Questa
storia è stata scritta frutto un kink postato sul LJ di
KinkMerlinItalia, che ringrazio immensamente per aver fatto un lavoro
del genere e per averci dato la possibile di sviluppare la nostra
immensa fantasia in fatto di Merlin.
Davvero, grazie.
Volevo
dedicare questa shot a Izumi
che mi ha suggerito un sito così bello (e aiutato nella pubblicazione su LiveJournal), Lynda
Weasley
che me l'ha corretta e Frankie
Lou
che mi ha sopportato nella stesura anche se non sapeva di che cosa
parlava.
La
dedico anche a GiulyB
e Vogue
che
in ogni modo sono sempre accanto a me.
Questo
è il kink che ho sfruttato:
AU,
Slash, Arthur x Merlin
Arthur
e Merlin sono sposati da 13 anni e per Natale viene fatto loro un
regalo speciale: l'accettazione della domanda di adozione di un
bambino.
Punti
bonus: scena più avanti nel tempo in cui i due tengono fra
le
braccia la loro bambina.
*°*
Mai
regalo fu più gradito
*°*
Merlin
non gli parlava.
Era
passata una settimana.
Merlin
aveva buttato vestiti a caso in una valigia altrettanto presa a caso
e aveva lasciato il loro appartamento sbattendosi la porta alle
spalle.
Senza
ascoltarlo.
Lo
aveva visto, anche se era durato solo un secondo, come un lampo.
Si
erano alternati negli occhi chiari di Merlin sentimenti lasciati
liberi come un fiume in piena.
Rabbia,
disprezzo, delusione, paura. Rabbia, di nuovo.
E
Arthur si era reso conto di aver fatto la cazzata del secolo.
La
più grande cazzata del secolo.
Merlin
non aveva proferito parola. Aveva socchiuso gli occhi, poi era andato
via.
E
Arthur era rimasto da solo, nella loro casa, in compagnia solo
dell'eco della porta appena sbattuta.
*°*
A
casa di Lancelot, Merlin si limitava a vegetare.
Seduto
sul divano davanti al camino, i suoi occhi vitrei fissavano le fiamme
guizzare fra le braci ardenti.
Le
parole di Arthur rimbombavano come lampi in un cielo in tempesta
nella sua testa.
Non
ci poteva credere. Poteva cercare qualunque giustificazione, ogni
attenuante possibile.
Ma
nulla poteva dare ad Arthur il diritto di parlargli in quel modo, di
dirgli quelle parole, di distruggere così i suoi sogni.
Sgretolandoli,
calpestandoli, devastandoli.
Non
aveva mai provato così tanta delusione.
Tredici
anni. Se ci pensava, quasi gli veniva da ridere.
Tredici
anni. Tempo sprecato, buttato al vento.
Tredici
anni. Di amore, di passione, di sogni, di difficoltà.
Ne
avevano passate di tutti i colori, insieme.
Erano
sopravvissuti perché erano uniti. Perché si
sostenevano a vicenda.
Avevano
sfidato tutti. Avevano alla fine legalizzato il loro amore.
Tredici
anni di vita insieme. Di quotidiano amore, destreggiandosi fra il
lavoro, il mutuo, le bollette sempre troppo alte.
Ma
erano sopravvissuti.
Per
questo le parole di Arthur lo ferivano così tanto.
Lo
aveva deluso.
Se nemmeno l'altro ci credeva, allora per che cosa
stavano lottando? Per che cosa avevano lottato in tutti quegli anni?
Lancelot
lo distrasse dai suoi pensieri, porgendogli una tazza di thè
caldo:
Merlin gli sorrise, come un silenzioso ringraziamento e lo prese fra
le mani, soffiando lentamente la superficie.
«
Non stava parlando seriamente » esordì Lancelot
sistemandosi al suo
fianco con la sua inseparabile tazza di caffè. «
Era solo stanco
per il lavoro. Sai quanto detesta litigare con te. »
L'ospite
alzò le spalle, con fare indifferente.
«
Niente lo autorizzava a parlarmi così. Non sono cose che si
dicono.
»
Lancelot
sospirò. Scosse leggermente la testa, iniziando a bere
piccoli sorsi
di caffè.
