedo il pallore delle mie labbra. Vedo me, e capisco perché il Signore
Oscuro
ha voluto che levassi il trucco. Quello che vuole, è che le mie vittime
mi
vedano, che mi vedano veramente, vedano quello che sono, non nascosto
dietro
quella maschera di perbenismo che il trucco rappresentava. Vuole che
vedano la
follia nei miei occhi, che vedano le fattezze della persona che le
torturava, e
che quelle fattezze divengano l’incubo che infesta le notti insonni dei
suoi
oppositori.
Vuole
che io sia la sua arma, il suo braccio destro, che temano me quanto
temono lui.
Sempre
guardando nello specchio torno a guardare il ciliegio che aveva
attirato la mia attenzione a Giugno. Il fiore, il più scuro di tutti, è
diventato violaceo, e spicca contro i compagni rosa pallido. È il più
grande di
tutti, è sbocciato più in fretta.
~
AVADA KEDAVRA
Causes
instant death in a flash of green light.
Agosto
“Ora che hai
perfezionato la Maledizione Imperius
e la Maledizione Cruciatus, Bellatrix, voglio che tu venga con me in
missione.”
Quando il
Signore Oscuro pronuncia queste parole,
nuovamente sulla scogliera, il mio petto si gonfia d’orgoglio.
“Cosa mi
state chiedendo?” gli domando, pendendo
dalle sue labbra.
“Penso che
tu conosca lo schema che sto seguendo
nelle nostre lezioni Bella,” dice, con semplicità. “E penso anche che
tu sappia
bene cosa ci aspetta.”
Sorrido e
annuisco. “Sono al vostro servizio, mio
Signore.”
Mi afferra
per il polso e ci Smaterializziamo.
Quando i miei piedi toccano di nuovo il terreno, siamo ai piedi di una
villa,
poco fuori dal cancello. È una bella villa, a due piani, con un
giardino curato
e pieno di fiori. L’Estate volge al termine, e la brezza estiva si è
rinfrescata. Non fa più caldo.
“Dove
siamo?” chiedo, mentre il Signore Oscuro
fissa il suo sguardo su una finestra del primo piano.
“Questa,” mi
spiega, “è casa di una persona che
ha un’affiliazione scomoda con l’Ordine della Fenice. Penso tu sappia
di cosa
sto parlando.”
Lo so. “Sì,
mio Signore. Ho letto su di loro. Ho
sentito i miei genitori che se ne lamentavano.” Faccio una pausa e
sposto lo
sguardo sulla stessa finestra. “Proteggono la causa di mezzosangue e
nati
Babbani,” aggiungo con odio.
“Sì,
Bellatrix,” conferma lui. “Più di una volta
hanno procurato protezione a quegli insulsi esseri, e più di una volta
mi hanno
reso il lavoro difficile. È ora di colpirli là dove fa più male.”
Annuisco e
lui apre il cancello con una facilità
incredibile. Quanto sono stupidi, poveri sciocchi. Lasciare la
proprietà così
vulnerabile all’entrata di chiunque. Lo seguo e, camminando fra i fiori
che
adornano il prato, sorrido tra me e me, pensando a quanto sia vana la
cura degli
altri quando non ci si sa prendere cura di se stessi.
Arriviamo
alla porta, e leggo il nome dei proprietari
della villa. Dearborn. Il Signore Oscuro punta la bacchetta contro la
porta,
che si apre con uno scoppio. Mi sporgo per guardare oltre la sua
spalla, e vedo
che l’ingresso è vuoto.
“Mio
Signore, non sono in casa?” chiedo, ma lui
solleva una mano per farmi tacere. Sorpassa la soglia e si ferma
nell’atrio,
guardandosi intorno. Lo seguo ancora, e mi fermo affianco a lui. Nel
silenzio,
sentiamo un rumore dal piano di sopra. Passi veloci, brevi e calcolati,
qualcuno che si nasconde.
Lord
Voldemort sorride e scuote la testa. “Il
coraggio dell’Ordine della Fenice.” Poi mi fa cenno con la testa e
comincia a
salire le scale, tenendo la bacchetta alta davanti a sé, pronto a
reagire al
minimo rumore. Io sono dietro di lui, tengo la bacchetta stretta nella
mano
destra.
Arriviamo
sul pianerottolo, e Voldemort stende il
braccio verso di me, bloccandomi pochi passi dietro di lui. Lo guardo
confusa,
ma rimango là dove lui mi dice, mentre egli continua a camminare verso
la porta
più vicina, a sinistra. Avvicina di nuovo la bacchetta alla serrature e
la
porta si apre; allo stesso tempo, lui si scansa, a destra,
appiattendosi contro
il muro, mentre dalla camera esce una getto di luce verde che va a
colpire il
muro alla mia destra.