«
Arthur ci tiene tanto, se non più di te. Lo sai. »
«
Non da quello che ha detto. Lancelot, le parole che ha usato non
erano quelle di un uomo stanco. Erano... cattive. Reali. Non riesco a
descriverlo. E' difficile. »
«
Lo so. Ma era solo... arrabbiato. Per le pratiche, per la burocrazia.
Perché sa che tu non sei contento di questa situazione.
»
«
Ma io lo sono
» replicò esasperato Merlin. « Ho
sposato l'uomo che amo. Abbiamo
una casa che è tutta nostra.
Siamo circondati da amici che ci amano per quello che siamo. Io sono
contento. Il fatto di avere un figlio nostro
era... qualcosa di egoistico forse. Ma ci tenevo. Perché
anche
Arthur lo vuole. »
Merlin
ricacciò indietro le lacrime.
«
Io non posso dargli il figlio che vorremmo. L'adozione è
l'unica
nostra possibilità » sussurrò
stringendo le mani sulla tazza.
«
Prova a parlargli. A dirgli quello che hai detto a me. Lui
capirà. E
sicuramente si è già pentito di quello che ti ha
detto. Lui ti ama
e non voleva ferirti in questa maniera. »
«
“Siamo froci Merlin. Non ci daranno mai un bambino. Per loro
siamo
la ruota di scorta, siamo scarti e scherzi della natura. I finocchi
non potranno mai adottare un bambino” »
ripeté con le guance
rigate dalle lacrime il ragazzo dai capelli scuri.
Merlin
fissò Lancelot, non riuscendo a fermare le lacrime.
«
Quello che mi dà fastidio, è che ha ragione. Ha
ragione, su tutta
la linea. Gli omosessuali sono ancora ben lontani dall'avere gli
stessi diritti degli etero. Ma comunque non... non era autorizzato a
dirmelo. Non così » scosse la testa, con piena
rassegnazione e
desolazione.
«
Se vuoi rimanere qua, per me non c'è problema. Ma
più passa il
tempo, più la situazione si aggrava. Sistemate le cose. Non
avete
lottato così a lungo per arrivare solo a stringere un pugno
di
mosche » l'altro ridacchiò. « Fra pochi
giorni è Natale. Non
vorrai davvero passare il primo Natale lontano da tuo marito, vero?
»
«
Non vorrei. E se devo passarlo lontano da lui, vorrei che ci fosse un
altro motivo, non perché abbiamo litigato. E' la prima volta
che sto
lontano da lui per così tanti giorni. »
«
Vai a casa Merlin. Parlaci. Tutto si sistemerà per il
meglio. Arthur
è una persona ragionevole » il giovane lo
guardò, con fare
eloquente. « Beh, se si impegna a fondo può essere
una persona
abbastanza ragionevole. »
Merlin
annuì, ridacchiando e continuò a bere il
thè. Poi sospirò.
«
Hai ragione. Devo parlargli e risolvere questa situazione. E poi...
»
il ragazzo arrossì leggermente, senza guardare l'amico,
« … e poi
mi manca Arthur » sussurrò più a
sé stesso che al giovane.
Radunate
le sue cose, Merlin prese il primo autobus disponibile e
ritornò al
suo appartamento.
*°*
Lui
e Arthur parlarono a lungo.
Così
profondamente che forse non si erano mai parlati tenendo veramente il
cuore fra le loro mani, donandolo l'uno all'altro, come prevedeva
quella promessa che tantissimi anni prima si erano scambiati.
Il
loro matrimonio.
Una
giornata unica, stampata a fuoco nelle loro menti, che mai avrebbe
potuto essere cancellata.
«
Non avrei dovuto » sussurrò piano Arthur,
stringendo a sé Merlin.
« Io... Non so come ho potuto dire quelle cose. »
Merlin
socchiuse gli occhi, appoggiandosi con la testa sulla spalla di
Arthur, godendosi il calore che il corpo di suo marito emanava.
«
Abbiamo già parlato. Adesso non pensiamoci più
» sbadigliò,
mentre il braccio dell'uomo, stretto intorno alle sue spalle, lo
stringeva ancora di più a sé.