Il mio
Signore ride, una risata acuta e fredda, e
torna a guardare dentro la camera, gli occhi infuocati fissi su
qualcosa, o
qualcuno. “Caradoc, non essere sciocco,” dice, ridendo. “Non puoi
vincere
contro di me!”
Non posso
vedere l’avversario del Signore Oscuro,
ma vedo lui che con maestria riesce a scansare uno Schiantesimo.
Velocemente,
solleva la bacchetta e grida “Impedimenta!”, ed io, dalla mia
posizione, riesco
a sentire la voce di Caradoc Dearborn che abbozza un Sortilegio Scudo,
ma non è
abbastanza veloce. Sento un grido strozzato ed un tonfo.
Solo allora
il Signore Oscuro si gira verso di me
e mi fa segno di avvicinarmi. Io mi affretto ad affiancarlo e guardo
dentro la
stanza, dove un uomo di mezz’età, dai lunghi capelli castani e gli
occhi grigi
si dimena sul pavimento in legno.
Lord
Voldemort entra nella stanza e si ferma a
pochi passi dalla vittima, che lo guarda con odio, quasi con
sfida.”Uccidimi,
Voldemort,” sibilò. “Fallo, ma ne verranno altri cento pronti a
combatterti.
Non riuscirai a vincere, non con l’Ordine della Fenice pronto a
fermarti!”
Sento la
rabbia che mi ribollisce nelle vene e senza essere in grado di
controllarmi alzo la bacchetta. “Come osi parlare così al Signore
Oscuro,
feccia!” grido. “Crucio!”
Un urlo si
leva dall’uomo, un urlo diverso da quello del figlio degli
Habbott, un urlo ancora più disperato se possibile. Il Signore Oscuro
lo guarda
contorcersi, e si accuccia vicino a lui, osservandolo più da vicino
mentre
Caradoc digrigna i denti in preda al dolore, si inarca, sbatte la testa
contro
le travi del pavimento. Con la testa piegata leggermente di lato, il
Signore Oscuro
sorride. “Basta così Bellatrix.”
Sollevo la
bacchetta, e la Maledizione, e guardo l’uomo con disprezzo
crescente.
“Caradoc, ti
presento Bellatrix Black,” dice il Signore Oscuro,
sorridendo malevolo. “Poco importa che tu sappia il suo nome, perché
comunque
morirai a breve e non sarai in grado di raccontarlo a nessuno, però mi
conosci,
sono all’antica, mi piace che le persone sappiano almeno il nome delle
persone
che le uccidono.”
Caradoc
Dearborn sposta lo sguardo da Lord Voldemort a me, e io non posso
trattenere il ghigno che mi curva le labbra.
“Brava,
vero?” continua il Signore Oscuro, come se discorresse del tempo.
“La miglior Maledizione Cruciatus che abbia mai visto. Non sei
d’accordo?”
Caradoc
digrigna i denti e sputa ai miei piedi. Dovrebbe farmi
imbestialire, ma non fa altro che incendiarmi di più: essere odiati,
essere
temuti, è questo che rende le persone pericolose.
“Bene, ora
che abbiamo fatto le presentazioni…” Lord Voldemort si rialza
e mi guarda. “Pensi di essere pronta?”
“Una
novellina, Voldemort?” grida Dearborn. “Hai portato una novellina ad
uccidermi?” Ride sprezzante. “Cosa sono, un compito scolastico? Non sei
nemmeno
in grado di uccidermi da solo, vile codardo?”
Sono pronta
a torturarlo di nuovo, mi trema la mano, ma Voldemort mi
afferra il polso e mi ferma. “No, Caradoc. Semplicemente non sei
nemmeno
all’altezza di essere ucciso da me.” L’uomo tace, ci guarda e sul suo
viso si
dipinge un’espressione di rassegnazione. Contemporaneamente, smette di
dimenarsi e guarda in alto verso il soffitto. Una lacrima gli scende
dal viso.
“Un ultimo
desiderio, Dearborn?” chiedo. Noto con piacere che non sono
spaventata; la sicurezza del Signore Oscuro sembra essersi inculcata
dentro di
me, in qualche modo, rendendomi altrettanto sicura, arrogante perfino.
“Che tu vada
all’inferno,” risponde, spostando gli occhi chiari su di me.
Sorrido.
“Quello era già stato messo in preventivo,” gli dico, sollevando
la bacchetta sopra la mia testa.Poi, come una frustata, abbasso il
braccio di
scatto e grido, “Avada Kedavra!”