Merlin
sorrise, leggermente.
«
Ma non pensare di scappare dagli acquisti di Natale domani pomeriggio
» mormorò piano all'orecchio dell'amante,
baciandogli dolcemente
una guancia.
Arthur
serrò gli occhi, fingendo una faccia stupita.
«
Mai mi è passato per la testa di tirarmi indietro. Ti sembro
il
tipo? Solo per qualche centro commerciale stracolmo solo di qualche
centinaia
di
londinesi? Non sia mai. »
Merlin
scoppiò a ridere, baciandolo ancora.
«
Ti amo, Arthur » mormorò tracciando il volto di
Arthur con un dito.
«
Anche io, Merlin. E non andartene mai più. »
I
due si abbracciarono di nuovo. E rimasero là, stretti l'uno
fra le
braccia dell'altro, fino a che non si addormentarono.
*°*
Il
pranzo di Natale era finito da poco e Merlin era sdraiato sul divano
in attesa che Arthur tornasse con i bicchieri e il digestivo.
Mentre
stava decidendo su quale fianco era meglio sdraiarsi per anche solo
pensare di digerire l'immenso pasto che sua madre aveva preparato,
suonarono alla porta.
Con
fatica si alzò in piedi e davanti a lui si trovava la
signora che
aveva preso a cuore lui e Arthur come se fossero stati figli suoi:
l'assistente sociale che si occupava delle adozioni.
Merlin
non sapeva come interpretare la sua faccia solitamente enigmatica e
impenetrabile, ma quando la signora gli porse una lettera,
sorridendogli, Merlin sentì il cuore saltare qualche battito.
La
voce di Arthur chiedeva insistentemente chi fosse, chiamandolo dalla
cucina. Non ottenendo risposta, il biondo lo raggiunse all'ingresso.
Anche
lui si ammutolì.
Merlin
cercò di aprire la busta con mano tremante e i suoi occhi
saettarono
verso il basso del foglio e poi, improvvisamente scivolò a
terra,
piangendo e ridendo allo stesso tempo.
Arthur
si accovacciò al suo fianco, sussurrandogli parole dolci
all'orecchio.
«
Avremo un bambino Arthur » rantolò piangendo dalla
gioia Merlin. «
Avremo un bambino. Avremo un bambino. Avremo un bambino. »
Arthur
sorrise, nonostante gli occhi lucidi e alzò il volto verso
la donna.
Lei stava là e sorrideva.
Il
biondo ricambiò solo con un cenno della testa, non riuscendo
a dire
nulla.
Lei
annuì e li lasciò da soli.
A
godersi quel loro piccolo momento personale.
*°*
«
Forza Arthur muoviti! » esclamò Merlin ridendo.
«
Si, ci sto provando, ma questo aggeggio è posseduto dal
demonio. »
Una
seconda risatina, più cristallina, si aggiunse alla prima e
Arthur
brontolò qualcosa di poco riconoscibile.
Poi
alla fine esultò
«
Forza, abbiamo ben trenta secondi per metterci in posa. »
Arthur
strinse fra le sue braccia Merlin e loro figlia, Constance. I tre
sorrisero, mentre il flash della macchinetta illuminava i loro volti.
Merlin
prese fra le mani la istantanea, osservando come la loro bambina, con
i suoi riccioli scuri e gli occhi neri, sorridesse contenta fra le
braccia dei suoi due papà.
Osservò
come ormai i due denti da latte davanti fossero caduti e come lei
fosse orgogliosa della sua “finestrella”.
Osservò
come erano contenti, felici loro tre insieme.
Osservò
come lei stringesse le sue piccole mani intorno a quelle di Arthur.
Era
felice. Si affrettò ad asciugare le due piccole lacrime che
erano
scivolare sulla fotografia.
Una
nuova vita era iniziata ormai venti anni prima, quando lui e Arthur
si erano incontrati.
Una
nuova strada era stata intrapresa quando, diciotto anni prima lui e
Arthur si erano sposati.
Una
nuovo capitolo era iniziato quando cinque anni avevano stretto fra le
braccia la loro piccola Constance.
Era
felice.
E
nulla avrebbe potuto ostacolarli.
Fine
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