Un lampo di
luce verde si sprigiona dalla punta, colpendo l’uomo dritto
in mezzo agli occhi. Il rinculo del colpo, che non avevo messo in
preventivo,
mi sbilancia e vengo spinta violentemente all’indietro, sbattendo
contro il
muro alle mie spalle.
Il Signore
Oscuro guarda il corpo esanime che giace sul pavimento, poi si
volta verso di me mentre con la mano sinistra cerco di massaggiare la
spalla
destra, che ha subito il colpo più del resto del colpo. Fa male, ma è
un dolore
che viene presto rimpiazzato da qualcosa di diverso che sul momento non
so
identificare.
Poi lo
riconosco, guardando il frutto dei miei sforzi: ho ucciso. Per la
prima volta, ho privato un uomo del respiro, della voce, della vista,
di tutto,
lasciandolo nel nulla, annullando la sua esistenza. Per sempre.
“Sei pronta,
Bella.”
Guardo il
mio Signore con sguardo interrogativo, perché non capisco a
cosa si riferisce. Egli solleva la sua bacchetta e sorride. “Porgimi il
tuo
braccio sinistro.”
Stavolta non
siedo davanti allo
specchio, non mi basta. Rimango in piedi, perché solo rimanendo in
piedi riesco
a vedermi le braccia. Anzi, l’avambraccio. Lo vedo, è lì, il contrasto
contro
il bianco della pelle è meraviglioso. Ora che lo vedo, sembra quasi che
il mio
braccio sia stato creato con il solo scopo di essere marchiato, di
portare quel
simbolo di appartenenza.
Sono
un’assassina, e questo
Marchio Nero ne è la testimonianza più viva. Sono un’assassina, ed
appartengo
al Signore Oscuro.
Non sono più
io, non sono più
quel riflesso che lo specchio rimandava mesi fa, sono una persona
diversa, e lo
specchio si è gradualmente abituato. La trasformazione è stata lenta,
me
definitiva; non posso, né voglio, tornare indietro, perché ho
oltrepassato la
linea fra il bene ed il male con un passo troppo lungo.
Qualcuno
bussa alla porta, ed
abbasso velocemente la manica, nascondendo il Marchio. Non perché non
ne sia
fiera, e so che lo sarebbero anche i miei genitori, ma è qualcosa di
talmente
prezioso che voglio resti solo mio per un giorno, forse due. Poi lo
annuncerò a
tutti, con orgoglio, ma per ora è solo mio.
“Arrivo,”
dico, e chiunque
abbia bussato si allontana con passi veloci. Sto quasi per uscire,
quando il
mio sguardo cade sulla finestra. Il ciliegio è al massimo della sua
bellezza,
tutti i fiori sono grandi, di un rosa acceso, e sembrano brillare alla
luce dei
raggi del tramonto.
Solo un
fiore, diverso dagli
altri, rifugge la luce, nascosto fra le foglie. Mi avvicino al
davanzale ed
apro la finestra. Lo guardo, lo studio, poi mi sporgo e allungo la
mano, ma
prima che riesca a raggiungerlo il piccolo fiore nero con le venature
viola si
stacca dal ramo e cade, con grazia sul suolo.
Il giudizio
del contest =)
Ancora
una volta, grazie mille a emily alexander per lo spunto creativo, e per
il giudizio!
Grammatica e sintassi: 19.4/20
Stile
e lessico: 20/20
Originalità: 15/15
Caratterizzazione
del personaggio principale: 15/15
Trama: 19.75/20
Giudizio
personale: 10/10
Totale: 99.15/100
Posso
davvero commentare questa storia? È assolutamente perfetta. Ti ho tolto
qualche punto alla grammatica e sintassi perché nella parte iniziale vi
sono alcune ripetizioni ed alcuni errori nei verbi quando Bella siede
davanti lo specchio la prima volta: passi dalla terza alla prima
persona e viceversa.Per
il resto, una Bellatrix fenomenale, assolutamente Ic, totalmente
perfetta. La sua immagine che cambia davanti lo specchio maledizione
dopo maledizione è davvero il fiore all’occhiello di una storia che
mette i brividi per la sua crudezza. Le tre maledizioni sono descritte
in maniera perfetta e come avrai notato hai il massimo sia
all’originalità che al giudizio personale. Ho tolto qualcosa alla trama
per la stagione: il passaggio del fiore, i suoi mutamenti, è delizioso,
davvero, ma forse più adeguato alla primavera che all’estate. Ad ogni
modo, uno splendido lavoro. Complimenti!
|